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Autore: raimoldatolda    29/11/2011    0 recensioni
Tutto nasce da "un'estate al mare" e questo è il secondo seguito dopo "se son normali non le vogliamo"
-storia già pubblicata ma cancellata per sbaglio -
Allyson ora ha 23 anni, altri disastri combinati, altre avventure da affrontare e altra comicità. Sempre al seguito di Cassie, Meg e tutti gli altri, o quasi.
dal 2°capitolo:
- ma quand’è che te ne vai? Domani?
- mi dispiace per te, ma sono stato espulso per cinque giornate.
- ah benissimo, cinque giornate, cinque giorni, così te ne vai la prossima settimana...
- non conosci bene il calcio, cinque giornate significa cinque settimane... – dice. Mi volto di scatto verso di lui.
- stai scherzando?
- ti piacerebbe
- sì mi piacerebbe – rispondo a tono continuando a guardarlo intensamente.
- beh comunque no.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Surfin' USA'
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       Singing without tongues Screaming without lungs I want more than my lonely nation




Qualcuno potrebbe pensare che il sogno di tre migliori amiche sia quello di andare a vivere tutte e tre insieme. Il che potrebbe avere scatenato una sorta di gelosia in Meg quando Cassie si è trasferita a casa mia, ma togliendo il fatto che è una sistemazione temporanea, come diciamo poi o meno da sei mesi, Meg convive con Chad a meno di cinque casette nella stessa strada. Lei però si che è intelligente. Ho sempre adorato il suo modo di pensare: convive tranquillamente con Chad da due anni, non sono sposati, non hanno nessun vincolo, conti separati, lavori separati, niente in comune. Mica come me, no, io dovevo strafare. Ricevo un messaggio di Meg, con l’obbligo di presentarsi in gelateria alle 5 e di avvisare anche Cassie. Avrà un calo di zuccheri. Prendo al volo l’occasione di riempirmi la pancia, lasciando Jimmy e Dave a fare i fatti loro, visto che è tutto il giorno che mi escludono dalla loro vita con mia immensa invidia e nevrosi. Chiamo Cassie  e le dico di raggiungermi per conto suo da Sweet Lucy. Arrivo davanti alla gelateria, mentre le mie due migliori amiche sono già davanti alla porta, una seduta da sciancata e l’altra sopra di lei, ad aspettarmi. Strano che sia io l’ultima, di solito non faccio così tanto ritardo.
- sììììì!!! Gelatoooooo!!!! – si sveglia Cassie e si alza di scatto appena mi vede, pronta per un gelato cioccolata e biscotto. Il suo solito. Entriamo imbarazzate di essere le uniche al di sopra dei quindici anni là dentro, escludendo la gelataia. Si avvicina un po' vergognosa alla cassa e lo ordina, lo stesso faccio io, poi è il turno di Meg.
- per te signorina? – chiede la nonna gelataia. Penso che sia in quella gelateria da quando hanno inventato il gelato come alimento. Ha tante grinze quanti sono i suoi anni.
- niente grazie. – declina gentilmente, e alla sua destra cala un silenzio tombale. Cassie ed io la guardiamo con gli occhi spalancati. Sorride facendo finta di niente, correndo verso un tavolo. La seguiamo, ancora scioccate.
- abbiamo capito tutto – dice Cassie che dà l’idea di aver trovato una spiegazione.
- davvero? – chiede e sembra quasi sollevata.
- sì. Che vuoi sembrare magra quando vai al mare, ma non ci potevi pensare prima? Ormai siamo a Luglio – risponde lei.
- non è per quello, Cassata. – le dice facendole la linguaccia.
- Megan-lomane!
- Cassapanca!
- basta bambine – intervengo io, altrimenti andremmo avanti così per tutta la giornata. Cassie conclude con una linguaccia e continua a mangiare.
- vi ricordate quando vi dicevo che se mai fossi rimasta in cinta sareste state di certo le prime a saperlo? – fa una bizzarra domanda Meg.
- sì ce lo ricordiamo – rispondo continuando imperterrita a mangiare. – è stato divertente quando ve l’ho detto io...
