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Autore: Emily Kingston    01/12/2011    5 recensioni
Artù/Gwen, Merlino
«Artù, la fiducia non si basa sulle probabilità» lo interruppe all’improvviso, con la luce che aveva sempre negli occhi ogni volta che gli parlava senza preoccuparsi del fatto di essere in presenza del suo padrone. «Se così fosse, al mondo non ci sarebbe fiducia.» Artù lo ascoltava senza fiatare, gli occhi puntati nel fuoco di quelli di Merlino. «La fiducia si basa sulle certezze. Certezze che solo il nostro cuore conosce. E il vostro cuore, Artù, sa che Gwen vi ama. Il vostro cuore lo sa che amate lei, l’ha saputo molto tempo prima di voi.»
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gwen, Merlino, Principe Artù
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Quarta stagione
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Lancelot du Lac – Merlin and the magic bracelet

 
Merlino balzò in piedi, iniziando a muoversi avanti ed indietro per la stanza, gesticolando.
Gaius alzò gli occhi su di lui, pensando che, quando faceva così, non c’era mai d’aspettarsi niente di buono.
«Merlino? Tutto bene?»
Il ragazzo non rispose, continuando a farneticare tra sé e sé.
«Come ho fatto a non capirlo prima?!» esclamò, fermandosi per un attimo prima di riprendere a camminare su e giù, su e giù, su e giù. A Gaius, che lo stava guardando, stava iniziando a venire il mal di mare. «Era così ovvio, così scontato!»
Gaius sbuffò, adocchiando fuori dalla finestra. La gente camminava per la strada, ignara dell’incontro di menti che stava per avvenire in quella stanza.
«Be’, non è tanto ovvio, Merlino, dato che io non l’ho capito.»
Merlino, allora, si fermò, posando gli occhi in quelli di Gaius.
«Scusatemi» borbottò, tornando a sedersi sugli scalini che conducevano alla sua stanza. «Mi sono fatto prendere dall’entusiasmo.»
Gaius annuì, facendogli intendere di lasciar perdere con un cenno della mano. La situazione urgeva una soluzione, alla svelta.
«Io credo…» Merlino si schiarì la gola, portando il pugno chiuso davanti alla bocca. «Io credo che Gwen sia vittima di un incantesimo.»
«Cosa?» Gaius strabuzzò gli occhi.
Merlino annuì, ripetendo ciò che aveva appena detto.
«E’ l’unica spiegazione possibile. Lei ama Artù, Gaius, lo so che lo ama.»
Il medico annuì, convenendo con se stesso che, come sempre, Merlino doveva avere ragione. Se Gwen non avesse davvero amato Artù non avrebbe mai acconsentito a sposarlo e, soprattutto, non avrebbe mai tradito la sua fiducia. Solo il cielo sapeva quanto aveva aspettato questo momento, non poteva averlo rovinato con le sue stesse mani. Doveva esserci sotto qualcosa.
«Hai in mente qualcosa?»
Merlino lo guardò nel solito modo in cui lo guardava ogni volta che aveva già una sua idea; il che succedeva quasi sempre in effetti.
«Ebbene?»
«Come sospettavamo Lancillotto è uno spettro richiamato dal mondo dei morti, e non ci vuole molto per capire chi l’abbia richiamato» disse, guardandolo con eloquenza. Gaius gli fece un cenno con la mano, quella parte era stata già ampiamente confermata. «E abbiamo capito che Morgana l’ha mandato qui per sabotare il matrimonio di Artù. Be’, i gesti di Morgana sono sicuramente stati dettati dalla sua convinzione dei sentimenti per Gwen verso Lancillotto. Deve aver creduto che, rivendendolo, il sentimento provato per lui tanti anni fa si sarebbe riacceso.»
«Ma?»
Gaius sapeva che c’era dell’altro; con Merlino non era mai tutto qui.
«Ma poi, qualcuno deve averle riferito che i sentimenti di Gwen per Artù erano troppo forti per essere soppiantati da un’antica infatuazione.»
Un’altra occhiata eloquente e Gaius capì a chi Merlino stesse alludendo. Agravaine.
«E allora lei deve averle fatto un incantesimo.»
«Ma…ne sei certo Merlino?»
Merlino abbassò lo sguardo, grattandosi il collo.
«Be’, proprio certo no…è un’ipotesi» disse.
«Ti rendi conto che, senza prove, non possiamo dire niente ad Artù?»
Merlino annuì, sbuffando.
«Sì, sì, me l’avete detto centinaia di volte.»
Gaius non ribatté, si voltò e tornò a trafficare con i suoi alambicchi, sfogliando qualche libro di tanto in tanto.
Merlino rimase seduto sugli scalini, con i gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani. Doveva esserci una soluzione per mettere fine a tutta quella storia, doveva esserci per forza.
Ogni volta che qualcosa era accaduto a Camelot, lui aveva sempre saputo come sistemare le cose; o, almeno, era sempre riuscito a sistemarle.
Senza riflettere si alzò di scatto, dirigendosi verso l’uscio.
«Dove stai andando?» domandò Gaius, allontanando la lente d’ingrandimento dal viso.
«Da Gwen» disse, prima di sparire dietro la porta.
 
