Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Burning    26/11/2011    4 recensioni
Questa è la mia prima FF, e devo ammettere che sono ansiosa. Giusto un pelo. Ma non voglio parlare io. Lascerò che siano altre mie parole, a spiegarsi.
E il cuore zittisce la mente prima che possa darle qualsiasi risposta razionale, qualsiasi cosa che le permetta di sperare.
Nicola la fissa, e respira forte, l’aria che non sembra mai abbastanza per soddisfare i polmoni.
Michela lo fissa, e non respira proprio, con le lacrime traditrici che continuano a scendere.
Poi, nel ghiaccio coglie una supplica, che nemmeno il cuore può rifiutarsi di vedere come tale. E il suo orgoglio risponde.
Incatena lo sguardo a quello di lui, ghiaccio nel metallo, metallo nel ghiaccio, e trasforma l’acciaio di quelle iridi cangianti nelle nubi che vede Claudia. Perché ne è capace, sì: sa che, volendo, i suoi occhi possono diventare espressivi quanto parole.
E gli riversa addosso tutto.
Tutti i cocci.
Spera solo che non si tagli.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Si alza, Michela.
Si alza e scende i due gradini che la separano dal pavimento del palazzetto sotto lo sguardo attonito di Jessica, quello comprensivo di Silvia e quello addolorato di Angelica e Ilaria. Nessuna di loro osa seguirla, nessuna osa chiederle se ha bisogno di qualcosa, perché tutte sanno che sì, ne ha bisogno, ma nessuna di loro può darglielo. E così riescono a sentire che l’unica cosa che possono fare è lasciarle il suo orgoglio, lasciandola piangere da sola.
E lei non si accorge che due occhi la seguono.
 
Cammina, Michela, e incontra lei, Claudia Marino, il grande spirito che con mano ferma e voce allegra gestisce la sua classe.
Con la solita vivacità le chiede dove pensa di andare, e Michela riesce a stento a trattenere un sorriso amaro.
I suoi occhi diventano lo strato di metallo fuso che sono sempre stati, così chiari, così grigi, così freddi, e incontrano quelli della professoressa. Abbassa lo sguardo per un secondo, ma a Claudia basta: lei è una matrona, una donna che ha la sua età – sessant’anni portati con la dignità di una regina e l’esuberanza di una quindicenne -, una signora, coma ama definirsi lei, e che, in mancanza di prole, sfoga gli istinti materni sugli alunni dell’istituto da almeno una trentina d’anni. E li conosce tutti, uno a uno, benissimo, forse persino meglio dei reali genitori. E sa che Michela non ha mai abbassato lo sguardo.
Ma è un secondo: dopo esso, Michela è già tornata a fissarla, anche se sembra aver trovato il coraggio di farlo in un sospiro tremante.
Esce, le dice, ha mal di testa, e il fracasso tonante dell’assemblea non la aiuta. Tornerà fra poco, cinque minuti, dieci al massimo.
E Claudia annuisce. Non le crede, ma annuisce.
Ha visto lo strato di lacrime represse in quegli occhi che non piangono mai.
 
Scende di corsa la scalinata, e via, passi veloci e piccoli, le mani a spazzare via quelle lacrime che già cominciano a valicare i confini, lo sguardo annebbiato e i singhiozzi furenti soffocati nella gola che cominciano a bruciare, fino a raggiungere i lati del palazzetto, quel muro che contiene scritte una più bella dell’altra, graffiti d’amore o di rabbia, che invocano sentimenti tanto intensi quanto contrastanti, fino a sedersi su quel cemento freddo che circonda l’edificio come un abbraccio, con le gambe incrociate e i capelli liberi nel vento.
Le lacrime che cadono ancora, ancora silenziose e anonime come è lei.
Come è lei per lui.
Mentre ascolta il silenzio, le pare che persino il suo cuore si spezzi senza fare il minimo rumore. Ed è allora che il dolore trabocca.
E la annienta.
 
 
 
La vede alzarsi, uscire, e la segue col cuore prima ancora che con le gambe. È la gomitata di Francesco a svegliarlo – lui sa, sa tutto, e non gli ha mai detto nulla –, e Nicola sa che deve fare qualcosa. Si alza anche lui, e le corre dietro, sotto lo sguardo attonito di Jessica, quello comprensivo di Silvia e quello spaventato – per la paura che ogni speranza sia vana – di Angelica e Ilaria.
E non sa che dietro di sé, Jessica e Francesco si sono guardati e in quello sguardo si sono detti due parole, che entrambi hanno quasi paura di pensare.
Missione compiuta.
 
