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Autore: rhys89    03/12/2011    7 recensioni
Laggiù, dove presente e passato si intersecano confondendosi in un unico – bellissimo – sbaglio.
È là che si rifugiano i ricordi.
«Solo per oggi, dici?» Ripete, osservandoti come se fossi un indovinello particolarmente interessante.
Non rispondi – non serve – e lasci che sia lui a fare la prossima mossa.
«D’accordo, Raito-kun.» Decide infine. «Sarà il tuo regalo di Natale.»
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: L, Light/Raito | Coppie: L/Light
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Angolino dell'autrice

Saaaaalve a tutti!! ^-^
Alurs, due paroline veloci veloci su questa storiella scritta per partecipare al calendario dell'Avvento di quest'anno su fanworld.it.
Vediamo... innanzitutto c'è da dire che il POV è quello di Raito e che la storia è sostanzialmente divisa in due parti: una al presente e una al passato.
La parte presente si localizza durante le puntate 24-25 dell'anime e riprende da esso dialoghi e scene (spoiler! pesanti fino a quelle puntate, dunque... lettore avvisato... xD). La parte passata, invece, è un flashback di mia totale invenzione e racconta di un'improbabile giornata di Natale durante il periodo in cui L e Light/Raito erano ancora incatenati insieme.
Inoltre, per rendere la vicenda un po' più interessante, ho costruito tutta la storia alternando un paragrafo al presente (in carattere normale) e uno al passato (in carattere corsivo).
Che altro dire... ah, sì: l'avviso di drabble è dovuto semplicemente al fatto che ogni capitolo è costituito da 100 parole tonde tonde, fatta eccezione per gli ultimi due che fanno 100 parole messi insieme. Che vi devo dire, adoro complicarmi la vita!
Un paio di appunti tecnici:
«...» dialoghi
"..." pensieri di Raito

Disclaimer: i personaggi di Death Note non mi appartengono (purtroppo ç-ç), non detengo i diritti sulla serie e non ci guadagno assolutamente nulla a scriverci su.

Detto questo vi saluto...
Buona lettura a tutti!! ^-^

Flashback


È finita.
Vedi Kira – o meglio, quell’idiota che aveva momentaneamente preso il tuo posto – accasciarsi al suolo, come una foglia che soccombe alla superiorità del vento.
«Che stai facendo, papà!» Urli. «Se Higuchi muore…»
Lasci la frase in sospeso, così che ciascuno possa completarla come meglio crede.
Per quanto ti riguarda può esistere una sola, gloriosa conclusione: se Higuchi muore… Kira risorgerà dalle tenebre dell’oblio.
Ti volti appena verso di L – sta ancora guardando ad occhi sgranati il macabro spettacolo che hai offerto a tutti loro – e un ghigno compiaciuto si fa strada sul tuo viso: lui sarà il prossimo.

«Sei sicuro che non vuoi che rimanga qui con voi, Raito?» Ti chiede tuo padre, per l’ennesima volta.
Ti trattieni a stento dall’alzare gli occhi al cielo – davvero non capisci perché dobbiate per forza passare il Natale in famiglia – e sorridi, scuotendo piano la testa.
«Certo, io e Ryuzaki staremo bene.» Lo rassicuri. «E poi anche la mamma e Sayu hanno il diritto di vederti, oggi. Non credi?» Aggiungi, e lui si ritrova con le spalle al muro.
«Già… penso che tu abbia ragione.» Mormora, stringendo il cappotto.
E dopo un ultimo saluto esce da quella stanza, lasciandovi – finalmente – soli.

«Se il possessore del Death Note non uccide entro i tredici giorni successivi all’ultima volta, lui o lei morirà.» Conclude Aizawa, lasciando tutti i presenti – anzi, quasi tutti – a bocca aperta.
Sorridi internamente, compiaciuto, mentre continui a lavorare al computer: la situazione si sta evolvendo esattamente come avevi previsto.
«Questo prova che Raito-kun e Misa-Misa sono innocenti!» Esclama infatti Matsuda.
Un po’ ti delude la facilità con cui quegli stolti hanno creduto alle finte regole che Ryuk ha scritto per te – dopotutto ti sei impegnato molto per ideare un piano così perfetto – ma sai che lui ripagherà i tuoi sforzi.