I corridoi del palazzo erano piuttosto silenziosi; di solito le guardie andavano avanti e indietro molto spesso, un po’ perché Artù sembrava quasi divertirsi nel convocare i cavalieri nella Sala del Consiglio, un po’ perché erano loro che parevano divertirsi a gironzolare.
I suoi passi riecheggiavano per le stanze, producendo un basso e melodico ticchettio.
«Merlino» la voce di Artù lo fece sobbalzare e si fermò di scatto.
«Sì, Sire?»
Artù lo squadrò dall’alto in basso, con quella sua solita aria da zuccone strafottente.
«Dove stai andando?» chiese, inarcando un sopracciglio.
Merlino abbozzò un sorriso.
«Dove sto andando?» ripeté, parlando lentamente e scandendo bene le parole «Nelle vostre stanze, ovviamente, a…lucidare l’armatura.»
Sorrise ed Artù lo guardò con curiosità, domandandosi cosa gli fosse preso a Merlino quella mattina. Da quando andava a lucidare l’armatura di propria volontà? Di solito doveva quasi prenderlo a pedate perché lo facesse.
Fortunatamente per lui, Artù decise che era troppo stanco e provato per tentare di comprendere quel che passava per la testa del suo servitore e, con un’alzata di spalle, si ritirò, dicendo che andava nella Sala del Consiglio.
Merlino annuì e l’osservò finché non fu sparito in uno dei corridoi. Traendo un sospiro di sollievo lanciò uno sguardo guardingo attorno a sé e continuò il suo percorso, diretto verso i sotterranei.
Passando per le cucine prese un piatto pieno di pane e qualche salume, certo che quello sarebbe stato il suo passaporto verso le celle.
«Alt!» lo fermò una guardia prima che potesse avvicinarsi.
«Cibo per la prigioniera» disse, adocchiando la figura di Gwen al di là delle sbarre.
La guardia annuì e, dopo essersi presa una fetta di prosciutto, lo lasciò passare.
Merlino lo guardò storcendo il naso, appuntandosi di fargli un piccolo scherzetto più tardi, quando avrebbe finito con quella faccenda.
Un’altra guardia gli aprì la cella di Gwen e lui entrò, trovandola rannicchiata in un angolo che fissava il pavimento. Aveva il volto rigato dalle lacrime.
«Ti ho portato qualcosa da mangiare.»
Gwen non alzò lo sguardo, né verso Merlino né verso il cibo.
«G-grazie» aveva la voce roca, probabilmente aveva passato tutta la notte a piangere.
Merlino appoggiò il piatto con il cibo in un angolo e si accovacciò davanti a lei, sempre più sicuro che una persona che adesso soffriva a quel modo non poteva aver tradito l’uomo che amava di proposito.
«Gwen, che è successo?»
Ginevra non rispose, lasciandosi sfuggire un singhiozzo e coprendo la bocca con la mano.
Merlino sospirò e si sedette sul pavimento, le gambe semi-divaricate e le braccia sulle ginocchia.
«Io non penso che tu abbia tradito Artù.»
Per la prima volta da quando era entrato lì, Gwen lo guardò.
«Cosa?» domandò, la voce più stridula del solito.
«Cioè, l’hai tradito, sì, ma non penso tu l’abbia fatto di proposito.»
Gwen cambiò posizione, in modo da poter guardare bene Merlino in faccia.
«Non capisco…»
Merlino inspirò.
Le raccontò di Lancillotto, dell’incantesimo di Morgana e dei suoi sospetti riguardo ai comportamenti della ragazza negli ultimi giorni. 
«Non ci posso credere» boccheggiò Ginevra, portandosi una mano alle labbra.
«Ti ricordi se ti ha dato qualcosa, qualunque cosa?»
Lei scosse il capo. «Non lo so…forse…non me lo ricordo.»
Merlino si sporse in avanti, afferrandole le spalle.
«Pensaci bene, Gwen, è importante.»
La ragazza aggrottò le sopracciglia e, spostando lo sguardo, individuò un piccolo braccialetto d’argento abbandonato in un angolo. Allora ricordò.
«Quello» sussurrò e Merlino seguì il suo sguardo. «Me l’ha dato il giorno del suo ritorno, quando è venuto a trovarmi a casa. Ha detto che era il suo regalo di nozze» spiegò. «Ora che ci penso è da quando l’ho indossato che ho iniziato a comportarmi in modo strano nei riguardi di Lancillotto.»
A Merlino s’illuminarono gli occhi.
Si allungò sul pavimento ed afferrò il braccialetto, osservando le incisioni sul suo dorso.
«Lo farò vedere a Gaius» disse, infilandolo nella tasca della giacca.
«Ehi, tu! Ti sei messo a mangiare con lei?!» urlò la guardia, sporgendosi per guardare dentro la cella.
Merlino si alzò, dopo aver lasciato una lieve carezza sulle mani di Gwen.
«Farò quello che posso, te lo prometto» disse, lasciando la cella.
«Merlino!» lo richiamò Gwen. «Grazie.»
Merlino le sorrise e sparì su per le scale.
Camminando per i corridoi tastò il braccialetto nella sua tasca, l’unica cosa che adesso rimaneva da fare era scoprire cosa fosse.
 
