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Autore: BNikki_    08/12/2011    10 recensioni
Dolcetto di Natale ispirato alla canzone Let it snow! Let it snow! Let it snow! Probabilmente avrà un paio di capitoli...forse di più! ;-)
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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Disclaimer: Purtroppo Castle è della ABC e non mio.


Lascia che nevichi

Capitolo 1

"Castle, non si discute, non posso andare a casa quando in giro per New York c'è un pazzoide vestito da Babbo Natale che sgozza le vecchiette!"
"Ma è la vigilia di Natale, Kate. Anche tu hai diritto ad una vita! Prenditi qualche ora, vai da tuo padre..."
"Castle, anche la gente di questa città ha diritto ad un Natale sereno ed è mio compito garantirglielo..." rispose tagliente Beckett. Questa discussione stava cominciando a irritarla...
"Lo so bene qual è il tuo compito, dico solo che non sei l'unica assegnata a questa indagine e che i ragazzi erano già d'accordo a darti il cambio questa sera."
Beckett sbuffò gonfiando le guance:
"Non lo capisci, vero? Il problema non è che il turno sia coperto o meno, il problema è come IO mi sento quando c'è un assassino in circolazione!" replicò quasi urlando e sottolineando il pronome personale puntandosi al petto l'indice della mano destra.
Rick era scuro in volto. Stavano litigando la sera di Natale e non era esattamente quello che si era aspettato quando era arrivato al distretto nel tardo pomeriggio.
"Kate ti stai lasciando annientare da questo lavoro..."
"Vattene!" lo bloccò lei con gli occhi fiammeggianti d'ira.
"Kate..." replicò lui esasperato.
"Vai a casa Castle!" rincarò la dose impedendogli di replicare.
D'un tratto un'altra voce intervenne a fermare quel contrappunto:
"Detective Beckett, il signor Castle ha ragione." fece il capitano Gates affacciandosi dal suo ufficio "E soprattutto questo teatrino a cui ci state facendo assistere non è uno spettacolo edificante per il mio distretto. Il suo turno è finito Beckett, perciò vi voglio entrambi fuori di qui in tre minuti!"
Il tono del capitano non ammetteva repliche.
Kate lanciò un'occhiata gelida a Castle, afferrò il cappotto e la borsa e si diresse a passo rapido verso l'ascensore. Lui la seguì, cosa che la irritò ancora di più.
Le porte dell'ascensore si chiusero dietro di lui e nella cabina calò il silenzio. Castle la guardava e di tanto in tanto dischiudeva le labbra per dire qualcosa, ma sembrava non riuscire a trovare le parole giuste da dire.
Beckett ad un passo da lui non lo degnava di uno sguardo.
Appena l'ascensore aprì le porte sul garage, Kate schizzò fuori con delle rapide falcate e lui ancora una volta la seguì.
"Oh, accidenti!" si bloccò lei.
"Cosa? Hai dimenticato qualcosa?" chiese Rick arrestandosi con aria confusa.
Quel giorno era venuta al distretto a piedi, non aveva la macchina ad aspettarla nel parcheggio riservato.
Ma di nuovo non rispose, tornò indietro, gli passò accanto senza guardarlo e imboccò di nuovo l'ascensore.
Prima che lui potesse di nuovo seguirla, le porte si chiusero lasciandolo a contemplare la scritta '12esimo Distretto, Polizia di New York' stampigliata sul metallo.
Andata. Che donna testarda...

