“Cuori di Pandora (la storia
vera!)”
Un’opera di Giovanna MocciaZucca
Questa storia narra di un giovine nobilotto, disgraziato figlio indesiderato di un padre purtroppo vivo e di una madre purtroppo morta.
Abitava in una grande villa insieme a un imbarazzante zio con la passione per le belle bambine e a un servo sul quale era solito pulire la suola delle scarpe.
Codesto nobilotto, dal capello biondo e l’occhio arboreo, si chiamava Orazio Vessato, detto anche “Oz” per gli amici.
Sebbene nelle le sue condizioni economiche potesse permettersi un intero guardaroba firmato “Armani”, noto stilista dell’epoca, il giovine Oz s’ostinava a indossar sempre gli stessi abiti. Per questo, quando nel giorno del suo quindicesimo compleanno la signora Caterina lo volle costringere a calzar altro vestiario, Orazio decise di nascondersi insieme alla sorella Alda dentro a un armadio.
E fu così che nella ricerca senza successo del ragazzo, la signora Caterina si spazientì e se la prese col servo del biondo, un povero, succube straccetto privo di classe sociale: Gilberto Raggiodellanotte.
Più tardi, nel bel mezzo di quello stesso pomeriggio, mentre signore e servo si dilettavano nell’arte del nascondersi, entrambi sprofondarono in una fossa ove trovarono una croce e un dorato orologio da taschino.
Orazio, notando la preziosità dell’ultimo oggetto, decise furbescamente di farlo suo, infilandolo con aria vaga nella tasca puzzolente dei suoi soliti pantaloni scozzesi.
Gilberto, che sempre lo ammoniva ogni qualvolta notasse in lui comportamenti dal carattere immorale, lo rimproverò immediatamente per l’azione furtiva. Ma proprio mentre Oz, stanco e assai sazio del suo buonismo, stava per mollargli un ceffone, ecco apparire una giovane ragazza dai capelli castani, circondata da un esercito di bambole parlanti.
Orazio si guardò intorno, notando che il servo era sparito. Alzò noncurante le spalle e, non sapendo a chi altro rivolgersi, s’appellò alla misteriosa ragazza.
“Ehi, ragazza!”
Esclamò.
La fanciulla si girò, mettendo in mostra uno sguardo psicotico e inquietante.
“Non ti perdonerò mai!”
Gli urlò con tono isterico.
Orazio strizzò gli occhi interdetto, e volle che gli fosse fatta chiarezza.
“Perché? Ti ho fatto qualcosa?”
Domandò.
La ragazza scosse istericamente la testa, e poi aggiunse dell’altro.
“Sì! Hai infilato il mio orologio nei tuoi schifosi pantaloni, l’avevo appena pulito col Vetril! Per punizione, ti farò un orrendo tatuaggio sul petto e quando lo avrò finito tu morirai! Ahahahahah!”
Rise assatanata, cominciando ad inchiostrargli il petto.
“Ahia! Fa male!”
Esclamò sofferente il biondino.
“Non ho ancora diciotto anni, non posso farmi un tatuaggio! Papà mi sgriderà!”
Aggiunse poi preoccupato.
L’inquietante fanciulla ghignò ancora, divertita dalle sue parole.
“Figurati, cosa vuoi che gliene freghi! Si è anche dimenticato di venire alla tua festa compleanno!”
E continuò a tracciare sul suo torace un cerchio un po’ sbilenco.
Dopo quell’avvenimento, a dispetto di ciò che si possa immaginare, Orazio e la giovane ragazza, che il biondo scoprì chiamarsi Alice Pronunziatoallitaliana, divennero subito grandi amici, scatenando la gelosia di Gilberto, servo masochista, segretamente innamorato del proprio padrone. Così, per ripicca nei loro confronti, Gilberto decise di bere una strana pozione offertagli da un guercio trafficante di sostanze illegali che lo fece invecchiare di dieci anni, rendendolo più minaccioso, ma solo d’aspetto.
Nel giro di poche ore, si venne a sapere che la padrona di quello stesso trafficante, una certa Sceron PioggiaSdegno, voleva a tutti i costi l’autografo della gemella di Alice, una nota giovincella appassionata di sangue che, per distinguersi dall’identica sorella, si era decolorata l’intero cuoio capelluto.
Dunque, desiderando ardentemente d’incontrarla, la giovane Sceron costrinse il suo guercio servitore, il bizzarro Serse Pausa, a ingraziarsi la simpatia di Orazio e compagnia. Fa anche rima.