Gaius osservò il braccialetto con occhio critico, sbirciando sul libro che teneva aperto sul tavolo.
«Allora?» domandò Merlino ansiosamente.
Gaius allontanò la lente dal viso ed appoggiò il braccialetto sul tavolo, sospirando.
«E’ magico, non c’è alcun dubbio» decretò, guardando Merlino con aria grave.
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli, sospirando.
«Sapete, avrei tanto voluto che Lancillotto fosse tornato veramente, che tutto questo non sia solo una macchinazione di Morgana» disse, rattristandosi. «Lei disprezzava tanto Uther ma è molto più simile a lui di quanto pensa!»
Gaius lo osservò senza ribattere, un po’ perché non avrebbe saputo cosa dirgli, un po’ perché si ritrovava a dargli ragione.
«Forza» Merlino si riscosse, avvicinandosi al bancone, «dobbiamo dire tutto ad Artù.»
 
Merlino camminava lungo uno dei corridoi, diretto verso le stanze di Artù. Sapeva che ci sarebbe voluto un po’ perché gli desse retta, ma era altrettanto convinto di riuscire a farlo capitolare.
Era fiducioso, insomma, e si mise a fischiettare.
Era quasi giunto alle stanze di Artù quando una grande mano lo trascinò all’ombra di una colonna. Merlino poté fare ben poco per difendersi e, ben presto, si ritrovò avvolto dal buio.
 
Si risvegliò dopo un po’, con un forte mal di testa ed un fastidioso senso di spossatezza. Non sapeva quanto tempo era passato, né dove era stato portato e da chi.
Aprì piano gli occhi e si guardò intorno; era buio ma gli sembrò di essere in una caverna.
Il bosco che si estendeva alle spalle di Camelot era pieno di cavità scavate nella roccia, forse l’avevano portato là.
Provò ad alzare una mano per massaggiarsi la testa ma la ritrovò bloccata da una corda che la legava all’altra.
«Stai iniziando a venirmi troppo spesso tra i piedi, Merlino»
La voce di Morgana era diversa da come era stata anni prima. Da come era stata quando Lady Morgana amava Camelot ed i suoi abitanti. Da come lo era stata quando lei era ancora una giovane ingenua che non voleva altro che il meglio per il popolo.
La sua voce, adesso, era canzonatoria e storpiata da amara soddisfazione nel vedere la disfatta altrui.
«Cosa volete, Morgana?»
La donna sorrise, accovacciandosi davanti a Merlino. Il ragazzo, con una punta quasi di sollievo, notò che gli occhi erano rimasti gli stessi di un tempo. Occhi che, nonostante tutto il male che la ragazza si ostinava a mostrare, non avevano smesso di riflettere la bontà che c’era stata nel suo cuore.
«Tu hai una cosa che mi appartiene» disse, rimettendosi diritta e troneggiando su di lui. «Una cosa che, nelle mani sbagliate, potrebbe distruggere ogni mio piano»
«Vi sbagliate, non ho nulla del genere» rispose, sentendo l’eco della sua voce risuonare nella caverna.
«Io dico che ce l’hai, invece»
Senza attendere oltre, Morgana frugò le tasche della sua giacca e poi quelle dei pantaloni. Quando rialzò gli occhi sul volto di Merlino aveva un misto di stupore e incomprensione dipinto sul viso.
«Dov’è?»
«Non so di cosa stiate parlando»
«Dov’è? Dove l’hai messo?!» urlò e, mentre i suoi occhi s’illuminavano di luce dorata, un masso si riduceva in polvere.
Merlino deglutì, spostando lo sguardo dal masso al volto di Morgana.
«Io non ho niente» ribatté, scandendo lentamente ogni parola.
Morgana lo guardò per qualche attimo con espressione indecifrabile poi, sventolando i lunghi capelli neri, sparì dalla sua visuale.
«Verrà un giorno, Merlino» aggiunse, la voce che riecheggiava chiara e forte all’interno della grotta, «in cui io regnerò su Camelot e non sarai tu ad impedirmelo. Buona permanenza nella grotta.»
Merlino riuscì a sentire l’eco dei suoi passi ancora per qualche attimo, poi il silenzio lo avvolse.
Quando fu ormai sicuro che sia Morgana sia chiunque la stesse accompagnando – probabilmente Agravaine - se ne fossero andati, posò lo sguardo sulle corde che lo legavano e, sussurrando un incantesimo, si liberò.
 
