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Autore: Keiko    28/11/2011    1 recensioni
[Mikey Way/Alicia Simmons] Non avrei mai creduto di dovere a Pete qualcosa che esulasse da una birra in compagnia o da una telefonata carica di complimenti, e invece gli devo ciò che ho imparato ad amare più di mio fratello. La verità è che forse, quando davvero tutto sembra solo merda, occorre saper riconoscere le scialuppe di salvataggio che il Destino ti concede. Sono rare e difficili da individuare, è un po’ come una caccia al tesoro a cui non hai nemmeno voglia di partecipare ma d’altra parte i diamanti si trovano sempre sotto la cenere. Rompersi unghie contro la roccia, respirare odori violenti, graffiarsi polsi e braccia fa tutto parte della risalita.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mikey Way
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Sweet Revenge © [13/09/2008]
Disclaimer: I My chemical Romance (Mikey Way, Gerard Way, Frank Anthony Iero, Bob Bryar e Ray Toro nella loro ultima formazione), Jamia Nestor, Alicia Simmons e Lyn-Z (bassista dei Mindless Self Indulgence) sono persone realmente esistenti. I personaggi originali non sono ovviamente persone realmente esistenti, ma semplice frutto della mia immaginazione. La storia è frutto di una narrazione di PURA FANTASIA che mescola la mia visione di fan a eventi storicamente accaduti e rumors spulciati in rete, destinata al diletto e all'intrattenimento di altri fans. Non si persegue alcun intento diffamatorio o finalità lucrativa. Nessuna violazione dei diritti legalmente tutelati in merito alla musica ed alla personalità degli artisti succitati si ritiene dunque intesa.


“Some girls tears in a taxi.”
(“Glorius”, Natalie Imbruglia)



“Ha gli occhi dell’azzurro terso del cielo di Belleville dopo un temporale estivo.”
Questa è stata l’unica cosa che sono riuscito a pensare quando ho visto Alicia per la prima volta.
Pete mi aveva invitato al concerto del gruppo in uno dei locali del Jersey senza che potessi trovare un qualsiasi pretesto per rifiutare.
Non sono di certo uno di quelli che godono nel bidonare gli amici e io adoro Pete e la sua musica, ma mi aveva sempre trovato impegnato con i gruppo e i fottuti casini di Matt.
Gee ha sempre adorato Matt: era forse una delle poche persone che conoscessimo disposta a giocarsi il tutto e per tutto con la musica e solo questo sarebbe stato un valido motivo perché brillasse agli occhi di mio fratello più di chiunque altro.
Matt era uno di quei perdenti, come noi, che poteva avere una qualche cazzo di rivincita, insomma.
Inutile dire che i problemi che avevamo all’epoca – e sto parlando anche di quelli di Gee - erano per la maggior parte imputabili a lui.
Quando si è semplicemente dal lato sbagliato come lo era Matt, e tendi a fare la voce grossa con un tossico che arriva ad ogni cazzo di prova fatto di medicinali per poi ubriacarsi, beh sei una merda.
E Matt era proprio così, per questo quando è venuto alle mani con Ray che semplicemente l’aveva spinto lontano da Gee prima che gli rifilasse sul serio una raffica di pugni, era scoppiato tutto.
Ray, semplicemente, non voleva sottostare ai giochetti da bullo di un batterista già finito.
In ogni caso, questo avvenne qualche tempo dopo, pochissimo a essere sinceri.
Il clima in cui mi muovevo era esattamente questo: un filo teso che rischiava di recidermi la giugulare un giorno sì e l’altro pure.
Pete però meritava che andassi a sentirlo e una serata con lui lontano da una famiglia allargata che aveva incoccato una serie interminabile di sbagli e problemi non mi avrebbe fatto che bene.
C’erano molti problemi all’epoca e la premura di Frank verso Gerard era l’unica stella a rischiarare una notte eterna, il sacrificio perfetto di una vita dedita alla musica per lasciare respirare me, un fratello minore ossessionato dal miraggio di un eccezionale anti-eroe incarnato nel corpo di chi possedeva il suo stesso sangue.
Non avrei mai creduto di dovere a Pete qualcosa che esulasse da una birra in compagnia o da una telefonata carica di complimenti, e invece gli devo ciò che ho imparato ad amare più di mio fratello.
La verità è che forse, quando davvero tutto sembra solo merda, occorre saper riconoscere le scialuppe di salvataggio che il Destino ti concede.
Sono rare e difficili da individuare, è un po’ come una caccia al tesoro a cui non hai nemmeno voglia di partecipare ma d’altra parte i diamanti si trovano sempre sotto la cenere.
Rompersi unghie contro la roccia, respirare odori violenti, graffiarsi polsi e braccia fa tutto parte della risalita.
E della conquista del tesoro.

“E’ incazzata e di brutto.”
E’ quello che ho pensato non appena Pete ha fatto uscire allo scoperto il suo nuovo bassista.
“Aly questo è Mikey Way. Visto? Io ho un bassista con i controcazzi Mikey, mica come tuo fratello che si è dovuto accontentare di ciò che ha trovato in casa.”
L’abbraccio di Pete e lo scoppio ilare della sua risata acuiscono la sensazione che “Aly” mi odi. In genere le donne che Pete mi presenta con l’aggiunta di un vezzeggiativo e che arrivano davanti a me strette nell’abbraccio del soggetto in questione, sono quelle che si porta a letto.
Alcune apprezzano il trattamento, altre vorrebbero passare inosservate, le più lasciano che Pete mostri al mondo i frutti della sua vittoriosa caccia.
“Pete mi fai prendere la mia cazzo di birra?”
Un peperino: tipico di Pete, nonostante lui abbia da sempre un debole per le bionde e questa Aly – Alicia? – abbia i capelli più neri della pece.
Lei si divincola dalla sua presa senza troppa grazia, scoccandogli un’occhiata furente.
“Carina, eh?”
“Non mi avevi detto che il tuo bassista fosse una donna.”
“E’ un problema?”
“Visto che sembra abbia le palle di un uomo direi di no.”
E in quel momento eccola fare capolino tra la folla, un cappellino con la visiera ben calcato sulla nuca e due birre strette in mano.
“Chi avrebbe le palle, scusa?”
Rifila a Pete una delle due bottiglie senza nemmeno attendere che lui la prenda, come se possa fregarsene del fatto che questa si possa infrangere al suolo con una facilità quasi scontata.
