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Autore: Josie_    10/12/2011    3 recensioni
Una semplice OS che parla di amicizia ed amore inteso in modo forse un po' meno scontato.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Parlami un po' di te, Frank."
Frank trovava irritanti molte, molte cose a partire dalla voce pacata e decisamente finta interessata di quello strizzacervelli.
"Di me? Non ho nulla da dire, mi spiace." rispose come se si fosse preparato quella risposta da tempo.
"Oh avanti, Frank, non essere scontroso. Dimmi, come stai?"
"Bene."
"Perché?"
"Perché non sto male."
"E perché non stai male?"
"Perché sto bene."
Frank sorrise, consapevole di starsi comportando come un bambino capriccioso.
"D'accordo, parliamo d'altro. Riesci a dormire la notte?"
"Solo i peccatori non dormono."
"È un no?"
Frank si mise a sedere concentrandosi per trattenere la rabbia che iniziava a bruciargli nel petto. Appoggiò i gomiti alle ginocchia e guardò il dottore dritto negli occhi.
"Me lo dica lei, signore. Non dovrebbe capire tutto della mia vita con un solo sguardo?"
"Non funziona così, Frank. Devi parlarmi se vuoi che ti aiuti."
"E allora mi dispiace." -si alzò e andò verso la porta- "Non voglio parlare con lei e men che meno voglio essere aiutato. È stato un piacere."
Con quell'ultima nota di sarcasmo uscì dallo studio e attraversò a grandi passi il corridoio. Spalancò la porta d'ingresso e l'aria gelida di dicembre gli ricordò di aver lasciato il giubbotto nello studio di quel dannato dottore. Non se ne preoccupò minimamente e proseguì a passo deciso verso la macchina finché non si sentì chiamare. Si voltò furibondo riconoscendo la voce e strinse le mani a pugno. 
"Frankie!" ripetè il ragazzo avvicinandosi. 
"Frankie un cazzo! Non fare il carino, Gerard!" gridò spingendolo così forte da farlo quasi cadere. 
"Frankie, volevo solo..." 
"Stai zitto! Non voglio sentire un'altra parola. No! Stammi lontano!"
Gerard lo guardò allontanarsi allibito. Non lo aveva mai visto così arrabbiato. Non con lui, almeno, ed era completamente, unicamente colpa sua. Mosse un passo verso di lui cercando di evitare di pensare al suo sguardo furioso.
"Non puoi lasciarmi qui! Non ho nemmeno i soldi per l'autobus!"
"Ti farà bene camminare, Gerard, magari realizzerai quanto sei..." non finì la frase. Forse era troppo arrabbiato o forse non riusciva a trovare un vocabolo adatto.
"Frank, dai, scusa! Volevo solo..." nemmeno lui terminò la frase ma fu perché Frank aveva sbattuto la portiera dell'auto ed era partito. 
Gerard tornò a respirare, nelle orecchie il grido sordo della rabbia dell'amico e negli occhi la delusione del suo sguardo. 
"Signor Way?"
Si voltò meccanicamete e presto si ritrovò tra le mani il giubbotto di Frank.
"Si sente bene?" gli domandò premurosa la segretaria del dottore. Lui annuì, la ringraziò a mezza voce e si incamminò lungo la strada affogando nel profumo che quella giacca rilasciava tra le sue braccia.
Aveva agito come un vero idiota. Forse era quello che voleva dirgli Frank: "Realizzerai quanto sei idiota." Sì, suonava decisamente bene, anche se conoscendo Frank aveva pensato sicuramente a qualcosa di più volgare. Si domandò mentre attraversava la strada perché mai avesse deciso di portarlo da uno psicologo. Insomma, sapeva benissimo che non sarebbe mai stato d'accordo . Difatti, credendosi furbo, lo aveva ingannato portandolo in quello studio dicendogli che voleva presentargli un amico. "È una persona fantastica, Frankie, ed è curioso di parlarti. Gli ho raccontato così tante cose di te che mi ha chiesto di incontrarti, e anch'io vorrei che lo conoscessi." -gli aveva detto guardandolo sorridente- "Fidati, Frankie, è davvero un grande, non te ne pentirai!" Ah, che infame! E lui! Diamine, lui lo aveva seguito senza obiettare, fidandosi ciecamente. Oh, come aveva potuto? Ma le sue intenzioni erano buone! Voleva solo aiutarlo, voleva che smettesse di soffrire così tanto, di tenersi tutto dentro. 