Pochi minuti dopo Rick guidò la propria auto fuori dal parcheggio seminterrato del Distretto.
Nevicava copiosamente. Quando svoltò l'angolo e si immise nel traffico, vide alcune auto slittare leggermente sullo strato di neve che si era formato sull'asfalto. Per fortuna aveva fatto montare le gomme invernali già da qualche settimana.
E poi la vide... In piedi, sul bordo del marciapiede di fronte all'entrata principale del distretto, scrutava la strada in cerca di un taxi. Aveva i capelli punteggiati di fiocchi di neve e Castle non poté fare a meno di sorridere mentre accostava la macchina e abbassava il finestrino.
"Kate!"
"Castle, ti ho detto di andare a casa!" gli gridò lei stringendosi nel cappotto.
"Dai, sali in macchina. Non puoi stare lì al gelo, sta nevicando!"
"E lascia che nevichi!" replicò Kate piccata.
"Detective Beckett, non essere irragionevole!" la incalzò lui.
La vide socchiudere gli occhi e spostare il peso da un piede all'altro. Era infreddolita, arrabbiata e tutto quello che desiderava in quel momento era un bel bagno caldo, glielo leggeva in faccia.
Ancora pochi secondi e avrebbe ceduto.
"Uff...maledizione..." mormorò lei infine e afferrata la maniglia dello sportello montò in macchina borbottando.
Castle la guardava affascinato. Lei si sfilò i guanti e si passò le dita tra i capelli inumiditi facendo sciogliere gli ultimi fiocchi di neve rimasti, poi si sistemò la cintura di sicurezza e solo alla fine incrociò lo sguardo di lui.
"Castle, smettila di guardarmi." ma questa volta il tono aspro si era già stemperato.
Lui sorrise:
"Sei bellissima quando ti arrabbi."
Lei socchiuse gli occhi come se il complimento inaspettato l'avesse trovata con la guardia abbassata. Si voltò a guardare fuori dal finestrino per distogliere lo sguardo da quegli occhi blu che sempre, sempre, sempre... le facevano girare la testa come lo champagne, o come un bicchiere di Chianti, o come un vin brulé caldo.
"Devo arrabbiarmi più spesso allora..." mormorò senza voltarsi per nascondere l’inevitabile sorriso che le era fiorito sulle labbra.
Castle ridacchiò e riprese a guidare:
"Ti porto da tuo padre."
“No. Da zia Penny...”
Lui si girò a guardarla incuriosito.
“Da zia Penny, a Mt. Vernon. Ti dico io la strada, Castle.”