Così, l’illegale trafficante, decise di offrire in dono al trio dei campioncini dapprima già gratuiti di pozioni che, se bevute, recavano realistiche allucinazioni, come corvi giganti e conigli demoniaci dotati di falce.
La cosa divertente, oltre al fatto che Sceron ottenne il loro aiuto, fu che, sotto l’effetto di tali sostanze, il trio cominciava a visionare nella propria testa immagini assai ambigue e poco chiare.
Orazio, ad esempio, affermò di aver incontrato un se stesso di dieci anni più vecchio, con una lunga treccia e un nome diverso: Giacomo. Gli piaceva l’idea che una volta maggiorenne potesse cambiar nome all’anagrafe, visto che il padre, come ulteriore screzio nei suoi confronti, lo aveva denominato “Orazio” come il grasso compare di Gaspare de “La carica dei 101”.
Gilberto, invece, affermò d’aver visto suo fratello Vincenzo nudo in una vasca di rose blu, che si gingillava con un campanellino dorato ridendo come un cretino e dicendo: “nessuno ha bisogno di sapere la verità, non è colpa mia! Non è colpa mia!”
Infine, Alice raccontò d’essersi vista correre all’inseguimento di un gatto che aveva al posto degli occhi due puntini, e al posto della bocca una lineetta. Però era carino.
Valutati gli effetti della pozione sulle menti dei nuovi compagni, Serse Pausa giunse alla conclusione che probabilmente il suo ruolo di Cappellaio Matto sarebbe stato a rischio se non si fosse drogato anche lui, così decise di abbandonare le sue lozioni per concentrarsi sullo studio di caramelle particolari, cui diede il nome di MD (mentine digestive).
Tuttavia, non sicuro di quale effetto potessero recargli le nuove pasticche frutto delle sue ricerche, preferì testare una di esse sulla più affidabile delle cavie, Reim Lunatico, che, con la scusa di chiamarlo “amico”, era riuscito a trattenere nel suo laboratorio, quando tutti gli altri malcapitati avevano intrapreso la saggia scelta di andarsene.
Lo andò a cercare per tutta la magione della famiglia PioggiaSdegno e alla fine lo trovò, mentre parlava al cellulare col suo capo, il signor Reggiano Parma.
Immediatamente, Serse lo raggiunse, prese il suo telefono e lo gettò dalla finestra.
Reim lo guardò sbigottito per il gesto che aveva compiuto.
“Non hai bisogno di quello, siamo nell’Ottocento. Dai, vieni con me! Ho una nuova leccornia da proporti!”
Lo prese per mano e repente lo trascinò a forza nel suo laboratorio.
Reim tentò di liberarsi dalla sua presa insistente, ma un attimo dopo cambiò idea: in fondo era sopravvissuto a tutti gli esperimenti del suo pazzo amico, quindi che bisogno c’era di preoccuparsi?
Raggiunsero il tavolino su cui giacevano le ambigue pasticchette, e Serse gliene avvicinò una alle labbra, simulando le stesse azioni di una mamma che imbocca il figlio.
“Fai aaaaaaaahh… !”
Reim spalancò la bocca, curioso d’assaggiar l’esperimento.
Ma quando la pasticca stette per posarsi sulla sua lingua, ecco che di scatto chiuse la bocca, coprendosi le labbra con le mani.
“Ma come, non la vuoi più?”
Domandò l’altro, deluso dal suo comportamento.
Reim scosse la testa con aria piuttosto schifata.
“No! Ho cambiato idea.”
Affermò deciso.
Serse sospirò con aria triste e abbattuta, cercando di suscitare tenerezza nell’amico che, un attimo dopo, commosso da quello sguardo che faceva a gara con quello del Gatto con gli stivali di “Shrek”, ritornò al suo iniziale proposito, spalancando nuovamente la bocca.
Serse saltellò contento e lo imboccò della bianca caramella.
Un attimo dopo però, quando il suo obiettivo sembrava ormai raggiunto, Reim sputò via la pasticca ed emise uno schifato mugolio.
Serse si mise a braccia conserte e lo fissò con aria offesa.
“Mi hai molto deluso, Reim. Molto!”
Affermò indignato.
Dal canto suo, l’altro alzò le spalle e si scusò.
“Mi dispiace… Non lo faccio apposta, ci sono nato con questo cognome.”
