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Autore: speranza19    26/11/2011    4 recensioni
Guerra.
Ancora non riusciva a elaborare quel concetto così terrificante e astratto. Non aveva la minima idea di cosa avrebbe fatto una volta lì, di cosa avrebbe visto coi propri occhi.
Sperava solo di non impazzire in quell’inferno e di non fare la fine di Palla di Lardo in Full Metal Jacket.
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dave Karofsky, Kurt Hummel | Coppie: Dave/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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But you choose “Death and company”

“I can’t believe what you said to me last night when we were alone
You threw your hands up, baby you gave up, you gave up”

Kurt canticchiava Speechless, la sua canzone preferita di Lady GaGa, con il cuore leggero e danzante sulle punte.

Stava finendo di impacchettare gli ultimi scatoloni da trasportare a New York City e li stava riempiendo all’inverosimile di vestiti, libri, spartiti, cd, dvd e qualsiasi altra cosa possibile e immaginabile che gli saltava in testa.

Il suo futuro lo aspettava lì, nella grande Mela, e lui doveva solo prepararsi a cogliere ogni strepitosa opportunità che gli si sarebbe prospettata di lì a poco.

E così iniziò a sognare la sua Accademia, i corsi di studio, i nuovi compagni che l’avrebbero affiancato in quell’avventura, il delizioso monolocale che era riuscito a trovare con Rachel, le loro prossime serate a base di musical e  cucina giapponese in giro per Broadway…

Il suo flusso di pensieri venne interrotto dal suono secco e acuto del campanello di casa, che lo fece letteralmente sobbalzare dal tappeto del salotto dove si era adagiato per sistemare tutta la marea di roba che aveva ferma intenzione di trasportare nella sua nuova abitazione newyorkese. Molto Carrie Bradshaw.

Kurt spalancò la porta e si ritrovò davanti a sé una figura alta e massiccia, avvolta in una divisa militare mimetica.

Il ragazzo, ben dritto e con un portamento già tipicamente marziale, lo salutò con imbarazzo e gentilezza.

“Ciao Kurt”, gli disse con semplicità, stritolando tra le mani un berretto.

Kurt faticò a individuare chi fosse quella persona, coi capelli tagliati cortissimi e la mimetica che sembrava lo avesse spersonalizzato di colpo. Quando fece vagare il suo sguardo azzurrino sugli occhi verdi e marroni dell’altro, lo riconobbe immediatamente.

“Dave, che ci fai qui?”, affermò con tono di voce sinceramente stupito.

Il suo cervello non aveva quasi certamente elaborato bene il tutto a causa dello choc: Dave Karofsky in tuta da combattimento davanti a lui.

Era strano vederlo sull’uscio di casa sua, tutto teso.

Era strano vederlo senza che avesse addosso la Letterman del McKinley o quei completi in jersey assolutamente out che metteva sempre allo Scandals.

Il confronto tra quegli abiti casual e la sua uniforme nuova di zecca gli fece venire un immediato groppo alla gola e un peso sullo stomaco di dimensioni bibliche.

“Come puoi ben vedere dal mio abbigliamento, mi sono arruolato nei Marines”, asserì sereno, come se fosse normale che un ragazzo di nemmeno diciannove anni abbandonasse tutto ciò che aveva ed entrasse a far parte dell’esercito degli Stati Uniti d’America.

Kurt fu tentato di chiedergli perché avesse intrapreso una carriera del genere, così pericolosa e così incisiva sul successivo corso della sua esistenza, ma si morse la lingua e non fiatò.

Nonostante la curiosità lo attanagliasse, non erano fatti suoi sapere cosa ci fosse dietro… forse, non voleva nemmeno pensare di essere in qualche modo coinvolto in una decisione così dannatamente drastica.

Sapeva di piacere a Dave da sempre, in fondo lui lo aveva anche baciato quasi due anni prima e quello era stato il suo primo bacio vero con un ragazzo, ma era consapevole anche di essere profondamente innamorato di Blaine.

Gli altri sparivano al suo cospetto.

