Se il cappellaio matto avesse potuto,
in qualche strano modo, associare una parola a quella situazione del
tutto fuori dal normale, molto probabilmente sarebbe stata,
IMPULSIVITA'.
Da quando era nato, non aveva mai e poi mai avuto
il desiderio di abbracciare qualcuno, nemmeno per finta cordialità.
Quella ragazzina che stringeva tra le sue braccia aveva un buon
profumo di the, la sua fragranza era qualcosa che cullava i pensieri
del cappellaio. I suoi capelli biondi, cascate d'oro sulle sue
spalle, erano morbidi sulla sua guancia. Sapevano da zucchero.
Il suo corpo era caldo, quasi lo poteva
percepire attraverso i vestiti.
Hatter appoggiò il mento sulla
testa della ragazza, gli occhi chiusi e un sorriso quasi infantile
sulle labbra screpolate a causa del freddo. Quanto era piccola tra le
sue braccia.
“Mia dolce pazzia, sei tornata a me.....”
mormorò il ragazzo, sentendo la felicità scorrergli nelle vene come
benzina nel serbatoio di una macchina. Già si immaginava la faccia
che avrebbe fatto la Lepre Marzolina nel rivederlo tornare con al suo
fianco Alice. Avrebbe riso dello Stregatto per averlo definito un
pazzo per aver cercato di ritrovare Alice. Prima, naturalmente, si
sarebbe fatto ridare il suo cappello.
“Ah, Alice, chiedimi qualsiasi cosa e
io te la darò. Vuoi la luna? No, quella non posso dartela, sarebbe
troppo grande da impacchettare. Vuoi il sole? No, no..... ti
scotteresti se lo tenessi in mano....”
“Signor Hatter, posso
davvero chiederle qualcosa?” domandò la ragazza, il viso ancora
nascosto sul petto del ragazzo. Hatter sorrise, stringendola più a
se, come un bambino che stringe un nuovo giocattolo timoroso di
perderlo.
“Certo che puoi. Se ti dicessi di no sarei in
contrasto con quello che ti ho appena detto, ma se ti dicessi di si
sarei in contrasto con quello che vorrei fare adesso che
consisterebbe nel stare in questa posizione per molto tempo, forse
l'eternità. Ma non possiamo sfidare l'eternità, perché se lo
facessimo significherebbe che non siamo umani e in tal caso noi...”
“Signor Hatter...”
“Scusami, dimmi pure.”
La
ragazza riempì con un gran respiro i polmoni, alzò il viso,
incontrando gli occhi verdi del ragazzo.
“Non si permetta mai
più di prendersi certe confidenze! Lo faccia di nuovo e chiamerò la
polizia, intensi?” urlò la ragazza con tutto il fiato che aveva in
corpo, scostandosi dal castano e chiudendo le mani in due pugni.
Hatter chiuse un occhio, inclinando un po' la testa di lato e
tappandosi con una mano un orecchio.
“Le hanno mai detto che
urlare nelle orecchie di una persona è considerata una cosa incivile
da fare?”
“Perché quello che ha appena fatto lei è da
considerarsi civile?”
“Non ne ho la più pallida
idea.”
“Allora non si permetta di dire se una cosa è civile e
non civile se nemmeno lei sa che cosa lo è o non lo è!”
“Ma
a questo punto nemmeno lei dovrebbe sgridarmi dato che lei ha fatto
una cosa che è ritenuta incivile quanto la mia.”
“Lei...lei
mi sta dicendo che ho torto?”
Hatter scrollò le spalle,
mordendosi un labbro.
“E' lei che l'ha detto, non io.”
“O
mio Dio, queste conversazioni mi faranno diventare pazza.” esclamò
disperata la biondina, portandosi le mani tra i capelli e voltando le
spalle ad Hatter.
“Oh, in questa caso continuiamo. Sarei felice
se lei diventasse pazza come me.” rispose il castano, battendo
felicemente le mani.
