Titolo: Maschera
Autore: Alice
Bellinelli
Nick EPF: Aliceclipse
Fandom: Glee
Personaggi: Kurt
Hummel, Santana Lopez
Rating: Gialli
Genere: One
Shot, Malinconico, Introspettivo
Avvertimenti: What if?
Prompt: Affrontare
le paure
Il rumore dei suoi stessi passi
rimbombò contro le pareti del corridoio semibuio ed ormai
vuoto. L’angolo della sua bocca si mosse piano, accennando un
sorriso involontario. Il ragazzo portò entrambe le mani alla
tracolla della sua borsa, e la strinse con forza, un po’ per
alleviare il peso degli spartiti e dei libri di francese che non aveva
ancora riposto nell’armadietto, un po’
perché si sentiva osservato, molto più del
solito.
Insomma, Kurt Hummel non passava certo
inosservato. Si era abituato agli sguardi della gente, quella non era
una sensazione estranea. Eppure, era solo, in quel corridoio. Era sicuro di essere solo,
nella scuola.
O, almeno, così aveva creduto fino
a pochi minuti prima.
Il ragazzo si morse un labbro, lasciando che
il suo sguardo vagasse attorno a lui.
Si sentiva un po’ stupido. Infondo,
non era la prima volta che rimaneva a scuola oltre l’orario
scolastico. In quel periodo, poi, accadeva molto di frequente, a causa
dei preparativi per la sua campagna.
Erano le sei del pomeriggio. Gli insegnanti
se n’erano andati da un po’, e la maggior parte
degli alunni era a casa dalle tre.
In genere, essere solo lo rendeva un
po’ paranoico. Niente di cui dovesse preoccuparsi, certo. Era
abituato a cavarsela da solo. Kurt era forte, molto più di
quanto lui stesso credesse.
Avanzò ancora, e uno spiffero
d’aria inatteso lo colpì all’altezza del
viso. Si fermò di colpo, puntando i piedi a terra,
sentendosi gelare dalla testa ai piedi. I suoi occhi si mossero
velocemente, alla ricerca di qualcosa.
Non aveva idea di che cosa.
Ma, prima ancora che i suoi occhi catturassero il filo di
luce che penetrava dalla porta dell’auditorium,
qualcos’altro lo colpì, dritto al cuore. Come ogni altra
volta.
Yeah, you and me.. we can ride on a star, If you stay with me, girl.. we can
rule the world.
Musica. Lontana, ovattata, nascosta.
Sussurrata.
Ma pur sempre musica.
Quell’accenno di un sorriso che si
era congelato sul suo volto si tramutò in un sorriso reale.
Kurt non era solo, in quella scuola. Non
doveva avere paura.
Kurt conosceva quella voce. E sapeva che, in quella voce,
qualcosa non andava.
Aggrottò le sopracciglia,
avvicinandosi alla porta lentamente, come se avesse paura di
interrompere qualcosa. Perché sapeva, per esperienza, che
chi trova nella musica un modo per esprimersi, un modo per lottare, un
modo per amare, un modo per vivere, spesso vede come una violenza
l’interruzione di qualcosa che lo fa star meglio, anche solo
in minima parte.
Ma a Kurt stavano a cuore i sentimenti delle
persone.
Se c’era qualcosa che aveva
imparato, nella sua vita, era che mai e poi mai avrebbe dovuto smettere
di tener conto del fatto che non esiste solo la propria persona. Che
c’è tutto un mondo intorno a noi, che il mondo
può essere spietato, oppure magnanimo, o anche nostro amico. E che si deve tener conto
di questo. Che si deve pensare anche agli altri per poter amare noi
stessi. Per poter vivere con noi stessi.
Kurt sapeva cosa significasse sentirsi
incompreso. Cosa volesse dire sentirsi solo, non avere nessun punto di
riferimento. Sentirsi perso.
E sapeva riconoscere queste cose negli altri.
E voleva davvero fare la differenza.
