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Autore: Eos BiancaLuna    11/12/2011    3 recensioni
“Lo sai che non si dovrebbe…” dissi interrompendo quel momento e maledicendomi per ciò. “Ti blocchi perché non vuoi o perché non puoi?” rispose fissandomi “adesso gradirei che non mi interrompessi più” aggiunse scherzando. Notò la mia espressione però e allentò la presa. Mi pentii subito per quello che avevo detto e lo guardai negli occhi, cosi maledettamente azzurri, “scusa” bisbigliai avvicinandomi di nuovo. Lui fece lo stesso e le sue braccia mi cinsero la vita poi le sue labbra furono sulle mie finalmente. Quando anche le nostre lingue si trovarono gli passai una mano fra i lunghi capelli dapprima lentamente poi mi ci aggrappai. Le mie ansie e le mie paure non c’erano più. Fu un bacio intenso come quello della mattina precedente nel suo letto solo che questa volta durò molto di più.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Punto di vista di Matt-

 

CAPITOLO 16

 

 

Uno, due, tre... Non saprei dire quanti furono gli istanti in cui il mio cuore smise di battere, le orecchie di sentire, la mente di realizzare. Il sangue raggelato nelle vene era come un peso opprimente che mi teneva inchiodato incapace di muovermi e di pensare, con l’unico senso che sembrava non mi avesse abbandonato: la vista.

Era stato un secondo in cui il tempo sembrava essersi fermato. Intorno a me avvertivo la presenza di Jay sussurrarmi cose tipo “Matt, Matt? L’hai vista? E’ stata lei…è stata Charlotte a sparare…” ma non riuscivo ad afferrare il concetto.

Nel momento in cui Liz si era rapidamente spostata di fronte a me ero del tutto inconsapevole di cioè che le sarebbe successo, ma lei no. E nel momento in cui il rumore dello sparo aveva fatto calare il silenzio seguito poi da una folla che usciva dall’Hotel sussultando “Cosa è stato?” cercai di distogliere gli occhi dal lago di sangue che si allargava intorno al corpo di lei e convincermi che non era vero, che stavo sognando, che non poteva essere.

Jay parlò ancora “ Chiamo subito un’ambulanza” disse frettoloso, non lo ascoltai neppure. Rivissi per un momento ciò che era appena successo fissando il volto di Liz, aveva gli occhi chiusi, l’espressione serena, come se stesse dormendo, come se fosse…

“Noooooooo!” fu tutto ciò che riuscii ad urlare, inconsapevolmente. Mi chinai svelto su di lei sollevandole la schiena e le accarezzai il viso. Le lacrime mi scesero sulle guance di prepotenza “Liz svegliati, ti prego Liz svegliati” sussurrai, ma lei non si muoveva. Il sangue aveva macchiato i jeans e le mani, “Dio ti prego fa che sia viva”  pregai mentalmente e in quel momento ebbi paura che l’emorragia potesse già esserle stata fatale “Liz, non mi lasciare, ti scongiuro” gridai.

Poi una folla di macchine, clacson impazziti e le sirene dell’ambulanza giunsero sempre più vicini, e mi ricordai la causa del dolore atroce che provavo li, su quel dannato asfalto sporco del sangue della donna di cui ormai ero innamorato. La strinsi a me continuando a piangere.

Alzai lo sguardo ed incontrai quello di Charlotte in piedi a pochi passi da me, era immobile e l’espressione sul volto emanava una certa soddisfazione. Jay e Padge la trascinarono via mentre lei rideva a più non posso “a te penserò dopo” pensai fra me.

Un paramedico mi si affiancò dicendomi qualcosa di incomprensibile e altri tue tizi trascinarono una barella; fui tentato di mandarli tutti all’inferno e non permettergli di toccarla ma loro avrebbero potuto salvarla, e questo lo sapevo.

“Il battito è debole” fu quello che mi tradusse Antonio “adesso le mettono l’ossigeno, ma come è successo? Dicono tutti di aver sentito un colpo di pistola”. Non avevo la forza neanche di rispondere, lo ignorai e mi avvicinai alla barella che stavano per caricare sull’ambulanza.

“Liz!” sentii gridare Sharon, che apparve alle mie spalle “no! Chi è stato?” urlò fra i singhiozzi “vengo con te, non ti lascio” ma poi un infermiere si rivolse a lei “è una parente?” le chiese “no sono un amica” poi mi guardò “può andarci lui? Ascolti sono entrambi inglesi, lui è…il fratello, ma non sa molto l’italiano”, “D’accordo ma sbrigatevi” acconsentì il tizio.

L’ambulanza correva impazzita per non so quale ospedale, Liz era circondata da camici bianchi, flebo e tubi. Mi sentivo a pezzi, era come se fossi stato io la sopra al suo posto.“Sembra riprendere conoscenza” disse ad un tratto un medico. La vidi per la prima volta riaprire lentamente gli occhi, le tolsero la mascherina dell’ossigeno. Mi precipitai ad avvicinarmi ancora di più “Matt..” disse piano, non credevo alle mie orecchie, stava pensando a me.

