Storie originali > Thriller
Ricorda la storia  |      
Autore: Giuly_Zomb    28/11/2011    2 recensioni
Questa storia parla di una ragazza normale che incontra, apparentemente, due figure. Normali persone, proprio come la nostra protagonista, ma ben presto si scoprirà che c'è in loro qualcosa di speciale...
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Susanna, per favore, va’ a giocare con le tue amichette” disse la mamma. “Non vedi che ho da fare? Così almeno smetti di venirmi tra i piedi”
La mamma stava lavando il pavimento. Aveva il viso congestionato e un fazzolettone annodato sui capelli.
“Non ho nessuno con cui giocare” disse Susanna. “Sono tutti via”
“Guarda cos’hai fatto!” gridò la mamma portandosi le mani alle tempie. “Ho appena lavato le piastrelle e tu ci torni a piastricciare. Fuori di qui!”
Susanna sospirò, dirigendosi verso la porta di servizio. Quando la mamma era presa da quella smania di pulizia, era inutile cercare di farla ragionare. Si chiuse alle spalle la porta della cucina e uscì in giardino. Con chi poteva giocare? Tutti i bambini e le bambine del vicinato erano andati in vacanza, chi in un villaggio turistico, chi addirittura a crogiolarsi al sole in Spagna. Tutti ad eccezione di Susanna. Il papà lavorava in un negozio di scarpe e non poteva prendersi le ferie quando voleva. Susanna sospirò di nuovo. Era gelosa di Desirè e Annet, che a quell’ora se ne stavano certamente a sguazzare in qualche piscina subtropicale. Non c’era giustizia a questo mondo.
Susanna alzò la testa e s’incantò a guardare il cielo, fantasticando di essere anche lei in una piscina subtropicale.
Ecco, le sembrava di provare la sensazione dell’acqua sulla pelle. Si, aveva proprio il naso bagnato. Ma era solo una goccia di pioggia che le era caduta sul viso. Per fortuna non minacciava di piovere forte. Irritata, Susanna sferrò un calcio a un mucchio di foglie morte che il vento aveva ammassato sotto il pero fiorito. Le foglie volteggiarono in un turbine giallo, marrone e ruggine, e il piede di Susanna colpì qualcosa di duro. Un osso bianco, lungo quasi come il suo avambraccio. Susanna si chinò e lo raccolse. Com’era arrivato lì in giardino? Era un osso bianco, pulito.
“Pssst!”
Susanna si voltò. Presso il cancello stava una bambina che non aveva mai visto, con tanti capelli biondi e ricci che le davano un’aria angelica. Aveva accanto un grosso cane, nero come la pece.
“Posso avere quell’osso?” chiese la bambina.
Susanna la guardò meravigliata. “Perché? È tuo?”
La bambina scosse la testa ridendo. Poi posò la mano sulla testa del cane che le stava immobile di fianco. Il cane respirava forte, con la lingua a penzoloni.
“No, per carità! È di George. Nasconde le sue ossa nei posti più pazzeschi, e io devo cercarle. È un gioco”
‘George! Strano nome per un cane’ pensò Susanna. ‘Mi sarei aspettata piuttosto Zorro o Nerone. Un nome così sarebbe stato meglio. George!’ le veniva da ridere.
Si avvicinò al cancelletto e consegnò l’osso alla bambina.
“Grazie” disse la bambina. “E ora devo trovare le altre ossa. Ne ha nascoste parecchie”
“Posso aiutarti?” si offrì Susanna. “Non ho amici con cui giocare, e mi sto annoiando. Le mie amiche sono tutte da qualche altra parte”
“Anche le mie” disse la bambina con uno sguardo trasognato. “Si, è vero che ho George, ma non mi die quasi mai niente”
Susanna guardò il cane. “Posso capirlo” disse ridendo. “Allora, vogliamo essere amiche?” Io mi chiamo Susanna”
“E io Imme” disse la bambina, mettendosi l’osso sotto un braccio. “Vieni, andiamo a cercare il resto”
Susanna aveva già dimenticato la piscina subtropicale. Aprì il cancello e si allontanò in compagnia della bambina. Imme indossava un vestito celeste a fiorellini che le dava un aspetto ancora più angelico.
“Dove cerchiamo?” chiese Susanna. “Non ho idea di dove si possano trovare le tue ossa”
La bambina rise con una voce trillante, come tanti campanellini nell’aria della sera. “Io si. Conosco i miei polli. So i posti dove George nasconde le ossa”
Si fermò davanti a un cassonetto della nettezza. “Qua dentro, per esempio. Secondo lui è un nascondiglio divertente” Sollevò il coperchio del cassonetto, liberando un gran fetore di verdure marce. Susanna arricciò il naso. Ma come aveva fatto un cane a nascondere un osso in un cassonetto della nettezza?
‘Una bella prova di bravura!’ pensò mentre Imme rovistava con le mani tra i viscidi cespugli d’insalata e cavoli puzzolenti.
Visto? Lo sapevo!” esclamò trionfante Imme tirando fuori dal cassonetto un osso coperto di sporcizia verdognola.