E una donna, quando è incazzata, lo vedi proprio da queste cose.
“Era per dire che non avevi niente da invidiare a…”
“A te? So chi sei, Mikey Way. Pete ti fa la pubblicità che solo uno che ha la fissa per quella persona potrebbe fare. Vero, Pete?”
“Andiamo Aly, non esagerare ora.”
“Non esagerare un cazzo. I conti li facciamo poi, e vedi di essere abbastanza sobrio per potermi riportare a casa tutta intera e non a pezzetti. Chiaro?”
Gli punta il dito indice contro il naso, costringendolo ad arretrare di un paio di passi.
Se voleva complicarsi la vita e mettere un po’ di pepe nei Fall Out Boy, penso proprio che abbia trovato l’elemento giusto.

Ti odio Pete Wentz.
Ma come cazzo si fa a essere tanto idioti? Voglio dire, ti dico che c’è un tipo carino, scopro che è tuo amico e cosa fai? Me lo presenti dopo il peggior concerto del secolo.
Spero che tu non riesca a scopare sino al tuo matrimonio con quella poveretta che sarà tanto scema da lasciarsi fregare dal tuo sorrisino d’angelo.
“Ehi Aly tutto a posto?”
“Fottiti Pete.”
“Ehi, che diavolo ho fatto ora?”
“Esisti e respiri la mia stessa aria.”
“Perché non stai un po’ sola con Mikey?”
“Secondo te?”
“Non sarai incazzata con me, vero?”
Si punta il dito al petto sgranando gli occhi scuri.
Non cedere Aly, o ti fotte.
“Vedi altri con cui potrei esserlo?”
“In questo momento Mikey sta pensando che tu sia la mia ultima ragazza, lo sai?”
Fantastico.
L’amico Don Giovanni e sciupafemmine non l’avevo preso in considerazione nella lista delle più grandi calamità naturali dell’universo, devo ricordarmelo per il futuro.
“Se pensa questo è perché tu gliel’hai lasciato credere, per cui è tuo compito fare in modo che capisca che non è così. Ovvio no?”
Glielo sibilo a dieci centimetri dal viso, la bottiglia di birra a separarci come un improbabile scudo protettivo.
“E cosa avrò in cambio?”
“Una bassista che non ti scarica prima del tour ufficiale?”
Gli propino un sorriso tirato e sarcastico, e lui si gratta la nuca arruffandosi i capelli, chiaro segnale che è in difficoltà e ho la vittoria in pugno.
“Che stranza che sei. E pensare che Mikey è così adorabilmente dolce.”
“E’ la vita, caro mio.”
Mi alzo e mi allontano in cerca di migliore compagnia, tanto più che Pete è sbronzo e quindi una palla al piede e stasera di fare la balia non ne ho davvero voglia e soprattutto, la forza.
“Aly?”
“Cosa vuoi ancora?”
“Se con Mikey ti va bene, sei obbligata a trovare la mia donna ideale.”
“Pete, tutte le donne del pianeta fanno parte dell’harem dei tuoi sogni.”
“Tu trova la migliore.”
“Ed evita di farmi fare altre figure del cazzo, eh?”
Fare parte di un gruppo maschile significa fare la tata a tempo pieno e puoi sfancularli finché vuoi ma alla fine muovono troppa pietà per non dare loro una mano.
“Ah, Pete, dimenticavo: se non ti reggi in piedi a fine serata, ti faccio passare la sbronza a suon di schiaffi. Chiaro?”
“Si mammina.”
“Per me puoi anche schiattare, ma si da il caso che stasera tu debba riportarmi a casa per cui evita. Okay?”
Dio, che vita di merda, che concerto di merda, che serata di merda. A causa del concerto ho una gran voglia di andare a dormire senza nemmeno tentare di conoscere questo Mikey Way, e la cosa divertente è che per me questo tizio non esisteva sino a quando Pete non ha dedotto che la mia vita sessuale avesse bisogno di una scossa.
Il fatto che Way sia al massimo una di quelle persone che ispirano dolcezza dovrebbe significare che una botta adrenalinica al lato fisico dell’amore non riuscirebbe a darla nemmeno alla peggior allupata della storia ma poi, perché prodigarsi tanto per la sottoscritta?
E’ da quando ho detto “carino quel tipo” che è iniziato il mio calvario.
Perché da una semplice constatazione – non ho mica detto che vorrei sposare Mikey Way, no? – sta nascendo tutto questo casino?
Regola numero uno: se hai a che fare con amici maschi, non parlare di te o cose che ti riguardano – anche le più mere idiozie - ma piuttosto farnetica di cazzate come se fossi sempre ubriaca. Dopo un po’ ci fanno l’abitudine e ti lasciano in pace.
Regola numero due: un uomo ha la lingua più lunga di quella di una serpe e hanno un bel da dire che le donne non sanno tenere un segreto quando in parole povere, anche dalla più mera cazzata ricavano uno scoop da primato hollywoodiano.
Se ci vogliamo fare caso i paparazzi sono tutti uomini, perché?
Perché sono dei ficcanaso di merda, ecco qual’è il motivo.
Gli uomini adorano ricamare sugli eventi e Pete non fa di certo eccezione.
“Tu sei la bassista dei Fall Out Boy vero?”
Mi mancava il rompicoglioni di turno della serata,
“Non ne vedo molte altre in giro con indosso questi.”
Gli indico i leggings a righe bianche e nere, senza prestargli troppa attenzione.
“E’ molto che suoni con loro?”
“Qualche mese. Si sente per caso?”
Fare il favore di suonare ai tuoi amici implica una rottura di palle cronica, nonché il ruolo di paraculo di turno.
Anche con Synyster Gates e gli Avenged Sevenfold è stata la stessa cosa, un paio di mesi fa durante il tour.
“Sono ubriachi Aly, che si fa?”
Li si fa vomitare, tutti in fila dietro le auto parcheggiate davanti al locale, seduti su una gradinata che ti gela le chiappe mentre il vapore del tuo respiro ti scalda a malapena la punta del naso mandandoti l’odore della birra che hai bevuto lungo le vie respiratorie.
Perché l’alcol lo reggi meglio di loro se capisci che basta sorseggiare e non ingozzarsi come struzzi.
“Aly ho visto una tipa carina.”
Implica che devo trovare il modo di rimorchiarle al posto loro con pedinamenti nei bagni e affini, così mi è pure capitato di beccarmi la lesbica di turno che credeva volessi provarci con lei.
