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Autore: Lusty_Archivio    12/12/2011    8 recensioni
Una raccolta AU incentrata sull'amorevole (non troppo) Bardack e i suoi tranquilli (non troppo) figli, Goku e Radish. Piccoli scorci di vita tra passato e presente, tra pannolini da cambiare e discutibili problemi adolescenziali (?) da gestire.
[Toma/Seripa; Goku/Vegeta; Turles/Radish]
5. / Radish & Goku.
Conosceva un sacco di torture terribili a cui sottoporre i criminali, qualcosa tipo una frustata, un sacco di botte, l’iniezione letale o la sedia elettrica, ma quello... quello no. Santo cielo, no.
[Partecipante alla 3O Hugs Challenge su Livejournal]
[Partecipante alla "Pannolini Challenge" di Makichan]
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Bardack, Goku, Radish, Un po' tutti, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Blatereggiando.

Hola! Eccomi qui col nuovo capitolo! Visto che siamo in tema natalizio, mi è sembrato giusto fare un capitolino a tema al posto di studiare storia, ma chi se ne frega. Ah, comunque, non è che mi diverto a torturare i personaggi, no. Non è che faccio passare loro le pene dell’inferno perché lo trovo immensamente spassoso, no. Cioè, magari solo un po’. Uhm. COMUNQUE. Grazie mille per chi ha commentato! Sono felice che la raccolta vi piaccia, devo dire che è un progetto che mi sta svagando molto. C’è una cosa che desidero specificare, ora che siamo al secondo aggiornamento: i capitoli sono temporalmente mescolati (nel senso che si potranno intervallare vicende con Goku diciottenne e Goku undicenne, capitoli in cui Radish conosce Turles e in altri in cui deve ancora incontrarlo, e così via), ma all’interno possono contenere riferimenti che li legano l’uno all’altro. Sta poi al lettore coglierli, non sempre li paleso troppo. In questo capitolo, inoltre, vi è un rapido accenno alla presunta mamma di Goku e Radish, personaggio che da quello che ho capito non è mai stato ufficializzato da Akira-san ma che oramai è comune considerarlo parte del mondo Dragon Balliano (?). La signora in questione si chiama Taanipu. Non so ancora se comparirà in maniera più approfondita in capitoli successivi, ma non conoscendo il suo carattere mi pare abbastanza improbabile. Detto questo... beh, ho finito. Grazie per i preferiti e seguiti vari, ma soprattutto, gratzia (?) come sempre per i vostri commenti. Tanto amore~

 

Disclaimerchemidimenticosempre » Dragon Ball © Akira Toriyama.


 

 

PA S T (2)

Il Natale piace solo ai marmocchi.

{Bardack + Toma & Goku}

Hug 26. "I never say the truth."

 

Un suono roco e gutturale vagamente simile ad un grugnito rombò nella sua gola per qualche istante, prima di venir espulso sottoforma di ringhio rabbioso fuori dalle labbra, contorte in un’espressione frammista l’enormemente schifato e il pericolosamente incazzato.

Bardack abbassò le palpebre e sbuffando come un toro allungò la mano verso i due piccoli pezzetti di carta sdrucita abbandonati sul tavolo, ostentando un enorme, abnorme senso di repulsione galoppante. Afferrato il primo biglietto lo dispiegò lentamente, quasi timoroso di scoprire cosa avrebbe potuto esservi scritto all’interno. Ed effettivamente, date le esperienze passate, non aveva tutti i torti.

« Non credo ti mangi », lo aizzò con nonchalance Toma, sorseggiando un caffè accomodato su una sedia poco distante. Lui lo trapassò con uno sguardo che definire omicida sarebbe stato mostruosamente riduttivo, ma non disse nulla. Abbassò lo sguardo e, animato da un improvviso, mirabile moto di coraggio, cominciò a leggere.

