Torno dopo parecchio tempo
ad aggiornare la mia raccolta con una oneshot dedicata ad Ichigo
Kurosaki e a Tatsuki Arisawa. Per chi non lo sapesse questa coppia
è
stata una tra le prime che ho apprezzato quando iniziai a leggere
Bleach. E nonostante il tanto tempo trascorso ci sono ancora molto
affezionata. Ovviamente la storia è legata alle precedenti e
ha dei
riferimenti con “giochi pericolosi”,
“malizia” e tutte le
altre della serie Raining Stones. Posso aggiungere che attualmente si
tratta dell'oneshot più pulita che mi sono concessa di
scrivere se
così si può dire. Ed i riferimenti all'ebraismo
sono strettamente
legati a “malizia”. Mi sento di dire che i generi
stavolta
trattati da me sono l'angst, l'introspettivo e il romantico.
Come ultimo questa storia
partecipa all'iniziativa di Fanworld “gift boxes
challenge” con
il prompt: Vacanze di Natale, “Cosa farai?”
5. Se
questo è il tuo volere, non aprirò più
bocca
“Cosa
farai?”
La domanda che Tatsuki
Arisawa pose al ragazzo che le sedeva dinnanzi ebbe l'effetto di un
fulmine che esplode a ciel sereno.
Gli occhi castani di
Ichigo Kurosaki – sua vecchia conoscenza di infanzia
– si
scostarono dal dépliant che la giovane gli aveva passato
circa due
minuti prima, giusto un paio di pagine che sponsorizzavano dei
videogame in offerta, guardandola interrogativo in volto senza
minimamente capire a cosa si riferiva.
Attorno a loro intanto, la
vita in quella tavola calda dal sapore squisitamente vintage anni
cinquanta continuava a correre con le frettolose ordinazioni di
frappè e di panini caldi.
Nel mentre che aspettavano
le loro ordinazioni i due ragazzi si erano messi a chiacchierare del
più e del meno – passatempi,
università, lavoro – ma ecco che
la situazione per il futuro architetto stava per cambiare
drasticamente.
“Cosa? – alzò
lievemente un sopracciglio nel porre la domanda, esibendo
l'espressione più ebete e involontaria che possedesse
– scusa ma
non ti seguo proprio!”
“Le vacanze di Natale,
Ichigo – la giovane dagli ispidi capelli neri
sbuffò, guardandolo
un po' storto – cosa hai intenzione di fare durante le
vacanze?!”
quella per il giovane
Kurosaki era effettivamente stata una domanda a trabocchetto. Difatti
abbandonata l'espressione per così dire stupita, si vide
costretto a
rabbuiarsi un poco, facendo notare alla giovane donna cosa ci fosse
calcato nella sua testa ramata quel sabato pomeriggio.
“Questa non ti dice
niente, eh?!”
“Oh piantala! La kippah
non è mai stato un problema per te nel venire a festeggiare
il
Natale a casa mia!”
il fatto che Ichigo fosse
un membro del popolo ebraico e Tatsuki di famiglia cristiana non
praticante non era mai stato un problema nel frequentarsi o stringere
amicizie. La città in cui vivevano i giovani universitari
non era
nota per pregiudizi marcati tra i vari popoli – forse anche
per il
fatto che era piccola e bene o male tranquilla a differenza di
città
più grandi e caotiche – quindi la ragazza non
capiva l'impuntarsi
di Ichigo su cose come, ultimamente parlando tra l'altro, il passare
le meritate vacanze assieme e cercare di rilassarsi il più
possibile
fosse una questione quasi impossibile da realizzarsi.
Era pur vero che pure
nella famiglia di pel di carota (testardo e cocciuto) festeggiare un
giorno che nulla aveva a che fare con le loro tradizioni non era mai
stato un problema. La sua stessa amata madre era solita fare l'albero
di Natale nel grande soggiorno facendosi aiutare da lui e dalle sue
due sorelline.
