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Autore: Giallo4ver    27/11/2011    1 recensioni
[Personaggi: Tiberio Remo Romanus/ Impero romano
Clelia Romolo Romana/Città di Roma, Caput Mundi
Ariovisto/ Germania Magna]
Clelia gli sorrise debolmente, Ariovisto capì che non era felice, che c’era qualcosa di strano in quel sorriso accennato.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Antica Roma, Germania Magna, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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d Personaggi: Tiberio Remo Romanus/ Impero romano
Clelia Romolo Romana/Città di Roma, Caput Mundi
Ariovisto/ Germania Magna
Note: Ho ripreso il nome di Ariovisto da Nemeryal, perché mi sembra un bel nome, e mi pare adatto al personaggio.
Se è una schifezza totale, chiedo perdono...

- Tuo nipote Romanus mi ha detto che volevi vedermi.-
- Già.-
Germania rimase sulla porta.
Clelia era girata di spalle, seduta alla scrivania.
Lui non riuscì a capire cosa esattamente stesse facendo, ma vide la donna piegare qualcosa e infilarlo in un cassetto.
Poi si alzò e si voltò verso di lui.
Non era più la stessa da quando suo fratello era morto.
Era stanca, insofferente a tutto, solo dei nipoti si curava un pochino.
Sembrava non avere più…non forza, ma volontà.
Oramai non sorrideva più.
E Germania si chiese perché, tra tutti, lei volesse vedere lui, che era l’assassino di quel fratello che lei aveva amato tanto.
Clelia gli sorrise debolmente,  Ariovisto capì che non era felice, che c’era qualcosa di strano in quel sorriso accennato.
- Vieni, facciamo una passeggiata.- disse uscendo dalla stanza e lui la seguì in silenzio.
Quella richiesta era inaspettata, lei si era reclusa in quel palazzo dalla morte di Tiberio, e da all’ora non era mai uscita.
Avrebbe voluto chiederle se si era ripresa, se stava meglio, ma non lo fece.
Sarebbe sembrato stupido, l’assassino che chiede ai parenti della vittima come si sentono…lei avrebbe potuto fraintendere, e credere che si trattasse di una beffa sgarbata.
- La mia città…ridotta così.- mormorò guardandosi intorno
- ‘Così’ come?- chiese lui di riflesso
Clelia si fermò, erano al Foro.
- Guarda…- disse allargando le braccia, come se volesse abbracciare un’entità inesistente- Siamo al Foro, e non c’è nessuno.- fece ricadere le braccia lungo i fianchi e riportò lo sguardo a terra
- Una volta ci sarebbe stata tutta Roma in piazza. Ora dov’è?-
Germania rimase in silenzio, qualunque cosa lui avesse detto, era sicuro che Clelia avrebbe risposto ‘Invece è morta, la mia Roma.’
Inconsciamente portò una mano al gladio di Tiberio.
L’Imperium glielo aveva regalato alla sua morte, anzi, aveva avuto la sfacciataggine di imporgli  di infliggergli il colpo di grazia con quel gladio, e Ariovisto non aveva potuto rifiutare.
- Sai, mio fratello aveva un modo strano di vedermi.- continuò lei, poggiando una mano contro l’arco di Settimo Severo.- Ogni tanto era triste. Fin da piccolo, ogni tanto, senza apparente motivo, era triste. Quando gli chiedevo cosa avesse, mi rispondeva che era morto qualche nostro cittadino. Io non ci facevo caso all’inizio, Tiberio era sempre stato più sensibile di me, ma poi capii. Lui non voleva che io sentissi quel freddo perenne della morte che si intrufola tra gli umani e li porta via. Era triste perché anch’io sentivo quello che sentiva lui, e lui non voleva. È complicato da spiegare. Una volta guardavamo il tramonto su uno dei ponti del Tevere, e lui mi disse ‘Guarda, il sole piange perché tra un po’ non potrà più vederti brillare.’- rimase in silenzio.
Perché gli stava parlando di lui? Forse voleva sfogarsi.
Ha forse deciso che è il momento di finirla di piangersi addosso? Si chiese Germania, avvicinandosi a lei.
Voleva solo prenderla per un braccio e riportarla a casa, nulla di più.
Ma Clelia non aveva intenzione di subire il dominio di un barbaro un momento di più.
La forza che tutti credevano avesse perso tornò insieme alla volontà e all’ira che si era tenuta dentro per settimane.
Aveva sempre odiato la sconfitta, Clelia.
Ma ancor di più, detestava che un barbaro le fosse a capo.
Fu un lampo.
Ariovisto non se lo aspettava.
Sentì solo il rumore del gladio che sgusciava fuori dal suo fodero, una gomitata nello stomaco e poi niente, Clelia si allontanò da lui, il gladio di suo fratello stretto in pugno, mentre Germania si rimetteva in piedi e la guardava leggermente stupito, gli sembrò di riconoscere nella postura della donna, nei suoi movimenti, nello sguardo rapace, la Roma di un tempo, la Caput mundi, Clelia, colei
che aveva dato alle fiamme Cartagine con Scipione, che aveva sottomesso la Gallia con Cesare,  che insieme a suo fratello aveva creato l’impero più grande ed incredibile del mondo, la donna dalle molteplici sfumature, spietata quanto magnanima, che seppur vinta risultava invitta, lei che aveva il furor di Cesare, l’eloquenza di Cicerone, la poesia di Virgilio, la testardaggine e la fermezza di Catone il Censore, l’ingegno e la saggezza di Ottaviano e Traiano.  
- Giurai sulla tomba di Cesare, sull'effige di Roma, sul cadavere di mio fratello, che mai, mai!, nessun uomo se non un romano col consenso del popolo mi avrebbe guidata.- gli occhi erano febbrilmente spiritati, una luce che aveva un che di folle e di irato, un’ira che nasceva da un dolore profondo, e Germania capì.
Il sorriso, la passeggiata, lo sfogo, il gladio.
- No!- urlò precipitandosi verso di lei
- È finita.- mormorò Clelia e con un gesto fluido, che fece sembrare braccia, mani e spada tutt’uno, si trapassò il petto.
Ariovisto l’afferrò prima che potesse cadere a terra.
- Che cosa hai fatto…- le sussurrò mentre le mani gli si riempivano di sangue.
- Ci vediamo…all’Inferno.- rantolò lei sogghignando, poi chiuse gli occhi.
Aveva ancora tra le mani rosse l’impugnatura del gladio di suo fratello.  
  
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