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Autore: Alice Moonriver    03/12/2011    0 recensioni
Tre anime incatenate in un corpo solo. Sophia.
Tre regni in ogni mondo: regno terrestre, regno dei cieli, regno degli inferi. Tre regni, moltiplicati per una infinità di mondi. A capo di tutti i mondi e di tutte le dimensioni vi è un’unica divinità, la divinità creatrice di tutto.
Gli specchi sono le porte tra i diversi mondi.
Non è possibile viaggiare a piacimento verso un mondo diverso dal proprio, ma è sempre possibile tornare al mondo di origine purché si abbia con sé qualcosa che appartiene a quella dimensione. Gli unici in grado di spostarsi a proprio piacimento sono i morti di ogni dimensione e regno ed i Sacerdoti della Creazione, servitori della Dea della Creazione.
Scoprire tutte queste cose, per una cantante da piano bar, può essere troppo.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[Prologo]
 
Quella non era stata affatto una buona serata.
Sophia se lo sentiva già mentre aspettava il suo turno che quella sarebbe stata una serataccia. Dal tavolino che il proprietario del locale le aveva riservato per bere qualcosa prima di esibirsi era riuscita a vedere il “pubblico” : un gruppetto di ragazzi già per metà ubriachi, qualche coppietta sognante e un’orda di gallinelle in attesa di scroccare quante più bevute possibili e magari anche l’ingresso in discoteca.
Le odiava quelle cretinette strinte in abitini firmati, a suo dire erano l’anticristo di ogni ragazza rispettabile. E i ragazzi ubriachi poi … dio quanto erano insopportabili con i loro apprezzamenti della malora.

Quando il povero mago che era stato sul palco con scarsi risultati fino ad un attimo prima ebbe finito, Sophia trasse un profondo sospiro e gli dette il cambio: era pronta per la sua parte. Il pianista le dette un’occhiata di intesa e poi partirono. Più o meno ogni sabato ripeteva lo stesso repertorio di canzoni calme e rilassanti, preludio perfetto per le coppiette sognanti, l’unica parte del pubblico che lei non odiava. Si può dire che cantasse solo per loro …
Eseguirono cinque brani come da copione, Sophia con la sua voce languida riusciva sempre ad accattivarsi un sacco di sguardi, cosa che al proprietario non dispiaceva affatto. Tra una canzone e l’altra riusciva a servire un sacco di drink e cocktail.

Intorno alle una di notte il locale cominciava a svuotarsi, Sophia era seduta al bancone a chiacchierare con una delle bariste. Non le piaceva andare via subito dopo aver cantato, dentro di sé nutriva la segreta speranza che prima o poi qualcuno si sarebbe accorto di lei e magari le avrebbe chiesto un contatto, un numero di telefono … ma la speranza si affievoliva ogni sera un po’ di più, e al mattino la cantante dalla voce vellutata lasciava il posto alla cassiera del supermercato. Qualcosa doveva pur fare per sopravvivere.
<< Tesoro sono quasi le due, tra poco chiudiamo >> le disse la più giovane delle tre bariste, Anna  << Se mi dai cinque minuti per cambiarmi possiamo fare un po’ di strada insieme>>
<<  Non importa, sta tranquilla >> sorrise Sophia << Sei gentile, ma non può succedere niente.  Allungo un po’ la strada e passo dalla via principale che è ben illuminata, non c’è problema. >>
Anna accennò una smorfia di disapprovazione, ma prim’ancora che riuscisse a rimproverarla Sophia aveva già messo la borsa a tracolla e se ne stava uscendo dal locale, con la saracinesca già abbassata per metà, salutando allegramente con la mano << Ci vediamo sabato prossimo! >>.

Si avviò quindi con passo spedito verso il viale principale, nonostante facesse la spavalda aveva una paura matta di quelle strade di notte. L’aria era gelida e le faceva soffiare aliti di vapore da sotto la sciarpa.