 

Caro Babbo Natale…

MA CREDI CHE SIA CRETINO?! Lo so benissimo che non esisti! Non sono mica quel tonto di mio fratello, io! Ormai sono grande per queste scimpiggini! Si scrive scimpiggini? Mah. Boh. Qui sul dizionario c’è scritto scempiaggini, ma secondo me è sbagliato. Comunque sia, se esisti (ma secondo me no), voglio un videogioco superviolentissimo dove devi uccidere un sacco di mostri. Quel taccagno del mio vecchio dice che costa troppo, ma tanto tu hai gli gnomi che fanno tutto, no? Dai, portamelo!

Radish

 

Silenzioso, Bardack sollevò lo sguardo dal foglio e si chiese per quale oscuro motivo i suoi occhi non stessero ancora grondando sangue.

Non ci volle molto, comunque, prima che il sofferente pensiero scemasse rapidamente nella sua testa, sostituito dall’irrefrenabile desiderio di riempire di calci nel sedere quel piccolo pidocchio ingrato che aveva avuto la disgrazia di ritrovarsi come figlio. Avrebbe voluto alzare lo sguardo al cielo ed inveire selvaggiamente contro entità religiose varie ed eventuali, ma l’irritantemente silenziosa presenza di Toma al suo fianco gli impedì di lasciarsi dare a comportamenti troppo selvaggi.

Si limitò a sospirare pesantemente, tentando d’ignorare stoicamente l’udibilissima risatina che il suo compagno provò a mascherare con un falsissimo colpetto di tosse. Che qualcuno gli spiegasse perché avesse dovuto ritrovarsi circondato di esseri così ignobilmente infami, dannazione!

« Lo trovi divertente, idiota? », disse, freddando l’amico con un’occhiataccia. « Non vedo l’ora che tu abbia dei bambocci tutti tuoi, così potrò rallegrarmi delle tue disgrazie rotolandomi dal ridere sul pavimento! ».

Toma stirò le labbra in un sorriso serafico, assumendo quel suo tipico, imperturbabile andazzo che aveva la capacità di mandare fuori dai gangheri anche un santo. « Dai, non ti arrabbiare », disse soffice, dando un’altra sorsata al suo caffè. Dopo qualche istante, i suoi occhi neri come il petrolio non furono più in grado di trattenere un baluginio di malsana curiosità. « Comunque perché non leggi anche l’altra? ».

« Tu godi perversamente nel vedermi soffrire », replicò lui, in una constatazione che sapeva di pura, semplice quanto addolorata ovvietà.

In realtà in quel momento avrebbe voluto sfogare tutte le sue frustrazioni e vedere quel bastardo agonizzare per terra, ma picchiare a sangue il suo unico simpatizzante non sarebbe propriamente stata una scelta traboccante d’arguzia – ammesso che suo simpatizzante Toma lo fosse davvero, perché no, l’espressione perversamente divertita dipinta sul suo brutto muso nel leggere ancora una volta la letterina di Radish suggeriva l’esatto contrario.

Mentre Bardack avrebbe volentieri preso a scappellotti i suoi marmocchi almeno quindici volte al minuto, Toma nutriva per loro una sorta di ammirazione contorta, neanche fossero una specie di summa di tutte le migliori qualità concepibili dalla mente umana; si era persino autoproclamato loro zietto acquisito – provocandogli un leggero senso di fastidio, ma dettagli. Si era proclamato loro zietto acquisito e li viziava come se fosse loro nonno, cosa che ogni tanto risultava leggermente traviante.

« Hai intenzione di comprargli il videogioco che ti ha chiesto? ».

Bardack aggrottò le sopracciglia. « Assolutamente no! », disse stizzito, accartocciando la letterina e ficcandosela in tasca. « Così impara a darmi del vecchio taccagno! ».

« Beh, diciamo che non ha tutti i torti... ».

« Ti ammazzo ».

Toma ridacchiò, stringendosi nelle spalle. Sollevò le mani in segno di resa e lo guardò divertito. « Ok, ok, non parlo più ».

