Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: speranza19    06/12/2011    4 recensioni
Sgranò gli occhi come un uccellino terrorizzato e per un lunghissimo attimo non seppe che pesci pigliare.
Poi, si arrese, dato che era senza via di uscita fin da quando aveva messo i piedi fuori da casa sua per andare lì, se ne era reso conto; forse, non aveva mai avuto scampo da quando aveva conosciuto Sebastian Smythe.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

The guilty lamb

 

“Cosa cazzo sto facendo? Ma perché sono venuto fin qui… che sto combinando, Dio mio?”

Blaine Anderson era nel bel mezzo di una vera e propria crisi di panico in pieno pomeriggio, nella sua Volvo grigia nuova di zecca accostata al marciapiede di una stupenda magione in uno dei quartieri più esclusivi di Westerville, Ohio.

Aveva il capo appoggiato sul volante, i respiri spezzati dall’agitazione mentre imprecava mormorando cose che capiva propriamente per metà, le dita che scorrevano veloci sul suo I-Phone cercando di scrivere un sms e annullare l’appuntamento preso con Sebastian.

A casa sua.

Con molta probabilità, completamente soli.

Per la prima volta in assoluto da quando si conoscevano.

Mossa davvero intelligente andare dritto dritto nella tana del leone, non c’era che dire.

E il tantra che amava tanto ormai recitare in modalità disco rotto a Kurt per auto-convincersi e per convincerlo che quelle lezioni private di francese sarebbero state tranquille, anzi addirittura noiose - Sebastian non significa niente per me, è un amico, è inoffensivo, non sono minimamente attratto da lui, bla bla bla- non stava sortendo l’effetto sperato.

Non l’aveva mai sortito, anzi.

Le cose non facevano che peggiorare da qualche tempo: troppi incontri simil-casuali quando andava alla Dalton a trovare i suoi ex compagni di istituto, troppi caffè-sbarra-cappuccini presi al Lima Bean, troppe chiamate avvenute e mai raccontate a Kurt per non farlo ingelosire inutilmente, – in fondo, era solo un amico, che male c’era nel parlare per due ore di fila con un amico?- troppe mail private scambiate su Facebook per non destare sospetti coi commenti in pubblica.

Provava rimorso per tutta quella situazione ingarbugliata, che col passare dei giorni era diventata una immensa polveriera a cui sarebbe bastata una sola, piccolissima miccia per saltare in aria e fare danni a se stesso e, soprattutto, alla relazione con il suo fidanzato ufficiale. E lui, per avere delle stramaledettissime ripetizioni di francese, stava mettendo tutto a repentaglio.

No, no, non poteva mica fare una cosa del genere, no? Marcia indietro, quella era la sola cosa da compiere per impedire al tutto di esplodergli come una granata tra le mani.

E farsi seriamente del male.

Blaine era pronto a premere il tasto di invio al messaggio di testo in cui mentiva spudoratamente adducendo un tremendo e invalidante malessere dell’ultimo momento per evitare quell’incontro, quando il telefonino iniziò a squillare.

Suoneria di Uptown Girl di Billy Joel.

La suoneria assegnata a Sebastian.

Sgranò gli occhi come un uccellino terrorizzato e per un lunghissimo attimo non seppe che pesci pigliare.

Poi, si arrese, dato che era senza via di uscita fin da quando aveva messo i piedi fuori da casa sua per andare lì, se ne era reso conto; forse, non aveva mai avuto scampo da quando aveva conosciuto Sebastian Smythe.

Schiacciato tra un lato di sé rassegnato all’inevitabile e un altro che, al contrario, si opponeva fieramente al tutto, digitò il tasto verde e aprì la chiamata.

“Anderson, tutto bene? Non è che ti sei emozionato per venire da me e ti sei perso girando in tondo per la città?”- gli domandò ironico una voce bassa e maledettamente sexy.

Quella voce aveva il potere di sgombrare completamente la testa di Blaine come se fosse stato un cancellino magico su una lavagna piena di disegni indelebili.

Un secondo e bum, vuoto totale.

“In realtà, ho appena parcheggiato davanti a casa tua. Il tempo di scendere e arrivo”- sputò fuori dai denti con tono lievemente irritato, attaccando la chiamata rapidamente.

