Bulma si lasciò
cadere sul divano. Quella giornata era stata incredibilmente faticosa,
ma non
per il gran numero di progetti incompiuti che attendevano di essere
finiti e
collaudati. Fin da quando si era svegliata, una strana sensazione le
aveva
smorzato il respiro. Majin-bu era stato sconfitto da ben due mesi,
lasciando al
posto del terribile incubo di cui era l’artefice, una
bellissima condizione di
pace. Ma quel giorno Bulma, aveva la gradevolissima sensazione che
quella pace
non sarebbe durata ancora per molto. Sentiva che presto un nuovo nemico
sarebbe
piombato nella sua vita, pronto a strapparle tutto ciò che
per lei contava
davvero: la sua famiglia. Al solo pensiero di dover vivere senza gli
impenetrabili occhi del marito e del dolcissimo sorriso del figlio, le
erano
venute le lacrime agli occhi…Aveva scosso violentemente la
testa, ritornando a
collegare fra loro cavi elettrici e ad assemblare componenti di quello
che a
lavoro ultimato sarebbe stato il nuovo prototipo di air-car. Era
rimasta a
lavorare nel laboratorio tutto il giorno pur di evitare di pensare a
quello
spiacevole presentimento. Non si era fermata nemmeno per pranzare,
preoccupata
che il silenzio che incombeva in casa potesse renderla ancora
più nervosa. Solo
dopo aver abbozzato su un foglio gli appunti per un nuovo progetto, si
era
decisa a preparare qualcosa da mangiare. Vegeta e Trunks erano usciti
la
mattina presto per andare ad allenarsi in chissà quale landa
desolata; e questo
non faceva che aumentare la sua preoccupazione. Non le piaceva stare in
casa da
sola, senza nessuno pronto a proteggerla. Il sole era ormai tramontato.
Dopo
aver preparato la cena, aveva deciso di concedersi una piccola pausa,
sedendosi
sul divano. Ed ora eccola lì, a riflettere
sull’intera giornata e su quella stupida
sensazione che la faceva sentire così triste e fragile.
Sospirò profondamente e
chiuse gli occhi, nel tentativo di rilassarsi. Non fu in grado di
capire quanti
minuti erano trascorsi, quando sentì la porta
d’ingresso aprirsi. Scattò in
piedi, sforzandosi di assumere un atteggiamento il più
pacato possibile.
Accennò persino un lieve sorriso, giusto in tempo prima che
Trunks piombasse in
salotto.
"Ciao
mamma!", esclamò il piccolo. La sua tuta era ridotta a
brandelli, le
braccia ricoperte da tagli ancora sanguinanti, ed un occhio appariva
più gonfio
rispetto all’altro.
"Trunks,
tesoro! Guarda come sei ridotto", lo ammonì lei, lanciando
un’occhiataccia
verso Vegeta, che se ne stava tranquillamente appoggiato a braccia
conserte su
un muro.
"Sono
solo dei graffi. Sto bene", rispose lui, senza smettere di sorridere.
Bulma non riuscì ad essere arrabbiata. Bastava fargli
trascorrere un po’ di
tempo con suo padre, che anche il più faticoso degli
allenamenti lo faceva
sorridere.
"Va
a disinfettarti e a lavarti le mani. La cena è pronta".
"Subito!",
e schizzò fuori. Bulma si diresse in cucina, evitando di
incrociare lo sguardo
del marito. Avrebbe subito capito che qualcosa la turbava. Dopo aver
preparato
la tavola, mise la cena nel microonde, per riscaldarla.
Nel
frattempo Vegeta, l’aveva raggiunta in cucina e si era
accomodato a tavola.
Guardò la moglie che gli dava le spalle, intenta a preparare
i piatti. Sembrava
facesse di tutto pur di non guardarlo in faccia. C’era
qualcosa che non andava.
Di solito, quando lui e Trunks ritornavano dagli allenamenti, era
sempre pronta
ad aggredirlo per aver ferito il suo adorato figlioletto. Ma quella
sera, non
riusciva a leggere nei suoi occhi color del cielo. Anche quando
posò il piatto
davanti a lui, continuò a tenere lo sguardo basso. Stava per
imprecarle contro,
quando Trunks ritornò improvvisamente, occupando posto a
tavola e cominciando a
raccontare ogni singolo particolare della giornata appena trascorsa.
Bulma si
limitava ad annuire e a sorridere, lasciando parlare il figlio.