Ad un tratto il rumore monotono dei suoi stivali perse il solito ritmo: che qualcuno la stesse seguendo? Si voltò di scatto, un po’ agitata, ma non vide nessuno. Fece ancora qualche passo e si voltò di nuovo: niente. << Probabilmente è solo la mia immaginazione. Accidenti ad Anna e le sue paranoie! >> Riprese a camminare, mancava poco alla palazzina dove abitava, ancora qualche metro e sarebbe arrivata allo svincolo della sua piccola viuzza. In quella zona della città il ciottolato al suolo era più sconnesso e la luce scarsa della piccola via dove abitava non aiutava di certo.
Cercando di non inzuppare i piedi in una delle mille pozzanghere fece un passo più lungo del previsto, intercettò una crepa del ciottolato e inciampò. Sembrava una bambina, in ginocchio per terra, come quando si cade giocando a rincorrersi.
<< Ohi ohi … ma che cavolo, proprio stasera che ero riuscita a non storcermi le caviglie con quei tacchi vertiginosi sul palco! Dovrei comprarmi una torcia da campeggio o qualcosa di sim… ! >> le parole le si strozzarono in gola. Le luci della via principale proiettavano davanti a lei un’ombra troppo grande per essere la sua. Cercò di rialzarsi per allontanarsi ma il panico le bloccò le gambe, si sentì afferrare per un braccio, costringendola a voltarsi.
<< Lasciami! Lasciami!!! >> strillò Sophia terrorizzata. Cercò di infilare la mano libera in borsa per afferrare qualcosa in un gesto sconnesso, la figura le prese immediatamente il polso e alzò le sue mani all’altezza del viso. Ora riusciva a vederlo in faccia, mentre le teneva con fermezza le braccia, quasi la volesse alzare di peso ma … non aveva un volto, se non due occhi neri come la pece ed un’infinità di simboli tatuati ovunque. Cominciò a piangere. << Ti prego lasciami, aiuto!!! >>  Cercava di dimenarsi, scalciare, ma niente. << AIUTO! >>
L’uomo aprì finalmente la bocca per dire qualcosa, aveva la lingua simile a quella dei serpenti, Sophia non riusciva a capacitarsi di cosa stesse succedendo, credeva di morire dal terrore.
<< Smettila di dimenarti, se smetti di opporti non ti farò del male. Devi solo star ferma e lasciare che io… >>

TUMP!

Sophia udì un suono secco, l’uomo allentò la presa dei suoi polsi e cadde a terra inerme. Non riuscendo a capacitarsi di cosa succedesse, cominciò a guardarsi intorno con fare frenetico.
<< Chi – chi è là? Chi sei? >> Nessuno le rispose.
Da dietro un portico uscì un uomo di alta statura, silenzioso. Non riusciva a capire da dove fosse uscito, tutto quello che riuscì a fare fu dire un mesto  << G-grazie…>> e cercare in fretta le chiavi di casa in borsa.
L’uomo le si avvicinò, una flebile luce lo illuminava ma non abbastanza da permetterle di vederlo in viso. Le tese una mano e sussurrò << Adesso venga con me, per favore… >>.
Sophia non poteva credere alle sue orecchie, due maniaci nel giro di un quarto d’ora era veramente troppo.
Lanciò un grido sperando di svegliare qualcuno, poi si gettò di corsa contro il portone della palazzina, lo aprì e corse a perdifiato su per le scalinate senza mai voltarsi indietro. Arrancò per aprire la porta del suo appartamento, la sbattè alle sue spalle e solo allora guardò nello spioncino.

Quell’uomo non l’aveva seguita, probabilmente il portone si era chiuso prima che lui riuscisse ad entrare.
Corse trafelata alla finestra e guardò giù, in strada. Non c’era più nessuna traccia né del suo aggressore, né dello strano tipo che lo aveva succeduto. Si abbandonò a terra in un pianto liberatorio, singhiozzando come una matta. Quando si fu ripresa fece un bagno caldo e si mise a letto, sperando di riuscire a prendere sonno.

<< Me lo sentivo che sarebbe stata una serata di merda >>

 
   
 
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