Era ancora più nervoso di quanto pensasse, il tutto si prospettava decisamente in salita. Dio solo era a conoscenza di come avrebbe superato quel pomeriggio, se psicologicamente indenne o meno.

Cercò di regolarizzare i respiri e, raccolto tutto il coraggio che aveva a disposizione e pregati tutti i santi in paradiso affinché lo proteggessero e gli impedissero di fare cazzate, scese dalla propria macchina e si avvicinò al cancelletto basso in ferro battuto e sentì uno scatto interno che lo fece spalancare.

Attraversò il viottolo in ghiaia circondato da un giardino all’inglese che definire curatissimo sarebbe stato riduttivo e vide l’enorme uscio bianco d’entrata aprirsi. Sebastian apparve sulla soglia, sorridente e rilassato, stretto nel suo maglioncino grigio.

“Beato lui, è così sereno ”- pensò Blaine invidioso, si sentiva sempre più teso a ogni passo che faceva. E intanto malediceva la dannata lingua francese con tutta la forza che serbava nel cuore.

“Bienvenu”- affermò semplicemente il Warbler. Di nuovo, quel suono proveniente dalla sua gola… quasi graffiato e roco.

Di nuovo, quella perdita di equilibrio in Blaine, che si sentì le gambe impastate di gelatina molle.

Mentre lo accoglieva in casa sua – un’enorme struttura a piani, con due scalinate incantevoli ai lati del’ingresso e arredata con un gusto very minimal e molto chic- Sebastian non resistette alla curiosità che lo attanagliava.

“Sai, non mi aspettavo minimamente il tuo sms due giorni fa riguardo le ripetizioni. Possibile che la tua nuova professoressa al McKinley ti crei così tanti problemi per la pronuncia?”- domandò con spontaneo e genuino desiderio mentre chiudeva la porta.

Evidentemente, anche lui era rimasto spiazzato da quella disperata richiesta di aiuto da parte di Blaine. Magari, ci aveva letto qualcosa di più? Una stupida scusa per stare finalmente soli e sfogare quell’attrazione reciproca che era arrivata a livelli insani e che lo stava completamente consumando? Forse, l’inizio di qualche cosa di più di un’amicizia, che tra l’altro non era mai stata veramente tale dalla prima volta in cui si erano incontrati?

Il ragazzo più basso annuì semplicemente. “Con la grammatica e la costruzione delle frasi me la cavo egregiamente, ma con il parlato… sono molto meccanico. Kurt è bravo in francese, ma ho pensato di approfittare di te e del fatto che tu abbia vissuto due anni a Parigi prima di tornare in America per perfezionare la pronuncia, visto che la professoressa sostiene che sia il mio punto debole, ed esercitare la fluidità nei dialoghi immediati”- rispose esaurientemente, come se non volesse dare alcuna possibilità all’altro di potergli porre altre questioni.

Non si rese nemmeno conto di aver usato l’alquanto equivoca locuzione ‘approfittare-di-Sebastian’ ad alta voce.

“Puoi approfittare di me quando e dove vuoi, lo sai benissimo. Dove non arriva Kurt, subentro io con estremo piacere”- enunciò con malizia straordinariamente innocente in apparenza. Con quegli occhi e con quel sorriso, ogni sua frase appariva deliziosa come una cucchiaiata di miele purissimo.

Blaine arrossì immediatamente e decise di rivolgergli solo un timido quanto celere sorriso come risposta. Tutti gli altri muscoli del corpo erano rimasti paralizzati dopo l’ennesima uscita flirtosa di Sebastian.

Limitare i contatti al minimo, guardarlo poco negli occhi e parlare solo il necessario, ancora meglio evitando doppi sensi. Se avesse seguito alla regola quella triade, Blaine sarebbe riuscito a uscire sano e salvo da quella residenza. E, soprattutto, con la coscienza pulita.

Anche perché incominciava ad avere un po’ di problemi con la propria coscienza, divisa tra le proprie bugie e omissioni, ciò che voleva fare e ciò che riteneva fosse più giusto compiere.

Si sentiva lacerato, sporco e combattuto.

Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non provare più niente per nessuno, tranne che per Kurt, il solo a cui avrebbe dovuto dedicare anima, pensieri, energie.