Nel frattempo, una squadra di basket venuta dal passato viaggiava alla ricerca di nuovi giocatori da inserire nel team. Si facevano chiamare “Basketvil” e, al momento, erano solo in tre: Lotti, Dog e Fango.
La prima, una seducente donna dai capelli rosa, andò a citofonare al campanello del signor Oscar Vessato, il famoso zio di Orazio.
Egli, aperta la porta, emise un fischio d’apprezzamento nel vedere la fanciulla.
“Buon giorno signorina!”
Esclamò, passandosi la mano sui capelli in maniera sensuale e provocante.
Lotti improvvisò una smorfia schifata di sdegno.
“Sono alla ricerca di membri.”
Affermò, senza specificare altro.
Oscar sentì un brivido percorrergli la schiena: era il suo giorno fortunato!
“Oh, beh… Siete venuta nel posto giusto!”
Esclamò più felice che mai.
Ma l’espressione seria della ragazza era rimasta invariata.
“Devono essere alti e robusti.”
Aggiunse pretensiosa.
Oscar sorrise a trecentoquarantasette denti.
“Oh, su quello non avete di che preoccuparvi!”
Proseguì all’apice della felicità.
“Lo so, mi hanno consigliato di rivolgermi a lei, è per questo che sono qui!”
Nel sentir quelle parole, Oscar divenne rosso d’imbarazzo.
“Ah! E dunque è una cosa risaputa! Che felicità! Non pensavo che le donne ne parlassero tanto!”
Lotti alzò un sopracciglio, stranita dalle sue parole.
“Beh… Non ci vuole molto a capirlo, si vede.”
Affermò, davanti all’espressione sempre più estasiata dell’altro.
“Oh! Davvero!? Che gioia nel sentir codeste parole! E’ il girono più bello della mia vita! Oh, a proposito! Che sbadato! Entrate pure bella fanciulla, vi offrirò un thè e poi parleremo dei nostri affari o… Se preferite, possiamo mettere da parte il thè e arrivare subito al dunque!”
Ma Lotti non sembrava molto propensa ad accettar quella proposta.
“Non se ne parla! La partita comincia fra dieci minuti, ho bisogno che lei venga adesso!”
Oscar spalancò gli occhi stupito.
“Qui? Sul portone di casa!? Ma… Potrebbero vederci tutti!”
Fu quello che esclamò, sotto lo sguardo ancor più confuso di lei.
“Eh?”
Disse la ragazza, perdendo completamente il senso del discorso.
A quel punto, Oscar tornò a sorridere compiaciuto e disposto ad accontentarla.
“Beh, a quanto pare… Siete una a cui piace farlo strano… E va bene, non perderemo altro tempo!”
Cominciò a slacciarsi i pantaloni sotto lo sguardo schifato di lei che, immediatamente, gli mollò un ceffone.
“PORCO!”
Esclamò, correndo via un istante dopo.
Oscar rimane inebetito sulla soglia del portone di casa, guardandola fuggire.
“Ma… Me l’ha chiesto lei…”
Balbettò fra sé e sé, chiedendosi dove avesse sbagliato.
Al calar della sera di quello stesso giorno, Orazio e compagnia ricevettero una missiva all’interno della quale v’era scritta una dichiarazione di guerra.
Confusi e un pizzico turbati dalle pungenti parole ivi contenute, la lessero e rilessero, per essere sicuri di non aver capito male.
“Allora, ricomincio…”
Orazio, che, essendo il protagonista, voleva trovarsi sempre al centro dell’attenzione, schiarì per la quinta volta la sua voce, intento a pronunziare nuovamente il messaggio.
Inutili puzzolenti
Cuori di Pandora,
Chi vi scrive è la
temibile squadra dei Basketvil.
Abbiamo intenzione di
dominare il mondo, perciò dichiareremo guerra al vostro team perché ci va.
In palio noi Basketvil il vincitore riceverà il potere della Volontà
delle Fogne, che consente l’accesso gratuito per un giorno ai parchi di DisneyLand.
Preparatevi a
soccombere!
Saluti,
Lotti, Doggy e Fangy ♥
Madame
Charlotte, Sir. Dog e il bellissimo
Lord Fango.
Loti , dog e fago
Dog non
sa scrivere!
Loti cativa !
Smettetela!
Fango
puzza!
P.S: ah, l’appuntamento è previsto per questa notte alle 3:00,
al campo di basket della città! E’ vietato portare i cellulari, in quanto potrebbero
interferire con la correttezza del gioco.
