Buonasera!
^_^
Ora vi chiederete che ci faccio qui a postare una shot, quando dovrei
aggiornare Second Life, avete perfettamente ragione u.u
Però, come ogni volta che esce qualcosa che stuzzica la mia fantasia,
scatenando un fiume di parole in piena, non posso esimermi dall’assecondarlo e
buttare giù qualcosa! XD
La ‘colpa’
questa volta è di Tiziano Ferro, Lunedì è uscito il nuovo album *saltella*, “L’amore
è una cosa semplice”, penso che questo uomo, più passa il tempo, più faccia
canzoni splendide e perfette *^*
Comunque, bando alle ciance, che se inizio non finisco più XD
Questa piccolina, come potete vedere, ma lo preciso lo stesso perché non tutti
sono fan di Tiziano come me, porta il nome di una canzone contenuta nell’album.
Mi piace, mi piace e mi piace, subito ho avuto un’immagine nella mia testa e da
quella ho tratto tutta la shot…
Amo la neve, amo Tiziano e amo i Gaze…
Il POV
è di Ruki, al centro della pagina e in grassetto sono alcuni pezzi estrapolati dalla
canzone.
La storia tratta temi omosessuali, quindi come al solito chi non gradisce, è
pregato di non leggere.
I
personaggi da me trattati non mi appartengono.
Buona
lettura ^_^
L’ultima notte al mondo
Stancamente si lasciò cadere sulla panchina, situata
nell’immenso giardino della città, la notte prima non aveva dormito quasi per
nulla, aveva ceduto alla stanchezza al massimo per un paio di ore poi,
naturalmente si era svegliato di soprassalto.
Era stanco, spossato e agitato, non riusciva a calmare il suo animo e tutta
quell’ansia lo faceva sentire uno straccio.
La città era grigia così come il cielo, terso e minaccioso.
Sicuramente sarebbe venuto a piovere e lui non aveva con se nemmeno l’ombrello,
non aveva avvertito nessuno, aveva semplicemente lasciato il suo appartamento
per fare due passi, che poi erano divenuti milioni.
Sicuramente aveva camminato per sei chilometri, distanza che gli
sembrava impossibile da percorrere a piedi, almeno per lui che era abituato a
prendere la macchina, anche solo per comperare le sigarette e il tabaccaio, era
a cinque minuti di camminata da casa sua.
Ma quella situazione che si era venuta a creare lo aveva come
intontito, camminava senza accorgersene, respirava aria gelida che si
condensava di fronte al suo viso senza pensarci; era quasi un automa.
Si strinse di più nel suo cappotto a tre quarti nero, i guanti
di pelle gli tenevano le mani al caldo, così come la sciarpa bianca gli
riparava il collo e metà volto, infatti l’aveva tirata fino sopra al naso.
Guardò l’orologio per verificare l’ora e quanto tempo aveva
sprecato camminando, le lancette puntavano sulle otto del mattino; da quando
aveva lasciato casa erano passate ben due ore.
Sospirò abbassando lo sguardo a terra, non sapeva più cosa fare,
ogni punto cardinale della sua vita si era fatto andare a benedire, niente era
come due giorni prima, tutto stravolto, incomprensibile quasi.
I ricordi gli si affollavano in testa, facendolo sorridere per
poi lasciarsi andare ad un pianto disperato; come avrebbe fatto a vivere la sua
vita, senza la ragione per la quale viveva?
Non poteva dimenticare tutti quegli anni vissuti insieme, dove
li aveva visti più volte cadere sotto la pressione di una società che non li
accettava per quello che erano; ma avevano sempre combattuto, rialzandosi più
forti di prima. Il loro amore aumentava invece di diminuire, più le persone li
contrastavano, più loro si univano in un’anima unica e indivisibile.
Indivisibile..
Rabbrividì e non per il freddo che gli congelava le membra, nonostante
i pesanti indumenti che indossava, no, quello che lo faceva tremare era il
dolore, l’incapacità di reagire di fronte ad una scelta che non aveva preso lui
stesso.