Cammina, Nicola, e incontra lei, Claudia Marino.
I suoi occhi scuri lo scrutano, e lui è convinto – non sa come, ma è così, se lo sente dentro – che lei sa. Sembra che tutti lo sappiano, tranne lui.
Dal suo canto, Claudia sa davvero. Perché lo sguardo di quel giovane – che non è un suo alunno, ma che i suoi occhi ormai allenati classificano immediatamente con la targhetta ‘Bravo Ragazzo’ – è il riflesso perfetto di quello di Michela.
L’ansia che legge nei begli occhi di ghiaccio che ha davanti, è il dolore e le lacrime che ha letto nel freddo metallo fuso, che per lei è più un cielo plumbeo carico di sentimenti e chiaro e leggibile come un libro aperto – ma lei è una grande lettrice, sa dove e cosa cercare in uno sguardo, e ai suoi occhi castani non è sfuggito l’animo di Michela, quello vero, quello che sfugge a tutti gli altri – e ci mette poco a collegare tutto.
Non è più giovane, ma non per questo non è intelligente, o poco pratica dell’amore. Anzi, oserebbe definirsi una discreta esperta.
E da esperta e lettrice, riconosce quello che vede negli occhi di lui, e capisce ciò che ha visto negli occhi di lei.
Ed è una cosa che spesso non vede nemmeno nelle coppie ormai sposate.
È una cosa che all’età che quei due hanno – 16 lei, 18 appena lui – è più unico che raro. È talmente incredibile che nessuno oserebbe dire esista.
Ma Claudia sa. E sa quello che vede.
Per questo tende le labbra in un sorriso e indica dolcemente la porta con un movimento regale del viso.
“Pare che tutti abbiano mal di testa oggi. E’ già passato qualcuno che mi ha chiesto di uscire. Vai, non voglio dicano che faccio preferenze per i miei.”
Le viene spontaneo usare il possessivo.
Quella classe di bacucchi è una sua proprietà. Quei bacucchi sono figli suoi.
Nicola sorride, prima di correre verso la porta.
E Claudia non può fare a meno di pensare che Michela ha proprio buoni gusti. E che Nicola sarà un buon ‘genero’.
 
Sente la sua presenza prima dei suoi passi alle spalle.
La sente, anche se ormai la parte di sé che meglio riusciva a sentire – quella che usava di meno, quella che aveva paura di usare, quella che, per una volta che aveva deciso di usarla, era stata distrutta senza tanti preamboli – è ormai inservibile.
Alza gli occhi su di lui, e lo vede: accorato, col fiatone, come se avesse fatto una maratona di mille chilometri. Ma la strada fin lì dal palazzetto è poca, si ricorda, e lui è un corridore, che ha vinto la campestre d’istituto tutti gli anni, e anche le regionali di resistenza. Come mai ha il fiatone?
La sua mente lo intuisce, sono i cocci del cuore a non volerlo accettare.
Ansia. Preoccupazione. Paura.
Di cosa?, si interroga, colta da un attacco di masochismo acuto.
E il cuore zittisce la mente prima che possa darle qualsiasi risposta razionale, qualsiasi cosa che le permetta di sperare.
Nicola la fissa, e respira forte, l’aria che non sembra mai abbastanza per soddisfare i polmoni.
Michela lo fissa, e non respira proprio, con le lacrime traditrici che continuano a scendere.
Poi, nel ghiaccio coglie una supplica, che nemmeno il cuore può rifiutarsi di vedere come tale. E il suo orgoglio risponde.
Incatena lo sguardo a quello di lui, ghiaccio nel metallo, metallo nel ghiaccio, e trasforma l’acciaio di quelle iridi cangianti nelle nubi che vede Claudia. Perché ne è capace, sì: sa che, volendo, i suoi occhi possono diventare espressivi quanto parole.
E gli riversa addosso tutto.
Tutti i cocci.
Spera solo che non si tagli.
 
Nicola vede i suoi occhi trasformarsi, e rimane incantato. Persino quando si riempiono di dolore, e sì, anche di accusa, persino quando sotto essi si sente un emerito idiota, non può non pensare a quanto siano belli.
Nicola è forte. È bello. E non ha mai voluto bene ad una persona… in questo modo. Quello per le ragazze che ha avuto era tiepido affetto, che affogava dietro caldi baci, ma quello che prova per lei è lava incandescente.
Quella che prova ora è fottutissima paura.
Lui, che paura non sa nemmeno se esista nel suo vocabolario.
E per la prima volta non sa che dire.
Non ha mai usato tante parole, perché non gli sono mai servite: poche lettere, ed esprimeva quello che voleva dire. Sceglieva bene i termini che doveva usare, odiava parlare a sproposito. E tutti lo ammiravano per questo: abilità riassuntiva, dicevano.
Abilità riassuntiva un paio di balle.
Almeno, quando non sanno che dire, quelli abituati a parlare aprono la bocca e danno fiato riuscendo a prendere tempo, ma lui, ora che in quella situazione la sua capacità di trovare parole era stata annullata dall’emozione, cosa diavolo può fare?
“Ehm…”, esordisce, e si complimenta con se stesso per l’inizio di un’intelligenza prorompente.
Le parole di lei sono un sussurro.
“Vattene”, mormora, ed è allora che Nicola si accorge che sta piangendo.
Così cadono tutte le barriere.
 