Concluso il messaggio, rimasero ancora una volta tutti basiti.
“Ricomincio daccapo?”
Domandò Oz.
Gilberto annuì, seguito da Serse e Reim.
“Allora…”
Inutili puzzolenti Cuo-
“Ma basta!”
Urlò indignata Alice Pronunziatoallitaliana.
Tutti si volsero a guardarla, mentre seccata scuoteva il capo
castano.
“Mi sembrate dei deficienti! Come ho fatto a sopravvivere con voi
fino ad ora?”
Si mise le mani fra i capelli, ormai al limite della sua già
scarsa pazienza.
“Basta, mi sono rotta! Avanti Oz! Fammi
finire quel tatuaggio!”
Afferrò il ragazzo per il collo della camicia, ma le sue
intenzioni vennero prontamente ostacolate da Gilberto.
“Che vuoi tu? Levati dai piedi, ho un lavoro da terminare!”
Gridò ancora la ragazza.
“Mai e poi mai!”
Disse lui convinto, destando lo stupore di Orazio, che non credeva
gl’importasse così tanto di lui, dato che lo torturava sempre.
“Che cosa!?”
Alice rimase sbigottita da quella reazione e lo guardò mentre,
dopo quattordici anni di vita, riusciva finalmente a dichiarare il suo
segretissimo amore per il padrone.
“Non ti permetterò di fargli del male, perché…
Perché IO LO AMO!”
Alice e Oz rimasero shockati da quella
parole e non riuscirono ad emettere alcun suono.
Sceron, invece,
fece una smorfia di disprezzo, portandosi una mano alla guancia.
“Un amore tra uomini… Bleeeeah!”
Disse schifata, mentre, dietro di lei, Serse
e Reim si scambiavano occhiatine vaghe.
Un istante dopo, nella testa di Orazio s’accese un lume.
“Ehi, fermi tutti!”
Gli altri stettero in silenzio ad ascoltare.
“Abbiamo una guerra per cui prepararci, non possiamo perdere tempo
in stupidaggini!”
In quel momento, Alice sospirò sollevata nel veder che il biondino
aveva recuperato un po’ di senno, mentre Gilberto cadde in depressione
nell’udir il termine “stupidaggini”.
Uscirono tutti dalla stanza, correndo ad indossare i loro abiti
migliori: era un’okkasione trp
unika x rinunciare a mettersi in tiro! ♥
L’unico che rimase fu Gilberto che, ancora scosso
dall’indifferenza del padrone, finì per restare lì finché gli altri non lo
vennero a chiamare, esattamente alle 2:47 della notte.
Uscirono tutti e sei dalla magione, avviandosi presso i propri
mezzi di locomozione. Un’altra rima!
“Ok, le fanciulle ed io prenderemo la mia macchinetta: Sceron accanto a me e Alice nel portabagagli.”
Affermò Orazio, dando le sue direttive come solo un protagonista può
sa fare.
“Serse e Reim
invece prenderanno il motorino.”
Aggiunse poi.
“Posso stare dietro? ♥”
Domandò il signor Pausa al suo amico.
Reim,da
buon rincoglionito come tutti i personaggi di questa storia, si chiese il
perché di quella proposta e, nel dubbio, accettò.
“E… E io?”
Intervenne Gilberto con voce flebile.
“Ah, già. Gilberto.”
Orazio si ricordò solo in quel momento del suo
servo e subito trovò un mezzo anche per lui.
“Tu prenderai l’autobus.”
La mascella di Gilberto arrivò a toccare il
suolo quando il suo padrone gli ordinò di prendere un mezzo pubblico.
“M-ma-ma-ma… Da
solo? E… E se incontrassi qualche malintenzionato? Insomma… Ho solo quattordici anni!”
Balbettò sull’orlo del pianto, provocando il
dissenso di Oz.
“Ti ricordo, Gilberto, che avrai anche
quattordici anni, ma ne dimostri ventiquattro!”
Mai come in quel momento Gilberto si pentì
d’aver ingerito quell’intruglio maledetto che lo aveva reso apparentemente più
vecchio.
Dopo altre chiacchiere al vento, cominciò a
farsi tardi, e tutti s’avviarono uno dopo l’altro nel loco della sfida.
Nel contempo, sul posto di battaglia, Lotti e
i suoi compagni improvvisavano un’intensa e competitiva gara a “milichituli”.