- io invece non ve lo direi per prime, lo direi prima a Matt, se fosse lui il padre, o comunque lo direi al mio fidanzato di allora, e solo dopo lo direi a voi. – pensa ad alta voce Cassie. Lei ci guarda per un lungo momento – sì comunque ce lo ricordiamo.
- ecco... – introduce di nuovo il discorso. Momento di silenzio.
- ecco cosa? – chiede Cassie, come appena caduta dal pero.
- volete il comunicato stampa o ci arrivate da sole? – risponde seccata. Alzo gli occhi dal gelato e con gli occhi fuori dalle orbite. Si morde il labbro.
- Meggy... – sussurro, scandendo le parole cautamente – sei....?
- sì... sono – conferma con lo stesso tono di voce. Cala ora un secondo silenzio tombale. Ci guardiamo tutte e tre in faccia per un lungo momento.
- ma.... è uno scherzo? – chiede Cassie fuori di sé.
- secondo te farei uno scherzo del genere??
- e come è successo? – continua con le sue domande intelligenti.
- oh beh, la conosci la storia dell’ape e del fiore??
- che stupida che sei...
- no, tu che domande del cavolo fai? – chiede scocciata. Sento già le lacrime che si stanno formando.
- Meg, non è una cosa facile da conoscere in questo modo, dico... ma sei pazza? Mentre mangiamo? Rischi di farci soffocare in meno di un secondo, diccelo subito se ci vuoi morte. – aggiungo. Un’altra delle mie battute poco divertenti. Il mio modo di sdrammatizzare andrebbe riveduto. Di solito è Cassie quella che ride e scherza in ogni occasione, ma ormai Cassie è nel panico più generale, non si ricorda neanche come nascono i bambini.
- grazie, molto simpatiche. Volevo farvelo sapere per prime, e in qualità di migliori amiche mi aspettavo una parola di conforto, visto che non so come dirlo a Chad...
- ti prego non cominciare con “ti ricordi quando...” perché devi ammetterlo, non funziona affatto – commenta Cassie - comunque sai benissimo che scherziamo ma appena hai bisogno puoi contare su.... – dice strofinandosi con la mano un occhio. Non saranno.... lacrime?!  Se vedo lacrime mi metto a piangere. Cassie si gira dall’altra parte senza concludere la frase, e so già che sta cercando di trattenersi. Mi volto mordendomi ancora più forte il labbro per trattenermi io stessa, in cerca del supporto di Meg, che sta tirando su con il naso, sbattendo le palpebre.
- no ragazze dai... – dice con voce tremolante.
- siamo troppo giovani per affrontare tutto questo!! – frigna Cassie, asciugandosi gli occhi.
- ho solo ventitre anni – piange anche Meg, di rimando.
- ragazze, dobbiamo farci forza!! – rispondo io, ancora emozionata. Intanto si avvicina la vecchia gelataia, preoccupata.
- signorine, c’è qualcosa che non va?
- siamo troppo giovani per affrontare tutto questo!!! – esclama nuovamente Cassie piangendo.
- oh poverine! – si commuove la vecchia e se ne va. In tre secondi torna e ci porge un fazzoletto ciascuno. – non è tanto, ma ogni tanto un gesto di qualcuno vale più di ogni parola...
- grazie signora – piangiamo ancora tutte quante. Quando la finiremo di riguardarci puntate su puntate di “una mamma per amica”??




Torniamo a casa un po' sconsolate io e Cassie, dopo aver riaccompagnato Meg a casa, continuando a tirare su con il naso per trattenere il pianto. Entriamo in casa e troviamo tutto in terra. Quasi mi metto di nuovo a piangere. Ma che è successo? Sembra passato un uragano.
- Yeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! – un urlo proveniente da sopra non ci promette nulla di buono. Salgo di corsa le scale, prima di assistere alla catastrofe mondiale per eccellenza.
- ma cosa state facendo? – chiedo entrando in camera di Dave e rimango stupita se non scioccata. Jimmy è stramazzato in terra a fianco al letto e Dave è sopra alla sua pancia.
