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Autore: mamie    24/11/2011    1 recensioni
Tre sorelle minori pensano a tre fratelli maggiori. Yuzu/Ichigo, Rukia/Byakuya, Kuukaku/Kaien.
Attenzione: leggero spoiler capitolo 424 manga.
Partecipa all'iniziativa "Un prompt al giorno: Fratello" di Fanworld.it
 
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Byakuya Kuchiki, Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo, Kurosaki Yuzu, Shiba Kaien
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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FRATELLONE

 Yuzu si era alzata quella mattina guardando la sua divisa nuova con un po' di apprensione. Sarebbe stata all'altezza? Si sarebbe fatta onore? Ci teneva così tanto!
Yuzu era quella brava, era quella gentile, era quella sbiadita. Era quella che cercava sempre di tenere in equilibrio i difficili esseri che popolavano la sua famiglia, come un tempo aveva fatto sua madre.
Lei adorava il suo fratellone e sapeva che anche lui le voleva bene… ma non riusciva proprio a dimostrarglielo. Era sempre preso da qualcosa d'altro, da qualcosa di più grande e lei, lei restava lì in ammirazione, in attesa di una sua  considerazione che non arrivava mai.
In fondo chiedeva solo un'assicurazione, una piccola parola che le dicesse che era carina nella divisa nuova e che non si sarebbe dovuta preoccupare per la scuola perché sarebbe andato tutto benissimo. Sarebbero bastate poche banali frasi per renderla felice. Non cercava niente di straordinario.
Ma no. Non sarebbe stato da lui. Aveva troppe cose in quella testa arancione per preoccuparsi dell'amor proprio di una sorellina insignificante, anche se quella sorellina mandava avanti la loro casa da anni.
Però, nel salutarla, le aveva sorriso.
Considerato quanto pochi erano stati i suoi sorrisi da mesi a quella parte, in fondo come risultato era meglio del previsto.
Sì, decisamente meglio del previsto. 


NII-SAMA
 

Ti avevano imposto di chiamare fratello quell'uomo che ti faceva paura. Che ti guardava senza un sorriso, senza un cenno di approvazione, senza un incoraggiamento, mai.

Te l'avevano imposto e per anni l'avevi fatto senza capire, senza sentire altro che odio e dolore. Avevi chinato la testa e obbedito perché ti pareva impossibile ribellarti, perché quello sguardo avrebbe scovato dentro di te ogni scintilla di amor proprio e l'avrebbe spenta per sempre.

Poi avevi continuato a chinare la testa e a obbedire perché riuscivi a sentire la nuvola di dolore che lo avvolgeva sempre, specialmente quando ti guardava.

Alla fine ti eri persino imposta di ammirarlo, di prenderlo come un esempio supremo a cui dovevi conformarti, anche se non ci saresti mai riuscita.

Solo ora, nelle pieghe rauche del suo respiro affannoso, nelle parole spezzate e sconvolgenti che ti aveva rivolto, nel gesto impensabile della sua mano che cercava le tue, avevi capito.

E ora non volevi perderlo, perché solamente in quel momento la parola "fratello" aveva avuto un senso.

Non volevi perderlo mai più. 



LUTTO

 Avevi pianto tutte le tue lacrime quando avevano riportato il corpo ormai senza vita di aniki. Avevi pianto tanto che dopo non riuscivi neanche a parlare tanto la gola era gonfia e gli occhi arrossati. Semplicemente, non sembrava possibile.

Cosa rimane di quelli che ami quando non ci sono più? L'ultimo ricordo di lui era stato un saluto affrettato, un sorriso caldo, un "ci vediamo più tardi" che non si era mai realizzato. Com'era crudele questo. Con che sconcezza la morte si insinuava nel tessuto quotidiano dell'esistenza strappandolo di netto e tu sapevi che mai, mai più avresti potuto ricucirlo.

Poi passavano i giorni e smettevi di piangere, di fuori almeno, perché dentro sapevi che il tuo cuore avrebbe versato lacrime per sempre come un fiume alimentato dalle piogge. Ritornavi a fare le cose che facevi sempre, ritornavi a farle senza di lui e quel vuoto insopportabile diventava pian piano abitudine, diventava un dolore più sordo, costante, inguaribile, con cui dovevi fare i conti per sopravvivere.

Poi passavano gli anni e quel dolore era sempre lì, come una ferita fasciata stretta per impedirle di sanguinare fino a dissanguarti. Potevi persino tornare a sorridere, e portare offerte sulla tomba, e parlare del tempo.

Qualcuno da fuori poteva anche pensare che ti fossi rassegnata, ma quella non era rassegnazione, era soltanto attesa.

Attesa di rivederlo. 

  
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