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Autore: Shannonwriter    10/12/2011    3 recensioni
La mia prima ff su Glee! Protagonista Quinn, il mio personaggio femminile preferito. La one-shot si colloca durante l'episodio "Hold On To Sixteen". Quinn, triste e abbattuta crede di aver perso ogni speranza per un futuro migliore. Riuscirà un gradito ritorno a tirarla su di morale?
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quinn Fabray, Sam Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: Immaginatevi che tutta quella scena in cui Sam dice a Quinn che non ci potrà mai essere niente tra loro non ci sia stata e quindi neanche il fatto che a lui piace Mercedes.

 

La porta sbatté forte dietro di me. Mi precipitai all’angolo più remoto dell’aula, accanto alla finestra. Mi accovacciai lì e cominciai a piangere. Le avevo trattenute quelle lacrime, voltandomi dall’atra parte quando qualcuno dava uno sguardo troppo attento ai miei occhi, ostentando una falsa sicurezza quando venivo provocata. In realtà se avessi potuto avrei pianto tutto il giorno, dall’entrata a scuola fino all’uscita e a casa mia buttata sul letto. Ma non potevo, era da deboli. Che cosa avrebbero pensato tutti di me? Che mi stavo rammollendo, che non ero più quella di una volta? Certo, non ero più capo cheerleader da un pezzo e un po’ del mio potere era già andato perso ma comunque mi piaceva pensare di avere ancora una certa reputazione a scuola, nonostante cantassi e ballassi con gli altri. Tuttavia, la tristezza si impadroniva ormai troppo spesso di me. Avevo tanti pensieri per la testa che proprio non ne volevano sapere di andarsene. Uno su tutti, che cosa avrei fatto dopo la fine della scuola. Avevo tentato di autoconvincermi che c’era ancora tanto tempo, che me la sarei potuta prendere comoda per un po’. Ma il tempo correva veloce, un po’ come dicevano sempre i nostri professori in riferimento al nostro esame finale, sempre più vicino. Ovviamente non era quello a spaventarmi. Non era niente in confronto all’oscura prospettiva di che cosa diavolo avrei fatto della mia vita una volta lasciato il McKinley. Mi sentivo sola, anche se non l’avrei mai ammesso a voce alta. Ero riuscita a controllare perfettamente la mia vita all’inizio del liceo perché avevo il ragazzo perfetto, ero una cheerleader ed ero bellissima. Poi sono rimasta incinta e tutto è cambiato. Inutile dare tutta la colpa al glee club o a Rachel che si è presa Finn; da quando l’ho tradito e il pettegolezzo della mia gravidanza si è diffuso, da quando ho cominciato a girare per i corridoi con il pancione tutto ha cominciato a cadere a pezzi. Certo, a guardare bene le cose in prospettiva avevo sempre il glee club, dove grazie al cielo potevo passare qualche ora a cantare e ballare perdendomi completamente nella musica. Dimenticavo tutto. Ma la musica prima o poi finisce. Tutto finisce…la scuola, l’amore, l’essere popolari…Mi trovavo in un luogo troppo oscuro e chiedevo solo di esserne tirata fuori. Da sola, era ovvio, non ci riuscivo. La dimostrazione era Beth. Ormai non sapevo più se ostinarsi a cercare di riprenderla fosse la cosa giusta, perché sapevo che non l’avrei fatto tanto per il bene di lei, ma per me. Sapevo di essere egoista, ma non potevo farci nulla. E c’era un’umiliazione in più, come se non bastasse: Puck non era più interessato a me. Neanche per una botta e via, perché era rimasto stregato da Shelby. Una vecchia, che orrore. Come poteva preferire lei a me? Lo trovavo assolutamente assurdo. Quindi, cosa mi era rimasto? Niente, o almeno così mi pareva. Niente più Finn (non l’avrei nemmeno voluto indietro, due volte mi erano bastate) e niente più Puck. Potevo solo piangere di nascosto in un angolino buio di una stanza vuota del liceo, mentre tutti se n’erano già andati. Come a contraddirmi sentii un rumore. Sobbalzai.

La porta si era aperta? Non sapevo se rimanere ferma e aspettare che chiunque fosse, probabilmente un bidello, se ne andasse senza vedermi o se alzarmi e accampare una scusa del tipo “ho dimenticato un libro” e filare via. Non sarebbe importato a nessuno se stavo piangendo. Poi sentii dei passi e capii che mi avrebbero scoperta. Mi asciugai velocemente le guance con una manica del mio maglioncino rosa e mi preparai ad alzarmi, quando la persona che era entrata si fermò davanti a me. Ancora a terra, potevo vedere solo le sue gambe. Portava dei jeans scoloriti rotti sul ginocchio destro e ai piedi portava delle vecchie sneakers rosse. Di sicuro non era un bidello. Fantastico, sarei stata la barzelletta della scuola il giorno dopo, la povera Quinn che piange sul pavimento. Esilarante.

 “Vuoi una mano?” chiese all’improvviso. Era una voce familiare. Poteva essere…? Alzai la testa e incrociai i suoi occhi gentili, io spalancai i miei. “Sam?” chiesi incredula.

Sorrise. “Non ti sei dimenticata di me, meno male.” Mi tese una mano e io la afferrai subito per alzarmi e in un attimo fui subito fra le sue braccia.

 “Che ci fai qui??” chiesi felice, ma qualche lacrima ricominciò a scendere giù. Era bellissimo rivederlo.

 “Beh, sono venuto a parlare col preside e magari col signor Schuester ma avevo paura che non ci fosse più nessuno ormai, è un po’ tardi. E invece…” Rispose sereno continuando a stringermi.

Mi allontanai un po’ per guardarlo in faccia. “Cosa? Che vuol dire che sei venuto a parlare col preside?” chiese sorpresa.

 “Beh, l’idea sarebbe quella di tornare qui.” Rispose come se nulla fosse.

 “Sul serio?”

Fece cenno di si con la testa. Lo abbracciai di nuovo e lo sentii ridere della mia reazione. “Mi sei mancato, Sam.” Gli dissi. Era vero, era proprio la persona di cui avevo bisogno.

 “Mi sei mancata anche tu. Ora mi vuoi spiegare perché te ne stavi qui tutta sola?” chiese un po’ preoccupato.

Sciolsi l’abbraccio e guardai in basso imbarazzata. “Giornata difficile.” Mentii.

 “E..?” mi invitò a continuare.

 “E niente.” Risposi sulla difensiva incontrando di nuovo il suo sguardo. Errore.

Mi guardò scettico. “Non mi freghi. Devi raccontarmi tutto. Ti va un frappuccino?” Mi chiese comprensivo.

In quel momento abbassai la guardia. Un pensiero mi attraversò velocemente il cervello. Non avevo calcolato Sam. In tutto il casino della mia vita avevo accantonato il mio tradimento verso di lui, quando avevo rovinato la nostra bella storia per fare la stronza e tornare con Finn. Riguardando indietro mi sembrava tutto così inutile. Mi ero mai scusata come si deve con lui? Ma soprattutto: avevo mai considerato che forse il mio più grande sbaglio era stato lasciarlo andare?

 “Quinn? Hai sentito?” mi chiese Sam scuotendomi dalle mie riflessioni.

 “Si. Andiamo. Offro io.” Risposi prontamente, con un timido sorriso che lui ricambiò. Mi prese la mano e insieme uscimmo dall’aula. In quell’istante non riuscii proprio a fermare la speranza che stava nascendo nel mio cuore. Forse non era tutto perduto. Forse avrei amato Sam veramente.

   
 
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