Non
scrivo a scopo di lucro, i personaggi realmente esistenti non mi
appartengono e quello che scrivo non è reale (almeno spero!)
ed è in parte frutto della mia fantasia. L'altra parte
è
dei Subsonica, precisamente della loro canzone
“Stagno” che, se
volete, potete ascoltare in sottofondo mentre leggete.
[Come
noterete alcune frasi sono prese paro-paro dal testo della suddetta
canzone]
L'acqua
è fredda.
L'ho guardata per qualche
minuto prima di immergere una gamba, poi l'altra e sedermi nella
vasca bianca, rannicchiandomi in quel gelo liquido che sembra
scottare la pelle.
Ripenso a cosa è
successo meno di un'ora fa e un velo di terrore si posa sui miei
pensieri.
Le sue mani addosso a me,
la polvere dell'asfalto che entra nelle narici, quel sapore
dolciastro e metallico di sangue nella bocca.
Natale del cazzo.
Stringo più forte
le gambe al petto e ricomincio a piangere, lasciando che le lacrime
puliscano il mio corpo dalla terra prima di cadere nell'acqua
stagnante.
È come se sentissi
il ticchettio di un orologio e so che il tempo sta per scadere. Il
tempo, in verità, continua a scadere. Scade ogni volta che
la
presa è più forte, che lo schiaffo è
più
violento. Ogni volta che finisco per diventare lo strato molle e
macerato che galleggia su quest'acqua.
Respirare è sempre
più difficile.
Restare con gli occhi
aperti anche.
Mi schiudo come fanno i
boccioli in primavera e piano mi lascio scivolare sul fondale di
questa conca di ceramica e resto così, ferma, nascosta, in
apnea.
L'acqua è fredda.
Finalmente sembra lenire
le ferite dell'anima e spegnere il fuoco che avevo in testa.
Posso dischiudere le
palpebre e immaginarmi riflessa sul filo d'acqua morta che mi separa
dal resto della stanza, del mondo. Che mi separa da lui.
Ciò che invece
trovo sono due occhi così simili e irrimediabilmente diversi
dai miei. Talmente azzurri da sembrare grigi, talmente grandi da
sembrare fari.
Ansima, è scosso,
ha le mani rosse e le nocche ammaccate, come la mia pelle.
Immerge le braccia in
quello stagno casalingo e mi tira fuori con tutta la forza e la
gentilezza che ha in corpo. Mi appoggia sul tappeto e mi copre con
quel delizioso asciugamano rosso che ho comprato pochi giorni fa
sulle bancarelle del mercatino natalizio.
“Basta.” mi dice.
“Che cosa hai fatto?”
gli chiedo sfiorando quelle mani malridotte.
“È il mio regalo
per te.”
Sorrido tristemente a
queste parole. “Questi lividi sono il suo.”
“Basta, ti prego. Ha
perso completamente la testa.”
“Jared, aspettami di là.
Mi vesto e vengo da te.”
Lascia la lieve presa
delle mie braccia ed esce dal bagno chiudendosi la porta alle spalle.
Io mi alzo con cautela. I
lividi, prima, e il freddo, poi, mi hanno intorpidito gli arti.
Appoggio le mani alla vasca e, con una piccola spinta, mi metto in
piedi ma rimango leggermente china a guardare lo spettacolo che mi si
presenta sotto gli occhi: l'acqua, sempre pronta a specchiarmi,
è
ora torbida, sporca, striata di sangue. In un attimo riflette non il
mio volto ma l'abisso nel quale sono caduta e che continua a
trascinarmi giù, verso il centro della terra.
Decido
di lasciare tutto così com'è, come una sorta di
promemoria e poi d'un tratto, quel sorriso a labbra strette riaffiora
sulla superficie, ricambiando il mio sguardo.
Mi
volto verso di lui. “Arrivo.”
Niente
più acqua, niente più freddo.
Distesa
sul letto, sotto un enorme e caldo piumone con tanto di renne e
slitta, penso che forse questo giorno di Natale non è poi da
buttare del tutto. Osservo come Jared ha sistemato l'albero
lì
nell'angolo, le luci e i festoni lungo le quattro mura della stanza.
Ripenso alla cena calda che è riuscito a rimediare dagli
avanzi di un frigo quasi mai usato. Ascolto il lieve rumore della
musica di sottofondo e gli ovattati chiacchiericci provenienti dalla
strada.
Un
lento e confortante torpore sale.
Adesso
non esistono lividi o paure.
Jared
si sdraia di fianco a me e sussurra qualcosa che non riesco ad
interpretare. Non importa.
Non
vedo più nessun male che mi possa ferire, almeno per
stanotte
non c'è nessun dolore.
Stagno – Subsonica
Resto
fermo e nascosto
Nell'apnea di un fondale.
Nella cuora del
tempo
Che continua a scadere
Sulla pelle ammaccata
Il mio
regalo per te.
Non vedo più nessun male che mi possa
ferire
Almeno per stanotte non c'è nessun dolore.
Lo
stagno pronto a specchiarmi
E' un abisso per me
Che ricambia
lo sguardo
Che mi parla di te.
Sulle
nocche ammaccate
Il
mio regalo per te.
Non vedo più nessun male che mi possa
ferire
Almeno per stanotte non c'è nessun dolore.
http://www.youtube.com/watch?v=GdwdzpBVOhc