Come quando Zacky voleva che la tipa della prima fila smettesse di piangere e sorridesse un po’, decidendo che l’avrebbe fatta smettere con un po’ del suo eccezionale savoir fair: per capirci, tentare di farle capire dal palcoscenico che lui voleva chiacchierare con lei.
Ovviamente se una tizia vede me lanciarle occhiate languide non può certo pensare sia Zacky Vengeance il vero mittente no?
Questo per dire quanto sia ampia l’intelligenza dell’uomo medio.
Ci sono situazioni in cui non riesci a contenere l’emozione e la sputi fuori nel modo che più ti è congeniale e le donne in genere piangono mentre gli uomini si incazzano. Noi piangiamo un po’ per tutto: quando siamo felici e quando siamo tristi, quando siamo arrabbiate e quando siamo allegre, quando siamo emozionate o stressate.
Le lacrime sono il termometro delle nostre emozioni ma gli uomini questo non lo capiscono né capiranno mai.
“Senti, ma non è che mi presenteresti il tuo cantante?”
Prego?
“Sei la sua ragazza per caso?”
“No siamo amici, perché?”
“Come fai a perderti uno così?”
Cazzo soffoco, e se faccio una morte così idiota per colpa di Pete lo perseguiterò dall’oltretomba sino a fargli fare una fine altrettanto sfigata.
La birra mi va di traverso e se c’è una cosa che desidero, è avere davanti quell’adorabile batuffolo di tatuaggi da sfottere.
“Possiamo andare da lui.”
Il tizio mi segue tra la folla e non mi perde di vista un secondo ed è ovvio, sono la sua Fata Madrina stanotte.
“Ehi Pete, ho quello che cercavi.”
Dalla folla emerge lui, sudato e con i capelli appiccicati alla fronte.
Pete mi fissa a bocca aperta e Mikey credo capisca prima di lui tutto quanto, perché a stento trattiene le risate.
“Nick, piacere.”
“Eh, tu sei qui perché…”
“Volevo conoscerti. Tutti vorrebbero conoscerti, Pete Wentz.”
Tutti quelli come lui?
Gli scocco un’occhiata divertita, emettendo un leggero fischio che sottolinea il clamore di quella spudorata dichiarazione: Pete Wentz è il sogno proibito di ogni gay, devo ricordarmelo per rinfacciarglielo alla prima occasione quando sarà abbastanza sobrio da potersi vergognare della cosa.
“Beh, vado a prendere una boccata d’aria fuori. Qualcuno viene con me?”
E lui si alza rivolgendo uno sguardo divertito a Pete.
Vedi Pete, io le occasioni me le creo altrimenti sarei come te: un eterno disoccupato dell’amore.

Alicia è divertente, non c’è che dire.
A vederla perennemente con l’aria scazzata non lo diresti che è una persona di compagnia.
“Si ma devi capirlo: Pete è un caso clinico. Quando meno se lo aspetta, troverà una tipa che gli farà perdere la testa e metterà a posto gli ormoni sballati.”
Sorride, puntellandosi con le mani dietro alla schiena ai gradini della scala antincendio, allungando le gambe dinnanzi a sé.
“Pete è un disastro, vero?”
“Gli vuoi molto bene o sbaglio?”
“In genere mi affeziono ai casi umani, deve essere tipo la sindrome di Candy Candy o qualcosa di simile perché non è una cosa normale.”
“Come sei finita a suonare con loro?”
“Pete aveva bisogno di un bassista e mi ha chiamata per il solo motivo che non avrei rifiutato la sua proposta nemmeno se mi avesse costretta a suonare in mutande.”
“Perché?”
“Perché senza musica la vita è una palla. A te non sembra così quando c’è troppo silenzio?”
“Secondo me troppo rumore ti fa perdere gran parte della bellezza dei suoni.”
“Ogni rumore è suono Mikey, se vivi nel silenzio sei costretto a rendertene conto. Ogni rumore è suono perché ti tiene compagnia, sempre. Ogni rumore è musica, a modo proprio. Non levigata, non lucidata e messa in tiro per lo show, ma è comunque musica allo stato grezzo.”
“Ti pare che il rumore di un trapano o del clacson sia un suono?”
“Si, infatti si dice suonare il clacson non rumoreggiare.”
Mi piace parlare con lei, è una che non ha peli sulla lingua ed è una casinista di prim’ordine: è tutto ciò che potrebbe essere Frank se fosse donna, almeno a livello di spontaneità.
“Quindi tu vivresti nella città più caotica del pianeta?”
“Credo di si. Ma penso sia dovuto al fatto che ho vissuto per anni in una cittadina davvero ridicola, dove tutti conoscevano tutti. Una rottura di palle, se vuoi suonare e ti trucchi a quattordici anni.”
“Sei scappata di casa?”
Lei sgrana gli occhi e poi resta a fissarmi come se avessi detto un’eresia, quando chiunque altro per una battuta simile sarebbe scoppiato a ridere.
“Non sono tanto stronza da voler far morire i miei genitori di infarto eh.”
Ho come la sensazione di non essere andato poi molto lontano dalla verità ma non voglio certo impicciarmi nella vita privata di una sconosciuta. Tutti noi abbiamo qualcosa che non vogliamo far sapere agli altri e in genere sono cose di cui ci vergogniamo.
Debolezze, timori, vizi, pensieri o azioni che ai più paiono mostruosità ma che invece non sono altro che le peculiarità che ci contraddistinguono. Questo non significa che ciò che riteniamo negativo debba per forza essere ciò per cui gli altri ci riconoscono, ma dobbiamo imparare a convivere con ciò che non amiamo di noi, che può essere una cosa piccolissima oppure un qualcosa di grandezze colossali.
Non ho la verità in tasca e sono il primo a non mettere in pratica questi principi ma mi ha sorpreso questo cambio repentino in Alicia, lo scoprire un’insicurezza femminile che sinceramente non avrei mai creduto possedesse.
Forse perché suona in un gruppo di soli uomini e riesce a tenere testa ad uno come Pete, o perché riesce a scaricare adrenalina sul palco con quel basso candido che riverbera le mille luci dei riflettori e probabilmente non se ne rende nemmeno conto.
Come ogni donna del resto: non si rendono mai conto di quanto valore racchiudano, puntano ai difetti e non riescono a vedere la bellezza che le accompagna e le rende tanto belle agli occhi di chi le ama.
Alicia dietro la sua scorza da dura, credo nasconda le proprie paure: più sei strafottente, meno ciò che ti circonda ti può ferire.
