-Punto di vista di Matt-
CAPITOLO
16
Uno,
due,
tre... Non saprei dire quanti furono gli istanti in cui il mio cuore
smise di
battere, le orecchie di sentire, la mente di realizzare. Il sangue
raggelato
nelle vene era come un peso opprimente che mi teneva inchiodato
incapace di
muovermi e di pensare, con l’unico senso che sembrava non mi
avesse
abbandonato: la vista.
Era
stato un
secondo in cui il tempo sembrava essersi fermato. Intorno a me
avvertivo la
presenza di Jay sussurrarmi cose tipo “Matt, Matt?
L’hai vista? E’ stata lei…è
stata Charlotte a sparare…” ma non riuscivo ad
afferrare il concetto.
Nel
momento
in cui Liz si era rapidamente spostata di fronte a me ero del tutto
inconsapevole di cioè che le sarebbe successo, ma lei no. E
nel momento in cui
il rumore dello sparo aveva fatto calare il silenzio seguito poi da una
folla
che usciva dall’Hotel sussultando “Cosa
è stato?” cercai di distogliere gli
occhi dal lago di sangue che si allargava intorno al corpo di lei e
convincermi
che non era vero, che stavo sognando, che non poteva essere.
Jay
parlò
ancora “ Chiamo subito un’ambulanza”
disse frettoloso, non lo ascoltai neppure.
Rivissi per un momento ciò che era appena successo fissando
il volto di Liz,
aveva gli occhi chiusi, l’espressione serena, come se stesse
dormendo, come se
fosse…
“Noooooooo!”
fu tutto ciò che riuscii ad urlare, inconsapevolmente. Mi
chinai svelto su di
lei sollevandole la schiena e le accarezzai il viso. Le lacrime mi
scesero
sulle guance di prepotenza “Liz svegliati, ti prego Liz
svegliati” sussurrai,
ma lei non si muoveva. Il sangue aveva macchiato i jeans e le mani,
“Dio ti
prego fa che sia viva” pregai
mentalmente e in quel momento ebbi paura che l’emorragia
potesse già esserle
stata fatale “Liz, non mi lasciare, ti scongiuro”
gridai.
Poi
una
folla di macchine, clacson impazziti e le sirene
dell’ambulanza giunsero sempre
più vicini, e mi ricordai la causa del dolore atroce che
provavo li, su quel
dannato asfalto sporco del sangue della donna di cui ormai ero
innamorato. La
strinsi a me continuando a piangere.
Alzai
lo
sguardo ed incontrai quello di Charlotte in piedi a pochi passi da me,
era
immobile e l’espressione sul volto emanava una certa
soddisfazione. Jay e Padge
la trascinarono via mentre lei rideva a più non posso
“a te penserò dopo”
pensai fra me.
Un
paramedico
mi si affiancò dicendomi qualcosa di incomprensibile e altri
tue tizi
trascinarono una barella; fui tentato di mandarli tutti
all’inferno e non
permettergli di toccarla ma loro avrebbero potuto salvarla, e questo lo
sapevo.
“Il
battito
è debole” fu quello che mi tradusse Antonio
“adesso le mettono l’ossigeno, ma
come è successo? Dicono tutti di aver sentito un colpo di
pistola”. Non avevo
la forza neanche di rispondere, lo ignorai e mi avvicinai alla barella
che
stavano per caricare sull’ambulanza.
“Liz!”
sentii gridare Sharon, che apparve alle mie spalle “no! Chi
è stato?” urlò fra
i singhiozzi “vengo con te, non ti lascio” ma poi
un infermiere si rivolse a
lei “è una parente?” le chiese
“no sono un amica” poi mi guardò
“può andarci
lui? Ascolti sono entrambi inglesi, lui è…il
fratello, ma non sa molto
l’italiano”, “D’accordo ma
sbrigatevi” acconsentì il tizio.
L’ambulanza
correva impazzita per non so quale ospedale, Liz era circondata da
camici
bianchi, flebo e tubi. Mi sentivo a pezzi, era come se fossi stato io
la sopra
al suo posto.
Le
presi la
mano “Sono qui tesoro sta tranquilla” le accarezzai
la fronte “Matt” ripeté,
poi riaprì gli occhi e mi lanciò un breve
sorriso, li richiuse subito. Mi
strinse la mano poi la linea del monitor che misurava la sua pressione
divenne
orizzontale e un bip continuo scatenò la preoccupazione nei
volti dei medici.