Mantenere i suoi ideali, fare in modo che nessuno dovesse
più sentirsi come si era sentito lui.
La voce che Kurt aveva sentito, era spezzata.
Era la voce di qualcuno che provava a
parlare, ma non aveva la forza di farlo nel modo giusto.
E i cui tentativi si erano ritorti contro di
lei.
Se n’era accorto più di
una volta. Tutti se n’erano resi conto. Ma nessuno aveva
fatto niente, nemmeno Kurt.
E, in quel momento, mentre ascoltava quella
voce spezzata dal pianto, quegli accordi che si facevano strada ancora
e ancora, non poteva non sentirsi in colpa. Perché lui,
più di tutti, avrebbe dovuto capire. Avrebbe dovuto impedire
quello che era successo.
Ora tutti sapevano, lei compresa. Tutto quello che Kurt
poteva fare, era essere presente .. se lei glielo avrebbe permesso.
Un ultimo passo lo separava dalla maniglia
antipanico dell’auditorium della scuola. La canzone si era
interrotta di nuovo. Kurt spinse la porta con delicatezza, tenendo la
testa bassa. I suoi
occhi volarono verso il palco.
Sembrava vuoto, a prima vista. Ma il ragazzo
avvertì chiaramente un singhiozzo soffocato farsi strada,
dietro al pianoforte alla sinistra del palco. Una figura scura e
seminascosta stava là dietro, gli spartiti di una canzone
stretti nella mano destra, mentre l’altra si asciugava le
lacrime con decisione.
Kurt avanzò lungo la fila di
poltrone, seguendo la luce. Quel palco lo attirava. Lo aveva sempre
fatto, non poteva farci niente. Era consapevole che il palco fosse il
suo destino. Era semplicemente tutto quello che aveva sempre
desiderato. Qualcosa che lo proteggeva da tutto il resto.
In quel momento si rese conto che Santana non
stava facendo altro che cercare quello stesso conforto.
-Se continui a piangere non riuscirai mai a
cantarla, San.- Parlò piano, ma le sue parole erano
perfettamente udibili. Santana si voltò verso di lui, colta
di sorpresa, reprimendo un singhiozzo.
Il volto di Kurt si spense quando i suoi
occhi incontrarono quelli della ragazza.
Il labbro inferiore di Santana
tremò, durante lo scambio. Non aveva nemmeno la forza di
mandarlo a quel paese. Si strinse piano nelle spalle, e
lasciò che le lacrime, semplicemente, scivolassero lungo le
sue guance, facendole colare il mascara. L’altro le si
avvicinò lentamente. Una volta di fronte a lei, si
accucciò, per guardarla meglio negli occhi. E attese una
risposta.
-Cosa vuoi, Hummel?- a ragazza distolse lo
sguardo, tentando di asciugarsi le lacrime con la mano. Peggiorando la
situazione.
A Kurt tornò in mente la scena di
quel pomeriggio. E gli tornò in mente la partita.
Santana non era più a stessa, da
un po’ di tempo a questa parte. Sembrava troppo.. stronza,
anche per i suoi parametri. Lui era convinto che non fosse veramente
così.
Quel pomeriggio, più del solito,
Santana era apparsa fragile, agli occhi di tutti. Specialmente agli
occhi di Kurt.
Ovvio, il mash-up era stato sensazionale. Non
poteva non esserlo. Ma le sue parole, le parole che aveva rivolto a
Finn, quello schiaffo, avevano fatto pensare Kurt per tutto il
pomeriggio. Ovviamente, tutti sapevano dello spot. Le notizie giravano
in fretta.
-Voglio parlarti, Santana.-
Mormorò, posandole una mano sul ginocchio. Voleva che si
fidasse di lui.
Per Kurt era importante. Molto.
-Perché dovresti? Sai tutto quello
che c’è da sapere. Anzi, lo sanno tutti. Tu.. Sai
meglio di me cosa dovrò passare, adesso.- La sua voce si
ruppe di nuovo. Kurt ripercorse gli anni passati. Aveva odiato essere
preso di mira per qualsiasi cosa. Ma lo aveva reso più
forte. Sapeva cosa stesse provando Santana, era vero. Combatteva i
pregiudizi da tutta la vita. Anche lei era forte. Anche lei poteva
combattere.