Le presi la mano “Sono qui tesoro sta tranquilla” le accarezzai la fronte “Matt” ripeté, poi riaprì gli occhi e mi lanciò un breve sorriso, li richiuse subito. Mi strinse la mano poi la linea del monitor che misurava la sua pressione divenne orizzontale e un bip continuo scatenò la preoccupazione nei volti dei medici.

Arrivammo all’ospedale che stavo per esplodere “La portiamo in rianimazione” disse un infermiere “lei non può entrare”. La tentazione di spaccargli la faccia per quello che aveva detto era troppo forte. Mi premetti i palmi delle mani sulle tempie “ma cosa…? Rianimazione? Come in rianimazione?” gridai, il tizio mi guardò dalla testa ai piedi “Si calmi, le faremo sapere” e sparì dalla mia vista.

Colmo d’ira lanciai un pugno al muro cosi forte che fu un miracolo che le nocche non mi si ruppero. Ignorando i volti che mi fissavano in quel momento uscii dall’ingresso principale in lacrime e fumai il pacchetto intero di Marlboro Light che avevo in tasca.

Dopo un paio d’ora che me ne stavo fuori l’ospedale accostò una macchina, Sharon, l’amica di Liz. Parcheggiò e mi corse incontro, “Come sta…?” mi chiese subito poi s’interruppe “Hey tu stai bene?”. Mi accasciai al suolo, abbracciai le ginocchia che avevo piegato “E’ in rianimazione…” sussurrai cercando di non pensare a quello che stavo pensando.

Quando tornai dentro con Sharon che cercava di farmi essere ottimista mi squillò il cellulare. Lo porsi alla ragazza, non volevo sentire nessuno, e mi allontanai. Qualche minuto dopo Sharon mi avvisò che era Padge “d’accordo grazie non lo voglio sapere” dissi. Cercavo senza successo di calmarmi ma l’angoscia aveva preso il sopravvento. Lei mi si avvicinò “Matt ascolta, Liz è forte se la caverà, io lo so che se la caverà, deve riuscirci…” e iniziò a piangere.

 Non sapevo se abbracciarla o risponderle, cosi non feci nulla. Ci spostammo nella sala d’attesa e poco dopo Padge, Jay e Moose ci raggiunsero. Mi abbracciarono tutti “Non disperare Matt” disse Jay “ non è mica morta!”. Quella frase mi tolse il fiato, lo fulminai con lo sguardo e Padge gli diede una gomitata seguita da un colpo di tosse. “Matt, lei… forse finirà sotto processo o di nuovo in clinica…” iniziò Moose “oh chissà, magari all’altro mondo prima del previsto” risposi velenosamente.

Tutti e 4 mi guardarono senza parole quando comparve un dottore, gli andai in contro per primo. “Voi siete i parenti della ragazza giusto?” chiese in perfetto inglese “Si e allora?” sbottai nervosissimo. Jay mi toccò un braccio “stai calmo” sussurrò. Il dottore col camice verde e i grandi baffi era serio “Abbiamo estratto il proiettile…” con la coda nell’occhio vidi che i ragazzi si lanciarono brevi occhiate “la ferità non è grave, si era fermato fra due costole senza perforare nulla”. Mentalmente ringraziai il cielo e fra me e me tirai un sospiro di sollievo, la tensione cominciava a scemare.

“Possiamo vederla?” chiese incredula Sharon. “Ecco…” disse piano il medico “ci sarebbe un problema…”. L’ira mi annebbiò di nuovo la mente, mi avventai su di lui ma Jay mi trattenne per le braccia “Perché non ci dice la verità? Sta mentendo! Non è tutto apposto la ferita allora è grave nn è cosi?” quasi sputai in faccia .

L’uomo rimase impassibile “Stavo dicendo…che potete anche vederla” disse ignorando le mie domande “ma…”, il mio cuore smise di battere per un istante “la ragazza.. è entrata in coma dopo l’operazione quindi…”. Non c’era bisogno che aggiungesse altro, lanciai un’occhiata a Jay che allentò la presa. “Mi dispiace ragazzi” disse ancora il dottore, sembrava davvero sincero ma non me ne fregava niente.

 “Dov’è adesso?” chiesi senza tradire alcuna emozione. Seguimmo tutti il dottore per un lunghissimo corridoio finché si fermò davanti una porta bianca “Solo due alla volta, vi mando un infermiera per controllare…”. Aprii la porta senza troppi complimenti “lasciatemi solo” dissi entrando e la richiusi.

 




 

NOTE DELL’AUTRICE: salve a tutti i lettori e lettrici! Grazie per seguirmi o semplicemente per apprezzare questa storia. Questo è un capitolo un po’ delicato scritto dal punto di vista di lui invece che della protagonista (come avrete notato). Devo dire che io personalmente odio rileggere i capitoli che scrivo perché o mi fanno pena o mi fanno veramente ridere (come questo) perché dove può arrivare la mia mente mi sorprende davvero!!! Alla prossima! Ciao a tutti un bacione

   
 
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