«Mi dispiace, Raito-kun.» Mormora L quando torni a sederti al suo fianco.
«Di cosa, Ryuzaki?» Gli chiedi, mentre controlli – ancora – l’elenco delle vittime di questo nuovo Kira.
«Di costringerti a passare il Natale con me e non con la tua famiglia. O con Misa-san» Aggiunge, come ripensandoci.
«Non è colpa tua se Misa si è offesa perché non potevamo rimanere da soli e si è chiusa in camera sua.» Commenti con noncuranza.
«Già.» Dice soltanto.
E anche se non lo stai guardando sai che ha annuito piano con la testa – solo una volta – prima di addentare l’ennesimo dolcetto della giornata.

«Ci sono altri diari nel mondo degli umani?»
Come pensavi – speravi – L non si arrende.
Ma questa volta sarà tutto inutile.
«Bhé, potrebbero esserci come no.» Si limita a rispondere Rem.
«Se esistessero avrebbero le stesse regole?»
Ancora una domanda, ancora un tentativo, ancora una speranza.
«Sì, sarebbero le stesse.»
Tutto in frantumi.
Ormai sono tutti contro di lui.
“Cosa farai adesso, Ryuzaki?”
Lo guardi di sottecchi, attento a non farti scoprire. Sta impilando quegli stupidi bicchierini di plastica in una pila che tra poco sicuramente cadrà in mille pezzi.
Proprio come lui.
«Capisco. Chiedo scusa per come ho agito.»

Lavorate in silenzio per un po’, ciascuno immerso nei propri pensieri.
«Sono felice di poter passare il Natale con te, Raito-kun.» Dice d’un tratto, rompendo quella monotonia.
Ti volti verso di lui – non capirai mai come possa stare comodo in quell’assurda posizione – e sorridi.
«Lo sono anch’io, Ryuzaki.» Rispondi, godendo di quella luce che – per un attimo – è andata a illuminargli gli occhi. «Anche se starei decisamente meglio senza queste.» Aggiungi, facendo tintinnare le manette che vi legano.
«Deve essere seccante avermi sempre intorno.» Commenta con il suo solito tono incolore.
«Non ho detto questo.» Mormori, cercando il suo sguardo.

Finalmente tutto sta tornando al suo posto.
Ryuzaki – no, L – è ormai fuori gioco e, con Misa di nuovo libera, tra poco lo sarà per sempre.
“Niente di personale, Ryuzaki.”
A quest’ora avrà già recuperato la memoria, e allora…
«Yagami-kun.» Quella voce ti risveglia bruscamente dai tuoi pensieri.
Lo guardi curioso – non ti è sfuggito l’uso del cognome – ma lui continua a bere il suo tè senza voltarsi.
«Anche se ti ho liberato, finora non sei uscito di qui neanche una volta. Guarda che tu e Misa-san siete liberissimi di continuare la vostra relazione anche fuori.»
Sorridi: dunque è così.

Vi guardate negli occhi un momento infinito, poi lui torna a concentrarsi sul computer, chiudendo così la questione.
È per questo che la sua domanda ti coglie di sorpresa.
«Raito-kun, a te piace Misa-san?»
Per questo e perché mai avresti pensato di sentirglielo chiedere.
«Cosa intendi, Ryuzaki?»
«Quello che ho detto: stai con lei solo perché è sospettata di essere il secondo Kira, oppure perché sei tu a volerlo?»
Resti in silenzio a lungo, soppesando con cura ogni parola.
«Misa è una cara ragazza, ma… diciamo che, se potessi scegliere, preferirei un altro tipo di compagnia. La tua, ad esempio.»

Quando – finalmente – si volta verso di te, la maschera è di nuovo ben salda sul tuo viso.
«Il caso Kira non è ancora completamente risolto. Non credo sia il momento di pensare all’amore, questo.» Gli dici, serio e preoccupato – innocente – come soltanto tu sai fingere di essere. Ma non puoi trattenerti dall’aggiungere una postilla ironica, solo per vedere la sua reazione. «A meno che per te non sia un problema avermi qui tutto il giorno…»
Lui non si scompone – esattamente come ti aspettavi – e si sottrae di nuovo al peso del tuo sguardo.
«Figurati.» Sussurra, quasi parlasse a se stesso.