"Va
bene, Trunks!", disse all’improvviso. "È ora di
andare a
dormire".
"Ma
mamma…".
"Niente
storie! Si è fatto tardi!". Trunks non si oppose. Quando sua
madre parlava
con quel tono, niente e nessuno poteva farle cambiare idea.
"Buonanotte",
borbottò, mentre si dirigeva a testa china verso la sua
camera. Subito dopo,
Bulma si alzò e cominciò a lavare i piatti.
Quando
chiuse il rubinetto d’acqua, le arrivò il basso
borbottio del televisore.
Vegeta, infatti, non era più seduto a tavola, ma fissava il
televisore con aria
annoiata. Era a torso nudo, indossava soltanto i pantaloni di una tuta
pulita,
probabilmente doveva aver appena fatto la doccia.
Anche
lei aveva assolutamente bisogno di una doccia calda, così,
si diresse
silenziosamente verso il bagno della sua camera. Dopo aver lasciato che
il
getto d’acqua le scorresse addosso per interminabili minuti,
si era avvolta in
un asciugamano di spugna e aveva cominciato a cospargersi di creme
idratanti.
Indossò il pigiama e spazzolò per bene i capelli,
senza alcuna fretta.
Districati per bene tutti i nodi, uscì dal bagno. Era
stanchissima. Aveva
bisogno di una bella dormita. Stava per infilarsi sotto le coperte,
quando una
morsa d’acciaio si strinse intorno al braccio, costringendola
a voltarsi. Si
ritrovò puntati addosso due occhi neri, profondi e densi
come il petrolio.
"Si
può sapere che diavolo ti prende?". Bulma osservò
Vegeta per dei secondi
che le parvero interminabili.
"Non
mi prende proprio niente…", riuscì a rispondere
alla fine. "E
adesso", continuò fissando il suo braccio. "Saresti tanto
gentile da
lasciarmi andare? Sono stanca".
Vegeta
strinse maggiormente la presa, inarcando un sopracciglio, in attesa di
una
risposta. Bulma si morse il labbro inferiore, cercando di inventare una
scusa
credibile. Lui la strattonò, irrigidendo la mascella.
"E
va bene!", sbuffò lei. "Lasciami, però. Sai, quel
braccio potrebbe
ancora servirmi".
Lui
allentò la presa, senza mollarla.
"Allora?".
"Beh
ecco…", distolse lo sguardo dai suoi occhi. "Il fatto
è che…".
"Pochi
giri di parole", digrignò lui, infastidito.
"Ho
uno strano presentimento, va bene?!". Lui la guardò
perplesso. "Ho
paura che un nuovo pazzo con manie di grandezza, venga per distruggere
il
pianeta", disse tutto d’un fiato.
Vegeta
ghignò divertito. "Tutta questa scena per uno stupido
presentimento?", le disse sarcasticamente, senza che quel sorriso
arrogante sparisse dal suo volto.
Bulma
si sentì profondamente umiliata. "Sei il solito idiota!",
gli urlò in
faccia, riprendendosi il braccio. "Prima vuoi sapere cosa mi fa stare
male
e poi mi prendi in giro!". Gli diede le spalle e
s’infilò sotto le
coperte, senza degnarlo di altre attenzioni.
Vegeta
la guardò, continuando a sorridere. Poi, la raggiunse sotto
le coperte. Vedendo
che non faceva niente per farsi perdonare, Bulma
s’infuriò ancora di più. Prese
il cuscino su cui era comodamente poggiata, e gli e lo
lanciò contro. L’oggetto
lo colpì in pieno, senza scomporlo minimamente.
"Hai
finito?", le chiese lui, lanciando il cuscino per terra.
Bulma
si avventò su di lui, provando a colpirlo con dei pugni. Non
ebbe nemmeno il
tempo di alzarli in aria, che si ritrovò entrambi i polsi
prigionieri nella sua
mano. Vegeta se li portò al petto nudo, costringendola a
sdraiarsi accanto a
lui e con l’altro braccio la strinse a se.
Bulma,
che all’inizio era rimasta scioccata da una simile reazione,
lo strinse a sua
volta. La stanchezza era sparita, e con lei, anche
quella spiacevole sensazione.
Nessun essere vivente, umano e non, poteva spaventarla in quel momento,
perché
se c’era un posto in cui lei si sentiva al sicuro, era
lì. Nelle sue braccia.