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Autore: marguerite_murcielago    05/12/2011    1 recensioni
A tutti capita di rimanere svegli la notte, no?
Ma la cosa non si fa un tantino complicata quando la persona che dorme accanto a te ti terrorizza finché non accende la luce?
E dopo averlo fatto ti irrita perché non riesci a dormire?
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cet océan de passion 
Qui déferle dans mes veines 
Qui cause ma déraison 
Ma déroute, ma déveine 

Si infila le unghie nelle guance, dondola avanti e indietro, ansima e getta indietro la testa.
La notte non vuole che dorma, questa volta. Ha provato a contare ed immaginare i numeri, il metodo migliore per addormentarsi, ma non ha funzionato.
È molto silenzioso, tuttavia; desidera che l’incubo raggomitolato sotto le sue coperte e le sue lenzuola, nella sua casa, continui a dormire voltandogli la schiena arcuata e scoperta.
Ricicla un sorriso perplesso: è davvero un incubo? Non potrebbe essere un grazioso sogno incatenato al cuscino, no, un angioletto innamorato delle coltri chiare? No, si dice piano, è un incubo, un mostro ributtante, dovrebbe e vorrebbe buttarlo fuori dal suo letto, anche se ormai ha cambiato tutto, come nulla fosse.
È stato implacabile, inarrestabile, ed è stato sciocco lasciarlo correre; alla fine, ha preso tanta velocità da travolgerlo e trascinarlo con sé. Da una profondità alla sua destra arriva un sospiro.
Allora sta ancora dormendo, per fortuna.
Si accorge che una mano si è mossa da sola, e rabbrividisce, tirandola indietro prima che si svegli. Le dita tremano, la gola si secca; scende sul pavimento fresco, barcolla in cucina per versarsi un bicchiere d’acqua. Beve piano, un sorso alla volta, mentre la freschezza della bottiglia contro lo stomaco lo fa calmare e muoversi contemporaneamente: anche i serpenti attorcigliati nella sua mente si sciolgono, almeno un poco, si sente meglio, più sicuro di sé.
Apre il frigorifero, ma una nuova fitta lo piega in basso, con gli occhi sbarrati e brucianti.
È esausto e non dormirà, non dormirà certamente.

 

Doucement j'y plongerai
Sans qu'une main me retienne
Lentement je m'y noierai
Sans qu'un remord ne me vienne

 

Tornando in camera comincia a tremare: i suoi occhi sono aperti, nella penombra azzurrina, e lo cercano, mostruosi. Si passa le mani sul volto e, fingendo di non aver visto nulla, si nasconde in bagno, strofinando la fronte contro la porta lucida.
Perché dovrebbe avere paura, sussurra, di stendersi nel suo letto e dormire? I muscoli e la testa pesano e sono esausti, eppure continua a tenere gli occhi sbarrati e l’attenzione sempre alta.
Ha paura a scacciare l’incubo dal letto, sa che si lascerà trascinare come un bimbetto e si lascerà spaventare e ammaliare e sottomettere e innalzare a Dio.
Un fruscio, dall’altra parte della parete; forse sta venendo a cercarlo.
Il cuore gli sale in gola, assieme ad un verso di disperazione: gira la chiave con dita sudate, trovandosi davanti null’altro che la sua ombra sulla parete e la luce del bagno. La spegne e barcolla verso il letto, come sospinto da una marea invisibile. Si stende sotto il lenzuolo fresco e spiegazzato, chiudendo ostinatamente gli occhi. Il sussulto impercettibile e la mutazione nel ritmo di respiro dell’altro lato del letto arrivano distinti alle sue orecchie; impietrito, apre le braccia e l’incubo vi scivola in mezzo, con una certa timidezza infondata.
Lo stringe, strizzando ancora più forte le palpebre, e poggia il viso sui suoi capelli.

 

Mon péché, mon obsession 
Désir fou qui me tourmente 
Qui me tourne en dérision 
Qui me déchire et me hante 