Non sapeva bene perché, ma aveva
una terribile voglia di abbracciarla, in quel momento. Si sentiva
vicino a lei, molto più di quanto fosse mai stato. Infondo,
nonostante le divergenze, nonostante i problemi, Santana faceva parte
della sua famiglia. Perché il Glee era una famiglia. E il
fatto che avessero preso strade diverse non cambiava quello che avevano
passato insieme. Accennò un sorriso triste, spostandosi per
catturare lo sguardo spento della ragazza.
-Santana, io ti conosco. Perché ti
fai questo?- Sussurrò, quando finalmente i loro occhi si
incrociarono di nuovo. Lei si morse un labbro. Rimase in silenzio per
alcuni secondi, valutando la domanda.
-Cosa vuoi dire?- chiese flebilmente,
abbassando il mento, senza smettere di guardarlo.
-Perché continui a nasconderti?-
Kurt allungò la mano verso quella di Santana. Lei la
scansò, ma non smise di guardarlo negli occhi.
-Non ero pronta a questo. Io.. sapevo che lo
avevano intuito tutti, credo. Ma non ero pronta. Non lo sono.- Il suo
sguardo si spostò velocemente, in cerca di qualcosa che gli
occhi di Kurt, semplicemente, non potevano risolvere. Kurt
cercò di nuovo la sua mano, e, stavolta, a
afferrò. Era fredda.
-Non parlavo della tua sessualità.
E nemmeno dello spot.- Santana si accigliò. Piegò
leggermente la testa i lato, e Kurt accennò un sorriso.
-Spiegati, Hummel.- Esclamò lei,
tirando su col naso, e mettendosi a sedere dritta. Il sorriso di Kurt
si ampliò. Ecco la Santana che voleva vedere. Lei poteva
reagire, era forte abbastanza.
-Tu ti nascondi sempre dietro alle tue
battute. Indossi una maschera, la indossi in continuazione. Dici a
tutti che sei una stronza e che ne vai fiera. Santana, ho passato
quindici anni della mia vita a nascondermi da tutti.. non puoi
battermi. Non a nascondino. Tu non sei stronza. Sei solo arrabbiata.
Perché? – Perché aveva paura di
mostrare quanto fosse speciale? Perché si faceva odiare da
tutti, se la sua paura maggiore era proprio quella?
-Io..- Il respiro di Santana si
bloccò per un secondo. A quando Hummel la conosceva
così bene? - .. io non lo so.-
Kurt alzò un sopracciglio,
stringendole la mano un po’ più forte.
Dopo un attimo di silenzio, lei fece un
respiro profondo, abbassò lo sguardo e riprese a parlare.
-Ho.. solo paura. Di tante cose. Ho paura del
giudizio degli altri. E.. io lo so che così li allontano
ancora di più. So
che sembra assurdo. E’
che amore e paura difficilmente possono coesistere. E, se devo
scegliere, penso sia molto più sicuro essere temuti che
amati. L’amore può deludere. Può fare
male. Le persone possono fare male. Ne sono un esempio lampante.- Altre
lacrime scesero piano lungo le guance di Santana. Kurt si
alzò in piedi, e i sedette al suo fianco, sospirando, senza
lasciarle la mano.
-Ma non puoi impedire agli altri di amarti.
Questo si ritorce contro di te, San. Se volessi, potresti essere un
persona stupenda.- Sussurrò, posandole l’altra
mano sulla spalla.
-Non è vero.-
-Si che è vero. Ma lo sappiamo
solo io, te e Britt. Perché lei lo ha capito..- Al nome di
Brittany, lo sguardo di Santana si fece più ampio. Kurt
riusciva a leggerle dentro come mai prima. La ragazza, finalmente,
accennò un sorriso.