Alicia poi, è una donna e loro sono bravissime a raccontarti che tutto va bene quando invece vorrebbero solo scaricarti addosso una dose infinita di paure e dubbi.
Lo vedo da come guarda il cielo coperto di nubi grevi di pioggia, che non sa bene cosa dire o fare.
Stanotte non ci sono stelle e gli occhi di Alicia fanno desiderare lo sbocciare di una tiepida primavera all’interno dell’autunno inoltrato, con il loro colore tanto vivo.
“Rientriamo?”
“Si, andiamo a vedere che fine ha fatto Pete con il suo bel moro.”
Quando si alza in piedi non mi attende, nemmeno mi cerca con lo sguardo e cammina decisa verso il locale mischiandosi nuovamente con la folla urlante e la musica a tutto volume.
Il rumore non ti permette di sentire le tue grida, per quanto tu possa urlare forte ci sono suoni che possono prevaricare persino sulla tua voce interiore, è questa la verità ed è per questo che Alicia lo ama tanto.
Ha preso tutto questa piega malinconica e tesa quando ho fatto quella battuta e lei si è nascosta dietro un muro invisibile per evitare di scoprirsi e rendersi vulnerabile davanti a un perfetto sconosciuto come me.
In un certo senso mi sento in colpa per averle rovinato la serata e averla messa a disagio, ma ritornare sull’argomento mi sembra una cazzata piuttosto palese, per cui tutto ciò che posso fare è seguirla e lasciare che la musica del locale sovrasti questo silenzio e il battito accelerato del mio cuore.
Il rumore serve proprio a questo: a colmare spazi vuoti, ma la musica – i suoni – a rendere unici i momenti speciali della vita, ma Alicia questo non lo sa.

Ho fatto la figura della stupida e se fosse stato il classico amico di Pete – idiota, musicista e casinaro – probabilmente la cosa non mi avrebbe toccata, ma Mikey è diverso. Oh, lo so, sembra la classica frase da favoletta rosa ma non ho detto che questo Way sia straordinario, ma che non incarna lo stereotipo dell’amico perfetto di Pete Wentz e questo fa si che lo trovi quanto meno interessante.
Poi occorre ammettere che ha il sorriso più dolce che abbia mai visto su di un uomo, dita magre e affusolate che ti fanno desiderare di sentirle scivolare sul tuo viso e uno sguardo un po’ malinconico.
Non triste, ma come se la sua felicità effettiva fosse incastrata da qualche parte e lui stia tentando in tutti i modi di liberarla per poter sorridere in modo sereno.
La malinconia è quel qualcosa che ti nasce dentro per una mancanza, probabilmente non fa eccezione nemmeno lui. Cosa può mancare a un musicista che sta scalando la vetta del successo, idolatrato da milioni di teenagers in tutto il mondo?
“Allora abbiamo una nuova coppietta?”
Pete si è liberato del suo fan e ora se ne sta mezzo disteso sul bancone del locale, la musica a palla che non permette di udire nemmeno le proprie parole, lo sguardo vacuo che vaga senza cercare nulla di specifico attorno.
“Ma quanto cazzo hai bevuto?”
“Mica le conto, Aly. Poi l’amico che mi hai presentato è simpatico, questa me l’ha offerta lui.”
Solleva il bicchiere in cui il ghiaccio del cocktail si sta già sciogliendo e mi chiedo quanti ne abbia bevuti nel frattempo.
“Dovevi portarmi a casa, te lo ricordi?”
“Guarda che sono sobrio.”
“Vuoi che facciamo una prova Pete? Che idiota che sei, me la faccio a piedi, fanculo a te.”
Ci mette un’eternità prima di sgranare gli occhi e fare cenno a Mikey di avvicinarsi per poi dire qualcosa che ha a che fare con la distanza da qui a casa mia.
Pete quando si comporta da irresponsabile è odioso, fondamentalmente perché se ne sbatte degli altri. Che razza di amico è uno così? Vedo Mikey lanciarmi un’occhiata interrogativa che sembra anche volermi dire di aspettare, ma questi messaggi subliminali li lascio agli altri.
“Faccio un giro.”
Non mi va di farmi vedere ulteriormente scazzata da Mikey.
Non credo sia il principe delle fiabe – quello che ti salva, sposa e rende felice per tutta la vita – solo, mi infastidisce fare figuracce con uno che non conosco.
Con questo non voglio dire che non sfanculo gli sconosciuti – in realtà accade sempre il contrario – ma Mikey è una persona abbastanza anomala rispetto a quelle con cui sono abituata ad avere a che fare.
Quelli come lui in genere una come me non la prendono nemmeno in considerazione, è questa la verità.
Probabilmente non se n’è nemmeno reso conto di quel che ha fatto – offrirmi il tepore di quel sorriso consolatorio, confortante se vogliamo, senza che gli fosse chiesto - ed è stato un po’ come se la mia buona stella si fosse voltata a strizzarmi l’occhio dopo un concerto a dir poco patetico.
Io la mia stella la immagino come quelle di Super Mario Bros, con gli occhi lucenti e le punte laterali verso l’esterno che sembra voglia abbracciarti per consolarti.
Lo so che tutte le stelle disegnate in modo stilizzato hanno cinque punte, ma quella è diversa: sembra davvero che voglia abbracciarti, che abbia uno slancio d’affetto per cui voglia saltarti al collo per lasciarti una strusciatina guancia a guancia per risollevarti il morale.
Per questo immagino sempre la mia stella in quel modo: sempre pronta a consolarmi e tirarmi fuori dai guai.
Meglio prendere una boccata d’aria e raffreddare i bollori, o rischio di fare una cazzata di quelle plateali.
Tipo utilizzare parole pericolose ed essendo un’impulsiva, magari è meglio evitare di andare poi a cercare la spalla di quel coglione del mio migliore amico su cui piangere.

“Pete davvero dovevi riportarla a casa tu?”
“Si ma la porterai tu al posto mio, ti va?”
“Non penso vada a lei, poi Pete anche tu saresti da riaccompagnare viste le tue condizioni.”
“Lei è una donna e fa la dura, io sono un uomo che può al massimo finire all’ospedale dopo una rissa. Mi fai questo favore?”
“Posso farti una domanda?”
Lo fisso attentamente mentre si sporge verso di me per cercare di rendere la nostra conversazione più intima, nonostante la musica alta renda già di per sé il tutto non udibile a meno di dieci centimetri da noi.
