“I
can’t
believe what you said to me last
night when we were
alone
You
threw your
hands up, baby
you gave up, you gave up”
Kurt
canticchiava Speechless, la sua canzone
preferita di Lady GaGa, con il cuore leggero e danzante sulle punte.
Stava
finendo di impacchettare gli ultimi
scatoloni da trasportare a New York City e li stava riempiendo
all’inverosimile
di vestiti, libri, spartiti, cd, dvd e qualsiasi altra cosa possibile e
immaginabile che gli saltava in testa.
Il
suo futuro lo aspettava lì, nella grande Mela,
e lui doveva solo prepararsi a cogliere ogni strepitosa
opportunità che gli si
sarebbe prospettata di lì a poco.
E
così iniziò a sognare la sua Accademia, i corsi
di studio, i nuovi compagni che l’avrebbero affiancato in
quell’avventura, il
delizioso monolocale che era riuscito a trovare con Rachel, le loro
prossime serate
a base di musical e cucina
giapponese in
giro per Broadway…
Il
suo flusso di pensieri venne interrotto dal
suono secco e acuto del campanello di casa, che lo fece letteralmente
sobbalzare dal tappeto del salotto dove si era adagiato per sistemare
tutta la
marea di roba che aveva ferma intenzione di trasportare nella sua nuova
abitazione newyorkese. Molto Carrie Bradshaw.
Kurt
spalancò la porta e si ritrovò davanti a
sé
una figura alta e massiccia, avvolta in una divisa militare mimetica.
Il
ragazzo, ben dritto e con un portamento già
tipicamente marziale, lo salutò con imbarazzo e gentilezza.
“Ciao
Kurt”, gli disse con semplicità,
stritolando tra le mani un berretto.
Kurt
faticò a individuare chi fosse quella
persona, coi capelli tagliati cortissimi e la mimetica che sembrava lo
avesse
spersonalizzato di colpo. Quando fece vagare il suo sguardo azzurrino
sugli
occhi verdi e marroni dell’altro, lo riconobbe immediatamente.
“Dave,
che ci fai qui?”, affermò con tono di voce
sinceramente stupito.
Il
suo cervello non aveva quasi certamente
elaborato bene il tutto a causa dello choc: Dave
Karofsky in tuta da combattimento davanti a lui.
Era
strano vederlo sull’uscio di casa sua, tutto
teso.
Era
strano vederlo senza che avesse addosso la
Letterman del McKinley o quei completi in jersey assolutamente out che metteva sempre allo Scandals.
Il
confronto tra quegli abiti casual e la sua
uniforme nuova di zecca gli fece venire un immediato groppo alla gola e
un peso
sullo stomaco di dimensioni bibliche.
“Come
puoi ben vedere dal mio abbigliamento, mi
sono arruolato nei Marines”, asserì sereno, come
se fosse normale che un
ragazzo di nemmeno diciannove anni abbandonasse tutto ciò
che aveva ed entrasse
a far parte dell’esercito degli Stati Uniti
d’America.
Kurt
fu tentato di chiedergli perché avesse
intrapreso una carriera del genere, così pericolosa e
così incisiva sul
successivo corso della sua esistenza, ma si morse la lingua e non
fiatò.
Nonostante
la curiosità lo attanagliasse, non
erano fatti suoi sapere cosa ci fosse dietro… forse, non
voleva nemmeno pensare
di essere in qualche modo coinvolto in una decisione così
dannatamente drastica.
Sapeva
di piacere a Dave da sempre, in fondo lui
lo aveva anche baciato quasi due anni prima e quello era stato il suo
primo
bacio vero con un ragazzo, ma era consapevole anche di essere
profondamente
innamorato di Blaine.
Gli
altri sparivano al suo cospetto.
E,
per quanto Kurt Hummel fosse noto per il suo
egocentrismo e la lievissima
tendenza
a considerarsi il centro del cosmo, proprio e altrui, non poteva
nemmeno
immaginare di aver inconsapevolmente spinto Dave verso un cammino
così duro e
ricco di rischi mortali.