Akira aveva deciso per tutte e due, glielo aveva detto a cena,
di fronte a delle candele e una bottiglia di vino, lui non aveva avuto la forza
di ribattere, era rimasto inerme, non credendo possibile che ciò che aveva
sentito dire dalle labbra del suo compagno, fosse vero.
“ Mi dispiace Taka, non
ti amo più. “
Così morì per l’ennesima volta, come quando il padre da
ragazzino lo cacciò di casa perché era venuto a conoscenza del suo orientamento
sessuale; non c’era spazio per un figlio gay in quella casa e proprio colui che
lo stava lasciando, era stato il suo salvatore.
Correndo tra le braccia del suo migliore amico all’epoca, aveva
ricevuto il calore e l’affetto di una famiglia, la madre di Akira era diventata
anche sua madre e lui, si era lasciato andare a quella sensazione di conforto.
Alcuni fiocchi di neve di un candido bianco, si andarono a
posare su di lui, alzando lo sguardo al cielo vide che esso lasciava cadere
quei pezzettini di ghiaccio meravigliosi da guardare. Ma ora non aveva senso
osservare la neve cadere, niente aveva più senso senza Akira al suo fianco.
Ed io
io sepolto dal suo bianco
mi specchio e non so più
cosa sto guardando.
Non si mosse, nemmeno quando intorno a se tutto diveniva sempre
più bianco e più freddo, alcuni ragazzi scesero in strada per raggiungere il
parco, lui seduto su quella panchina, li osservava battersi a palle di neve.
Urlavano, ridevano e nel frattempo correvano per sfuggire agli
attentati della fazione opposta; la vista gli si offuscò per via delle lacrime
che prepotenti chiedevano il permesso di uscire allo scoperto, non fece molto
per trattenerle e le lasciò sfogarsi.
Anche lui l’anno prima, proprio nel mese di Dicembre aveva
combattuto una battaglia simile, lui e Akira contro Kouyou e Yuu, mentre Yutaka
se la rideva vedendolo pieno di neve da tutte le parti e minacciandoli, che se
si fossero ammalati, lui gli avrebbe dato anche il resto; il tutto condito
dalla sua risata e le magiche fossette, che tutto facevano, tranne farlo
sembrare cattivo.
Avevano riso come non mai quel giorno e la battaglia aveva visto
loro vincitori, tutto grazie al suo ragazzo che era un mago in quel tipo di
battaglie: ogni palla andava a buon fine.
Ma era come se fossero passati dieci anni e non solo uno, tutto
si era stravolto troppo repentinamente per metabolizzarlo.
Pensare a come sarebbe stata la sua vita senza di lui lo
immobilizzava, dormire in un letto vuoto, svegliarsi la mattina senza che lui
fosse al suo fianco ancora immerso nel sonno, i tentativi andati a vuoto di
farlo svegliare, il suo sorriso che si affacciava sul suo volto, appena gli
occhi intercettavano i suoi.
Il tuo sorriso dolce è così
trasparente
Che dopo non c’è niente
È così semplice
Così profondo
Che azzera tutto il resto
E fa finire il mondo.
Doveva muoversi, aveva degli impegni importanti a cui non poteva
mancare assolutamente, ma questo comportava vederlo, perché alla riunione
avrebbe partecipato naturalmente anche lui.
Sentiva di non essere pronto per incrociare i suoi occhi, occhi
che lo avevano guidato lungo il tragitto tortuoso che era stata la sua vita, ma
che ora invece non lo avrebbero più seguito. Quella lanterna, che era solito
vedere sempre alla fine della strada non ci sarebbe più stata, e lui avrebbe
dovuto iniziare a imparare a camminare nel buio.
Prese il telefono dalla tasca del cappotto, fece in modo che il
display si illuminasse e restò a fissarlo per svariati minuti; era indeciso sul
da farsi, poteva benissimo chiamare Yutaka e dirgli che si sentiva poco bene.
Ma fatto questo, nessuno avrebbe impedito al suo amato riida di piombargli in
casa, pronto a prendersi cura del suo vocalist.
