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Autore: The barbarian    26/11/2011    1 recensioni
Ciao a tutti! Ho deciso di tornare alla carica con una nuova storia, che ha per protagonista Akane nelle vesti di una brigantessa!!! E precisamente in quelli di una brigantessa realmente esistita. Spero vi piaccia e che commentiate numerosi. Buona lettura.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Calabria, anno 1862: in tutta la regione imperversava il fenomeno del brigantaggio contro il nuovo Regno d’Italia appena creatosi. Tra i briganti c’erano anche delle donne, anche esse grandi combattenti: una di queste era la brigantessa Akane Oliviero. Ecco la sua storia.

Akane era nata nel 1841, in un piccolo villaggio della Calabria settentrionale: la madre era morta quando era ancora piccola, e il padre Soun l’aveva allevata insieme alle sorelle Nabiki e Kasumi. A 17 anni Akane andò in sposa al figlio di un vecchio amico di suo padre, chiamato Ranma Monaco; la ragazza, dapprima restia a sposarsi con uno sconosciuto, appena lo vide se ne innamorò e andò a vivere con lui al suo paese.  Il marito era un soldato dell’esercito che disertò per unirsi alla rivoluzione garibaldina del 1860, ma al suo ritorno a casa, invece della terra promessa dai liberatori, si trovò ad essere di nuovo arruolato nel nuovo esercito italiano. Ma la cosa, già abbastanza tesa, peggiorò quando Ranma uccise per vendetta un possidente locale che lo aveva offeso. Per questo dovette darsi alla macchia e divenne un brigante, costituendo una propria banda. Akane rimase dunque sola in casa, ma riceveva comunque le visite del marito, che riusciva a passare tra le maglie dell’esercito. Ma, se da un lato ciò rappresentava la prova d’amore dei due giovani, dall’altro era pericoloso per ché poteva essere catturato per mezzo della moglie.  E proprio questo fu il piano per prenderlo.

Una sera qualcuno bussò alla porta di casa Oliviero. “Chi è?” rispose Nabiki, mentre la sorella si irrigidiva per il terrore di essere arrestata a causa del marito. Non sapeva quanto era vicina alla verità.  Aperto l’uscio, le due donne si trovarono di fronte una pattuglia di cinque militari: quello che sembrava il comandante si avvicinò e disse, con voce fredda come il ghiaccio: “Sono il colonnello Kuno Fumel. Vi dichiaro in arresto per complicità con il brigante Ranma Monaco”. Detto ciò, i soldati si precipitarono in casa e portarono via con la forza Akane e Nabiki. Trasportate su un carretto tirato da due muli, le due donne vennero portate nel carcere di Celico, affinché Ranma si costituisse.  Rimasero lì dentro per due mesi, poi furono rilasciate per mancanza di prove.  Dopo essere tornate a casa, tra le due sorelle scoppiò un violento alterco riguardo alla decisione sul marito di Akane. “Cosa faremo se quel piemontese ritorna di nuovo? Io non voglio finire di nuovo in prigione per colpa di tuo marito?” disse Nabiki con voce alterata, seguita subito dalla sorella che replicò: “Cosa vorresti fare? Consegnare forse Ranma a quel bastardo e farlo fucilare dai bersaglieri?”. “Si, se è per il bene della nostra famiglia” “Tu stai vaneggiando!!!” urlò Akane alla sorella, che rispose: “Vaneggiando? Ora vedrai. Domani andrò da quel Kuno Fumel e gli dirò dove si trova il mio caro cognatino!!!”. Bollendo di rabbia, ira e indignazione,  Akane Oliviero gridò con quanta forza aveva in gola: “Non lo farai, cagna maledetta!!!”. E , preso un coltellaccio da cucina sul tavolo, pugnalò al petto Nabiki, che cadde a terra in un lago di sangue.  Poi, ancora ardendo d’ira, fuggì dalla sua abitazione e si apprestò a raggiungere il marito, che, con la sua banda si era rifugiato suoi monti circostanti.  Stava percorrendo un sentiero di montagna quando si udì gridare: “Alt! Fermo o sparo!”. Akane si fermò, ma subito si identificò:  “Sono io, Akane Oliviero, moglie di Ranma Monaco!” . Subito dalla penombra uscì una figura di brigante armato di schioppo, che portava in testa una bandana gialla e nera e aveva dei canini molto pronunciati. “Ryoga, mi hai spaventata”, disse Akane al ragazzo, che si chiamava Ryoga De Benedetto, braccio destro del capo. “Scusa, ma sai quali sono gli ordini di tuo marito. Tu, piuttosto, perché sei qui?”. “E’ una storia lunga”, rispose Akane, che poi chiese: “Dov’è Ranma? Devo parlargli!”. Colpito dalla risolutezza della ragazza, Ryoga, messo lo schioppo in spalla, le rispose: “E’ dentro una di queste grotte che fungono da nostro rifugio. Vai avanti e poi gira a destra, non potrai sbagliare: è la più grande. Io non posso lasciare il mio posto di guardia”. “Grazie”, replicò Akane, che si incamminò per raggiungere il luogo dove si trovava il marito. 
  
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