-Lei.. si. Non ho idea di come faccia a
vedere il mondo in un modo così.. affascinante.- Santana si
morse un labbro. Si stava esponendo molto, con Kurt. E non aveva idea
del perché. Solo, le sue parole la avevano tranquillizzata.
-Tu la ami, non è vero? E lei
anche.- Kurt sorrise di nuovo. Santana stava prendendo un po’
di colore, finalmente. Borbottò qualcosa, imbarazzata, per
poi colpirgli il braccio con una spallata.
-Io.. si. Si, sono innamorata di Britt.-
Anche la sua voce sembrava più calda, ora.
-Lei riesce a vederti per quello che sei,
perché non ha filtri di alcun genere. Ama la vera te stessa,
non quella che mostri agli altri, San. Lei sa. Per questo ti ama.
L’unico modo che hai per affrontare le tue paure è
proprio quello di mostrarti. Gli altri ti apprezzeranno, molto
più di quanto non facciano adesso. Io ti rispettavo,
Santana, ma non avevo mai capito così tanto di te. Oggi ti
ho vista sul serio. Non per lo spot. Ma perché ti ho vista
fragile. Ho capito. Tu sei più di quello che credi, e se io
riesco a credere in te, puoi farlo anche tu. Non devi aver paura.-
Stavolta, fu Santana a stringere la mano di Kurt, sorridendogli. Le
parole di Kurt le erano davvero utili.
Stava capendo che l’unico modo che
aveva per andare avanti, per essere capita, e per capirsi, era uscire
fuori. Avrebbe smesso di avere paura.
Sperava solo di diventare come Kurt. E, allo
stesso tempo, aveva paura di non farcela.
Kurt era un modello per lei, anche se non lo
avrebbe mai ammesso, e questo la bloccava non poco.
Cosa sarebbe successo se avesse scoperto di
non essere ala sua altezza?
Ma la speranza e il timore sono inseparabili.
Non c'è timore senza speranza, né speranza senza
timore. Lo aveva capito, ormai.
-Non so se ne sarò in grado. Di..
di espormi. Di smettere di essere così.-
Kurt ridacchiò.
-Ehi, San, lo stai già facendo.
Due giorni fa mi avresti buttato fuori a calci.- Santana si
aprì in un sorriso complice.
-Posso ancora farlo, se vuoi.-
-No, grazie, sto benissimo così.-
A quel punto, scoppiarono entrambi a ridere. Non avevano assolutamente
idea del motivo.
Ma, in quel momento, entrambi seppero di aver
trovato qualcosa.
Un amico, un amico vero, che andasse al di
là delle apparenze. Qualcuno che avrebbe potuto aiutare
Santana a trovare la persona speciale che nascondeva nel profondo.
Qualcuno che la capisse, che fosse speciale, che avesse vissuto quello
la spaventava così tanto, e che le spiegasse che, in fondo,
essere se’ stessi non era così male.
E un’amica sincera, e fedele. Una
persona, oltre al suo ragazzo, che comprendesse davvero cosa volesse
dire essere diversi. Una
persona che non sapeva di essere speciale, ma che lo era veramente
moltissimo. Un’altra persona con cui condividere la passione
della sua vita.
-Cosa stavi cantando, prima?- Kurt
strappò lo spartito dalla mano di Santana, che per poco non
cadde a terra.
-Hijo de.. dammi subito quello spartito!-
Scoppiarono di nuovo a ridere. Ormai era troppo tardi. Kurt si sedette
meglio sulla poltroncina, e, dopo un velocissimo sguardo alla canzone,
prese a suonare.
E, dopo uno scambio di sguardi,
cominciarono a cantare. Insieme. Perché cantare faceva parte
di loro. Perché li univa, e li faceva sentire meglio. E
nessuno, nessuno sapeva meglio di loro che l’unica cosa che
li avrebbe sempre aiutati a vincere le paure era la musica. Nient’altro
che musica.
Yeah, you and me we can light up the sky..
If you stay by my side we can rule
the world.