HOPE~

 

È davvero la fine?, penso.
Riapro gli occhi dopo uno stato d'incoscienza di cui non potrei calcolare la durata. La macchina si riempie d'acqua poco a poco. Provo a sganciare la cintura di sicurezza ma non ci riesco, è bloccata. Urlare per chiedere aiuto sarebbe uno spreco di fiato, la strada era deserta nel momento in cui l'auto ha perso il controllo.
Perché è capitato a me? Perché sono capitata in questa strada?, mi domando. Le idee sono confuse, l'acqua è fredda. Sale di livello molto velocemente. Riprovo a slacciare la cintura, ma niente da fare. Mi abbandono sul sedile, cercando di ricordare gli attimi prima.
Ricordo il litigio con lui, ma non ricordo il motivo che l'ha scatenato. Ricordo di essere uscita da casa sua infuriata e di aver preso la macchina. Ricordo di aver guidato senza rendermi conto della strada che stavo percorrendo. Di tutto il viaggio (non so se lungo o corto), ricordo solo l'inizio della strada: un rettilineo lungo qualche metro e poi, subito dopo, una curva pericolosa, di cui non mi ero accorta. Era tardi per riuscire ad aggiustare l'andatura della macchina; un botto causato dalla rottura della staccionata di legno, che avrebbe dovuto evitare il danno, e la caduta nel lago. Poi più niente.
E ora sono qui, bloccata in una macchina che sta affondando e da cui non posso uscire, con la paura che questa possa essere la mia fine e senza neanche averlo rivisto, senza neanche avergli chiesto scusa.
Tremo, l'acqua ormai arriva alla gola. Meno di un minuto e non avrò più ossigeno. Mi alzo, leggermente, in modo da poter respirare la poca aria rimasta, dopodiché vengo sommersa del tutto. Posso resistere un minuto, massimo due, ma poi la necessità d'ossigeno si farà sentire. Chiudo gli occhi e immediatamente mi compare il suo viso davanti: i suoi occhi color nocciola, i suoi capelli ricci che adoro toccare (anche se lui non lo sopporta) e le sue labbra, quelle labbra che adoro baciare. Se non ci fosse tutta quest'acqua attorno a me, sentirei le lacrime rigarmi il viso. Porto le mani davanti alla bocca, per cercare di trattenere ancora per un po' l'aria all'interno dei polmoni, ma ormai è davvero la fine. Tra tutto ciò che avrei potuto pensare, una sola cosa mi venne in mente: il suo nome, Nicholas.

«Hope apri gli occhi, mi senti? Forza svegliati, ti prego». Sento delle mani toccarmi il viso.
Sembra la sua voce. Ma non è possibile, ormai è tardi, penso. Il mio viso riceve una lieve pressione verso l'alto e poi sento delle labbra poggiarsi sulle mie e soffiare aria all'interno. Collego subito: rianimazione, respirazione artificiale. Mi sento comprimere poco più sopra del ventre e, automaticamente, rigetto l'acqua all'interno dei polmoni. Respiro affannosamente, aggrappandomi al braccio che velocemente si era collocato dietro la mia schiena.
«Così, brava. Respira». Apro gli occhi e vedo il suo viso: si intravede ancora la maschera di paura che immagino avesse potuto avere. Lo guardo, rimanendo in silenzio per una decina di minuti.
«Sei bagnato» gli dico. La camicia appiccicata al corpo, che mette in risalto i suoi muscoli, i capelli un po' schiacciati, dai quali cadono piccole sfere d'acqua. «Sei bello» continuo abbozzando un sorriso. Mi guarda e poi appoggia la sua fronte sul mio ventre, scuotendo la testa.
«Non scherzare, avrei potuto perderti. Sono arrivato giusto in tempo» dice. «Se non ti avessi seguita, a quest'ora tu...»
Alza il viso: ha gli occhi pieni di lacrime. Gli accarezzo la guancia. «Ma sei arrivato in tempo» gli dico, avvicinando il suo viso e baciandolo.

 

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