“Guarda che se n’è andata sul serio.”
Lo incalzo per cercare di fargli comprendere la situazione in modo chiaro, ma Pete sembra abbia preso una strada tutta personale su cui sono costretto a seguirlo se voglio capire qualcosa.
“E’ capace di andarsene a casa a piedi seriamente, a dire il vero.”
“Vado a fermarla allora.”
La mano di Pete si stringe sul mio polso, obbligandomi a fermarmi e continuare ad ascoltarlo.
“Ti piace?”
“Chi?”
“Alicia. Ti piace?”
Ha il tono di voce di chi è disposto a litigare per una donna e questo mi sorprende, non ho mai visto Pete arrivare a tanto per una ragazza: per lui l’amicizia è sacra e ogni donna sta al di sotto dei suoi amici.
“Pete… sei innamorato di lei?”
“Ha bisogno di qualcuno che si prenda cura di lei perché non è in grado di farlo da sola. Ha bisogno di qualcuno che la protegga, che non la faccia mai sentire sola. Ne saresti in grado?”
“Non la conosco nemmeno, come faccio a dirti se mi piace o se non mi piace? E’ una persona interessante e credo che nasconda molto più di quello che lascia vedere. Di solito si è stronzi con il mondo per evitare che lui lo sia con noi.”
“Se ti prendi l’impegno, devi farlo fino in fondo. E’ questo che sto cercando di dirti.”
“Pete stai sragionando, te ne rendi conto almeno?”
“Lo vedo da come non ti guarda che c’è qualcosa che la turba. Alicia non abbassa mai lo sguardo, non cede il passo davanti a niente e nessuno. Ma con te si nasconde.”
“Pete, abbiamo chiacchierato per un paio d’ore del più e del meno, come puoi credere che da una cosa simile possa nascere una cosa tanto grande come l’amore?”
“Quello eterno, mica cazzate di tre mesi eh.”
“Pete riporto a casa te e lei, okay?”
“I don't blame you for being you
But you can't blame me for hating it
So say, what are you waiting for?
Kiss her, kiss her
I set my clocks early 'cause I know I'm always late
(always on, always on)
You said you'd keep me honest
(always on, always on)
But I won't call you on it
(always on, always on)” (*)
Pete canticchia tra sé e sé le parole di una canzone che non conosco, gli occhi stretti a due fessure come se stesse guardando un orizzonte su cui svetta un tramonto abbagliante che non permette di tenere gli occhi aperti senza piangere.
“E questa è nuova?”
“Può darsi. Se non ti muovi ad andare da lei finisce tutto in merda. Ascolta quello che ti dico per una buona volta, no?”
“Tu parli di amore per due ore scarse di convenevoli, te ne rendi conto almeno?”
“L’amore vero non lo misuri con i minuti o i giorni. Lo senti dentro con uno scambio di sguardi.”
“Quello è colpo di fulmine e non regge negli anni, non esiste un amore che resta all’apice dell’adrenalina dei primi momenti insieme per una vita intera.”
“Esiste quella cosa che ti fa capire quando una persona è fatta su misura per te però. E lo capisci senza tirare in ballo la parola amore, ma dal semplice inseguire la curva di un viso che ti si imprime a fuoco in testa con lo sguardo e la memoria.”
Credo siano davvero poche le volte in cui Pete si è lasciato andare a parlare di cose tanto serie, ma in genere quando siamo brilli riusciamo tutti molto meglio a scaricare la tensione e scoprirci un po’. Sono il primo a essere salito per settimane ubriaco sul palco per vincere il timore di una folla che poteva insultarci per la nostra musica e non erano gli insulti in sé a farmi paura, ma il fatto che a venire insultata fosse la nostra musica.
La cosa che più amiamo al mondo, e il sogno indiscusso di mio fratello.
“Allora Pete, alzati. Andiamo a recuperare Alicia e andiamo a casa tutti insieme.”
“Non hai capito un cazzo. Ti sto dicendo che se non vai tu – da solo – Alicia vola via per sempre. Ci sono occasioni che capitano una volta sola nella vita e lei, è la tua occasione unica. Lasciala andare e sei fottuto, un’altra Alicia Simmons non la troverai più.”
“E’ tutta una tua proiezione mentale.”
“E’ tutta questione che vedo la cosa da esterno, amico.”
Parlare con Pete è inutile in questi casi, per cui mi limito ad assecondarlo e me lo trascino dietro verso l’uscita del locale mentre continua a strapalare di me e Alicia.
Quando usciamo l’aria gelida ci investe ma non è per quel motivo che sento una morsa gelida stringermi lo stomaco e farmi venire una gran voglia di vomitare.
“Cosa cazzo ti avevo detto?”
Pete sembra essersi ripreso d’improvviso, mentre vediamo la figura di Alicia stagliarsi contro il gelo della notte, le gambe affusolate strette nei leggings e la custodia candida del basso scintillante come lo era durante il concerto stagliarsi sulla figura scura, mentre arresta un taxi per farsi riportare a casa.
“Alicia aspetta!”
E’ in modo naturale che mi esce quel grido un po’ incerto e stridulo che si perde nei rumori della notte, eppure lei ci vede e mi sente, lo so.
Lo so da come volta il viso in direzione del locale sotto la luce dei lampioni prima di salire in auto, lo vedo dallo scintillare di un qualcosa di impreciso sulla pelle del suo viso e da come semplicemente, si rigira e sale, facendo cenno al taxista di partire.
Lo so da come non si gira nemmeno un istante e non si cura di noi, che sta piangendo.
Lo so proprio da questo, che abbiamo fatto la cazzata più grande della giornata.

“Cross Avenue, 75.”
Mi limito a indicargli l’indirizzo a cui deve riportarmi come se fossi un pacco postale da recapitare urgentemente nel periodo natalizio, solo che di festoso non ho proprio un cazzo e d’altro canto, nemmeno c’è qualcuno che con il sorriso stampato sulle labbra mi sta aspettando a casa.
Jenni starà sicuramente dormendo o, in alternativa, leggendo qualcuno dei suoi polpettoni romantici. Qualcuno dice che gli opposti si attraggono e noi ne siamo con ogni probabilità la conferma scientifica: amiche per la vita che in comune non hanno nulla se non un qualcosa che si può definire una fedeltà reciproca da cane a padrone.
“Tutto bene?”
Il taxista è giovane, molto giovane, niente a che vedere con gli attempati che nei film fanno la paternale al protagonista di turno.