Merlino si richiuse la porta alle spalle, ansimando.
Gaius alzò gli occhi su di lui, sembrando insieme stupito e preoccupato.
«Merlino, che cosa è successo?» domandò.
Il ragazzo prese qualche respiro profondo, avvicinandosi ad una delle panche di legno vicino al tavolo da lavoro di Gaius.
«Morgana…mi ha…voleva il bracciale» disse e spiegò a Gaius che si stava recando nelle stanze di Artù per dirgli del bracciale quando Agravaine l’aveva stordito e portato in una grotta, dove Morgana l’aveva interrogato.
Gaius l’ascoltò con attenzione, spalancando gli occhi.
«Fortuna che il bracciale l’avevo lasciato a voi» concluse, abbozzando un sorriso.
«Già, la tua solita fortuna, Merlino» Gaius lo guardò inarcando un sopracciglio e Merlino gli sorrise. «Comunque, ho studiato meglio le iscrizioni sul bracciale e pare che si tratti di un potente incantesimo d’amore, capace di risvegliare le antiche infatuazioni. Leggi» afferrò un libro, che aveva lasciato mezzo aperto sul tavolo da lavoro, e lo porse a Merlino.
Il ragazzo fece scorrere gli occhi sulle pagine del libro, assimilando le informazioni che vi erano scritte. Finito di leggere, con un sorriso, richiuse il tomo e si alzò in piedi.
«Prendete il bracciale, Gaius, andiamo da Artù.»
 
«Cosa?»
Artù alzò il capo dalle carte che stava consultando e guardò Merlino diritto negli occhi.
«Merlino» iniziò, poi, massaggiandosi la radice del naso. «Lo so che Gwen è tua amica e vuoi difenderla, ma non sarà questa stupida storia del braccialetto magico a cambiare le cose.»
Merlino aprì bocca per ribattere, ma Gaius lo batté sul tempo.
«Sire, ho fatto delle ricerche e le incisioni sul braccialetto sono una conseguenza dell’esecuzione su di esso di un potente incantesimo» disse, appoggiando un libro sopra al tavolo della Sala del Consiglio. «Controllate pure se lo ritenete necessario.»
Merlino guardò Gaius con gli occhi sbarrati. Il libro dal quale avevano ricavato le informazioni era un libro sulla magia, se Artù li avesse scoperti in possesso di una cosa del genere li avrebbe sicuramente condannati a morte.
Artù abbassò gli occhi sul libro che Gaius aveva posato sul tavolo e poi scosse il capo.
«Non ho motivo di dubitare della tua parola, Gaius.»
Gaius fece un mezzo inchino di riconoscenza.
«Puoi andare» gli disse poi e Gaius si congedò. «Anche voi, andate pure» ripeté, rivolto ai cavalieri.
«Ma, Sire, non abbiamo ancora finito la riunione…»
«Ho detto andate, Sir Leon. Continueremo la riunione più tardi.»
Sir Leon e gli altri cavalieri annuirono e, con un mezzo inchino abbandonarono la stanza.
Merlino rimase in piedi nel mezzo della sala, con le mani incrociate dietro la schiena e lo sguardo fisso su Artù che si appoggiava al tavolino con una mano mentre fissava il piano di legno del tavolo.
«Anche se le tue ipotesi sul braccialetto sono esatte» disse, dopo un po’, «chi mi garantisce che Gwen l’abbia indossato? Chi mi garantisce che sia stato Lancillotto a darglielo? Chi mi garantisce che i suoi comportamenti siano realmente stati dettati da un incantesimo?»
Alzò lo sguardo su Merlino e a lui sembrò che Artù non gli stesse parlando da Re a servitore, ma da amico ad amico. Gli sembrò che Artù gli stesse chiedendo una risposta che non sapeva, in un momento di difficoltà. Gli sembrò che Artù gli stesse chiedendo aiuto.
«Il vostro cuore» rispose. «Solo il vostro cuore può garantirvelo»
«Il mio cuore può sbagliarsi. Ginevra potrebbe-»
«Artù, la fiducia non si basa sulle probabilità» lo interruppe all’improvviso, con la luce che aveva sempre negli occhi ogni volta che gli parlava senza preoccuparsi del fatto di essere in presenza del suo padrone. «Se così fosse, al mondo non ci sarebbe fiducia.» Artù lo ascoltava senza fiatare, gli occhi puntati nel fuoco di quelli di Merlino. «La fiducia si basa sulle certezze. Certezze che solo il nostro cuore conosce. E il vostro cuore, Artù, sa che Gwen vi ama. Il vostro cuore lo sa che amate lei, l’ha saputo molto tempo prima di voi.»
Artù rimase in silenzio per un po’, a guardare Merlino con aria pensosa. Poi si spostò lungo la sala, fermandosi al suo fianco. Gli appoggiò una mano sulla spalla ed abbozzò un sorriso.
«Grazie, Merlino.»
Merlino sorrise, osservandolo mentre usciva dalla Sala del Consiglio.
 