Si chiese chi sapesse della loro rottura, certamente Kouyou ne
era al corrente, era non solo il suo migliore amico, ma anche quello del suo ex
ragazzo.
Una potente morsa allo stomaco gli fece portare una mano su di
esso, ma prima avrebbe immagazzinato il fatto che Akira non lo amasse più,
prima avrebbe ripreso a vivere.
Era possibile vivere senza di lui?
Non ricordava più i tempi in cui lui non faceva parte della sua
schifosa vita, ne era entrato come un uragano, spazzando via tutte le sue paure
e prepotente gli aveva stravolto l’esistenza.
Ed ora lo lasciava di nuovo solo, lui contro il mondo.
“ Mi dispiace davvero,
vorrei se possibile Taka, che tornassimo ad essere amici come un tempo, non
voglio perderti.. “
Come poteva chiedergli una cosa simile?
E come poteva lui, non assecondare questa sua richiesta?
Era meglio vivere una vita nella sua ombra, che non averlo
vicino per nulla.
Non sapeva come avrebbe fatto a non struggersi ogni volta che avrebbero
parlato, o quando avrebbe visto colui che avrebbe preso il suo posto. Perché
non era sciocco, un giorno o l’altro Akira si sarebbe di nuovo innamorato e a
quel punto, lui non avrebbe più avuto speranze e l’unica cosa che gli sarebbe
rimasta da fare, sarebbe stata lasciarlo andare in silenzio.
Ma in quel momento, avrebbe avuto la forza di restare suo amico?
Di certo non sarebbe stato facile
vederlo con quell’altro, restando al suo fianco pur sapendo che la notte
condividevano lo stesso letto, che le sue labbra avrebbero chiamato amore qualcun altro e che i suoi occhi,
non avrebbero più cercato lui, come prima persona la mattina appena sveglio.
La testa gli scoppiava, più cercava di non pensarci, più il suo
cervello gli faceva ricordare la situazione in cui si trovava, costringendolo
ad un tormento senza fine.
Reagire, ecco cosa doveva imporsi di fare, come sempre doveva
andare avanti, ritrovando quella forza che lo aveva fatto sopravvivere fino a
quel giorno.
Ma forse, tutta quella forza era solo riflessa dalla presenza di
Akira, e se fosse stato veramente così non aveva speranze.
E dire che fino a due giorni prima avrebbe giurato su qualunque
cosa, che loro erano destinati a stare insieme per sempre, che il filo rosso
che univa i loro mignoli non era puro frutto della sua immaginazione. Era
reale, tangibile, come la neve che ora scendeva su tutta Tokyo, ma la neve si
scioglie, così come il loro amore si era dissolto nel nulla, almeno per Akira.
Perché lui lo amava come il primo giorno, niente era cambiato nel suo cuore,
avrebbe continuato per il resto dei suoi giorni a prendersi cura di lui, ma
ora, doveva scendere a patti con il sentimento mutato del suo ragazzo.
Se mi innamorassi per davvero
Saresti solo tu,
L’ultima notte al mondo
Io la passerei con te.
Mentre felice piango
E solo io, io
Posso capire al mondo,
Quanto sia inutile odiarsi
Nel profondo.
Di odiare Akira non se ne parlava, anche se in passato gli era
capitato di pensare ad una cosa simile, l’aveva sempre accantonata da una
parte; il suo amore, la sua gratitudine e il bene che provava nei suoi
confronti, gli impedivano anche solo di pensare ad un sentimento malevolo verso
di lui.
Sapeva che alla fine avrebbe ceduto, comportandosi come se nulla
fosse e tornando ad essere l’amico di una volta; anche se avrebbe voluto dire
piangere ogni notte fino a sentirsi male, per poi rigettare anche l’anima. Un
giorno avrebbe smesso, perché non avrebbe più avuto lacrime da versare.
Senza che se ne fosse accorto, i ragazzi che prima giocavano e
urlavano intorno a lui, come se in realtà fosse trasparente, non c’erano più.