Non
riusciva neanche a sostenere un’idea del
genere. Gli eventuali sensi di colpa lo avrebbero ucciso ogni istante
per
molto, molto tempo; avrebbe preferito rimanere all’oscuro di
tutto, sì.
Scelse
di tacere e di ascoltarlo mentre gli
diceva probabilmente addio per sempre.
“Andrò
in un campo di addestramento in Virginia e
poi da lì mi spediranno immediatamente in Afghanistan.
C’è veramente bisogno di
rinforzi laggiù e spero di rendere onore alla mia patria
facendo un ottimo
lavoro”, enunciò quasi meccanicamente.
Nemmeno
lui stesso si rendeva conto della piega
che la sua vita aveva assunto. In pochi giorni si sarebbe ritrovato a
fare
allenamenti fisici massacranti, a strisciare nel fango, a combattere
usando
tecniche letali, a usare il fucile e la pistola sul
serio, a guidare mezzi di trasporto pesanti tonnellate, a
imparare i rudimenti della cultura e della lingua afghana e a capire
come
integrarsi al meglio coi suoi compagni.
La
sua nuova famiglia. Con cui avrebbe combattuto
fianco a fianco in guerra.
Guerra.
Ancora
non riusciva a elaborare quel concetto così
terrificante e astratto. Non aveva la minima idea di cosa avrebbe fatto
una
volta lì, di cosa avrebbe visto coi propri occhi.
Sperava
solo di non impazzire in quell’inferno e
di non fare la fine di Palla di Lardo in Full
Metal Jacket.
“Dave,
ti auguro davvero tutta la fortuna del
mondo, e spero che tu riesca a tornare qui a Lima sano e salvo da tuo
padre il
prima possibile”, gli rispose Kurt, con la voce incrinata.
Era
difficile stare a guardare andar via una
persona che, nel bene e nel male, aveva segnato delle tappe nella sua
vita, a
cui aveva imparato a voler bene e che avrebbe potuto fare ritorno in
città in
una bara avvolta nella bandiera a stelle e strisce.
Il
cuore gli si spezzò, ma preferì reprimere le
proprie emozioni. Leggeva sul volto di Dave che il loro saluto era una
delle
cose più dure che avesse mai fatto e non voleva peggiorare
ulteriormente il suo
stato d’animo.
“Grazie
mille Kurt, lo spero anche io. Se ti va,
ogni tanto mandami qualche lettera oppure una mail e dimmi come vanno
le cose
all’Accademia a New York. Sono molto curioso di sapere come
andrà a finire la
convivenza tra te e la Berry”, asserì divertito,
ma ancora una volta non c’era
traccia di emotività nella sua voce.
Dave
aveva il terrore che quella potesse essere
la loro ultima volta. Aveva voglia di urlargli con tutta
l’aria che aveva nei
polmoni nel giardino di casa che era innamorato pazzo di lui, che aveva
deciso
di arruolarsi per scappare da tutto quanto c’era di sbagliato
nella sua vita, anche
da lui e da quell’amore devastante e non corrisposto, e di
fare finalmente qualcosa
di utile per se stesso, per la propria famiglia, per la sicurezza del
mondo
intero e per le generazioni successive.
Avrebbe
contribuito concretamente a costruire un pianeta
libero dal terrorismo e dalla malvagità. E di questo ne
andava maledettamente
orgoglioso.
Entrare
nei Marines significava mostrare coraggio.
E sapeva con certezza che in
battaglia e negli aiuti umanitari al popolo afghano sarebbe stato
davvero impavido
e avrebbe dimostrato il proprio valore di giovane uomo e di soldato.
Quel
coraggio che, invece, davanti a quello
scricciolo di ragazzo magro ed elegante perdeva totalmente.
E’
la
tua ultima occasione, stupido. Diglielo, digli tutto quanto-
pensò Dave. Ma sapeva che Kurt era felice con quel Blaine e
chi era
lui per profanare il suo equilibrio? Non vantava alcun diritto su di
lui o
sulla sua felicità.
Si
mangiò a morsi l’interno della sua guancia e
rimase in silenzio aspettando la replica di Kurt.