Lui ti sorride ma non risponde e in fondo un po’ ti dispiace: forse hai frainteso tutto.
«Sai, Raito-kun? Sarà strano quando ci toglieremo queste manette.»
O forse no.
«Vuoi forse dire che adesso credi alla mia innocenza?» Gli chiedi, nella voce una nota sarcastica che lui finge di non notare.
«Voglio dire che io catturerò Kira, a qualunque costo. Se sei colpevole finirai in prigione, se non lo sei tornerai a casa. In ogni caso dovrò liberarti.» Conclude, risoluto come non l’avevi mai visto prima.
E in quegli occhi neri leggi chiaramente quanto sia importante per lui quella promessa.

È stato fin troppo facile convincere Misa a giudicare come Kira al posto tuo, ma del resto ti saresti stupito del contrario: quella ragazza è pazza di te.
Quando la notizia della morte di sedici criminali ha raggiunto il vostro quartier generale, tutti sono caduti in preda al panico.
Tutti tranne lui.
«Proprio dopo aver liberato Amane, eh?» Una domanda ironica, fatta da chi ne conosce già la risposta.
Una domanda che ha firmato la sua condanna a morte.
“Vincerò io, L.”
Un unico pensiero – un’unica certezza – mentre cammini per i corridoi vuoti di quell’enorme edificio.
Stai cercando proprio lui.

«Bhé, adesso sono più tranquillo.» Commenti, solo per smorzare quella tensione. «Non che non mi piaccia stare con te,» aggiungi con un sorriso «ma sarà bello avere di nuovo la mia libertà.»
«Già.» Concorda lui. «In effetti sarà un sollievo non dover più dormire con te.» Ribatte poi, lasciandoti – ancora – senza parole.
E a questo punto sei di fronte a un bivio.
«Sono così fastidioso?» Lo provochi, senza pensarci su.
Perché in fondo quella strada l’avevi scelta già da tempo.
«No. È solo che parli nel sonno, Raito-kun.» Ti spiega con semplicità.
«E cosa dico?»
Silenzio.
«Spesso il mio nome.»

Lo trovi sul terrazzo, immobile sotto la pioggia.
Certo che è proprio strano.
«Che ci fai quassù, Ryuzaki?»
Ma lui finge di non sentirti, su quel volto pallido un sorriso che – per un attimo – ti stringe il cuore.
Soltanto un attimo.
Poi Kira prende il sopravvento.
Scuoti la testa e lo raggiungi, – sei strano anche tu, allora – ignorando i brividi di quella doccia fuori programma.
«Che stai facendo?» Chiedi ancora: quel suo atteggiamento ti ha sinceramente incuriosito.
Ma certo non ti aspettavi quella risposta.
«Ascolto le campane.»
«Campane?»
«Sì. Oggi suonano in modo davvero assordante.»
Eppure tu non senti niente.

“Sta mentendo” è il tuo primo pensiero.
Ne sei certo, – più che certo, in effetti – anche se non riesci a capirne il motivo.
Ma in fondo non ti importa: la conversazione sta prendendo una piega decisamente interessante.
«Ah sì?» Gli domandi, reggendo il gioco. «E quale?»
«Quasi sempre Ryuzaki, a volte L o Ryuuga. Credo che dipenda da cosa stai sognando.»
E quella sua espressione concentrata – quella che ha sempre mentre cerca di risolvere un mistero – ti toglie il fiato.
Perché adesso non sei più così sicuro che sia tutta una bugia.
«Lo credo anch’io.» Sussurri.
E stavolta sei sincero.

Glielo dici, ma lui insiste, insiste ancora. E sai che non è per prenderti in giro.
«Smettila di dire sciocchezze.» Sbotti infine.
Davvero non capisci perché ti faccia irritare così tanto, ma quella situazione non ti piace per niente.
Come non ti piace l’aria afflitta che ha messo su.
«Scusami. Quello che dico non ha mai senso.»
“Diamine, L, che ti prende?”
Lui è il tuo avversario – l’unico che si è dimostrato alla tua altezza – e non può crollare proprio adesso, il tuo orgoglio ne risentirebbe.
È per questo – solo per questo – che cerchi di farlo reagire.
E ci riesci.