Ed è pure carino.
“Tutto okay, perché?”
“Dal trucco colato direi che hai pianto, ma potrebbe essere una semplice impressione.”
Sono state solo due gocce, poteva pure essere pioggia volendo.
Perché cazzo non piove mai quando dovrebbe?
Non volevo piangere e quando mi sono accorta che stava accadendo era già troppo tardi perché Mikey di certo mi aveva già vista, e con lui anche Pete.
E Pete si accorge che piango anche da sbronzo, fanculo a lui.
E’ accaduto perché mi sento molto avvilita per una serie di cose e una catena di situazioni che si sono venute a creare stasera: il concerto che è stato uno schifo, le continue figure di merda con Mikey, per non parlare poi del fatto che Pete mi ha praticamente snobbata senza aiutarmi minimamente.
“Mi sono truccata così prima di uscire, si evitano problemi.”
“Suoni?”
“Il basso in un gruppo fallito, ti intendi di musica?”
“Suono in un gruppo jazz, siamo amici sin dagli anni del liceo e ci siamo trascinati dietro questa passione.”
Credo di fare una smorfia involontaria perché lui scoppia a ridere e mi fissa dallo specchietto retrovisore.
“Non è il tuo genere, vero?”
“No, ma sono gusti. Per me è da vecchi, però c’è gente che potrebbe dirmi che ascoltare i Sex Pistols è da vecchi per cui credo sia una questione di punti di vista.”
“Come tutto quanto direi. Sai, ho visto parecchie ragazze piangere su questo taxi: per un esame scolastico andato male, per un litigio con i genitori o con un’amica, per un ragazzo. Le ho viste piangere di rabbia, per amore, di delusione, per amarezza e per mille altre emozioni. Solo le donne piangono chiuse nei taxi sai? Mio nonno diceva sempre che questo è un lavoro sporco, perché abbiamo a che fare con il lato peggiore degli esseri umani durante la notte. Non nel senso che incontriamo solo avanzi di galera, ma nel senso di sporco dell’anima.”
“Abbiamo molto schifo dentro, noi donne?”
“Ve lo create a volte, tipo buco nero. Vi prende e vi strapazza sino a farvi deviare totalmente la visione della realtà che vi circonda.”
“E voi taxisti cosa siete, angeli custodi?”
“Persone che imparano ad avere a che fare con sconosciuti che hanno attacchi emotivi negli abitacoli delle loro auto, e che in qualche modo devono riuscire a portare a destinazione questi sconosciuti alleggerendo magari il fardello che hanno a pesargli sui polmoni.”
“Vi fate pagare così tanto per questo motivo? Dovreste aggiungerlo nel vostro contratto, così se qualcuno non vuole sentirvi parlare almeno risparmia.”
Mi rendo conto di essere di un’acidità schifosa quando lui cerca solo di sollevarmi un po’ il morale, ma non ho voglia di sentire uno sconosciuto che mi fa la paternale, desidero solo arrivare a casa e farmi preparare da Jenni una camomilla calda e farmi abbracciare senza che abbia bisogno di dirle nulla.
“Non facciamo paternali, noi semplicemente parliamo del più e del meno.”
Per la prima volta da quando sono qui sopra mi viene da piangere per la vergogna, e abbasso lo sguardo a torturarmi le unghie laccate di nero facendo saltare via parte dello smalto.
Sono proprio una persona orrenda, come posso pensare di poter piacere ad una persona tanto dolce come Mikey se tratto da schifo anche chi tenta di strapparmi solo un sorriso?
“Non volevo farti piangere, scusami.”
Credo di iniziare persino a singhiozzare perché d’improvviso non riesco nemmeno più a sentire la musica che passa in sottofondo alla radio, a dimostrazione che sono veramente patetica.
“Lo schifo dentro ce l’abbiamo tutti, te come io, come tutti quelli che vedi per strada. Ci sono momenti in cui non puoi fare altro che piangere o gridare o chiuderti nel tuo silenzio per buttare fuori tutto lo sporco. Sono pulizie necessarie e non c’è niente di male in questo.”
“Scusami.”
Glielo mormoro con un filo di voce e lui mi porge una scatola di kleenex utilizzati probabilmente da decine di altre sceme che sono salite sul taxi, hanno iniziato a piangere e sono in qualche modo state consolate.
“A quante sei stato costretto a darli?”
“Cambio la scatola ogni dieci giorni più o meno.”
“Grazie per avermi distratta, non me n’ero accorta sino a quando non me l’hai detto chiaramente, e mi sono sentita davvero una persona orrenda.”
“Ci sono persone più o meno disposte ad accettare il mondo che le circonda, con tutto ciò che esso ha al suo interno. E’ normalissimo ed umano.”
Questa sera questa parola l’ho sentita parecchie volte, anche da Mikey, ed è come se mi rendessi conto che io ho sempre desiderato proprio questo: non essere umana, non apparire umana, non sembrare umana.
Un maschio travestito da donna, una bimbetta stronza, un’acida zitella ma mai un essere umano con un cuore, pregi, difetti e mente attiva. Ho indossato decine di costumi differenti per non scoprirmi e mostrare il fianco, per vomitare continuamente su quel mondo che odio perché non c’è nulla che me lo faccia amare.
Nemmeno la musica può farlo, perché attraverso di lei continui a fare la stessa cosa: sputi merda e rabbia su ciò che ti sta attorno, solo a tratti amore.
Ma quando lo fai – quando canti amore e ami il mondo – è perché c’è qualcuno che rende meno schifosa la tua vita ed io, questa persona non l’ho mai avuta accanto né ho avuto la fortuna di incontrarla.
O forse si?
Se questa è la risposta, ho perduto tutto ancora prima di possederlo o tentare di averlo.
Sono una fallita, una misera scema che non è in grado di capire le cose al momento giusto: è facile farlo quando hai un cratere al posto del cuore e ti ritrovi a piangere perché speravi che lui ti inseguisse per dirti di non andartene, no? I film mentali di noi donne sono la cosa più divertente del mondo, talmente realistici da trasformarsi in verità assolute e poi farci soffrire doppiamente quando questa non si manifesta per ciò che è realmente: una fantasia distorta.
Stupida Aly, stupida stupida stupida.
E nemmeno lo conosci poi, per quel che ne sai potrebbe essere un grandissimo pezzo di merda.

“Eccoci arrivati.”