« Ecco, bravo », replicò secco lui, facendo cadere quel celere scambio di battute nel vuoto. Scoccò una fugace occhiata alla letterina restante, sola soletta sulla lignea superficie incrostata del tavolo; roteò gli occhi ed ostentando un’enorme sofferenza allungò un braccio per afferrarla, aprendola con stampato in faccia il medesimo orrore di poco prima. Seriamente, aveva paura di leggerla. Nessun essere umano era in grado di immaginare anche solo lontanamente cosa passasse per la testolina bacata di Goku.

E infatti, dopo che ebbe letto le tre scarse righe scritte malamente sul foglietto, Bardack si trovò con un paio d’occhi grandi più o meno come due piatti e un colorito biancastro non particolarmente attraente in faccia.

 

Caro Babo Nattale,

Per Nattale volio una cossia di pollo

Goku

 

« Beh, se non altro non ha grandi pretese », constatò Toma, scansando compostamente il cucchiaino da tè che gli venne scagliato brutalmente addosso.  

Davvero, Bardack odiava il Natale. Era una festa imbecille per gente imbecille. L’aveva sempre schifata, sin da bambino. Perché diavolo avrebbe dovuto piacergli il fatto che un ciccione vestito di rosso s’infilasse clandestinamente nelle case altrui per portare regali a casaccio?! L’unica volta che aveva scritto una letterina a Babbo Natale, da moccioso, aveva chiesto di diventare il padrone del mondo. Babbo Natale gli aveva portato una macchinina. All’epoca, per Bardack fu evidente che lui e il Natale non sarebbero mai andati d’accordo.

Poi era arrivata la triste mattina in cui si era svegliato e si era reso conto di non essere più un bambino, e anche quel tenue barlume di magia che era rimasto a permeare le feste era andato a quel paese. Gradualmente il Natale era divenuta ai suoi occhi una semplice e squallida festività il cui reale scopo era solo quello di celebrare i grandi sconti ai centri commerciali e i cospicui aumenti di rendita delle fabbriche di panettoni, oltre che il periodo di diffusione di quell’abominevole invenzione chiamata vischio. Era la tipica festa imbecille per gente imbecille, appunto. Dove intere, ipocrite genealogie familiari si riunivano in abitazioni invase da alberi di plastica e luci psichedeliche per elargirsi reciprocamente regali indesiderati il più delle volte di dubbio gusto.

Bardack aveva sempre voluto star fuori da quella massa di caproni, del tutto ripugnato dall’idea di dover perdere il proprio tempo in simili baggianate. Aveva come la sensazione che l’aria si pervadesse d’ipocrisia in dicembre, e lui no, voleva assolutamente rimanere soffocato da quell’atmosfera stantia e fastidiosa.

Poi però era arrivato quel pidocchio di Radish, e le cose gli erano un tantino sfuggite di mano.

Radish festeggerà il Natale come tutti gli altri bambini! Mi hai capito, razza di sociopatico?!”.

Quelle erano state le parole delle sua compagna, gridate a tutto spiano dentro l’orecchio.

Taanipu l’aveva costretto a coprirsi di ridicolo. O meglio ancora, gli aveva strappato la dignità di dosso e l’aveva gettata nel fango, saltellandoci allegramente sopra in un paio di simpatici balzelli. Poi l’aveva data in pasto al pubblico vilipendio, costringendolo a mettersi addosso quell’orripilante costume da Babbo Natale comprato ai grandi magazzini per assumere le fattezze di quel brutto ciccione barbuto dalla risata oltremodo irritante. Già era abbastanza degradante dover festeggiare una ricorrenza che fino a qualche anno prima aveva ripugnato con tutte le sue forze, ma travestirsi e dover preannunciare la sua entrata in casa con un “OH OH OH” da vero e proprio cerebroleso era l’umiliazione più grande della sua vita, garantito. Bardack aveva anche tentato di ribellarsi a dirla tutta, ma i cazzotti di Mellon avevano sempre avuto grande capacità di persuasione.

E così da quel giorno si era ritrovato ogni sacrosanto Natale a recuperare quell’immondo cumulo di stoffa rossa dallo sgabuzzino per far contento il marmocchio, constatando puntualmente, nonostante tutto, che l’espressione entusiasta sul volto di Radish la mattina di Natale poteva essere davvero ritenuta il miglior compenso possibile.