Invece, i suoi comportamenti incomprensibili e poco sensati sembravano andare in una direzione completamente opposta.

Quasi come se non avesse voluto evitare il disastro che lo avrebbe poi distrutto, ma abbracciarlo con compiutezza.

Blaine non riconosceva più se stesso ormai. Si era trasfigurato in un'altra persona che andava a casa di ragazzi affascinanti col rischio di perdere il controllo in qualsiasi momento e combinare quel macello che la parte più ragionevole di sé tentava disperatamente di schivare.

Dall’entrata, Sebastian lo condusse poi nel salotto. Era semplicemente mozzafiato, come qualsiasi cosa d’altronde in quell’abitazione, a partire proprio dal padrone di casa.

Tutto era nei toni del bianco e del rosso, con due enormi divani in pelle candida a troneggiare davanti al camino. Tavolini intagliati in ebano e madreperla, televisore HD con maxischermo, tappeti persiani sparsi qua e là a completare il tutto, simboli concreti dell’agiatezza economica della famiglia Smythe.

Ovunque, foto di Sebastian a ogni età dell’infanzia e dell’adolescenza, scattate in varie parti del mondo.

L’occhiata d’insieme della sala era realmente fantastica. Blaine rimase con la mascella dischiusa per la meraviglia.

“Casa tua è uno spettacolo, sembra direttamente uscita da MTV Cribs”- esclamò candidamente. Sembrava un bambino che vedeva per la prima volta un negozio di giocattoli; Blaine era un esteta amante delle cose belle e godeva della vista di simili splendori.

Sebastian si strinse nelle spalle.

“Mamma è arredatrice di interni, diciamo che abbiamo giocato in casa grazie al suo mestiere”- affermò accompagnando il tutto con uno di quei sorrisi sghembi alla Edward Cullen che Blaine, memore delle tre volte in cui aveva letto Twilight, ricordava bloccassero il respiro a Bella.

Sebward. Ecco come lo avrebbe soprannominato da quel momento in poi.

E gli scappò una risata soffice e sottile sottovoce formulando quel pensiero, che invece fece sorgere un’espressione stranita sul volto di Sebastian.

“Sistemati pure sul divano e tira fuori i libri, così vediamo su cosa concentrarci per correggere la pronuncia. Direi di iniziare da una serie di termini di uso comune. Comunque, se tu volessi scusarmi, devo andare in cucina da Khaled perché poco fa ha preparato una cioccolata calda assolutamente divina che devi assaggiare”- annunciò con grazia estrema.

Blaine provò a opporsi all’offerta di cibo. Andava contro la triade precedentemente stilata. “No, Sebastian, ti ringrazio veramente, ma non ho fam-”

“Tu prima gustala e poi dimmi”, gli disse avvicinandosi troppo pericolosamente al viso. Blaine sentì la forza di volontà scivolargli via come un aquilone di carta velina trascinato in cielo da una folata di vento forza dodici.

Non gli rimase altro da fare che acconsentire e, una volta che Sebastian si fu allontanato per andare a prendere il vassoio, recuperare quel minimo di lucidità necessaria per sopravvivere alle successive ore con lui a fianco.

Quando il ragazzo più alto fece ritorno con due tazze in ceramica nera fumanti e un piatto colmo di golosi pasticcini, Blaine gli pose una domanda.

“Scusami, ma chi sarebbe questo Khaled che hai nominato prima?”- chiese con una certo interesse.

“Il nostro cuoco”- replicò l’altro, come se fosse normale per tutti quanti sul globo avere uno chef personale pronto a soddisfare ogni capriccio culinario.

Blaine iniziò a balbettare imbarazzato esattamente come aveva fatto quando Sebastian gli aveva detto che aveva vissuto a Parigi.

Si era disconnesso dal mondo perché ancora una volta, l’ennesima, lui l’aveva conquistato con un dettaglio e ammaliato.

Il Warbler gli porse la propria coppetta con liquido marrone bollente e appoggiò il portavivande sul tavolino in legno caliginoso davanti a loro.

La portò alla bocca dopo averci soffiato leggermente sopra: era la cosa più squisita mai mangiata in vita sua. Da leccarsi veramente i baffi.

Cioccolata alla cannella con panna montata e amaretto italiano finemente sbriciolato sopra.