“Non lo dica neanche per scherzo!” disse
la ragazza, voltandosi appena nella sua direzione e lanciandogli uno
sguardo di fuoco. Dopodiché si mise a camminare avanti e indietro
per la stanza, le braccia incrociate al petto e lo sguardo che vagava
sul pavimento.
“E' chiaro che lei ha battuto la testa. Perché
mi rifiuto di credere che lei sia veramente pazzo. Si, la causa deve
essere quella. La botta in testa!”
Si fermò davanti ad Hatter,
puntandogli gli occhi addosso.
“Da dove ha detto che viene?”
“Da Sotto-mondo. Vivo in un mulino abbandonato vicino ad una
vasta foresta e tutti i giorni prendo il tè con la Lepre Marzolina e
un ghiro.”
La biondina rimase di stucco, limitandosi a
guardarlo basita. Hatter, dal canto suo, sembrava più interessato al
lampadario.
“Si, ha preso una botta in testa...” sentenziò
la ragazza, continuando a camminare avanti e indietro per la stanza.
Le sembrava tutto surreale. Quel ragazzo, che all'aspetto
risultava molto attraente, certo non poteva negarlo, sembrava uscito
da un cartone animato o peggio, da un libro illustrato per bambini.
I suoi discorsi erano senza senso, privi di logica.
Di certo
quella botta l'aveva presa proprio forte.
Troppo assorta dai suoi
pensieri, la ragazza non si accorse nemmeno che Hatter l'aveva
raggiunta, posizionandosi davanti a lei. La biondina quasi inciampò
nelle scarpe troppo grandi del ragazzo e andò, inevitabilmente,
addosso al castano. Si massaggiò il naso, alzando il capo.
“Ma
che diavolo...”
“Non ho afferrato il suo nome o molte
probabilmente lei non me l'ha nemmeno detto. O, in conclusione, l'ho
già dimenticato.”
La ragazza lo guardò stupita, desiderosa di
afferrarlo per le spalle e scuoterlo con tutta la forza che aveva per
fargli ritornare un po' di ragione in zucca.
“Non gliel'ho
detto il mio nome, ecco perché non lo conosce.”
Hatter si
chinò appena all'altezza del suo viso, inclinando gli angoli della
bocca verso il basso.
“Seguendo la sua logica risulterebbe
incivile chiederle se me lo può dire?”
“No, non
direi...”
“Bene...Vede? Sto cominciando ad essere civile.”
La ragazza alzò gli occhi al cielo, sospirando.
“Più o
meno, si.”
Hatter inclinò la testa di lato.
“Quindi se
lei non mi dicesse il suo nome, risulterebbe incivile?”
“D'accordo, è Alice. Contento ora? Il mio nome è Alice
Liddell.”
Hatter si portò le mani alla bocca, strabuzzando i
suoi grandi occhi verdi.
Alice lo guardò spaesata, corrugando la
fronte.
“Che le prende adesso? Non mi dirà che trova qualcosa
di incivile nel mio nome?” disse la biondina, non riuscendo a
trattenere una risata che sembrava quasi esasperata. Hatter fece
scivolare lentamente le mani lungo il viso, scuotendo la testa.
“Vecchio di un Cappellaio, c'è l'avevi davanti al naso e
nemmeno l'hai riconosciuta...che io possa bruciare all'inferno per
questo.” mormorò Hatter, sorridendo come un bambino.
“Eh?”
fu l'unica esclamazione che Alice riuscì a pronunciare prima di
ritrovarsi nuovamente tra le braccia del ragazzo che, quasi urlando,
aveva accompagnato tale gesto con un sonoro: “ALICE!”
“Signor
Hatter, me lo faccia ridire! Questo E' quello che prima abbiamo
definito incivile!!!”
Ok, non aggiorno dall'era giurassica. Le scuse non servono, quindi godetevi questo capitolo ^^, sperando che qualcuno abbia ancora la pazienza di leggerlo ^^