Si era alzato un vento gelido e la neve ora scendeva più fitta e
minacciosa, restava candida ma anche lei poteva essere pericolosa; proprio come
Akira.
Che paragone stupido il suo, ma in quel momento sentiva proprio
come se lui fosse neve, a vederla così bianca faceva pensare a cose belle, alle
risa, al Natale da passare in compagnia dei propri cari e amici. Mentre dietro
di essa si nasconde il freddo gelido che può uccidere una persona, o alle
maestose valanghe che spazzano via tutto ciò che incontrano.
E lui era proprio così che si sentiva, un piccolo uomo sepolto
sotto una valanga di neve gelida e in quell’istante, poteva solo soccombere e
lasciarsi andare, abbracciando la morte come unica via di salvezza.
Sorrise amaro a quel pensiero, non avrebbe permesso mai a
nessuno di portarlo alla morte, era troppo facile morire; avrebbe vissuto nel
dolore, fino a che esso non si alleviasse divenendo accettabile.
Forse un giorno avrebbe dimenticato anche lui Akira e magari, si
sarebbe di nuovo innamorato, non poteva sapere cosa gli avrebbe riservato il
destino e inutile sarebbe stato, rimuginarci sopra. Avrebbe lasciato che i
giorni scivolassero su di lui, anche se lenti e scanditi dal dolore,
dall’inadeguatezza e dai ripensamenti. Sarebbe andato avanti gettandosi nel
lavoro, unica fonte di sollievo che gli era rimasta, sperando e pregando che
tutto finisse il più presto possibile.
Il telefono prese a vibrare, si accorse solo in quel momento di
stringerlo ancora nella mano, il display segnava le dieci; era stato ben due
ore seduto in quello stato di catalessi, ecco perché non riusciva a smettere di
tremare.
Accettò la chiamata in entrata, già sapendo che la voce
all’altro capo del telefono, gli avrebbe riscaldato il cuore suo malgrado.
« moschi moshi » cercò di non far vibrare troppo la sua voce.
« Taka, dove sei? » Akira aveva un tono apprensivo, ormai
conosceva ogni sfumatura che contraddistingueva i suoi vari stati d’animo.
« sto bene tranquillo » lo rassicurò subito, chi sa quale
malsano pensiero aveva formulato quella testa bacata.
Lo sentì sorridere appena attraverso la cornetta « lo sai che
non posso farne a meno » ammise il bassista.
Anche lui si ritrovò a sorridere, mentre le nocche gli si
facevano bianche per la presa che si andava stringendo e le lacrime si facevano
di nuovo avanti.
« quindi questo non è cambiato.. ? » soffiò appena ed ebbe
paura, che la domanda non fosse recepita dall’altro capo del telefono.
« lo sai che non cambierà mai Taka » tutta la sicurezza che mise
nel rispondere, arrivò dritta al destinatario, strinse gli occhi, assaporando
la felicità che nonostante tutto ancora riusciva a donargli.
« lo so.. » strano per lui tenere un tono così basso, in una
situazione normale lo avrebbero udito in capo al mondo, ma ormai nulla era più normale.
Cade la neve ed io non
capisco
Che sento davvero,
mi arrendo,
ogni riferimento è andato
via…
spariti i marciapiedi
e le case
e le colline..
sembrava bello ieri.
« se mi dici dove sei, ti vengo a prendere » il solito
premuroso.
Sospirò, stando attento a non farsi udire da Akira.
« no, non fa niente, vengo da solo è meglio che cominci ad
abituarmi » non voleva farlo sentire in colpa più di quanto non si sentisse
già, ma ora doveva pensare bene a come rialzarsi da terra e farsi coccolare
così da lui, non lo avrebbe di certo aiutato.
« Taka, io.. » iniziò il bassista, ma lui lo interruppe subito.