Vide
chiaramente che i lineamenti del ragazzo si
distesero in un sorriso che gli tolse il fiato. Decise di imprimerselo
con
forza nella memoria, come un marchio a fuoco, perché
percepiva già che quella
curva allegra gli avrebbe riscaldato il cuore nei momenti difficili che
avrebbe
vissuto in Afghanistan.
E
Dio solo sapeva quanti ne avrebbe avuti di
momenti difficili nei mesi a venire.
“Certo,
mi farebbe molto piacere poterti
aggiornare su ciò che combino nella metropoli. Fammi sapere
l’indirizzo e ti
scriverò”, proclamò con la voce
tremante, sforzandosi di sembrare disteso.
Davanti
a sé, Kurt vide un vuoto. Un buco nero
immenso. E Dave che veniva risucchiato dalla solitudine della guerra e
dalla
minaccia costante della morte. E se le sue stronzate a New York
potevano
aiutarlo a farlo sentire più vicino a casa, bé,
gli avrebbe scritto pure ogni santo
giorno.
A
quelle parole, le labbra di Dave si
incresparono in un sorriso, finalmente sincero.
Fu
felice di sentire quel trasporto ardente
corrergli nelle vene. Qualcosa di positivo e di puro, che non fosse
solo la
cieca angoscia di ciò che l’avrebbe atteso nel
giro di pochissime settimane.
“Dirò
a papà di comunicarti i miei vari recapiti
allora. Devo scappare adesso, anche io devo sistemare le ultime cose.
La mia
partenza è fissata per domani mattina alle sette”,
si fece scivolare le frasi
in un sussurro.
Stava
per andarsene.
Stava
per diventare un altro, un altro che lui
stesso avrebbe a stento riconosciuto un giorno.
La
guerra lo avrebbe cambiato per sempre e non
sapeva a chi o a cosa
il vecchio Dave Karofsky stesse per lasciare spazio.
Era
consapevole solo del
fatto che stava abbandonando il proprio
cuore alla persona spaventata e
sconvolta che aveva di fronte. E che, se qualcosa fosse
andata storta in
Afghanistan, lui non l’avrebbe mai nemmeno saputo.
Kurt
annuì e sentì la preoccupazione annodargli
le viscere. Gli occhi si riempirono di lacrime, ma le trattenne
stoicamente.
Avrebbe
voluto avvicinarsi e abbracciare Dave, ma
aveva il timore che avrebbe affondato la testa nel suo petto e lo
avrebbe supplicato
di non partire per quel maledetto posto dall’altra parte del
globo.
Ma
non sarebbe servito comunque a niente.
La sua
decisione era ormai quella e doveva rispettarla, anche se gli faceva
male
vederlo andar via verso qualcosa di terribilmente indefinito.
L’incertezza sul
suo destino fu la cosa più tremenda che la mente di Kurt
elaborò in
quell’istante. E si sentì schiantato dal panico
che aveva iniziato a entrargli
in circolo ovunque.
Dave
sapeva che se Kurt avesse provato ad
abbracciarlo, non lo avrebbe più lasciato andare. Le
ginocchia sarebbero
diventate di budino e avrebbe iniziato a singhiozzare come una bambina
di due
anni mentre gli diceva che lo amava. Tanto, tantissimo.
Ma
non sarebbe servito comunque a niente.
Si
limitò a stendergli la mano e a stringergli le
dita con delicatezza, assaporandone il calore, la bianchezza e la
morbidezza.
Incamerò nella memoria quella sensazione speciale dovuta al
contatto e sperò di
recuperarla agevolmente ogni volta che ne avesse sentito la
necessità nella sua
brandina di notte, perso tra i suoi ricordi del Prima.
Poi
sorrise nuovamente a Kurt e gli soffiò un
semplice Ci sentiamo mentre si
girava
e usciva dal suo giardino con passo misurato e spedito.
Tutto ciò che Kurt
riuscì fare in quel momento fu
pregare il Cielo affinché lo proteggesse e sperare di
stringerlo a sé il prima
possibile.