“Ahahah! Fango ha
perso di nuovo contro Dog!”
Esclamò divertita Lotti.
Fango inclinò le sopracciglia intristito e un
po’ offeso.
“Ma ha le mani enormi! Certo che perdo!”
Poi, improvvisamente, qualcosa li interruppe:
dei fari luminosi invasero il campo da basket e i loro occhi, rendendo visibili
solo cinque sagome di uomini e donne che si scrocchiavano le dita.
“Ma cos… Chi diavolo sono quelli!?”
Esclamò Lotti.
Poi, quando le luci s’affievolirono, la donna
riconobbe i nuovi arrivati.
“Ah, già. Siete voi.”
Disse, ricordandosi il motivo per cui eran giunti lì.
“Non avrete mai il potere della Volontà delle
Fogne! Appartiene alla gemella di Alice, Alice!”
Urlò Orazio, facendosi avanti con sguardo
minaccioso, come solo un protagonista è degno di fare.
Dopo quelle parole, Serse
assunse un’espressione un po’ confusa e si rivolse alla ragazza castana.
“Scusa ma tua sorella gemella si chiama come
te?”
Domandò curioso.
“Sì, e allora?”
L’espressione del signor Pausa sembrava
alquanto divertita.
“Cos’hai da ridere, pagliaccio!? Ai miei
genitori piaceva solo “Alice”, problemi? Piuttosto pensa al tuo di nome, che è
ridicolo!”
“Serse era un grande
re persiano, è un nome da figo!”
“Mi riferisco a “Pausa”, razza d’idiota! Cosa
significa? Che sei talmente ottuso che hai bisogno di andare in stand-by come
un registratore!?”
“E’
semplice, in realtà.”
Serse
alzò un dito come per puntualizzare e subito spiegò l’origine del suo cognome.
“Non mi piace compilare documenti, così avevo
bisogno di una scusa per scaricare tutto a Reim! Se
mi fossi chiamato Serse Lavoro non avrei avuto alibi
a mio vantaggio. Incredibile, eh? Giovanna MocciaZucca
ha pensato proprio a tutto quando mi ha disegnato!”
Alice rimase senza parole, interdetta e
sbigottita allo stesso tempo. Quasi quasi… Gli faceva
un po’ pena.
“Ehi, voi! Basta bighellonare a vanvera!
Fatevi sotto e mettiamo la parola fine a tutto questo!”
Esclamò improvvisamente Lotti, riottenendo
l’attenzione degli avversari.
Orazio strinse i pugni determinato.
“Bene, allora cominciamo!”
…
*frinito*
?
“Ma… Cos’è
esattamente che dobbiamo fare?”
Domandò poi, non avendo idea di quali fossero
le modalità della sfida.
“Ovvio, no?”
Disse Lotti, anche lei indecisa su come
portare avanti la cosa.
Cominciò a pensare e, poco dopo, agì d’istinto
improvvisando la prima cosa che le venne in mente.
“VAI DOG! SCELGO TE!”
Dog avanzò sul campo, attendendo che un valido
avversario si facesse avanti.
“Ah sì, eh? E’ così che vorresti vincermi… In una sfida a pokèmon!”
Esclamò Oz.
“E va bene, l’hai voluto tu! Vai Alice, scelgo
te!”
Ordinò alla compagna di scendere in campo, ma
quella non si mosse.
“Avanti, Alice! Devi andare!”
Insistette il biondino.
La ragazza girò lentamente il capo verso di
lui e lo puntò con sguardo minaccioso.
“Mi rifiuto. Piuttosto preferisco andare in
giro con un abito merlettato e un ridicolo fioccone
rosso in testa!”
Sceron
si sentì improvvisamente chiamata in causa.
“Ehi!”
Esclamò offesa.
Orazio sospirò, terribilmente preoccupato che
nessuno volesse collaborare.
“Immagino che neanche tu voglia andare, eh Sceron?”
La nobil giovinetta
alzò il capo e chiuse gli occhi.
“A sporcar il mio prezioso abito di raso? Ovvio
che no!”
Disperato, Oz
s’appellò a Reim, diffidando di quel suo aspetto
affatto minaccioso e molto da Nerd.
“Avanti, Reim. Vai
tu.”
“I-i-i-i-i-io… ?”
L’uomo deglutì e iniziò a tremare spaventato.
“Avanti, Reim, non
fare capricci!”