Arrivò a casa che era buio ormai e si sentiva stanco più emotivamente che fisicamente. Si era tormentato per tutto il viaggio e ora ne aveva abbastanza di sensi di colpa e quant'altro, ma gli risultava difficile chiudere le sue emozioni in uno scrigno e lasciarle marcire in soffitta. Quella era la specialità di Frank.
Salutò con un cenno Mikey e si chiuse immediatamente in camera. Non aveva voglia di parlare con suo fratello, gli avrebbe sicuramente detto che si trovava nel torto più completo e lui lo sapeva, non c'era affatto bisogno che qualcuno glielo rinfacciasse.
Si addormentò con un ultimo pensiero: "Vorrei semplicemente smettere di esistere. Forse, in questo modo, Frank e tutti gli altri starebbero meglio."
La mattina seguente riaprì gli occhi in una camera che non era la sua, ma che somigliava molto a quella di Mikey quando erano adolescenti. Come diavolo faceva a trovarsi lì? Si alzò circospetto dal letto e raggiunse il salotto di quella casa che aveva odiato e amato allo stesso tempo. Lì vi trovò Mikey; sdraiato sul pavimento e con gli occhi chiusi teneva in mano una bottiglia vuota di un vino scadente. Gli si avvicinò con crescente preoccupazione e più si faceva vicino più notava dettagli che avrebbe preferito non vedere. Trattenne il respiro quando gli occhi si posarono sui polsi insanguinati del fratello. Da quando Mikey si tagliava? Da quando sniffava quella polverina bianca? E da quando si addormentava ubriaco fradicio?
"Dio, Mikey... Che ti è successo?" bisbigliò Gerard terrorizzato.
Gli scostò con una mano i capelli che gli ricadevano sugli occhi e fortunatamente lo vide reagire al suo tocco fresco. Mikey aprì faticosamente gli occhi e impiegò qualche secondo a mettere a fuoco la figura di Gerard.
"Chi...chi diavolo sei?" gli domandò con voce impastata.
"Stai tranquillo, Mikey, ci sono io ora. Ti porto un'aspirina?"
Fece per alzarsi ma Mikey gli afferrò il braccio.
"Ti ho chiesto...chi diavolo sei. Cosa ci fai in casa mia?" 
Gerard iniziò a pensare che fosse ancora sotto l'effetto di qualche droga che gli stesse causando una serie di terribili allucinazioni.
"Mikey sono Gerard. Gerard! Tuo fratello."
Sorprendentemente Mikey scoppiò in una tetra risata.
"Io non ho un fratello!" disse quasi con disprezzo e indicò tremante di debolezza la mensola sopra il camino. 
Gerard si voltò e si avvicinò senza capire. Su quella mensola c'erano una schiera di fotografie, esattamente come quando era bambino. Osservò la prima: Mikey all'età di cinque anni lo guardava torvo. Non gli era mai piaciuto farsi fotografare, lo sapeva bene. La terza e la quarta foto erano pressochè uguali alla prima, con la sola differenza che Mikey aveva qualche anno in più. Ma il suo sguardo e il suo cuore si erano fermati nella seconda foto. Mikey teneva per mano una bellissima donna e la guardava dal basso dei suoi quattro anni sorridendo. Gerard ricordava bene quella foto. L'avevano scattata al compleanno di Mikey e la presenza della nonna era stata una splendida sorpresa per entrambi. Eppure mancava qualcosa in quella magnifica foto. Mancava lui. Mancava lui aggrappato al braccio della nonna. Mancava lui che la guardava come se lei fosse tutto quello che aveva. Mancava lui. 
Spaventato e con un terribile presentimento si lanciò verso quella che era stata la sua camera da letto e la trovò trasformata in uno sgabuzzino. Era colma di scatoloni, cianfrusaglie di ogni genere e tanta, tanta polvere. Sembrava che quella stanza non venisse aperta da anni.
Gerard si portò una mano al petto. Il suo cuore era lì, poteva sentirlo battere all'impazzata. E fu proprio il suo cuore a ricordargli dello stato pietoso in cui aveva lasciato Mikey. Si precipitò da lui e lo aiutò a sedersi sul divano. Il più piccolo cercò di ribellarsi ma era troppo debole per riuscire a spingerlo via e suo malgrado accettò il bicchiere d'acqua che Gerard gli aveva portato.
"Okay, Mikey, non ho idea di cosa stia succedendo, ma sono qui per aiutarti. Perché stai così male?"
Mikey volse gli occhi pesti al più grande e abbozzò un sorriso.
"Io lo so cosa sei. Sei il mio angelo custode. Ieri sera ho pregato tutti gli dei affinché me ne mandassero uno."
"Tutti gli dei?"
"Non so quale esista sul serio, se quello buddhista o cristiano, così li ho pregati tutti. Sono voluto andare sul sicuro."