Quando Taanipu era morta, dando alla luce Goku, quell’abitudine era rimasta. Nonostante tutto, Bardack non aveva mai avuto la forza di abbandonarla nel baule assieme al suo aborrito costume da Babbo Natale.

Il vero problema erano divenute le richieste totalmente prive di senso di quei due marmocchi senza cervello, a dirla tutta. Della vergogna bene o male ci si assuefaceva, delle pretese dei figli no.

« Ora spiegami come posso mettere sotto quel dannatissimo albero di Natale una coscia di pollo! », esclamò con un che d’isterico, all’indirizzo di Toma.

L’amico si limitò a stringere le spalle, compassato. « Se pensi che sia poco, puoi sempre regalargli un prosciutto ».

« Ti ammazzo ».

« L’hai già detto ».

Bardack gli scoccò per l’ennesima volta un’ennesima occhiataccia fulminante, che per l’ennesima volta venne spudoratamente ignorata. « Sei mostruosamente irritante. Ed inutile. Ti conviene tornare da Seripa prima che ti riempia di calci in culo », lo minacciò, puntandogli il dito contro. Toma ridacchiò e si alzò dalla sedia, avviandosi verso l’ingresso non prima però di aver dato una sciacquata alla tazzina sporca ed averla rimessa assieme alle altre stoviglie – era un tipo educato, lui.

Gli diede un’affettuosa pacca sulle spalle, poi aprì il pesante portone d’entrata.

« Ricorda che se non riesci a trovare il Natale nel tuo cuore, non potrai trovarlo sicuramente sotto un albero! »

« Vai a prodigare i tuoi aforismi di terza categoria a qualcun altro, idiota », sbottò Bardack, storcendo il naso. Dopodiché, borbottando, spintonò l'amico fuori casa.

Probabilmente a Goku avrebbe preso seriamente un prosciutto.

 

 

 

***

 

 

 

Una settimana più tardi, Bardack si ritrovò sul tetto di casa a constatare con estremo orrore che non riusciva più a passare dal caminetto.

Fece roteare gli occhi nelle orbite, spazientito, ingaggiandosi ostinatamente in un opera di autoconvincimento circa il fatto che non era lui ad essere ingrassato, quanto piuttosto il comignolo che si era ristretto senza interpellarlo.

Dal cielo notturno sopra la sua testa fioccava una quantità incommensurabile di neve, coi fiocchi che navigavano leggeri nell’aria depositandosi sofficemente a terra e tingendo l’intero circondario di un candore del tutto eccezionale. Tutt’attorno, ad avvolgere le schiere di casupole assiepate ai lati della strada, le pacchianissime decorazioni natalizie svettavano nell’oscurità della notte, illuminate dalle abbacinanti lucette multicolori che scintillavano cadenzatamente nel buio. Ad addobbare l'esterno di casa sua vi era solamente uno spastico pupazzo di neve dalle forme alquanto discutibili – non si era ancora ben capito se fosse davvero un uomo o piuttosto un alieno deforme –, ma Bardack si sentiva ferreamente convinto del fatto che quell’abnorme cumulo d’acqua ghiacciata fosse una vera e propria opera d’arte contemporanea. E sinceramente erano in pochi, nell’isolato, che ci tenevano a contraddirlo.

Dalla cima del tetto, comunque, vi era davvero una bella vista. Se non fosse stato per quell’aria gelida che gli stava congelando la punta del naso – l’unica parte scoperta di l’obbrobrioso travestimento da Babbo Natale, per intenderci – sarebbe stata una situazione relativamente piacevole. Relativamente, e certo, considerando il perché si trovasse in cima ad un tetto alle due di notte del venticinque dicembre.

Dato che non passava più dal cam— cioè, dato che il caminetto era troppo stretto, Bardack optò per una brillante quanto più comune entrata dalla sicura porta di casa. Tanto i due bambocci stavano ronfando da un pezzo oramai, non sarebbe cambiato poi così tanto.