- tuo figlio mi vuole uccidere – risponde Jimmy con voce agonizzante. Dentro di me sto ridendo a crepapelle.
- Dave! Quante volte ti ho detto di non saltare sul letto? – chiedo, senza minimamente provare pietà per Jimmy. – la prossima volta che ti vedo o che qualcuno me lo riferisce sai già che fine fai – lo rimprovero con espressione furiosa. Lui corre via urlando ancora più forte. Mi avvicino a Jimmy ancora morto in terra e lo scruto dall’alto. – puoi alzarti adesso.
- sai che non è male la vista da quaggiù?
- vuoi che ti salti sulla pancia come ha fatto Dave?
- no grazie. Soprattutto con quei tacchi – replica lui contorcendosi sul pavimento. Sorrido soddisfatta di me stessa e di come ho cresciuto bene mio figlio. E delle mie nuove scarpe. Non provo la minima pietà. – per curiosità, che fine gli fai fare se salta ancora sul letto? L’uomo nero?
- ma quale uomo nero... gli ho detto che lo mando a vivere dalla vicina di casa amante dei gatti!
- ma chi quella con la treccia lunghissima arrotolata in testa che ha gli occhi iniettati di sangue? – chiede curioso.
- esatto
- che madre cattiva che sei – commenta ridendo. Mi metto a ridere anche io. No!!! Ma che cosa faccio!! Sto ridendo con Jimmy! Non devo!!! Smetto subito e allungo la faccia per non ridere.





Sono in ritardo, sono nel più totale ritardo. Altro che promozioni, aumenti e sostituzioni al capo, qua mi licenziano in tronco. Sono ancora in casa e dovrei essere in dieci minuti in ufficio. Se non fosse stato perché Jimmy per tutta la notte non ha fatto altro che stare stravaccato lungo tutto il letto e io mi sono addormentata soltanto alle 6 del mattino, per non sentire la sveglia delle 8.
- ma porca....!!!! – esclamo mentre rischio di inciampare e farmi le scale di sedere, trattenendomi non appena spunta la testolina di Dave sul divano insieme a Cassie.
- oh buongiorno – saluta Cassie con tutta la calma del mondo. È quando tu sei in ritardo che gli altri impostano la velocità lumaca in tutte le loro azioni.
- buongiorno – ripete Jimmy uscendo dalla cucina tranquillissimo con due tazze di caffè.
- ma siete tutti svegli! Ma perché non mi avete chiamata?!
- dormivi così bene... – commenta Cassie innocente. È lui che ha tutta la colpa, lui!
- siete degli scemi! – esplodo cercando come una forsennata le chiavi della macchina.
- mamma ha detto scemi! Scemi! Scemi! Scemi! – ridacchia Dave.
- Dave, niente parolacce o sai che fine fai! Comunque non ho tempo per discutere, devo andare, a più tardi!! – urlo correndo verso la porta. Appena fuori mi catapulto addosso a una cosa raggrinzita che stava impalata davanti alla porta. – aaaaaaahhhh!!! – urlo impaurita. È la vicina di casa. La vecchia gattara.
- Allyson, tesoro, avrei bisogno di chiederti... – chiede con la stessa velocità lumaca che aveva prima Cassie. che brutta mamma mia. Ma non ho tempo di sentire anche le sue lamentele sui gatti o sul pallone che finisce nel giardino eccetera.
