Odore di rossetto
nel rosso-grigio freddo
delle sette e quarantasei
di questa mattina.
Odore quasi antico
quasi familiare, quasi casa.
Odore di labbra dolci
sulle guance ispide,
mai le tue, e chissà perché.
E’ già novembre,
quasi Natale
e nemmeno me n’ero accorta
che l’estate se n’è andata,
che Luglio è quattro mesi lontano
e che anche il ricordo è ormai
congelato.
Il vento non è certo
ciò di più freddo contro cui
ti puoi scontrare.
Qui a Torino,
c’è la nebbia a novembre.
C’è la nebbia e l’odore umido
dei sampietrini bagnati,
che sono bagnati anche prima che abbia piovuto.
C’è il cielo pesante e plumbeo,
come una poesia che non riesci a capire,
che credi di amare.
C’è l’arancio fragile delle foglie morte
e ormai dimenticate,
perché, dopo ottobre,
chi ha più tempo per fotografarle?
E’ tutto sempre bello,
ma tutto sempre uguale.
Eppure il freddo
sembra,
ogni anno, più crudele.
E non ho detto - mai detto -
che sia un male.