Disse Serse.
“Sarà come giocare a Tekken, però dal vivo!”
Nonostante le parole del signor Pausa
volessero essere rassicuranti, il tremore che aveva colpito Reim
si fece ancora più violento.
“M-ma-ma-ma i-i-io… !”
Orazio sbuffò innervosito e lo spinse dentro.
“Coraggio, vai!”
Reim
rotolò fino a raggiungere il centro del campo, ritrovandosi davanti a una
montagna con un paio di mani più grosse di due I-Pad messi insieme.
“Coraggio, Reim!
Puoi farcela!”
Lo incitò Sceron,
sventolando la gonnella.
Reim
si fece coraggio e, improvvisamente, decise che, quasi quasi,
non sarebbe stato male mettersi un po’ alla prova!
Stringendo le mani in due pugni, cominciò a
scaldarsi pronto per il round.
“Avanti, fatti sotto grassone!”
Minacciò determinato il suo avversario.
Dog inclinò la testa da una parte, sorpreso da
come aveva improvvisamente cambiato idea.
Si fece più vicino, inombrando l’area
circostante il suo rivale.
Più quell’ombra oscura s’avvicinava, più Reim sentiva che il suo cognome gli stava facendo cambiare
idea, ancora una volta.
“N-n-n-no a-a-a-aspetttta! Po-possiamo parlarne… !”
Ma le sue gambe da tremanti divennero
paralizzate di fronte allo sguardo di quel possente omone che, un attimo dopo,
si chinò, fissandolo negli occhi più da vicino.
Reim
deglutì ancora. C’era silenzio; molto
silenzio.
Improvvisamente, il grosso figuro disse
qualcosa.
“Dog no cicione.”
Fu un colpo netto, un cazzotto profondo che
gli colpì lo stomaco e lo spedì dritto verso il muro.
Mentre volava al di là del campo, Orazio e compagnia
lo seguirono con lo sguardo, affatto sorpresi dell’esito dello scontro.
“Avanti, signorina perfettina:
i cinque euro.”
Disse Alice, rivolgendosi a Sceron che, un istante dopo, pagò il suo debito.
“Ah, Reim! Maledetto
imbranato che non sei altro! Dirò al duca Reggiano di toglierteli dalla paga
insieme agli interessi!”
Borbottò indignata fra sé e sé la signorina PioggiaSdegno.
“Avanti Serse, ora
tocca a te!”
Oz ordinò al
prossimo di farsi avanti.
Tuttavia, il signor Pausa non sembrava molto
entusiasta della cosa.
“Ma scusa… Perché
proprio io? Perché non tu, ad esempio?”
Oz lo guardò
con aria di sufficienza, si tirò su il colletto della camicia e mosse la testa,
facendo ondeggiare il ciuffo biondo.
“E’ ovvio, no? Perché io sono il protagonista.
E decido io se ho voglia di
sporcarmi le mani o meno.”
Serse
non riuscì a rimanere indifferente alle sue parole e gli fece un cenno di stop
con la mano.
“Ehi, abbassa la cresta, “signor. Protagonista”. Forse non ti è chiaro, ma te lo dirò subito:
Giovanna mi adora!”
Mentre i due facevano a gara su chi fosse
meglio tra Il Protagonista e Il Personaggio Fico, ecco spuntare da dietro un
cespuglio una terza figura di cui forse avevamo già parlato…
Ma non mi ricordo, sinceramente.
“Ehi, guardate! C’è Gilberto!”
Esclamò Sceron,
vedendo in lontananza il compagno.
“Ah, Gilberto! Arrivi proprio nel momento
giusto! Orazio aveva scelto te come prossimo pokèmon!.”
Lo accolse
invece Serse, scaricando su di lui il proprio dovere.
Gilberto aveva il fiatone e non sembrava
sentirsi molto bene.
“Scusate… Ragazzi… Datemi cinque minuti… Ho
rincorso l’autobus per dodici fermate e… quando sono salito… Mi hanno fatto la multa…
Non avevo i documenti… Così ho dovut-“
“Vabbè, me lo racconti
dopo! Scendi in campo ora.”
Lo interruppe Oz,
spezzandogli il cuore.
“O-Orazio-kun… Non
sei contento di vedermi?”
Domandò il servo, con i lacrimoni
negli occhi.
Oz sbuffò
innervosito e decise di accontentarlo.
“Sì, sì va bene, anch’io! Ora va’ però!”