Susanna era ammutolita per lo stupore. ‘È proprio vero!’ pensò. ‘George ha nascosto quell’osso lì dentro’ Guardò interdetta il cane nero, immobile al fianco della sua nuova amica.
“È bravissimo! Sono curiosa di sapere dove a nascosto gli altri”
“Bravissimo?” replicò Imme con un espressione curiosa. “Trevi? Io lo trovo solo seccante che scelga dei posti tanto sudici”
Proseguirono il cammino. Ad un certo punto Imme si fermò sotto un albero. “Oh, no!” gemette. “Sono sicura che l’ha nascosto lassù tra i rami. Che scherzo idiota!”
‘Sempre più pazzesco’ pensò Susanna.
“Sull’albero?” chiese. “Vuoi dire che George sa anche arrampicarsi sugli alberi?”
Imme la guardò stupita. “Perché no? L’ha già fatto tante volte. Ma io ho paura ad arrampicarmi, e lui lo sa benissimo. Molto tempo fa” spiegò “sono caduta da un albero”. Un’ombra dolorosa le passò sul viso.
Susanna scosse la testa, incredula. Forse Imme stava burlandosi di lei. Eppure sembrava seria, e guardava l’albero con un espressione ansiosa.
“Sai che ti dico? Mi ci arrampico io” disse Susanna. “In questo sono bravissima, e poi ho i jeans”
“Oh, grazie mille!!” disse Imme. “È molto gentile da parte tua. Sei una vera amica”
Susanna si appese per le mani a un grosso ramo, poi con un volteggio ci si mise a cavalcioni.
“Non vedo niente” disse.
“più su” disse Imme. “Li nasconde sempre il più in alto possibile, per dispetto”
Susanna si arrampicò sul ramo seguente. ‘Roba da matti’ pensò. ‘Così in alto, nessun cane può…’ Ma il suo pensiero s’interruppe. Lassù, alla biforcazione di due rami, c’era un ossicino lungo una decina di centimetri. Quel George era un cane davvero straordinario!
“L’ho preso” esclamò Susanna dall’alto.
“Visto? L’avevo detto io” disse Imme mettendosi a ballare di gioia intorno all’albero. Vista dall’alto, sembrava librarsi a un palmo dal suolo, mentre il cane nero, immobile, seguiva con gli occhi la discesa di Susanna.
“Lì abbiamo tutti, adesso?” chiese Susanna. “O George ne ha nascosti altri?”
Imme smise di ballare. “Ancora due. Ha detto di averne nascosti cinque”
Susanna guardò gli occhi del cane nero. Scintillavano d’intelligenza, o era solo una sua impressione?
“Cinque? Vorresti dire che George sa contare?”
“Naturale che sa contare” disse Imme con una strana occhiata. ‘Non è mica deficiente!”
“Non ho detto questo. Comunque, sbrighiamoci a cercare gli altri due prima che venga buio”. Il crepuscolo era già sceso e le ombre intorno a loro s’infittivano.
Trovarono i due ossi. Uno sul tetto di una piccola rimessa, e l’altro che spuntava dal tubo di scappamento di un’auto. Susanna aveva smesso di meravigliarsi dei nascondigli scelti da George. Forse George era stato un cane da circo, e là aveva imparato molti giochetti. Oppure Imme stava semplicemente burlandosi di lei.
‘Come avranno fatto, lei e George a trovare tante ossa?’ si chiese Susanna.
“E ora dobbiamo restituirle” disse Imme. “Vieni anche tu?”
“Si” disse Susanna. Era certa che sua madre non aveva ancora finito le pulizie.
“Dove le porti?”
“Là, naturalmente” disse Imme indicando un grande cancello semiaperto. E solo allora Susanna notò che si trovavano davanti all’ingresso del cimitero. Dietro il muro di pietra svettavano dei cipressi. Imme spinse il cancello, che si spalancò cigolando.
“Vieni anche tu?” chiese entrando.
Susanna esitò un momento, poi la seguì. Sotto gli alberi regnava un profondo silenzio. C’erano delle tombe di pietra ben allineate una accanto all’altra, alcune adornate di fiori e accuratamente pulite, altre coperte di muschio, in uno stato di abbandono, con sopra qualche ciuffetto d’erba appassito.
“Là dietro” disse Imme. In quel luogo silenzioso la usa voce sembrava diversa, come il sussurro di un eco. Là dietro c’erano le tombe più antiche, alcune di più di cent’anni, con nomi e date appena leggibili. Imme si fermò davanti a una tomba rettangolare, alta da terra.
“Eccoci” disse.
La tomba era coperta da una pesante lastra in pietra. Era la tomba a due posti.
“Le ossa provengono da qui?!” chiese Susanna con un filo di voce. “George le ha scavate da qui dentro?”
La sonora risata di Imme risuonò per tutto il cimitero e le tombe ne rimandarono l’eco in ogni angolo.