Alle volte ci si metteva
pure quell'impiastro di suo padre. Anche se combinava spesso guai,
finchè Masaki era ancora in vita si sorvolava pure su quello
e quei
giorni freddi e carichi di festa erano comunque passati in modo
speciale.
Perchè fondamentalmente
trascorsi in famiglia.
Dal giorno della morte
della madre per Ichigo Kurosaki erano cambiate parecchie cose.
Si era ritrovato con
l'innocenza letteralmente perduta e costretto a maturare
così in
fretta per i suoi otto anni di vita, da isolarsi un po' per volta dal
mondo infantile che lo circondava a scuola e in famiglia per prendere
le redini di una vita troppo in fretta sbocciata.
Benché lui nulla
centrasse con la morte di Masaki, se solo non avesse dato retta ad un
capriccio interiore che manco più ricordava minuziosamente
nel
dettaglio, non poteva – non riusciva – non darsi la
colpa di
tutto quell'accaduto.
Perchè se solo non avesse
attraversato quella strada maledetta per Dio sa solo cosa ormai, lei
non lo avrebbe rincorso e non si sarebbe fatta schiacciare come una
bambola di stracci da un'auto che agli occhi di un bambino piccolo
–
non più innocente – pareva grande come grandi sono
le fauci del
drago.
Per lui il Natale perse di
significato immediatamente. E per molti anni non cedette alla
tentazione di distruggere l'albero natalizio solo perchè le
sue
sorelle – Yuzu e Karin – e più in
generale tutta la sua famiglia
ancora credevano nel significato che doveva dare. Perchè in
fin dei
conti era giusto così e la stessa Masaki avrebbe voluto la
loro
serenità più di qualunque altra cosa.
Ma c'era un'altra cosa che
per Ichigo simboleggiava odio e amore al contempo.
In quanto membro di una
famiglia ebraica il presepe non era mai stato costruito in casa sua.
Non che ci fosse un ripudio verso quell'affascinante composizione, ma
giustamente la sensazione che trasudava in famiglia su quella
questione era di istintivo disagio. E per ovvio orgoglio, per i suoi
stessi genitori andava bene così.
In compenso era permesso
ai più piccoli di rifarsi gli occhi sulle graziose statuine.
E quello che Tatsuki
realizzava in casa propria era sempre stato una meraviglia per il
giovanotto corrucciato. Aveva sempre trovato splendido che in casa
dell'amica venisse costruito una intera città in miniatura,
alcune
delle statuine tra l'altro si muovevano pure nell'atto di tagliare la
legna o fare del pane, e per di più non si trattavano di
quelle di
plastica vendute a basso costo nei supermercati ma statuine
realizzate in terracotta e provenienti dall'Italia.
Ma era l'interno della
capanna che i suoi occhi di bambino si posavano maggiormente. Li,
all'interno di un minuscolo spazio accogliente, c'era una famiglia il
cui messaggio primo che il piccolo Ichigo comprendeva era quello
dell'amore assoluto.
Per un certo verso quelle
statuine gli rimembravano la sua famiglia, ed era per tale motivo che
le vacanze di natale se le passava spesso e volentieri a casa
dell'amica – oltre che con le sue due sorelline che spesso
portava
con se – anche dopo la tragedia che lo aveva colpito.
Perchè
nonostante tutto, anche se iniziò a detestare pure quello,
non
poteva non vederci del buono nel significato che trapelava da quella
composizione.
Schiarendosi la mente con
un veloce battito di ciglia – la domanda di Tatsuki lo aveva
portato a rivangare fin troppi ricordi – scosse velocemente
la
testa cercando poi di essere il più chiaro possibile.
“N-non è per quello
maledizione! Io non voglio venire a fare le vacanze a casa tua!
C-cioè nel senso...”
“Nel senso che hai altro
a cui pensare piuttosto che passare del tempo con la tua donna?