Blaine assaporò la bevanda degli Dei con molto gusto e tanta avidità.

Era proprio vero che niente dava la felicità in Terra come quell’oro color terra scura.

Quando scansò la tazza dal viso, Sebastian iniziò a ridere a crepapelle, incontrollabilmente.

“Cosa c’è di così divertente, Smythe? Fai ridere anche me, dai”- affermò in modo brusco. Cosa aveva da sorridere a quella maniera?

“Niente, Blaine.  Sei semplicemente un po’ sporco di cioccolata e panna sul mento e sulle labbra. Non è una tragedia irreparabile”- comunicò con cortesia incantevole mentre afferrava un tovagliolo di stoffa dal vassoio e lo faceva aderire al volto del ragazzo più piccolo, che si era completamente ghiacciato sul posto e non riusciva a pronunciare una sola parola atta a bloccarlo.

Il tocco di Sebastian sulla pelle era molto elegante e il suo respiro sul viso fece venire le vertigini a  Blaine, il quale ricominciò a ripetersi in mente il solito ritornello per calmarsi.

Sebastian non significa niente per me, è un amico, è inoffensivo, non sono minimamente attratto da lui, bla bla bla.

Chiuse gli occhi per qualche istante, in modo da potersi concentrare ancora meglio su quella sequela di concetti a cui si stava aggrappando con tutte le forze pur di evitare di cadere nel baratro e trascinare nell’abisso la sua storia con Kurt.

Quando li riaprì, vide solo due smeraldi brillanti che lo fissavano… famelici.

E le labbra di Sebastian, vicine, troppo vicine, aprirsi in un sorriso sardonico.

“Aspetta, te ne è rimasto un po’ qui, nell’angolo”, enunciò furbescamente il biondo, prima di usare il proprio indice per levargli il cioccolato incrostato dalla bocca.

Dopo qualche istante, senza che avesse nemmeno il tempo di rendersene effettivamente conto, Blaine sentì solo qualcosa di umido e caldo infilarsi tra i denti e il palato e un paio di morbide labbra che lo stavano baciando.

Tutto quello che aveva paura succedesse stava realmente accadendo in quel preciso, maledetto momento.

Un ragazzo lo stava carezzando in maniera davvero passionale e rovente. E non era Kurt.

La cosa che però Blaine non avrebbe ritenuto potesse mai verificarsi era la sua risposta al bacio.

Avrebbe potuto benissimo bloccare Sebastian dopo il primo contatto, tirargli uno schiaffo, urlargli contro le peggio cose, domandargli come mai si era azzardato a baciarlo nonostante sapesse che era fidanzato…

In realtà, non fu in grado di fare nessuna di quelle cose. Era ipnotizzato, immobile, totalmente rapito da quei movimenti squisiti e ardenti che compiva in comunione con lui.

Non riusciva a staccarsi da Sebastian. Non l’avrebbe fatto per niente al mondo.

Era come se qualcuno gli avesse iniettato in vena il fuoco e questo gli girasse in circolo come un veleno. Percepiva solo un calore infinito torturarlo ovunque e l’unica cosa che voleva erano quelle labbra sulle sue, quella lingua a lambire la propria e quelle mani a coppa sulle sue gote strette in una morsa dolcissima.

Si sentiva vivo, incredibilmente vivo. Non aveva mai sperimentato una sensazione così intensa in tutta la sua esistenza, con nessun altro.

Il cuore non smetteva di battergli così forte che ipotizzava gli sarebbe uscito dal torace e lo avrebbe visto rotolare su uno di quei meravigliosi tappeti importati dalla Persia che circondavano il divano dove lui e Sebastian si stavano toccando e sfiorando.

Una parte di sé, quella che aveva appena preso il sopravvento dopo averla combattuta e repressa forse per intere settimane, gli consigliava solo di baciarlo, di godersi quel contatto che inconsciamente aveva bramato dalla prima volta che lo aveva visto e fregarsi delle conseguenze con Kurt, con la propria preziosa coscienza e con il resto del mondo.

Voleva sentire quel fuoco ancora, ancora e ancora. E non aveva intenzione di spegnerlo in alcun modo.