“Scavate? Vuoi scherzare!” e spostò con una mano il coperchio della tomba, come se non avesse peso. La bocca di Susanna si spalancò per lo stupore. Erano apparse due bare, entrambe col coperchio aperto. Una delle due era vuota. Nell’altra c’era uno scheletro.
Susanna, ancora sconvolta, non poté fare altro che fissare ammutolita lo scheletro. Gli mancavano varie ossa: una clavicola, una costola, parte della tibia…
Dunque il cane aveva rubato le ossa ad un morto, e Imme l’aveva aiutato spingendo da parte il coperchio della tomba! Come fosse riuscita a spostare quella pesante lastra era un mistero. Il cane agitò le orecchie e latrò forte.
“Buono Casper” disse Imme. “Sveglierai tutti”
Susanna guardò Imme. “Perché l’hai chiamato Casper? Non si chiama George?”
Un sorriso apparve sul viso di Imme. “Come ti è venuto in mente? Si chiama Casper. È il cane del guardiano del cimitero. Gioca sempre con noi. George è quello lì!” aggiunse indicando lo scheletro nella bara. “Forza, George, svegliati. Ho ritrovato le tue ossa. Tutte. Insieme alla mia nuova amica”
Susanna si sentì mancare le ginocchia. Lo scheletro si era alzato a sedere di colpo.
Imme gli gettò le ossa nella bara. “Ecco qua, rimettile da te al posto giusto”. Lo scheletro tese una mano e cominciò a riadattarsi le ossa, una per una, nei punti giusti. Aggrappata con le mani all’orlo della tomba, Susanna vedeva le cime dei cipressi oscillare avanti e indietro davanti al disco della luna e cercava con tutte le forze di non svenire. Udiva come in sogno la voce di Imme, vicinissima eppure lontana.
“È stato uno scherzo di pessimo gusto, George, nascondere quell’osso su un albero. Eppure lo sai che sono morta cadendo da un albero. Se ci provi un’altra volta, io con te non gioco più”
Susanna sentì uscire dalla bara la risatina ciocca di un ragazzo.
“Domani tocca a me” seguitò la voce di Imme. “A cercare ci andrai tu, e io resterò nella bara”
Susanna guardò in silenzio l’amica.
“Se sei d’accordo” le stava dicendo Imme, “domani andiamo insieme a nascondere le mie ossa, così poi George le cerca”
Susanna non riuscì a spiccar parola. E mentre stava lì a chiedersi se sognava o era impazzita, vide l’iscrizione sulla lastra sepolcrale: ‘Qui giacciono i nostri amati figlioletti Imme Sonders (1896-1906) e George Sonders (1897-1909)’.
Imme posò una mano sul braccio di Susanna. La mano era gelida e la pelle era così trasparente da lasciar vedere chiaramente le ossa. Susanna spalancò atterrita gli occhi, come svegliandosi a un tratto da un’anestesia. E quando li posò su Imme, non vide altro che un teschio con lunghi capelli biondi. Susanna si girò di scatto e corse via.
“Aspetta, ti prego” le gridò dietro Imme con voce piangente, ma Susanna seguitò a correre a perdifiato fra le tombe. Lassù, in mezzo al fogliame, risuonò un grido di civetta. Senza mai voltarsi, Susanna uscì correndo dal cimitero chiudendosi alle spalle il cancello di ferro. Poi infilò la strada e corse dritta verso casa, senza mai fermarsi. Aprì la porta di servizio ed entrò come un bolide in cucina.
“Oh, no!” esclamò la mamma. “Guarda cos’hai fatto, di nuovo!” Sul pavimento della cucina c’erano delle strisciate di sabbia e terra scura.

Il pomeriggio seguente pioveva a dirotto. Susanna se ne stava seduta in silenzio sul divano, con in mano un libro. Cercava di leggere, ma non riusciva a concentrarsi. Tentava e ritentava di spiegare se stessa i fatti del giorno prima, ma non ci riusciva. A un giorno di distanza tutto le appariva irreale, nient’altro che una fantasticheria mentre, in giardino, stava probabilmente leggendo delle storie paurose.
“Susanna? Che cosa ci fa quel ragazzo laggiù sotto la pioggia?” le chiese la mamma. “Lo conosci, per caso? È un pezzo che se ne sta lì a guardare nel nostro giardino”
“Chi?” Susanna guardò attraverso la finestra, col cuore in tumulto.
Dietro il cancello, nella pioggia battente, stava fermo in piedi un ragazzo dai capelli scuri, lunghi e ricci, che scrutava il giardino come cercando qualcosa. Poi scosse la testa e proseguì lentamente il cammino. Seduta immobile sul divano, Susanna rimase a guardarlo allontanarsi lungo la staccionata. E solo quando non lo vide più riuscì a muoversi. Saltò in piedi, urtando involontariamente una lampada a stelo.
“Sta un po’ attenta, Susanna!” esclamò la mamma. “Insomma, cosa ci faceva qual ragazzo?”
“Nulla” disse Susanna. “Assolutamente nulla. Cosa vuoi che possa fare un morto” 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Thriller / Vai alla pagina dell'autore: Giuly_Zomb