S’inforcò alla bell’e meglio il sacco in spalla, sentendo l’enorme prosciutto di Goku raschiargli contro la schiena, dopodiché prodigò l’ennesimo appellativo non particolarmente educato a qualche individuo nell’alto dei cieli e camminò lentamente verso la grondaia, lì dove aveva appoggiato la scala, attento a non scivolare sulle tegole. Incespicò un paio di volte, cadde altrettante, ma riuscì a toccare terra senza spezzarsi l’osso del collo. Fu un buon risultato.

Imprecando pure contro l’incommensurabilmente fastidiosa barba finta che gli stava pizzicando la faccia, si chiese che diavolo gli stesse passando per il cervello a fare una cosa idiota come quella. Lui non era adatto a quel genere di occasioni sociali, non lo era affatto. Se lo ripeteva ogni santissimo anno, annotandosi mentalmente di dare uno scappellotto sia a Radish che Goku per rincuorarsi come gli era consueto, eppure quella solfa si ripeteva ciclicamente, ogni maledetto Natale.

Comunque il prossimo vecchio obeso vestito di rosso che avrebbe visto in giro l’avrebbe ucciso a morsi, poco ma sicuro.

Sbuffando piccole nuvolette di vapore dal naso, arricciando i baffi finti ed aggrottando le foltissime sopracciglia bianche altrettanto fasulle, si avviò frustrato verso la porta d’ingresso, faticando non poco per prendere le chiavi infilate nel taschino della grossa giacca rossa adornata qua e là da qualche striscia di pellicciotto bianco. Non era particolarmente comodo muoversi nella fattezze di un omino della Michelin in rosso, effettivamente.

La chiave venne inserita nella toppa con un debole rumore metallico; la serratura scattò e, lentamente, Bardack entrò in casa. Subito un’intensa onda calda lo pervase, scacciando i brividi di freddo che avevano preso a formicolare lungo tutto il suo corpo. C’era un calduccio accogliente in casa, nonostante sia il caminetto che il riscaldamento fossero spenti. Silenzioso, gettò una fugace occhiata al piccolo albero scrupolosamente addobbato in soggiorno: Radish e Goku l’avevano adornato ben cinque settimane prima, entrambi carichi di un incredibile entusiasmo; Goku aveva appeso qua e là le palline colorate che aveva dipinto con le sue stesse manine all’asilo – e Bardack aveva notato che una di esse era ammaccata, probabilmente perché Vegeta gliel’aveva scagliata addosso –, mentre Radish aveva provato l’elettrizzante – in tutti i sensi – ebbrezza della corrente elettrica, avvolgendo attorno ai ramoscelli il lungo filo butterato di lucette colorate. Lui aveva preferito stare svaccato sul divano ad osservarli con sguardo truce, in tutte le più fervide intenzioni di farsi rimbalzare addosso tutta quell’imbarazzante tenerezza familiare alla quale non sarebbe mai stato in grado di abituarsi.

Cercando di attutire un colpo di tosse improvviso attraverso la barba, Bardack si diresse verso il piccolo abete, proseguendo a tentoni nel buio e cercando di rendere i suoi movimenti più felpati possibili. Gli scarponi del costume, comunque, parevano essere intenzionati a fare parecchio casino, scricchiolando e strisciando sul pavimento piastrellato, e decise di maledire mentalmente pure loro – ormai non vi era più nulla che fosse scampato alle sue invettive, in sostanza.

Con un sospiro fiancato, mollò malamente il sacco per terra. La prima cosa che scivolò fuori fu il videogioco di Radish – ebbene sì, alla fine gliel’aveva preso. Ma non si trattava di un videogioco qualunque, o no: aveva comprato la trasposizione videoludica di “Venerdì 13”, uno dei film horror più schifosi e cruenti che avesse mai visto in vita sua. La prospettiva di vedere Radish scoppiare in un pianto isterico urlando “Papàààà ho paura!” lo allettava in una maniera alquanto malsana.