Non gli è mai capitato di aver bisogno di stare con la luce accesa tutta la notte, tanto più che di solito è talmente stanco che neanche i demòni dell’Inferno riuscirebbero a intrappolarlo in un angolo del letto, come accade adesso. Né pensa che un diavolo lo abbraccerebbe così.
C’è qualcosa di subdolo, sotto, come se lo stesse indebolendo, non ha la forza di resistere o di protestare per il chiarore diffuso dall’abat-jour. È talmente stanco da non ha la forza di dire nulla.
« Qual è il problema?» ecco la sofferenza; si tormenta di già per quello che è accaduto, crede che sia colpa sua, e lo è. Solleva le braccia, i palmi rivolti verso l’altro, perché non capisce nemmeno lui cosa sta pensando, perché ha quella sensazione di acido che gli risale lungo la gola.
« Non riesco a dormire.» risponde.
« Poverino, vuoi che ti prepari qualcosa?» una mano gli stringe la spalla, sollecita; dice di no, appoggia la schiena alla testiera del letto. Se solo potesse chiudere gli occhi e dormire!
Ci prova, strizza forte le palpebre, ascolta il fruscio delle lenzuola quando lei scende dal letto, ma non vuole ascoltare il rumore che fa dall’altra stanza, né scoprire cosa sta facendo.
Quando torna, avvicina le labbra al suo orecchio, labbra profumate di limone e thé.
« Prova a bere qualcosa.» suggerisce, mettendogli una tazza tra le mani.
Manda giù il tutto in poche sorsate, sentendo i muscoli del ventre rilassarsi, ma non è ancora abbastanza. E se fosse colpa di lei, che continua ad agitarsi alla sua destra, inquieta?
« Sto malissimo.» si lamenta, abbassando la testa.

 

Petite marchande d'illusion 
Je ne vis que dans l'attente 
De voir voler ton jupon 
Et que tu danses et tu chantes 

« Stenditi, magari ti senti un po’ meglio.»
Si lascia spingere in basso, fino ad avere la testa sul cuscino e il lenzuolo attorcigliato attorno alle gambe. Lei lo guarda dall’alto, la fronte corrugata, e lo tocca dappertutto, sui polsi, sulle guance, sulla fronte, come se stesse assistendo un malato. La stanchezza gli fa dolere le spalle e le tempie, eppure non si rassegna a concedergli il sonno: non ha mai desiderato nulla come quel sonno.
Se solo lei spegnesse la luce e lo lasciasse riposare, finalmente, finalmente, lancia uno sguardo feroce al viso in chiaroscuro sopra di lui.
« Non riesco a dormire.» ripete, fosco, si volta dall’altra parte.
« Oh, scusami.»
Si stende accanto a lui, continuando a cercare almeno un minimo contatto, ma non spegne la luce. La sua mente scivola nel sonno e ne esce, stordita, sogna per brevi secondi gli occhi accesi di lei in un caos senza fine, si risveglia con un sussulto e trema e sente le mani di lei sul suo braccio.
L’orologio segna le tre di notte.

 

Moi qui me croyais l'hiver 
Me voici un arbre vert 
Moi qui me croyais de fer 
Contre le feu de la chair 

Dopo cinque minuti è di nuovo raggomitolato in un angolo.
« Ti faccio compagnia.»
« Non è necessario.»
« Sembri terrorizzato, e hai due occhiaie che sembrano disegnate con il pennarello. Hai bisogno di compagnia, secondo me. E poi è tutto il giorno che sono qui, perché non lasci che rimanga sveglia assieme a te? Sei arrabbiato con me?»
« No! No. Non è questo. È solo che non volevo costringerti a rimanere sveglia, penso che sia stanca anche tu…» mente spudoratamente. Non l’ha mai odiata così tanto. Vorrebbe farla tacere, così.
Un attimo di relativo silenzio.
« Posso rivelarti un segreto?» mormora poi, costringendolo a voltarsi. « Sono pazza di te.» aggiunge, con un sorriso malizioso, come se finalmente si fosse svuotata di un segreto increscioso.
Lui non risponde e lei si acquieta. L’orologio in salotto batte le quattro, i rintocchi si susseguono dentro la sua testa; cosa può dire? Certo non che non ne era a conoscenza. Perfino i muri se ne sono accorti, per non parlare del sasso davanti alla porta d’ingresso. Scoppia in una risata nervosa e lei si ritrae, nel buio.
« Lo sapevo.» risponde con la più grande delicatezza, come una piuma, anche se sente i rintocchi dell’orologio, in una zona imprecisata tra la testa e il petto, che gli spezzano le ossa e  sta cadendo in pezzi da dentro, mentre le fiamme gli rodono gli organi: polmoni, cuore, tutto.

 

Je m'enflamme et me consume 
Pour les yeux d'une étrangère 
Qui ont bien plus de mystère 
Que la lumière de la lune 

« E tu cosa pensi di me?»
Geme e la stringe.
« Sembri un così bel sogno, finché non si spegne la luce.»
« Allora fino a domattina dormiremo con la luce accesa, che ne dici? Anche i grandi devono far scappare i mostri.»

   
 
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