« non è colpa tua Aki, non avrei mai voluto che restassi al mio
fianco senza amarmi, quindi va bene così sono felice che tu sia stato sincero
con me.. ma ora, ho bisogno di tempo, per capire cosa sia meglio per me.. lo
capisci questo? » parlare al telefono era mille volte meglio che di persona,
senza il contatto visivo riusciva ad essere molto più razionale.
« certo, lo capisco.. » l’unica risposta.
« sono contento di questo »
lo era veramente, l’ultima cosa di cui aveva bisogno era che insistesse.
« vuoi che chiami Kouyou? » era troppo presto per cantar
vittoria.
« no Aki, grazie.. ma devo farcela da solo, con le mie sole
forze » rimase calmo, non c’era bisogno di alterarsi con lui, erano troppi anni
che era abituato a prendersi cura di lui, quindi ora anche Akira non sapeva
come lasciarlo camminare con le proprie gambe.
« va bene, come vuoi tu.. » un piccolo passo avanti era stato
fatto.
« non preoccuparti, ci vediamo tra un po’ alla PSC ok? »
« c-certo.. » era troppo indecisa la sua voce.
« Aki, ti ricordi della riunione a mezzogiorno vero? » chiese
con il sorriso sulle labbra.
« oh! Ma certo che la ricordo! » non era per nulla convincente.
Scoppiò a ridere, contro ogni sua aspettativa.
« certo come no! Ci vediamo dopo e preparati, baka »
Sentì la risata di Akira, entrargli nell’orecchio per andare a
torturare il timpano, Kami Sama quanto avrebbe sofferto ad averlo vicino?
« ci vediamo lì » disse il biondo, dopo aver smesso di ridere.
« ok, a dopo » terminò la chiamata e per svariati minuti restò a
fissare il telefono, come se esso potesse concedergli una verità assoluta su
come si sarebbero evolute le cose. Ma quello era un semplice oggetto, niente di
più, capace di fare mille cose ma non prevedere il futuro.
Lo ripose nella tasca, stupito dai pensieri stupidi che riusciva
a formulare; doveva riprendersi e anche al più presto possibile.
Facile a dirsi, meno facile da farsi.
Spostò lo sguardo dalla neve a terra al cielo, questo ancora
grigio faceva scendere la neve, non aveva smesso un secondo di imbiancare la
città, se avesse continuato in quel modo non sarebbe nemmeno riuscito ad
arrivare alla sede della casa discografica.
Si alzò dalla panchina spolverandosi il cappotto e facendo
cadere la neve che vi si era depositata sopra, guardò di nuovo il cielo e il
respiro gli si condensò, formando una nuvoletta.
« ce la farò »
Era una promessa la sua, aveva lottato così tanto nella vita che
quella ora gli si presentava come l’ennesima battaglia, lei lo gettava a terra
e a lui toccava rialzarsi; lo avrebbe fatto anche quella volta.
Ho incontrato il tuo sorriso
dolce,
con questa neve bianca
adesso mi sconvolge,
la neve cade
e cade pure il mondo
anche se non è freddo adesso
quello che sento
e ricordati,
ricordami:
tutto questo coraggio
non è neve.
Accostò la sciarpa al volto, in modo da riparare le vie
respiratorie, un mal di gola non era quello di cui necessitava in quel momento.
Un nuovo tour era alle porte, proprio quel giorno in riunione avrebbero
discusso della sua pianificazione e tutto quello, lo avrebbe aiutato
nell’impresa di dimenticare Akira; anche se non si trattava proprio di
dimenticare, perché non sarebbe mai stato in grado di scordarlo.
A passo lento si avviò verso la strada, ma questa volta per
tornare a casa avrebbe chiamato un taxi, non se ne parlava di fare di nuovo
tutta quella camminata.
Fine
Eccoci qui, un'altra shot è volata via…
Qui non c’è lieto fine, a volte capita no?
Qualche volta le cose non vanno come vorremmo noi, qualcuno prende una
decisione anche per conto nostro e noi, non possiamo far altro che accettarlo..
Ci vediamo domani, per l’aggiornamento di Second Life, per chiunque legga
questa e segua anche quella ^_^
Chu <3