Spiegati meglio di grazia!”
le parole che Tatsuki
pronunciò bloccarono in tal modo le traballanti
giustificazioni del
suo fidanzato, porgendogli nell'atto di parlare un sorrisetto nervoso
nel mentre che finalmente – dopo quella che parve una
interminabile
attesa – vennero loro serviti i panini precedentemente
ordinati.
La giovane Arisawa si
strinse maggiormente nella felpa sportiva in un abbraccio personale e
risentito, mentre Ichigo allungava il proprio broncio frustrato da
non riuscire a trovare le parole adatte.
Ma non riuscendo a a
picconare il proprio orgoglio come si deve – dovuta anche al
fatto
che aveva in mente una cosa per lui totalmente imbarazzante da
chiedere per quelle vacanze di Natale – furono nuovamente le
parole
della giovane a rispondere seccata.
Anzi, il tono che la
karateka professionista usò, fu quantomeno lapidario.
“Molto bene allora... Se
questo è il tuo volere, non aprirò più
bocca”
Il momento esatto in cui
Ichigo Kurosaki si accorse che Tatsuki Arisawa non era più
una
semplice amica di infanzia, non poteva con precisione svizzera
ricordarselo.
Tuttavia, era sicuro che
da quando la madre – che lui era sicuro di aver ucciso
–
era scomparsa in modo drammatico, quella bambina dall'animo forte
aveva assunto un ruolo fondamentale nella sua crescita.
Si conoscevano dall'età
di quattro anni – da quando andavano in palestra assieme e
luogo
quello dove lei ripetutamente lo metteva al tappeto – e la
considerava come una delle poche fidate amiche che aveva.
A Tatsuki infatti bastava
davvero poco per comprendere Ichigo. E nonostante tutta l'apparente
scontrosità che possedeva, fu con un affetto sorprendente
che fece
sentire l'amico in pace con se stesso nei pochi momenti in cui
stavano assieme. Continuando a chiedergli – quasi
imponendogli –
di passare a casa sua durante le vacanze natalizie per ammirare il
tanto spettacolare presepe, sapeva sempre come badare a lui
leggendogli dentro in una maniera che per lo stesso Ichigo era
incredibile.
Tuttavia negli anni al
ragazzo era subentrata una ossessione non indifferente di proteggere
la propria famiglia e gli amici più cari. Un sentimento
quanto mai
nobile questo era vero, nato nel tempo dopo la morte della madre che
avrebbe dovuto proteggere e non condannare,
ma che
tuttavia in alcuni momenti della sua adolescenza aveva raggiunto
momenti di pura ossessione.
Se non ci fosse stata lei
anche in quei frangenti disastrosi dovuti agli ormoni che iniziano a
scorrere nelle vene e nel cervello e nella credenza di poter essere
invincibile, forse si sarebbe fatto davvero del male credendo di
essere nel giusto. Era vero, lui aveva sempre protetto
dall'età di
otto anni le sue sorelle dai bambini prepotenti e dagli incidenti
domestici.
Ma più gli anni passavano
e più per Ichigo la responsabilità di proteggere
tutti diveniva
sempre più una fatica immane. Sia per il suo fisico che,
soprattutto, per il suo cervello.
Furono i pugni della
Arisawa per primi a riportargli un po' di senno in quella sua testa
dura come il marmo. Furono loro, accompagnate poi dalle voci degli
amici che gli erano più cari.
E cosa non meno
importante, aveva notato che Tatsuki non aveva mai
avuto
bisogno di essere protetta.
Sia perchè era
fisicamente in gamba da tenere a bada anche più di un
teppistello –
non per niente era cintura nera e insegnante nella palestra che
frequentavano da bambini – sia perchè non era lei
ad essere
protetta da lui, ma era lui che fin da piccolo era stato protetto da
quella che era stata un punto di riferimento essenziale.