Fisso il tachimetro e gli porgo una banconota da dieci dollari.
“Viaggio gratis, mi hai tenuto compagnia.”
“Dovrei pagare io il doppio per il servizio di salvataggio. Grazie ancora.”
“La prossima volta dove suonerete?”
“Hoboken.”
“Mi offrirai una birra allora.”
“Prima del concerto, così potrai tirarcela addosso se faremo schifo. Sai, credo che voi taxisti siate effettivamente angeli o qualcosa del genere.”
“La mia famiglia è di origini irlandesi, preferisco essere paragonato ad uno spirito protettivo.”
“Buonanotte folletto e buon lavoro.”
Stringo la tracolla del basso tra le mani e me lo calo sulla schiena: è un po’ come una corazza e se ci penso, è solo con il basso che mi sento di poter affrontare il mondo a testa alta. Anche sul palco, non ho paura perché c’è lui e so che non mi tradirà mai, nemmeno se dovesse spezzarsi una corda: anche in quel momento, continuerebbe a suonare solo per me.
Faccio per richiudere la portiera quando lui mi richiama con un cenno della mano.
“Si?”
“C’è una macchina parcheggiata con dentro due tizi, stai attenta quando scendi. Aspetto che sali in casa per sicurezza.”
“Non devi preoccuparti, questo quartiere gira così ma non è mai pericoloso. Se ci vivi, ti conoscono e ti lasciano in pace.”
Gli faccio un cenno della mano e sorrido quando voltandomi, mi accorgo che quell’auto la conosco alla perfezione e il cuore improvvisamente, fa un tuffo sonoro nello stomaco per poi risalirmi in gola e rischiare di soffocarmi.
Ritorna al suo posto solo quando nella penombra riesco a vedere le mani staccarsi dal volante e la figura di Mikey uscire fuori dall’abitacolo. Probabilmente Pete è dall’altro lato, ridotto a uno straccio, in procinto di vomitare.
Lo fisso incredula, stringendo convulsamente la tracolla della borsa per scaricare la tensione.
E’ venuto davvero sino qui per me?
Non si muove, resta fermo appoggiato alla portiera dell’auto di Pete e mi sembra di dover fare qualcosa – e vorrei fare la più sbagliata di tutte – per colmare la sua indecisione.
Punti tutto su uno sconosciuto?
Se non lo colgo ora questo attimo non lo coglierò mai più, di vite da vivere ne abbiamo solo una e possiamo permetterci di giocare la felicità in una continua roulette russa pur di afferrarla.
Deglutisco a fatica e mi avvicino a passo un po’ incerto: e se tutto svanisse e fosse frutto della mia stupida immaginazione?
“Che ci fate qui?”
“Volevamo assicurarci che fossi arrivata a casa.”
“Anche tu?”
“Ehm… si.”
Uno.
Due.
Tre.
Un bel respiro Aly, forza.
Mi sollevo sulla punta delle Alla Star ormai distrutte e gli stampo un bacio innocente sulle labbra, su quel sorriso che vorrei fosse solo mio.
Mikey si irrigidisce, poi mi passa una mano tra i capelli e decide che forse è il momento di giocare questa cazzo di felicità alla slot machine del Destino.
Le occasioni vanno prese al volo, cogliere la mela prima che cada dall’albero e non possa più essere mangiata.
Capito Pete?

Quella sera Pete mi aveva reso il tragitto dal locale a casa di Aly impossibile. Aveva, come di consueto, straparlato e rimarcato il concetto di come avrei perso un’occasione d’oro per poi pentirmene per il resto dei miei giorni. Se c’è una cosa che ho imparato di lui negli anni, è che in genere il suo istinto non sbaglia mai. Non lo prendo come mio consigliere spirituale – d’altra parte, quello è un ruolo che continuo a portare avanti con orgoglio all’interno della band io per primo, e quindi non ho in genere bisogno di consigli da Dottor Stranamore – ma so che le sue parole hanno sempre una certa rilevanza su di me perché riesce sempre a mettermi in allarme costringendomi a fermarmi a riflettere e osare. Anche quella notte, la sensazione che mi diedero le sue parole era di ansia. Già quando avevo visto Alicia salire sul taxi in lacrime qualcosa si era bloccato per segnalarmi che mi stava sfuggendo di mano più di quanto non avessi immaginato, e Pete aveva fomentato quel fuocherello insignificante con le sue solite e strambe ipotesi sulla concezione di Fato, Destino, Casualità e Predestinazione, nemmeno fosse un buddista convinto.
“Allora, ascoltami bene: Alicia è la donna che fa per te, esci, provaci, fai qualsiasi cosa ma non perderla. Se lo fai sei un coglione.”
“Devo vivere sulla concezione distorta che hai della mia donna ideale?”
“Guarda che Aly non è la tua donna ideale ed io non ho mai detto nulla del genere. Lei ti è complementare, il che è parecchio differente. E sai perché?”
“Perché?”
“Colma i tuoi limiti e acuisce i tuoi pregi. Significa che siete due formine di pongo che si amalgamano perfettamente l’una sull’altra.”
“Il pongo si plasma in qualsiasi modo su qualsiasi cosa, Pete.”
“Ma il pongo si plasma in modo perfetto, senza lasciare buchi o bolle d’aria, solo su sé stesso.”
La filosofia di Pete è sempre applicata alle cose più assurde e sono convinto di non aver mai afferrato a pieno il significato delle sue parole.
Tutto il tragitto in macchina fu costellato dalle frasi strampalate di Pete, inframezzate da una dose massiccia di soste per farlo riprendere dalla sbronza prima di arrivare da Alicia, allungando oltre tempo il viaggio in auto.
Se non avesse preso un taxi così lento probabilmente sarebbe salita in appartamento e non l’avrei vista, e invece doveva essere la mia serata fortunata se lei era scesa dall’auto candida nemmeno cinque minuti dopo il nostro arrivo. L’unica cosa che fece Pete fu citofonare a Jenni e chiederle se Aly era già rientrata, ricevendo in risposta una serie di insulti sulla sua totale incapacità di badare alla sua amica del cuore, accusandolo in tono lapidario di ritenerlo responsabile di qualsiasi cosa fosse accaduta ad Alicia nel viaggio di ritorno a casa.
Pete aveva scrollato le spalle per andarsi ad accucciare sul sedile posteriore dell’auto, stretto nella giacca a vento con il cappuccio tirato sulla nuca per evitare di prendere freddo.