Improvvisamente, neanche si chiamasse Lunatico
di cognome, l’umore di Gilberto cambiò radicalmente.
S’avventò sul campo di battaglia, dimostrando
al biondino quanto l’amore che nutriva per lui fosse forte. Fece fuori i nemici
uno dopo l’altro, lasciando a bocca aperta i suoi compagni.
“D-dove hai preso
tutta quella forza!?”
Chiese shockato Oz.
Gilberto s’inchinò davanti a lui e, tenendo il
cappello fra le mani, gli fece una proposta.
“Era lungi che volevo domandarvelo, mio signore…”
Tutti rimasero immobili ad ascoltare.
“Desiderate … Condividere con me il resto
della vostra vita?”
Orazio rimase shockato come dopo la sua
dichiarazione. Nello stesso giorno, non solo aveva scoperto che il servo che
aveva pestato e torturato per anni fosse innamorato di lui, ma voleva anche
sposarlo!
“Bleeeeah!”
Il verso disapprovante di Sceron
fece da sottofondo a quella scena piena di suspense ed emozione.
Oz rifletté
un attimo: in fondo, era solo grazie a Gilberto che avrebbe potuto realizzare
il suo sogno di andare a DisneyLand. Il padre,
essendo schifato della sua esistenza, si era sempre rifiutato di portarcelo, ma
ora, grazie all’aiuto di quel servo tanto bistrattato, Orazio avrebbe
finalmente avuto l’onore d’incontrare il suo più grande idolo: Topolino.
“Sì…”
Gilberto spalancò gli occhi, incredulo alle
sue orecchie.
“C-cosa?”
Orazio sorrise dolcemente e con un’evidente
sincerità, che era riuscito ad esprimere grazie all’immagine nella sua mente di
Topolino che gli stringeva la mano.
“Ho detto sì, Gilberto.”
Il servo scoppiò a piangere di felicità. Non
gli parve vero: l’unica sua ragione di vita aveva finalmente accettato di
essere l’unica sua ragione di vita! Ora anche loro, proprio come Jack e David
di Dawson’s Creek, si sarebbero amati alla follia,
arrivando a scalare le montagne più alte del mondo, oltrepassando gli ostacoli
più insidiosi!
“Gilberto…”
Notandolo viaggiare in un altro mondo, Oz richiamò il servo alla sua attenzione.
“GILBERTO!”
Riuscì a svegliarlo solo con un pesante
ceffone, mollatogli improvvisamente sulla guancia sinistra.
“Ahhh… !”
Sospirò Gilberto con aria innamorata.
“Porterò questo dolore sempre con me! ♥”
Poco dopo, quando tutti si prepararono a
tornare a casa, mentre Gilberto era ancora assorto nei suoi pensieri, una voce
lontana cominciò a farsi viva tra le chiome degli alberi.
“Nii-saaaaaaaan… !”
“Mh? Chi è che grida
tanto?”
Si chiese Serse
mentre, insieme a Sceron, cercava d’incastrare il
corpo di Reim nel bagagliaio della macchinetta di Oz.
“Nii-saaaaaaaaan… !”
“Chi è questo matto che urla!?”
Domandò seccata Alice.
Improvvisamente, come destato da un sonno
profondo, Gilberto tornò in sé, rimanendo immobile con gli occhi fissi nel
vuoto.
Curioso, Oz gli chiese cosa avesse.
“Che hai, Gilberto?”
Le mani del servo cominciarono a tremare
violentemente.
“Nii-saaaaaaaaaan… !”
“Oh, no!”
Esclamò terrorizzato.
“Che è successo?”
Insistette il biondino.
“Lui è qui…”
Rispose Gilberto.
“Lui chi?”
“Nii-saaaaaaaaaan… ! ♥”
Gilberto deglutì, e una goccia di sudore gli
colò lungo il viso.
“Dannazione! Questa volta…
C’è pure il cuoricino!”
Affermò ancor più scosso.
Orazio lo afferrò per le spalle e lo fece girare
verso di lui.
“Insomma, si può sapere che hai!?”
Ma in quel momento, proprio dietro al tanto
amato padrone, era apparsa un’altra figura: quella di un uomo dai capelli
lunghi e dagli occhi bicolore, che lo guardava con un sorriso a novecentosettordici denti: il temuto fratello di Gilberto,
lo stravagante, sadico, appiccicoso, smieloso, impudriciato, sventricolato, parmessanato, degavanato Vincenzo
Raggiodellanotte.