Gerard sorrise e decise di non contraddirlo, ora che lo credeva un angelo si era tranquillizzato.
"Cosa c'è che non va, Mikey?"
Nuovamente il ragazzo si esibì in quella risata triste. 
"Cosa c'è che non va? Oh, amico, la domanda giusta sarebbe cosa c'è che va! Sarebbe più rapido risponderti."
Gerard provò ad immaginarsi l'infanzia e l'adolescenza del fratellino senza di lui. Lo vide da solo, preso di mira da tutti e capito da nessuno. Non doveva essere stato facile per lui.
"Però non eri totalmente solo. Voglio dire, Frank e gli altri non ti avrebbero mai lasciato solo."
Mikey lo guardò confuso. "Non conosco nessun Frank."
"Ma...? E i My Chemical Romance?" -Gerard iniziò a guardarsi intorno con crescente agitazione- "Dov'è il tuo basso, Mikey?"
Non poteva essere che insieme a lui se ne fosse andata anche la band!
"Di che diavolo stai parlando?"
"Mikey, se tu stai così...Lui ha sempre avuto bisogno di...E se...?"
"Cosa?"
Gerard si alzò dal divano, fece qualche passo ma poi tornò indietro.
"Promettimi che starai su questo divano senza farti del male in alcun modo!"
"Eh?"
"Promettilo, cazzo!"
"Okay, okay, lo prometto!"
Gerard gli portò un pacco di biscotti e qualche cracker, gli lanciò un'ultima occhiata sperando con tutto se stesso che avrebbe mantenuto la promessa e uscì di casa con un unico obiettivo: trovare Frank.
Iniziò a cercarlo in diversi locali e tra le strade di quella triste città, ma di lui nemmeno l'ombra. Passarono diversi minuti, forse ore, e sentiva l'angoscia torturargli lo stomaco.
"Dove sei? Dove sei?" ripeteva freneticamente tra sè mentre lasciava l'ennesimo locale senza di lui. 
Stava rallentando il passo proporzionalmente alla speranza che lo abbandonava. Si lasciò cadere sulle ginocchia al limite della disperazione, si sentiva così perso, così dannatamente inutile... Voleva avere la certezza che Frank stesse bene o, quantomeno, che potesse fare qualcosa per aiutarlo se ne avesse avuto bisogno. Si coprì il volto con le mani tremanti. Dal profondo del suo cuore sentiva però una pesante e nuova paura che gli faceva quasi desiderare di non trovarlo mai. Aveva paura di scoprire che senza di lui Frank stesse perfettamente bene. Allora si che sarebbe stato inutile. 
"Ehi, amico tutto okay?"
Gerard al suono di quella voce si sentì sciogliere. Si voltò lentamente, aprì le dita e guardò attraverso le sue mani il viso preoccupato di Frank. In un secondo dimenticò ogni timore e gli si gettò tra le braccia appoggiando la guancia alla sua.
"Oh, Frankie!" -piagnucolò- "Mi hai trovato! Mi hai trovato tu!"
Frank avrebbe voluto scostarlo bruscamente, ma quando aveva incontrato gli occhi di quello sconosciuto aveva sentito un brivido che non era riuscito ad ignorare.
"Come sai il mio nome?"
Gerard si allontanò un poco per poterlo guardare in viso.
"Sono Gerard, Frank, come potrei non sapere il tuo nome?" -sorrise ricordandosi poi di quello che aveva detto Mikey- "Diciamo che sono il tuo angelo custode!"
"Non credo in queste cose." rispose lui freddo.
"Oh, lo so. Lo so bene! Tu non credi in nulla, nessuno ti capisce, nessuno ti ama, sei tu quello sbagliato, eccetera. Ma ti sbagli! Eccome se ti sbagli!"
Frank, stupito, trovò la forza per alzarsi e guardò Gerard alzando un sopracciglio.
"Tu sei pazzo!"
"No, no! O forse si, non lo so! Ma ho bisogno di sapere come stai!"
"Che t'importa?! Non ti conosco nemmeno! Lasciami in pace!"
Gerard poteva vedere crescere l'irritazione negli occhi di Frank. Doveva calmarsi e farlo calmare.
"Okay, ascolta. Io voglio esserti amico, tutto qui. Lo so che ti sembra di non conoscermi, ma siamo stati grandi, grandissimi amici."
"Ah si? E quando?"
"Non ha alcuna importanza quando! Di me puoi fidarti, Frankie. Non ti deluderò ancora."
"Ancora?"
Gerard lo vide tentennare in un momento di incertezza e ne approfittò. Gli prese una mano e la strinse con convinzione.