Un’altra invece, la più razionale e lucida, gli urlava di scansare immediatamente Sebastian, di scappare via inorridito dalla propria debolezza, di troncare ogni rapporto con quell’angelo tentatore e di non vederlo mai più pur di salvare il salvabile nella storia con Kurt. Aveva sbagliato irrimediabilmente, aveva commesso l’errore più grande che avesse potuto mai fare e avrebbe fatto i conti con la vergogna per il resto dei suoi giorni.

Come avrebbe potuto guardare Kurt in faccia dopo quello che aveva appena combinato?

Come avrebbe potuto lui stesso vedersi allo specchio senza sentirsi schifato?

Perché tutta quella girandola di sensazioni, brividi, voglie e colpe non la smetteva di vorticargli in mente?

Per l’ennesima volta, si domandò cosa diamine gli stesse succedendo.

Quando quei pensieri gli piombarono in testa come un macigno, Blaine sentì qualcosa spezzarsi dentro.

Probabilmente, era il suo cuore.

Smise improvvisamente di baciare Sebastian, si slegò dalla sua presa marmorea, lo guardò negli occhi profondamente mentre i suoi si riempivano di lacrime a velocità supersonica per degli attimi che gli parvero lunghi centinaia di anni.

“Mi dispiace, mi dispiace, non dovevo-”, fu tutto quello che fu in grado di dire al ragazzo sconvolto che teneva di fronte sul divano, prima di afferrare tutte le sue cose e uscire da quella casa svelto come una scheggia impazzita.

Perché quello era effettivamente.

Una mina vagante che stava fuggendo da tutto quello che aveva provato per Sebastian, che stava correndo via dal proprio sbaglio vivente e dalle conseguenze del casino appena avvenuto.

Blaine raggiunse la propria Volvo, riuscì per miracolo a infilare la chiave nel quadro con le mani tremanti e partì sgommando, andando a sistemarsi in una via poco frequentata non molto distante da casa Smythe.

Posò la testa sullo sterzo in modo scomposto e iniziò a piangere a dirotto, mentre la sua mente si riempiva di flash del bacio con Sebastian, tutto quel dannato fuoco che gli aveva bruciato dentro come una pira.

Poi sopraggiunsero i singhiozzi disperati e con essi le sue prime consapevolezze.

Aveva appena commesso un tradimento.

Si era dimostrato un fidanzato infedele e sleale nei confronti di Kurt, il quale era invece sempre stato premuroso e amorevole nei suoi confronti. E questo lo fece stare ancora mille volte peggio.

Aveva appena sperimentato il desiderio.

Disonorante, certo, ma allo stesso tempo magnifico. Non avrebbe mai scordato quelle labbra, il modo in cui lo avevano accarezzato, il battito del cuore pesante come un tamburo che gli aveva echeggiato nelle orecchie mentre baciava Sebastian.

Aveva appena scoperto cosa fosse veramente un senso di colpa.

Si sentiva letteralmente mangiato vivo dal ricordo di ciò che aveva fatto, demolito in ogni parte di sé a causa della consapevolezza che ogni cosa sarebbe cambiata da quel pomeriggio in poi.

Era devastato, spaventato e solo. E con un enorme fardello composto da mille cose contrastanti da trasportare sulle proprie spalle.

Dietro di sé, i frantumi della sua storia d’amore ormai sfracellata con Kurt, cosa di cui era sinceramente pentito.

Davanti, invece, i pezzi dei suoi sentimenti per Sebastian, a cui dare un vero, nuovo significato.

***

Mi sono divertita nello scriverla (i riferimenti a Twilight mi hanno fatto lollare assai, Blella! XD). Giuro, sti due mi ispirano tantissimo *.* anche perchè hanno un potenziale assurdo e vedere Blaine che combatte coi propri sentimenti penso che sia un modo per farlo crescere come personaggio e dargli spessore (visto che per me è scritto in maniera superficiale). Per cui, ben venga una cosa del genere nello show *si illude malamente perché i RIB amano iniziare storylines stupende e poi troncarle di botto*. Altrimenti, benvenute fanfictions! ^.^

Metà, é per te, as always <3 Ps: un ringraziamento speciale alla Ile, che ha letto questo papiello e mi ha anche definito Sebbila LMAO *.*

 

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: speranza19