Arrivammo
all’ospedale che stavo per esplodere “La portiamo
in rianimazione” disse un
infermiere “lei non può entrare”. La
tentazione di spaccargli la faccia per
quello che aveva detto era troppo forte. Mi premetti i palmi delle mani
sulle
tempie “ma cosa…? Rianimazione? Come in
rianimazione?” gridai, il tizio mi
guardò dalla testa ai piedi “Si calmi, le faremo
sapere” e sparì dalla mia
vista.
Colmo
d’ira
lanciai un pugno al muro cosi forte che fu un miracolo che le nocche
non mi si
ruppero. Ignorando i volti che mi fissavano in quel momento uscii
dall’ingresso
principale in lacrime e fumai il pacchetto intero di Marlboro Light che
avevo
in tasca.
Dopo
un paio
d’ora che me ne stavo fuori l’ospedale
accostò una macchina, Sharon, l’amica di
Liz. Parcheggiò e mi corse incontro, “Come
sta…?” mi chiese subito poi s’interruppe
“Hey tu stai bene?”. Mi accasciai al suolo,
abbracciai le ginocchia che avevo
piegato “E’ in rianimazione…”
sussurrai cercando di non pensare a quello che
stavo pensando.
Quando
tornai dentro con Sharon che cercava di farmi essere ottimista mi
squillò il
cellulare. Lo porsi alla ragazza, non volevo sentire nessuno, e mi
allontanai.
Qualche minuto dopo Sharon mi avvisò che era Padge
“d’accordo grazie non lo
voglio sapere” dissi. Cercavo senza successo di calmarmi ma
l’angoscia aveva
preso il sopravvento. Lei mi si avvicinò “Matt
ascolta, Liz è forte se la
caverà, io lo so che se la caverà, deve
riuscirci…” e iniziò a piangere.
Non sapevo se abbracciarla o
risponderle, cosi
non feci nulla. Ci spostammo nella sala d’attesa e poco dopo
Padge, Jay e Moose
ci raggiunsero. Mi abbracciarono tutti “Non disperare
Matt” disse Jay “ non è
mica morta!”. Quella frase mi tolse il fiato, lo fulminai con
lo sguardo e
Padge gli diede una gomitata seguita da un colpo di tosse.
“Matt, lei… forse finirà
sotto processo o di nuovo in clinica…”
iniziò Moose “oh chissà, magari
all’altro
mondo prima del previsto” risposi velenosamente.
Tutti
e 4 mi
guardarono senza parole quando comparve un dottore, gli andai in contro
per
primo. “Voi siete i parenti della ragazza giusto?”
chiese in perfetto inglese “Si
e allora?” sbottai nervosissimo. Jay mi toccò un
braccio “stai calmo” sussurrò.
Il dottore col camice verde e i grandi baffi era serio
“Abbiamo estratto il
proiettile…” con la coda nell’occhio
vidi che i ragazzi si lanciarono brevi
occhiate “la ferità non è grave, si era
fermato fra due costole senza perforare
nulla”. Mentalmente ringraziai il cielo e fra me e me tirai
un sospiro di
sollievo, la tensione cominciava a scemare.
“Possiamo
vederla?” chiese incredula Sharon.
“Ecco…” disse piano il medico
“ci sarebbe un
problema…”. L’ira mi annebbiò
di nuovo la mente, mi avventai su di lui ma Jay
mi trattenne per le braccia “Perché non ci dice la
verità? Sta mentendo! Non è
tutto apposto la ferita allora è grave nn è
cosi?” quasi sputai in faccia .
L’uomo
rimase impassibile “Stavo dicendo…che potete anche
vederla” disse ignorando le
mie domande “ma…”, il mio cuore smise di
battere per un istante “la ragazza.. è
entrata in coma dopo l’operazione
quindi…”. Non c’era bisogno che
aggiungesse
altro, lanciai un’occhiata a Jay che allentò la
presa. “Mi dispiace ragazzi”
disse ancora il dottore, sembrava davvero sincero ma non me ne fregava
niente.
“Dov’è
adesso?” chiesi senza tradire alcuna
emozione. Seguimmo tutti il dottore per un lunghissimo corridoio
finché si
fermò davanti una porta bianca “Solo due alla
volta, vi mando un infermiera per
controllare…”. Aprii la porta senza troppi
complimenti “lasciatemi solo” dissi
entrando e la richiusi.
NOTE DELL’AUTRICE:
salve a tutti i lettori e lettrici! Grazie per seguirmi o semplicemente
per
apprezzare questa storia. Questo è un capitolo un
po’ delicato scritto dal
punto di vista di lui invece che della protagonista (come avrete
notato). Devo
dire che io personalmente odio rileggere i capitoli che scrivo
perché o mi
fanno pena o mi fanno veramente ridere (come questo) perché
dove può arrivare
la mia mente mi sorprende davvero!!! Alla prossima! Ciao a tutti un
bacione