"Guardami negli occhi, Frankie, e capirai che sto dicendo la verità."
Ma Frank non la vide quella verità. Questa volta lo spinse via scioccato.
"Si può sapere che diavolo vuoi da me?! Tu sei malato!"
Si allontanò a grandi passi guardandosi ogni tanto indietro per controllare che Gerard non lo stesse seguendo.
Ora che Gerard lo aveva visto, però, non si sentiva affatto tranquillo. Tutt'altro. Aveva notato qualcosa di diverso nello sguardo di Frank, qualcosa che non riusciva a spiegarsi. Era come se non fosse lui...come se in quegli occhi scintillasse una luce pericolosa. Ecco, si. Nei suoi occhi c'era il pericolo. Ma Frank non era in pericolo, no, Frank era il pericolo. Gerard riprese a camminare e si passò una mano tra i capelli cercando di riflettere. Come poteva il piccolo Frankie essere un pericolo per qualcuno? Persino lui gli aveva ripetuto milioni di volte che c'era soltanto una persona che doveva temere Frank: lo stesso Frank. Con quel pensiero gli si accese una lampadina e un brivido di pura paura lo fece trasalire. 
Frank voleva farla finita. Gerard lo aveva capito, ne aveva la più completa certezza ed era ancor più certo che dovesse fare qualcosa per impedirlo.
Non perse un secondo di più: prese il cellulare, chiamò il centralino e si fece dare l'indirizzo di Frank.
Non correva così tanto da quando aveva finito il liceo e ogni muscolo si lamentava sotto quello sforzo al quale non era più abituato. Ma Gerard correva, correva e correva. Doveva fermarlo, doveva arrivare in tempo. Imboccò una via deserta e corse fino al numero 29. Scavalcò il cancelletto e bussò alla porta così forte da farsi male.
"Frank!" -gridò- "Dannazione, aprimi!" 
Dall'interno non proveniva alcun rumore, ma Gerard sapeva che Frank era in casa, lo percepiva. La porta d'ingresso era irrimediabilmente chiusa a chiave perciò il ragazzo in preda al panico optò per rompere una finestra ed entrare da lì. 
"Frank!" lo chiamò ancora. 
Silenzio.
L'istinto lo portò a salire le scale, ad aprire la prima porta a destra. Ed eccolo lì, Frank, steso sul letto e scosso da piccoli tremori. Gerard si avvicinò spaventato e notò un flacone di chissà quali pillole completamente vuoto. 
"Oh mio dio, Frank che cos'hai fatto? Apri gli occhi, ti prego..."
Gli prese delicatamente il viso tra le mani senza preoccuparsi troppo di starlo bagnando con le proprie lacrime.
"Frankie...non puoi lasciarmi, non puoi..." singhiozzava, ma Frank non rispondeva.
Non parlava, è vero, ma le sue labbra si erano incurvate leggermente in un sorriso. Tra le braccia di Gerard, Frank si stava lasciando andare. Dopotutto dev'essere facile chiudere per sempre gli occhi al mondo se sei tra le braccia del tuo angelo custode, no? Cosa ti potrebbe capitare di male?
"Gerard?"
Il ragazzo si sentì chiamare, ma non distolse gli occhi dal viso pallido di Frank.
"Gerard!" la voce si fece più chiara ed insistente e i contorni di tutto ciò che lo circondava cominciarono a diventare sfocati.
"Gerard! Gee!" 
Pian piano ogni cosa stava scomparendo lasciando il posto ad un nero profondo. Dapprima si dissolsero le pareti, il pavimento, poi il comodino e il letto, infine Frank.
"Oh! Finalmente ce l'hai fatta a svegliarti!"
Mikey lo guardava con un mezzo sorriso e gli occhiali calati sul naso.
"Si può sapere cosa stavi sognando? Non hai smesso un attimo di agitarti!"
Gerard confuso, spaventato e sollevato allo stesso tempo afferrò il braccio del fratello e gli esaminò il polso. Era perfettamente candido, proprio come doveva essere.
"Grazie al cielo!"
Gerard trascinò verso di sè il fratello e lo strinse forte scompigliandogli i capelli con una mano.
"Ehi! Gee, smettila!" rise il più piccolo cercando di liberarsi dalla stretta di Gerard.
"Mikey! Era solo un sogno! Un dannato sogno! Non ti lascerò mai, okay? Potrai sempre contare su me!"
"Certo, lo so, ora lasciami andare!"
Mikey si alzò soddisfatto e andò ad aprire la porta.
"Fratello, ti ho svegliato per un buon motivo. C'è qualcuno che vorrebbe parlare con te..."