E, per quanto Kurt Hummel fosse noto per il suo egocentrismo e la lievissima tendenza a considerarsi il centro del cosmo, proprio e altrui, non poteva nemmeno immaginare di aver inconsapevolmente spinto Dave verso un cammino così duro e ricco di rischi mortali.

Non riusciva neanche a sostenere un’idea del genere. Gli eventuali sensi di colpa lo avrebbero ucciso ogni istante per molto, molto tempo; avrebbe preferito rimanere all’oscuro di tutto, sì.

Scelse di tacere e di ascoltarlo mentre gli diceva probabilmente addio per sempre.

“Andrò in un campo di addestramento in Virginia e poi da lì mi spediranno immediatamente in Afghanistan. C’è veramente bisogno di rinforzi laggiù e spero di rendere onore alla mia patria facendo un ottimo lavoro”, enunciò quasi meccanicamente.

Nemmeno lui stesso si rendeva conto della piega che la sua vita aveva assunto. In pochi giorni si sarebbe ritrovato a fare allenamenti fisici massacranti, a strisciare nel fango, a combattere usando tecniche letali, a usare il fucile e la pistola sul serio, a guidare mezzi di trasporto pesanti tonnellate, a imparare i rudimenti della cultura e della lingua afghana e a capire come integrarsi al meglio coi suoi compagni.

La sua nuova famiglia. Con cui avrebbe combattuto fianco a fianco in guerra.

Guerra.

Ancora non riusciva a elaborare quel concetto così terrificante e astratto. Non aveva la minima idea di cosa avrebbe fatto una volta lì, di cosa avrebbe visto coi propri occhi.

Sperava solo di non impazzire in quell’inferno e di non fare la fine di Palla di Lardo in Full Metal Jacket.

“Dave, ti auguro davvero tutta la fortuna del mondo, e spero che tu riesca a tornare qui a Lima sano e salvo da tuo padre il prima possibile”, gli rispose Kurt, con la voce incrinata.

Era difficile stare a guardare andar via una persona che, nel bene e nel male, aveva segnato delle tappe nella sua vita, a cui aveva imparato a voler bene e che avrebbe potuto fare ritorno in città in una bara avvolta nella bandiera a stelle e strisce.

Il cuore gli si spezzò, ma preferì reprimere le proprie emozioni. Leggeva sul volto di Dave che il loro saluto era una delle cose più dure che avesse mai fatto e non voleva peggiorare ulteriormente il suo stato d’animo.

“Grazie mille Kurt, lo spero anche io. Se ti va, ogni tanto mandami qualche lettera oppure una mail e dimmi come vanno le cose all’Accademia a New York. Sono molto curioso di sapere come andrà a finire la convivenza tra te e la Berry”, asserì divertito, ma ancora una volta non c’era traccia di emotività nella sua voce.

Dave aveva il terrore che quella potesse essere la loro ultima volta. Aveva voglia di urlargli con tutta l’aria che aveva nei polmoni nel giardino di casa che era innamorato pazzo di lui, che aveva deciso di arruolarsi per scappare da tutto quanto c’era di sbagliato nella sua vita, anche da lui e da quell’amore devastante e non corrisposto, e di fare finalmente qualcosa di utile per se stesso, per la propria famiglia, per la sicurezza del mondo intero e per le generazioni successive.

Avrebbe contribuito concretamente a costruire un pianeta libero dal terrorismo e dalla malvagità. E di questo ne andava maledettamente orgoglioso.

Entrare nei Marines significava mostrare coraggio. E sapeva con certezza che in battaglia e negli aiuti umanitari al popolo afghano sarebbe stato davvero impavido e avrebbe dimostrato il proprio valore di giovane uomo e di soldato.

Quel coraggio che, invece, davanti a quello scricciolo di ragazzo magro ed elegante perdeva totalmente.

E’ la tua ultima occasione, stupido. Diglielo, digli tutto quanto- pensò Dave. Ma sapeva che Kurt era felice con quel Blaine e chi era lui per profanare il suo equilibrio? Non vantava alcun diritto su di lui o sulla sua felicità.

Si mangiò a morsi l’interno della sua guancia e rimase in silenzio aspettando la replica di Kurt.