“Vattene”, mormora Michela, e deve fare violenza su se stessa per riuscire a pronunciare quelle poche lettere.
Lei che quando apre bocca parte in quarta e non riesce a fermarsi, lei che trascorre la maggior parte della durata dei propri sproloqui a maledirsi e ad imporsi di tacere, fa fatica a dire una parola.
Quella consapevolezza si aggiunge alle altre, e il velo di autocommiserazione che si sta stendendo addosso la fa piangere ancora. Sentire le lacrime scendere la immobilizza: sta piangendo. Davanti a qualcuno. Davanti a lui.
Debole.
Sei una debole.
Braccia forti la stringono, e lei tenta di liberarsi. Si agita, si divincola, ma lui non è intenzionato a lasciarla, e la sua presa è più salda che mai quando finalmente lei si arrende e scoppia in singhiozzi sulla sua spalla.
“Non è giusto “, sussurra Michela, tirando su col naso.
“Cosa?”
La voce di Nicola è calda, morbida, come mai l’ha sentita prima, e questo le dà la forza di continuare.
“Che sia tu a consolarmi quanto se piango è colpa tua”, sibila, imbarazzata ed esausta.
Il silenzio li avvolge, e lei riesce ad avvertire con chiarezza quale effetto stiano avendo le sue parole. Parole ambigue, che rivelano forse troppo. E il suo cuore non è ancora guarito.
Non può permettergli di entrarle così tanto nella mente.
Di riflesso, lo sente aumentare la stretta, quasi stesse intuendo il suo desiderio di allontanarsi e volesse impedirle di attuarlo.
E lei si accoccola su di lui, dolcemente straziata da quel dolore.
 
La sente sistemarsi meglio tra le sue braccia, e la osserva: bella, i capelli dorati che creano onde selvagge sulle spalle, le ciglia bagnate, le guance lucenti.
Tra le sue braccia.
Sua.
Ed è questo a renderla perfetta.
A rendere lui, perfetto.
Ora sa esattamente cosa dirle.
 
“Michela”, lo sente mormorare.
Chiude gli occhi. Non vuole che parli, che dica quello che deve dire, qualcosa che rovinerà tutto.
Lo sente alzarle il volto mentre lei tenta inutilmente di resistergli: è troppo stanca – esausta – lui troppo determinato.
Il suo volto è vicino, più di quanto possa sopportare, e i suoi occhi bruciano di forza tanto quanto lei si sente debole, quasi la stesse risucchiando dalla sua pelle.
“Baciami”, le sussurra.
E poi allenta la presa, e attende.
Che sia lei ad avvicinarsi, che sia lei a decidere di rimanere, che sia lei a fidarsi.
E Michela cede.
 
Da una finestra, un paio di occhi scuri osservano la scena, apprezzando la scelta di lui e approvando la decisione di lei.
La signora  sorride, osservando ancora una volta che la vita non è una favola: nessun raggio di sole che squarcia le nubi, nessun miracolo atmosferico che sarebbe stato d’obbligo in una fiaba sta avvenendo per quel magnifico lieto fine.
Lo sguardo ricade sui due giovani, stretti sotto la pioggia, a proteggersi dai lampi e dai tuoni semplicemente con la presenza l’uno dell’altra, insensibili alle sferzate di vento.
No, la vita non è una favola.
A volte.. a volte è anche meglio.
 
 
 
 
KappaBi’s Corner
Well, questa è la mia prima FF. Una cosina da nulla, una cazzatina per passare il tempo, ma si gradiscono commenti :3 nel caso non si fosse capito, il tutto si svolge durante un’assemblea d’istituto (io geniale, preciso l’ambientazione alla fine. Liberi di darmi della cretina, perché sì, lo sono. Gneh-eh)… Sì sì, originalità alle stelle, ma che ci posso fare? Altre non mi piacevano, questa era l’unica che mi ha convinto.
Posso affermare che sarete invasi da una sfilza di non-sensaggini annose (che poi Anna sarei io xD), perché in quanto non-sense pochi mi battono.
Inchino e bacione,
KappaBi  
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Burning