Il sorriso furbo di Mikey non poteva sottintendere nient'altro se non qualcosa di buono, così Gerard si fiondò in salotto col sorriso stampato in faccia e quando vide Frank sentì il cuore colmarsi di gioia. Gli corse incontro e lo abbracciò ridendo.
"Che bello vederti! Stai bene!" ripetè estremamente sollevato, ma Frank lo allontanò.
"Vacci piano, idiota! Sono ancora arrabbiato con te!"
"Però stai sorridendo!" gli fece notare Gerard.
"Questo non vuol dire che io non sia arrabbiato. Adesso muoviti a raccontarmi tutto. Si può sapere cosa diavolo ti è passato in quella zucca vuota? Perché mi hai spedito da quel cazzone? Mi credi così complessato?"
Gerard prese un lungo e profondo respiro e gli spiegò che aveva avuto paura di non essere abbastanza per lui, di non sapergli dare dei consigli realmente utili. Gli spiegò che aveva pensato che se avesse parlato con qualcuno che se ne intendeva di vita avrebbe potuto migliorare la sua.
"Gee, mi sa che sei tu a dover far visita al cazzone." -fu il commento di Frank- "Ti fai troppe seghe mentali, amico. Non ho bisogno di qualcuno che mi analizzi, ma di qualcuno che mi ascolti. Tu lo sai fare perfettamente, è per questo che sei il mio migliore amico."
Gerard abbassò lo sguardo e tornò a combattere con quei diabolici sensi di colpa.
"È che ultimamente ti vedevo strano, sembravi abbattuto e in più non mi parlavi. Mi sono preoccupato..."
Frank annuì dandogli ragione.
"Il cazzone mi ha fatto una domanda, ieri. Mi ha chiesto se dormo la notte. Vuoi sapere la risposta?" -non aspettò nemmeno che Gerard gli rispondesse e continuò a parlare- "La verità è che ogni notte faccio sempre lo stesso incubo, Gee. Ogni volta che chiudo gli occhi la storia si ripete. Sono in un mondo dove tu non esisti. La mia vita fa totalmente schifo e passo le giornate a desiderare di essere qualcun altro. Non hai idea di quanto sia deprimente e frustrante. Poi ti incontro per strada. Inizialmente non ho idea di chi tu sia, tu invece dici di conoscermi. Mi riversi addosso un fiume di parole e io sono terrorizzato da te perché capisco che sei parte fondamentale della mia vita, ma -ancora- non ho idea di chi tu sia. Così scappo, ti lascio lì in mezzo alla strada credendoti un pazzo. Quando arrivo a casa, però, realizzo di non poter vivere senza il tuo ricordo. Il bisogno di ricordare chi sei è così forte che sai cosa faccio, Gee? Ingoio tante di quelle pasticche che potrebbero stendere un elefante. E sai che succede a questo punto? Mentre sto morendo ricordo ogni cosa di te. Ogni fottutissima cosa, ma è troppo tardi. E mentre piango come un bambino muoio."
Frank, contrariamente a quello che si possa pensare, sorrise.
"Ma stanotte è stato diverso. Il finale è cambiato. Proprio quando il tuo ricordo è tornato vivido nella mia mente sei arrivato. Sei arrivato e mi hai preso tra le braccia. Piangevi e mi imploravi di non lasciarti. Era cambiato qualcosa, era come se..."
"Come se finalmente ti avessi capito?"
"Esatto! E ho sorriso, Gerard! Ho sorriso e non sono morto!"
Gerard, piacevolmente sorpreso per tutto quello che gli aveva raccontato Frank, lo abbracciò.
"Sei il mio angelo custode, ne sei consapevole ora?" sussurrò Frank stringendolo forte.
Gerard non ne era solo consapevole, adesso ne era anche convinto. Annuì lasciandogli un leggero bacio sulla guancia.
A quell'abbraccio si unì anche Mikey che aveva origliato curioso da dietro al divano.
"Anch'io voglio un angelo custode!" 
"Ce l'hai!" risposero all'unisono Frank e Gerard.
I tre ragazzi si sorrisero e si strinsero più forte in quell'abbraccio che consolidava la silenziosa promessa di un'amicizia eterna.



---------------
N.d.A

Se siete arrivati fin quaggiù non posso fare altro che ringraziarvi! :) È piuttosto lunga come OS, lo so, eppure ancora adesso avrei altre cose da aggiungerci :/ 
In ogni caso, io mi sono divertita moltissimo a scriverla, mi è piaciuta davvero e spero piaccia anche a voi.
Grazie!
  
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