Vide chiaramente che i lineamenti del ragazzo si distesero in un sorriso che gli tolse il fiato. Decise di imprimerselo con forza nella memoria, come un marchio a fuoco, perché percepiva già che quella curva allegra gli avrebbe riscaldato il cuore nei momenti difficili che avrebbe vissuto in Afghanistan.

E Dio solo sapeva quanti ne avrebbe avuti di momenti difficili nei mesi a venire.

“Certo, mi farebbe molto piacere poterti aggiornare su ciò che combino nella metropoli. Fammi sapere l’indirizzo e ti scriverò”, proclamò con la voce tremante, sforzandosi di sembrare disteso.

Davanti a sé, Kurt vide un vuoto. Un buco nero immenso. E Dave che veniva risucchiato dalla solitudine della guerra e dalla minaccia costante della morte. E se le sue stronzate a New York potevano aiutarlo a farlo sentire più vicino a casa, bé, gli avrebbe scritto pure ogni santo giorno.

A quelle parole, le labbra di Dave si incresparono in un sorriso, finalmente sincero.

Fu felice di sentire quel trasporto ardente corrergli nelle vene. Qualcosa di positivo e di puro, che non fosse solo la cieca angoscia di ciò che l’avrebbe atteso nel giro di pochissime settimane.

“Dirò a papà di comunicarti i miei vari recapiti allora. Devo scappare adesso, anche io devo sistemare le ultime cose. La mia partenza è fissata per domani mattina alle sette”, si fece scivolare le frasi in un sussurro.

Stava per andarsene.

Stava per diventare un altro, un altro che lui stesso avrebbe a stento riconosciuto un giorno.

La guerra lo avrebbe cambiato per sempre e non sapeva a chi o a cosa il vecchio Dave Karofsky stesse per lasciare spazio.

Era consapevole solo  del fatto che stava abbandonando il proprio cuore alla persona spaventata e  sconvolta che aveva di fronte. E che, se qualcosa fosse andata storta in Afghanistan, lui non l’avrebbe mai nemmeno saputo.

Kurt annuì e sentì la preoccupazione annodargli le viscere. Gli occhi si riempirono di lacrime, ma le trattenne stoicamente.

Avrebbe voluto avvicinarsi e abbracciare Dave, ma aveva il timore che avrebbe affondato la testa nel suo petto e lo avrebbe supplicato di non partire per quel maledetto posto dall’altra parte del globo.

Ma non sarebbe servito comunque a niente.

 La sua decisione era ormai quella e doveva rispettarla, anche se gli faceva male vederlo andar via verso qualcosa di terribilmente indefinito. L’incertezza sul suo destino fu la cosa più tremenda che la mente di Kurt elaborò in quell’istante. E si sentì schiantato dal panico che aveva iniziato a entrargli in circolo ovunque.

Dave sapeva che se Kurt avesse provato ad abbracciarlo, non lo avrebbe più lasciato andare. Le ginocchia sarebbero diventate di budino e avrebbe iniziato a singhiozzare come una bambina di due anni mentre gli diceva che lo amava. Tanto, tantissimo.

Ma non sarebbe servito comunque a niente.

Si limitò a stendergli la mano e a stringergli le dita con delicatezza, assaporandone il calore, la bianchezza e la morbidezza. Incamerò nella memoria quella sensazione speciale dovuta al contatto e sperò di recuperarla agevolmente ogni volta che ne avesse sentito la necessità nella sua brandina di notte, perso tra i suoi ricordi del Prima.

Poi sorrise nuovamente a Kurt e gli soffiò un semplice Ci sentiamo mentre si girava e usciva dal suo giardino con passo misurato e spedito.

Tutto ciò che Kurt riuscì fare in quel momento fu pregare il Cielo affinché lo proteggesse e sperare di stringerlo a sé il prima possibile.

 ***

Ok, continuiamo con la serie Massì, scriviamo Angst a gogo. L'ho scritta con il magone tutto il tempo... ah ç___ç  e mi è venuta in mente a pranzo mentre mangiavo con tutti quanti o_O

Per la mia metà e le girls, che adoro <3. Ps: titolo tratto da Speechless, giusto per rimanere in tema con la canzone cantata da Kurt, che è anche la mia preferita di Lady GaGa c:

  
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