- mi scusi vado di fretta, chieda a mio marito, entri senza problemi – le urlo mentre continuo a correre lungo il vialetto, ma posso sentire benissimo l’urlo di terrore di Dave appena la Gattara entra in casa. Non mi viene neanche in mente il cognome. In tempo record parto da casa verso l’ufficio. So già cosa mi aspetta. Quegli occhi azzurri e quel fascino da paura che mi fisseranno tutto il tempo. E che sono quelli del mio supervisore al quale ho tirato un palo dritto dritto in faccia. Secondo me mi licenzia prima del tempo, ne sono sicura. Riesco ad arrivare con soltanto dieci minuti di ritardo e corro fino all’ascensore. Settimo piano = information communication technology. Se mi chiedete cos’è, brevemente significa coordinare dal punto di vista tecnico gestionale la gestione di un’infrastruttura sistemistica. Ancora più brevemente significa programmare computer. Io non faccio niente di tutto ciò per mia fortuna. Conti, calcoli, management, statistiche. Niente a che fare con i miei studi di ingegneria edile. Appena arrivo in ufficio tutte le segretarie mi guardano male e poi fanno commenti con quella vicina. Non so se perché sono in ritardo o perché hanno già deciso di licenziarmi o perché posso avere una mega caccola che spunta dal naso. Mi avvicino alla mia scrivania e, dopo aver controllato che non ci fosse nessuna caccolona,  guardo la stanza di fronte, con la scrivania vuota per fortuna, questo vuol dire che Alexander non c’è. Ma appena mi siedo ecco che spunta con passo svelto e deciso verso di me, tanto che sembra che stia prendendo la carica per darmi uno schiaffo.
- buongiorno Allyson, oggi mi presenterai le statistiche di vendita ok? – dice con voce scocciata, come se fosse la cosa più brutta del mondo. Sì in effetti, dopo venerdì sera, è un po' imbarazzante. Poi aggiunge – entro le 10.
- si certo – rispondo come se l’avessi già pronto sotto. Con tanta pazienza aspetto che si allontani per andare a vedere che ore sono. Le 9.30, ma è fuori di testa? E io come faccio a fare una statistica in mezz’ora?? Adesso gliene vado a dire due. Ma appena faccio cenno di alzarmi si appollaia sulla mia scrivania con occhi assatanati una delle tante segretarie che sbavano dietro ad Alexander, ma questa è la peggiore di tutte, la più fanatica maniacale psicopatica assatanata di lui. Rachel, da me rinominata Racchia. Sa ogni cosa di lui, data di nascita, indirizzo, numero di capelli sulla testa, costo di ogni sua spesa. Nonché tutti i suoi spostamenti; e quando dico tutti intendo anche quelli che dovrebbero essere “di nascosto”.
- allora? – apostrofa rivolta a me. La osservo senza darle tanta confidenza e senza rispondere. – com’è andata l’uscita?
- tutto bene – mi limito a rispondere con aria di sufficienza. Mica dirle che è stato un disastro alla fine in modo da aumentare la sua autostima e la sua convinzione di potere avere qualche possibilità con lui. – ma è per caso arrabbiato? – approfitto dei pettegolezzi.
- allora ti dico – inizia con quella sua vocetta da gallina. – appena è arrivato, non ha salutato ma ha chiesto subito chi l’aveva cercato, ma soprattutto ha chiesto dov’eri tu, poi ha tipo fatto così con l’occhio – cerca di imitare malamente un occhiolino ma è troppo esaltata perché sta parlando del suo mito che non si accorge di stare parlando da sola, perché io me ne sono già andata.
- Alexander! – esclamo dopo essere entrata e aver sbattuto la porta. Nei telefilm funziona per attirare l’attenzione. Alexander, che prima era impegnato a fissare con aria concentrata lo schermo del computer, ora mi guarda a bocca aperta, notando la mia finta faccia incavolata. Funziona! Sarà meglio che mi muovi a dire qualcosa – è inutile che fai finta di fare l’arrabbiato e cominci a chiedere la luna anche se sai benissimo che in mezz’ora non posso presentarti le statistiche di vendita, solo perché venerdì non te l’ho data, l’unica ragione per cui sei arrabbiato è perché sono la prima persona che ti ha respinto – e dopo è un fiume di parole incontrollabili dal mio strato cerebrale – e tu non hai mai sentito un no prima di me, ma devi fartene una ragione sai? eh? Sai?
- certo – si limita a rispondere. Oh, non mi aspettavo una risposta del genere. Ma non doveva rispondere così.
- beh... se vuoi sapere perché ti ho respinto è perché...
- non voglio sapere niente Allyson. Sei licenziata.
C.V.D. Come volevasi dimostrare.












   
 
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