Il prato di fronte alla villetta era completamente imbiancato.
Kate nel vederlo fu proiettata in un attimo ad un Natale di tanti anni prima, al pupazzo di neve che avevano costruito lei e il padre, con una carota al posto del naso che avevano rubato dalla cucina di zia Penny, mentre lei e Johanna preparavano la cena.
Tornando al presente si accorse che Castle aveva spento il motore della macchina di fronte al vialetto della casa già da qualche minuto e che ora la guardava, pazientemente in attesa che lei si districasse dai ricordi e dalle emozioni che questi portavano.
Fece per dire qualcosa, anche se non sapeva bene cosa, ma lui la anticipò:
“Ti accompagno alla porta...”
Lei annuì, un po’ sorpresa che lui volesse scendere così presto dalla macchina. Forse anche un po’ delusa, ma non lo avrebbe mai ammesso.
Si riinfilò i guanti e si chiuse bene il cappotto, quindi scese dall’auto facendo affondare gli stivali nei 5 centimetri di fiocchi soffici che ricoprivano l’asfalto. Il rumore della neve compressa dalle sue suole le strappò un sorriso: il rumore della neve... La neve è muta, silenziosa, ma ha sempre lo stesso suono sotto ai piedi di una donna che torna a casa la vigilia di Natale o di una bambina che scorrazza sul prato giocando alla guerra di palle di neve con il papà.
Camminarono fino al piccolo portico, violando con due set di impronte lo strato bianco che ricopriva il vialetto. Ma vista la rapidità con cui scendevano i fiocchi ben presto le loro orme sarebbero state ricoperte da altra neve.
L’aria fredda aveva l’odore della brace del caminetto e dei dolci cotti nel forno.
Kate sbirciò attraverso la finestra che dava sul portico e da una fessura tra le tende vide Jim muoversi dal salone alla cucina, seguito da zia Penny, sempre più curva e zoppicante, ma sempre piena di energie. Tuttavia, non suonò il campanello, ma si girò lentamente verso Castle che era subito dietro di lei. Anche più vicino di quanto non fosse necessario.
Il portico era debolmente illuminato dal lampioncino sopra la porta d’ingresso e dalla lunga collana di lucine natalizie che Jim aveve appeso lungo la balaustra di legno. Sotto quella luce Kate studiò il profilo di Rick, i capelli inumiditi e un po’ arruffati, gli occhi stanchi dopo quella giornata intensa, le mani sprofondate nelle tasche del cappotto, un doppio petto blu navy che gli faceva risaltare le spalle larghe e forti. D’un tratto il desiderio di far scorrere le mani su quelle spalle meravigliose divenne insostenibile... Abbassò lo sguardo a terra. E disse qualcosa, qualunque cosa andava bene:
“Credo che mio cugino Bill e sua moglie non siano ancora arrivati.” gli disse, ben sapendo che la frase comunicava un’informazione superflua, fuori contesto.
“Ah il cugino Bill...” rispose Castle con un sorrisetto. Non conosceva il cugino di Kate, lei non gliene aveva mai parlato, così come raramente parlava degli altri componenti della sua famiglia, a parte la madre e il padre. Ma ogni piccolo barlume di luce sulla vita di Kate Beckett lo affascinava, lo incuriosiva. Anche il cugino Bill.
“Tu vai a casa da Martha e Alexis?”
“Sì, vigilia di Natale in famiglia anche per me...” rispose Rick “anche se...” aggiunse, ma si fermò indeciso se continuare o meno la frase.
“Anche se...?” lo incoraggiò Kate.
“Una parte della mia famiglia non ci sarà.” rispose rimanendo un po’ sul vago.
Kate sapeva benissimo che si stava riferendo a lei, ma lasciò che la frase si disperdesse nell’aria frizzantina. Ad un tratto sentì alle sue spalle la vicinanza del muro di legno della casa e si appoggiò con la schiena. Quando era indietreggiata fino al muro? E questo perché lui si era avvicinato?
Era vicino, molto vicino.
Ancora mezzo passo e i loro nasi si sarebbero sfiorati e lei ora non poteva più indietreggiare.
I riflessi delle lucine intermittenti le illuminavano gli occhi come tante scintille danzanti, la stessa danza frenetica dei suoi pensieri. Stava per succedere qualcosa e sapeva bene cosa, voleva scappare, voleva andarsene o forse solo ‘doveva’, ma le sue gambe non accennavano a muoversi, come colte da paralisi, e si stupì di essere ancora in grado di respirare.
Non faceva più tanto freddo, la nevicata aveva attenuato l’umidità, ma il loro fiato si condensava in una nuvoletta di vapore: un’unica nuvoletta.
“Kate?” sussurrò.
“Rick...”. C’era una nota implorante nella voce di lei, un’ultima debole linea di difesa, l’ultimo avamposto. Ma lui era deciso a farlo crollare.
“Kate, sto per baciarti...” annunciò con un sussurro a pochi centimetri dalle sue labbra.
Lei si sciolse in un sorriso, ormai senza più difese. Come poteva resistere a quella tenerezza disarmante?
Le loro labbra si unirono e si assaporarono lentamente, senza fretta, un duetto d’archi in un dolcissimo adagio.
Qualche istante dopo Rick si separò dalla sua bocca tremante di emozione e sfiorandole l’orecchio con la punta del naso le disse leggero come un soffio:
“Buon Natale Kate....”
Lei riaprì gli occhi, che in un qualche momento doveva aver chiuso, ma non riuscì a pronunciare alcuna parola. Lui si allontanò e lei dovette a malincuore lasciare la presa sulle maniche del suo cappotto, dove si era aggrappata come se da questo dipendesse la sua vita.
Rick fece qualche passo all’indietro, continuando a guardarla con un sorriso tra il dolce e il lascivo, e raggiunse i gradini del portico, mentre lei, ancora incapace di muoversi, lo osservava andare via.
“Buon Natale, Castle.” riuscì infine a sussurrare. Ma lui non la sentì, stava già ripercorrendo il vialetto lasciando le sue impronte sulla neve di nuovo immacolata.
Si voltò verso la porta e suonò il campanello, mentre sentiva l’auto avviarsi sulla strada in direzione di Manhattan.
Stava ancora tremando.




Note e crediti
Ecco qui il dolcetto di Natale!
Il titolo e il tema è ispirato alla canzone ‘Let it snow, let it snow, let it snow’ di cui potete ascoltare la mia versione preferita qui:
http://www.youtube.com/watch?v=0CFjfxMF8RA
Un infinito grazie alla mia Sister, che mi supporta e mi corregge, al Papero per il killer Babbo Natale, e a Ginger e Fred che mi tengono i piedini al caldo mentre scrivo.

Credo proprio che ci sarà un secondo capitolo, quindi...stay tuned!

Laura

   
 
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