“AAAAAAAAAAAAAAHHHH!!!”
Gilberto cacciò un urlo di fronte all’immagine
del fratello che, compiaciuto dalla sua reazione, subito gli si tuffò tra le
braccia, stringendolo come un cuscino.
“Hai visto Gil-kun? ♥ Sono
tornato da te, proprio come promesso! Ora non ci separeremo mai mai mai mai
mai! E staremo insieme sempre sempre
sempre!”
Gilberto si sentì svenire, completamente
impotente di fronte al diabetico linguaggio del fratello, che strofinava il
volto su di lui come una micetta in calore.
Nella disperazione di quel momento, non si era
neanche accorto che Orazio e compagnia stavan repenti
dandosi alla fuga, salendo sui loro mezzi di locomozione privati. Fa figo detto così, in realtà avevano tutti e due cilindrata
50.
“Ehi, non lasciatemi qui!”
Urlò disperato Gilberto, con i lacrimoni agli occhi.
“Oz! Ti prego, Oz!”
Orazio che, già salito in macchina lo guardava
dal finestrino, si mise a ridere e, mostrandogli i biglietti per DisnayLand, gli mandò un ultimo saluto, facendosi vedere
mentre con un braccio avvolgeva Sceron, seduta
accanto a lui.
“Mi dispiace Gilberto! A quanto pare c’è un
altro uomo nella tua vita. Io parto direttamente per DisneyLand,
e mi porto con me le mie donzelle Alice e Sceron!
Dirò a Topolino di firmare un autografo anche per te se mi ricordo. Bye bye!”
“Nooo! Aspetta Oz, ti pregooo! Aspeeeeeeeeetta!”
Ma era troppo tardi.
Orazio aveva messo in moto il suo bolide e si
stava avviando verso il posto che avrebbe dovuto rappresentare il loco della
loro luna di miele.
***
Pochi
mesi dopo…
“Oh, finalmente dopo dieci taniche di benzina
e novanta rimorchi, siamo arrivati a DisneyLand,
ragazze!”
Esclamò Oz,
finalmente approdato nel luogo dei suoi sogni.
Sceron
uscì dalla macchinetta con gli occhi che parevano due vortici.
“Su, su mia signorina! Non temete, il peggio è
passato!”
Disse il biondino, tentando di tranquillizzarla.
“So io che ci vuole! Un bel giro di montagne
russe e passa tutto!”
La nobil giovincella
cominciò ad avvertire un certo senso di nausea sentendo quelle parole, ma le
passò subito tutto, quando si domandò come stesse Alice. Durante quel viaggio
estenuante, la ragazza non s’era mai fatta vedere.
“Uhm, sarà il caso di avvertire Alice che
siamo arrivati!”
Affermò il biondo, cominciando ad aprire il
bagagliaio.
“Avanti Alice, sveglia! Siamo giunti a dest-“
Ma chi vi trovò dentro non era Alice, bensì…
Nel
frattempo, a Pandora…
“Stupido pagliaccio! Compila quei documenti e
poi torna a pulirmi le scarpe! Voglio che siano lucide e splendenti come uno
specchio!”
Alice se ne stava seduta comodamente su una
poltrona, mentre Serse scriveva ricurvo sulla sua
scrivania, con un paio di visibili occhiaie sul volto.
“Accidenti… Come
vorrei che Reim fosse qui!”
***
Angolo dell’autrice
La donna che
si dilettava nell’arte della tragedia ha improvvisamente dato di matto ed è
sprofondata nella demenzialità totale xD.
Scherzi a
parte, avevo voglia di cimentarmi in qualcosa di diverso, cambiando argomento
e, soprattutto, vedendo se fossi in grado di scrivere qualcosa di non serio.
L’idea mi è venuta in mente pensando a un discorso che feci tempo fa riguardo
alla scelta di Mediaset di tradurre in italiano i nomi dei personaggi dei
cartoni. Così, una volta ottenuti personaggi del calibro di “Serse Pausa” e “Gilberto Raggiodellanotte”
non ho potuto resistere dal scriverne una storia xD.
Spero che il
racconto vi abbia divertito. Di solito punto al far piangere, ‘stavolta cambio
target! xD.
A presto,
Strato.
P.S: Uh, che sbadata! Ringrazio moltissimo
Giovanna MocciaZucca per avermi prestato i suoi
personaggi! ♥