Gwen alzò gli occhi quando sentì dei passi avvicinarsi alla sua cella.
Artù la stava guardando, in attesa che la guardia aprisse la porta.
«Non dovevi venire fin quaggiù» disse, alzandosi e ripulendosi la gonna dalla paglia. «Dovevi far venire me.»
«Merlino mi ha detto del braccialetto» esordì, ignorando ciò che lei aveva detto.
Gwen sbarrò gli occhi per un secondo e poi abbassò lo sguardo.
«Oh.»
Artù mosse qualche passo nella sua direzione, arrivandole di fronte.
«Voglio solo sapere una cosa» disse, alzandole il volto con una mano, «cosa provi per me, Ginevra?»
«Ti amo» pigolò, arrossendo sulle gote.
«Allora cos’è successo con Lancillotto, l’altra sera?»
Gwen strizzò gli occhi, inspirando. Artù puntò gli occhi su di lei.
«Non lo so» rispose, con voce tremante. «So soltanto che ti amo.»
Artù annuì, si avvicinò a lei e la baciò sulla bocca, avvolgendole la vita con un braccio.
«Mi dispiace» sussurrò Ginevra, allontanandosi dal volto di Artù.
Il ragazzo scosse la testa, baciandola tra i capelli.
«Come fai a fidarti di me Artù?» esclamò dopo un po’, allontanandosi di scatto da lui. «Come fai a credermi?! Non ci riesco neanche io!»
Artù la guardò per un attimo, prima di riavvolgerle le braccia attorno al busto, attirandola a sé.
«Il mio cuore mi suggerisce di farlo, di fidarmi»
«Il cuore può sbagliare» ribatté Gwen, alzando il viso verso di lui.
«Allora sarò felice di sbagliarmi, con te»
Si abbassò verso di lei e la baciò di nuovo, stringendola forte tra le braccia.
Merlino, che sbirciava all’interno della cella dal corridoio dove stavano le guardie, sorrise.
 


Note: E' la prima volta che mi avventuro in questo fandom, perciò non so se sono riuscita a rendere al meglio i personaggi. Questa storia è una pecie di "finale alternativo" per la nona puntata della quatra stagione di Merlin; siccome il finale mi ha fatto proprio schifo ho provato ad immaginare che Merlino possa save the day ;)
Ovviamente mi rendo anche conto che non tutto può avere sempre un lieto fine e che i produttori hanno solo voluto movimetare un po' la serie. Ho optato per uno sfacciato "tu" da parte di Gwen nei confronti di Artù perché stanno per sposarsi e, sarà che io non sono per queste cose all'antica, ma mi pare che sia il caso di prendere certe confidenze.
Bene, dopo essere riuscita nell'impresa di fare un commento così lungo e noioso non mi resta che ringraziare tutti coloro che leggeranno questa storia ed attendere vostre notizie.
Una recensioncina, anche se critica, fa sempre piacere :)
Un bacio, Emily.

   
 
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