Ciò che rappresentò
Tatsuki col tempo – per un Ichigo che usciva da una
turbolenta
adolescenza – fu qualcosa di simile ad una piccola oasi di
serenità
per un ragazzo con l'istintivo bisogno di proteggere chi ama.
Lei era una certezza vera
– palpabile – che gli dava una ritrovata sicurezza
in tutta la
sua vita fin troppo provata. Fu poi un percorso lungo quello che li
portò definitivamente ad avvicinarsi a quel modo.
Un passo alla volta, anno
dopo anno, per capire che oltre l'amicizia c'era qualcosa che li
univa in un modo tutto speciale. Certo, Ichigo non ricordava il
momento esatto in cui la sua ragazza arrossì in un misto di
imbarazzo e orgoglio alle sue parole che parlavano – in un
modo
tutto suo e del tutto impastato con altri argomenti perchè
troppo
imbarazzante parlare di amore e sdolcinatezze varie – ma
ricordò
il suo pugno poi e le sue parole in seguito.
“Stupido,
ci sei
arrivato solo adesso?!”
una situazione che lo
avrebbe portato sicuramente a ridere di sincero gusto – non
si
sarebbe mai aspettato che persino lei avrebbe maturato simili
sentimenti nel tempo – ma che accadde solo interiormente
anche se
come dichiarazione d'amore, la prima in assoluto per lui, fu un
autentico fiasco e i due non si parlarono per quasi una settimana.
Ma fu solo questione di
pochi giorni, perchè poi ebbero modo di chiarirsi e di
vivere la
vita in un modo drasticamente differente.
Ma era ovvio che per
Kurosaki quella che stava affrontando in quel fatidico momento era
più ardua della loro “dichiarazione
d'amore” avvenuta neanche
tre anni prima.
Deglutì cercando di
scartare qualunque altra cazzata da poterle dire per aggirare il vero
motivo di quell'appuntamento in un posto carino ma poco romantico
–
nessuno dei due tra l'altro amava i luoghi da diabete –
decretando
che forse era il caso di sbatterle in faccia tutta la realtà.
La scusa delle sue origini
ebraiche era stata una colossale cazzata, degna di lui tra l'altro,
di evitare quelle dannatissime vacanze per un solo semplice motivo.
Schiarendosi difatti la
voce, e scrutandola intensamente fin quasi a darle disagio e
quantomeno a farle togliere quell'espressione imbronciata da strega,
decretò il motivo della sua reticenza.
“Tatsuki, io non voglio
semplicemente passare le vacanze con te... Ma voglio vivere
con te”
Fu un colpo inaspettato
persino per un animo forte e impavido come quello della Arisawa,
perchè i suoi grandi occhi scuri si sgranarono non tanto per
il tono
greve che il proprio fidanzato usò, quanto per la stessa
importanza
di aver detto una cosa simile.
La giovane karateka aveva
intuito che da un po' di tempo a quella parte nella villetta schiera
in cui era andato a stare per essere più vicino
all'università,
condivisa tra l'altro da degli autentici animali, aveva iniziato ad
essere un luogo di pura insofferenza per l'uomo che aveva imparato ad
amare col tempo. E anche se era vero che da un po' di tempo la
soluzione di andare a convivere assieme era stata pensata da entrambi
anche se non detta mai esplicitamente, la reazione che coinvolse la
giovane non fu poi molto dissimile dalla loro dichiarazione d'amore
scalcinata e pericolosa. Rossa in volto un po' per l'emozione e un
po' per il grande orgoglio che la caratterizzava, Tatsuki si rivolse
al ragazzo sbuffando parole fin troppo note per le sue orecchie e per
uno sguardo ritornato ebete come in principio di tutta quella loro
discussione.
“Ci
sei arrivato solo
adesso, eh?!”
Forse entrambi non avrebbero conservato a lungo andare quel nuovo episodio della loro vita, ma i clienti di quella paninoteca se lo sarebbero ricordati molto a lungo.