È stranamente facile sostenere il suo sguardo – non l’avresti mai detto, non dopo quella conversazione – e ti scopri a pensare che con lui tutto ti sembra così… naturale.
Ed è tanto tempo, ormai, che non provavi più questa sensazione.
«Sai una cosa, Ryuzaki? Mi piacerebbe conoscere il tuo vero nome.» Gli confidi.
E al diavolo il buonsenso.
Lui ti sorride, e l’amarezza di quel sorriso si riflette nella sua risposta.
«Mi piacerebbe potertelo dire.»
Sospiri sconsolato, tornando al tuo lavoro.
Ma ci ripensi subito: non cambierà idea – lo sai – però…
«Senti, Ryuzaki, potresti fingere di credermi innocente? Solo per oggi.»

«Torniamo dentro. Siamo fradici.»
È con sincero sollievo che accogli quelle sue parole – non avresti retto un minuto di più quell’assurdo teatrino – e lo segui al riparo.
Ti siedi sulle scale mentre ti tamponi i capelli.
“Ma cosa mi è preso?”
Un pensiero soffocato sul nascere, quando vedi L chinarsi di fronte a te e iniziare ad asciugarti i piedi.
Vuole farsi perdonare, dice.
«Fai come vuoi…»
È così facile accontentarlo.
Ma poi lo guardi meglio – è completamente zuppo – e il tuo corpo si muove da solo.
Ti sporgi verso di lui per asciugargli la fronte.
E poi lo baci.

Lo vedi sgranare gli occhi, confuso, per poi riprendersi subito.
«Solo per oggi, dici?» Ripete, osservandoti come se fossi un indovinello particolarmente interessante.
Non rispondi – non serve – e lasci che sia lui a fare la prossima mossa.
«D’accordo, Raito-kun.» Decide infine. «Sarà il tuo regalo di Natale.» Aggiunge con un sorriso.
Sorridi anche tu, senza neanche sapere perché.
«Va bene…» concedi «ma allora anche io devo farti un regalo. Dimmi, Ryuzaki, c’è qualcosa che desideri?»
Lui accentua quel sorriso, ed è come se il tempo si fermasse.
«In effetti sì.» Sussurra poi.
Ed annulla la distanza che ancora vi separa.

Lo senti sussultare, – finalmente sei tu che lo hai sorpreso – ma non si allontana.
Ti muovi piano sulla sua bocca, in una carezza che ben presto si trasforma in qualcosa di più. Qualcosa di sbagliato – davvero, davvero sbagliato – ma che ti era mancato da morire.
Approfondisci ancora quel contatto – ti senti come ubriaco di lui – e Ryuzaki ti lascia fare, rispondendo a quel bacio dal sapore agrodolce.
Ma quando vi separate – quando i polmoni sono in fiamme – la realtà ti circonda di nuovo, fredda e impietosa.
«Non è più Natale, Raito-kun.» Ti sussurra L, prima di alzarsi.
«No, hai ragione.»

Le sue labbra sono davvero morbide – e dolci, ma questo non ti stupisce – e sembrano nate per coincidere con le tue.
Ryuzaki ti accarezza piano una guancia – ma l’odore della sua pelle è sempre stato così? – ed allora è naturale schiudere la bocca per lui, per voi.
E il suo sapore ti invade i sensi, inebriandoti.
Sa di tè, zucchero e pasticcini.
Ma soprattutto sa di lui.
Quando – dopo secondi, minuti, anni? ­– vi separate, ci metti un po’ per ricordarti dove siete.
Lui ti sorride un’ultima volta, poi si allontana e torna a sedersi.
«Solo per oggi, Raito-kun.» Ti ricorda.

«È triste vero?» Mormora dopo qualche secondo di assoluto silenzio. «Tra un po’ dovremmo separarci.» Aggiunge, in risposta alla tua domanda inespressa.
Rimani zitto – non sapresti cosa dire – e ti limiti a guardarlo, perdendoti un’altra volta – un’ultima volta – in quegli occhi neri come la notte.
Lo squillo del telefono sembra provenire da un altro pianeta, ma L risponde subito, senza esitazioni.
«Andiamo, Raito-kun?» Ti chiede poi, con un sorriso triste.
E capisci che lo sa. Sa che è giunta la sua ora.
Ma non sa che oggi una parte di te morirà con lui.

«Buon Natale, Raito-kun.»
«Buon Natale, Ryuzaki.»


   
 
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