Moonwalker
~ il mondo è
azzurro
Il vecchio televisore
nell’angolo trasmette le immagini in bianco e nero di un uomo che sta
scrivendo la storia.
L’emozione
è palpabile, persino attraverso il filtro di quello schermo mezzo
incrinato – così palpabile che il bambino è là
seduto immobile da un tempo infinito, ormai, del tutto dimentico dei fratelli e
delle sorelle che ridono e cantano e della mamma che li chiama a raccolta e
dice che il papà sta per tornare. Agli occhi del bambino non esiste
altro che il vecchio televisore mezzo incrinato.
Con gli occhi tondi di
meraviglia segue ogni movimento dell’uomo: scende da una scaletta, un
passo alla volta, lentissimo, si ferma
un attimo, cosa succede? Nella mano guantata è
comparsa una targa con una scritta. Poi, alla fine, quando sembra che stia
quasi per cambiare idea, posa il piede sinistro.
Cammina in modo buffo,
come se si trattenesse a stento dal volare. E intanto si guarda intorno sotto
quel suo grosso casco e mormora in un microfono parole stupite, emozionate, come chi lo sta a guardare.
« Gagarin aveva ragione. Il mondo è azzurro. »
E il bambino non sa il
perché, ma sente il cuore crescere a dismisura dentro il petto,
diventare enorme, come quella Luna che l’astronauta ha appena fatto sua.
That’s one small step for [a]
man, one giant leap for mankind.
Più di vent’anni
dopo, le luci di un palco si spengono e lasciano un altro uomo solo insieme al raggio bianco di un riflettore, all’asta
di un microfono silenzioso e a un coro di settantamila voci che urlano lo stesso nome.
L’uomo è vestito
di bianco e di nero. Ha in testa un cappello, sotto il quale può
meravigliosamente constatare che il mondo è davvero azzurro.
Si muove a lungo –
piano forte, forte piano – sulle note di una musica essenziale, naturale,
portando le mani e i piedi e il busto e la testa in posti che il coro urlante
non spera altro che di raggiungere: una strada che è come una galassia
lontana.
Poi, alla svolta giusta,
l’uomo comincia a camminare come se
si trattenesse a stento dal volare.
E settantamila persone
sentono il cuore crescere a dismisura dentro il petto.
Michael Jackson sta camminando
sulla Luna. Michael Jackson sta scrivendo la storia.
Billie Jean is not my lover.
Spazio dell’autrice
Lo sbarco sulla Luna avviene nel 1969. All’epoca,
Michael Jackson ha undici anni.
Neil Armstrong alluna col piede sinistro,
pronunciando la celebre frase Questo
è un piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l’umanità.
Nella mano stringe una targa di acciaio inossidabile che reca queste parole: Qui, uomini dal pianeta Terra posero piede
sulla Luna per la prima volta, luglio 1969 d.C. Siamo venuti in pace, a nome di
tutta l’umanità.
Otto anni prima, Yuri
Gagarin, il primo uomo nello spazio, dalla sua
navicella aveva commentato commosso che la
Terra è blu.
Niente, ho voluto collegare questa serie
di emozioni al fatto che anche Michael Jackson ha volato. ♥
Se non ho fatto riferimento alla sua prima
esecuzione del moonwalk (per il 25esimo anniversario
della Motown) ma a quella della tappa a Bucarest del Dangerous
Tour è unicamente perché è lì, nel buio quasi completo, che sento più forte e vero il suo legame con la Luna.
It’s all for L.O.V.E.,
Aya ~