“Se muoio per una congestione promettimi che sarai felice.”
“Si Pete, lo giuro.”
“Con Alicia.”
“Pete sei fissato e anche abbastanza pesante da sopportare da almeno… due ore? Evita di riproporre l’argomento per mezz’ora, okay?”
“Cosa farai quando arriva?”
“Le chiederò scusa per averla costretta a rientrare a casa da sola.”
“Che fantasia, Mikey. Sono certo che i tuoi metodi di approccio con le ragazze finiscono sempre alla grande eh?”
Credo di non aver avuto il tempo di ribattere per il solo fatto che il taxi aveva fatto capolino e da esso era scesa Alicia, sorridente.
Forse non c’erano mai state lacrime o se c’erano state, erano una proiezione distorta della mia fantasia. Avevo immaginato tutto per il solo fatto di desiderare una scena da film romantico?
Se la desideravo significava che in qualche modo quello che volevo era Alicia, restava solo il fatto che forse erano le parole assillanti di Pete a deviare in modo considerevole la mia visione della cosa.
Non la conoscevo nemmeno, ci avevo parlato solo due ore, però c’erano due cose a cui non avrei saputo rinunciare: quel suo sguardo ipnotico per cui valeva la pena di uccidere un altro uomo, pur di avere per sé un pezzo di cielo primaverile ogni giorno e quella sua risata bassa e un po’ ruvida che di femminile aveva poco - come se di rado fosse abituata ad uscire dalla sua bocca - ma sensuale proprio per quel motivo.
Per la rarità con cui esplodeva.
Quando si fermò davanti a me mi colse l’assoluta certezza di ricevere uno schiaffo, ma tutto ciò che ricevetti furono qualche parola e le sue labbra sulle mie.
Se non l’avesse fatto lei non credo avrei mai trovato il coraggio di abbracciarla e sentire per la prima volta il suo profumo. Aly adora vantarsi di essere stata la causa della nostra felicità ma la conosco abbastanza bene da poter dire che quella volta aveva tanta paura quanta ne avevo io, perché non puoi innamorarti in due ore.
Non puoi solo quando si tratta di qualche storiella di poco conto: quando è l’amore vero, quando è quello che ti hanno condannato a inseguire per tutta la vita e invece te lo ritrovi stretto tra le dita, puoi innamorarti anche in dieci minuti.
Si chiama Predestinazione o se si preferisce, complementarietà di pongo.
Aly sta dormendo ora, distesa sul divano con Bunny placidamente addormentato sulla sua pancia, il braccio a coprirle il viso dalla luce della lampada del soggiorno.
“Ehi, sono tornato.”
Lei mugugna qualcosa di incomprensibile, stropicciandosi gli occhi prima di aprirli e offrirmi la stessa limpidezza di quel giorno di novembre.
“Auguri Mikes.”
Mi cinge il collo con le braccia e mi stampa un bacio a fior di labbra, prima di sorridermi e indicarmi con un cenno del capo il tavolo della cucina su cui scorgo due cupcakes su cui – al culmine di una soffice nube candida alla vaniglia – spuntano due candeline: 28.
“Li ho preparati stasera mentre eri fuori.”
Si è rifiutata di uscire con me e Pete con la scusa che avremmo passato il giorno del mio compleanno insieme e invece aveva deciso che per festeggiare sarebbero servite ventiquattro ore.
“Ti amo, lo sai?”
“Come il primo giorno?”
“Oh, no. Molto molto di più. Quel giorno non sapevo se ti amavo o no, ora invece ne ho la certezza assoluta.”
Bunny si sveglia stiracchiando le zampe anteriori ed emettendo lo sbadiglio svogliato che è mancato al risveglio della sua padrona, fissandomi poi con aria sorniona prima di sfregare il proprio muso sulla mia guancia.
“Sono gli auguri da parte di Bunny.”
“Ti amo. Ogni giorno di più.”
“Direi che è impossibile.”
Scoppia a ridere questa mia stella meravigliosa, quella preziosa luce che ha riscaldato una notte priva di stelle per rendere tutte quelle che sono seguite uniche e speciali, come gemme rare inanellate perfettamente sulla corona di un imperatore.
Le forme di pongo esistono, aveva ragione Pete, ed ora che sta per diventare padre sono certo che sappia meglio di noi cosa voglia dire questo amore tanto grande di cui lui cantava senza conoscerne gli effettivi risultati. Nonostante le maledizioni di Aly, anche lui ha trovato il suo giardino felice.
Dopotutto gli abbiamo ispirato la canzone che gli ha fatto conoscere Ashlee per cui possiamo ritenere il nostro debito saldato, nonostante Alicia faccia sempre una smorfia quando parliamo di questo episodio per non dimostrare quanto sia felice per Pete.
Accende le candeline e mi costringe a soffiarvi sopra per spegnerle.
“Prima esprimi il desiderio però!”
Chiudo gli occhi, ma so che non mi serve poi molto per pensarci: voglio che Aly resti con me per tutta la vita.
Soffio e lei sorride.
“Cos’hai espresso? Anzi no, non dirmelo o poi non si avvera!”
Già, come se non sapesse a cosa ho pensato.
Lei sa sempre dove trovarmi e come recuperarmi, non è certo una parola non detta a lasciare uno spazio vuoto nella nostra vita.
Sono certo che sa qual è il mio desiderio. Posso vivere anche senza musica, anche senza i My Chemical Romance ma non senza di lei: perché a salvarmi quando stavo annegando nell’abisso nero di un’infelicità cronica, c’erano quei suoi occhi di un azzurro intensissimo.
E null’altro.



(*) La canzone è “A Little Less Sixteen Candles, A Little More 'Touch Me'” dei Fall Out Boy.




Note dell'autrice.
Storia scritta per il 28° compleanno di Mikey, ispirata al tema #3 della serie "50 Musical Impression - Some girls tears in a taxi”, mentre il titolo è ispirato all'omonima canzone dei Muse. La storia mi ha dato parecchie difficoltà soprattutto a livello di credibilità storica, infatti è stato difficilissimo incastrare alla perfezione tutti gli avvenimenti, anche a causa delle scarse informazioni (direi inesistenti) che si reperiscono in rete su Alicia. Ad ogni modo dovrei essere riuscita a dare uno spaccato veritiero degli avvenimenti sulla base temporale senza commettere errori di sorta. I fatti narrati si svolgono nel 2005. Con la partecipazione straordinaria di Pete Wentz.
   
 
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