Dopo seguì il prosciutto di Goku; un enorme, spaventoso pezzo di carne grosso più o meno quanto un divano che più che da un maiale pareva provenire dalla coscia di un dinosauro. Le dimensioni del cibo avevano una rilevanza del tutto discutibile quando si trattava di quel mostriciattolo di bambino: non aveva importanza se si trattava di un chicco di riso o una polpettona da tre chili, tutto veniva trangugiato nell’arco di sì e no venti secondi – e tenendo conto che Goku aveva cinque anni, la cosa risultava un tantino inquietante. Finché non diventava obeso o non collassava a terra con lo stomaco in procinto di esplodere da un momento all’altro, comunque, a Bardack non fregava più di tanto.

Oltre al videogioco e al prosciutto caddero poi a terra vari pacchettini vari ed eventuali, acquistati “tanto per” ed incartanti i più disparati regali: una confezione di lego, una pistola giocattolo, una scimmia ed un drago di peluche, alcune macchinine, una felpa impacchettata erroneamente assieme ad un paio di mutande. Tenendo conto che i suoi marmocchi gli avevano regalato un disegno che inteoria avrebbe dovuto ritrarlo, ma che in pratica raffigurava un’orrida creatura senza naso con delle corna sinistre al posto dei capelli, lui si ritenne piuttosto soddisfatto dei suoi acquisti.

Una volta messi i regali sotto l’albero un po’ a casaccio, profondamente sollevato Bardack girò sui tacchi e fece per andarsene in camera, in tutte le più floride intenzioni di levarsi quell’opprimente costume di dosso.

Non fece in tempo a fare due passi, tuttavia, che le luci del soggiorno si accesero con un debole “click”, surgelandolo sul posto. Bardack strizzò gli occhi, infastidito dall’improvvisa fonte di luce, per poi riaprirli e spalancarli come fanali quando, con un piattino di biscotti e una tazza colma di latte fumante in mano, Goku gli si parò davanti sfoggiando il suo adorabile pigiamino verde costellato di carote.

Si fissarono per qualche istante, in ammutolito silenzio. Bardack fu sul punto di essere colto da un ictus, mentre Goku... mah, Goku aveva cinque anni, come diavolo era possibile anche solo immaginare cosa gli passasse per il cervello?

 « Ehm ». Bardack tossicchiò un paio di volte, ingrossando la voce e sudando freddo. Il suo costume era così pregno di sudore che strizzandolo, probabilmente, si sarebbe potuto lavare per terra. « Ciao, bamboc— ehm, bel bambino. Perché non sei a letto a fare la nanna come tutti gli altri? ».

Goku inclinò di poco il capo verso destra, assottigliando gli occhietti assonnati in uno sguardo pericolosamente sospettoso, e per qualche istante non disse niente. Dopodiché allungò il piattino verso di lui, prodigandogli un sorrisone smagliante: « Vuoi un biscotto? ».

Bardock, frastornato, scosse velocemente il capo, facendo balzellare comicamente il peloso pon-pon attaccato al cappello rosso. « Non voglio nessun biscotto! », s’affrettò a dire, in quello che pareva essere il preludio di una crisi isterica, accentuato ancor di più dal colorito violaceo del viso e tentato malamente di celare da un tono serioso di due note più alto della media.

Goku alzò le spalle e trotterellò accanto al tavolino, dove poggiò il bicchiere e il piccolo piatto. Allungò una mano ad afferrare un biscotto, lo inghiottì in un paio di voraci morsi e si portò poi il pollice in bocca, iniziando a succhiarlo con una certa perplessità.

« Pensavo che avresti voluto mangiare un biscotto con il latte », pigolò.

Bardack sentì la prima vena iniziare a pulsargli energicamente in fronte, segno che la pazienza stava cominciando a sgusciargli via di mano. « E invece no », ringhiò alla sua tipica maniera, per poi smorzare la frase e riprendere a parlare col tono profondo e bonario di prima, « Ehm. Cioè. OH. OH. OH ».

Naturalmente Goku stette zitto. Non che ci fosse molto da commentare al suo “oh oh oh” da perfetto deviato mentale, comunque.

Nella stanza calò nuovamente un soffocante silenzio e tutto tacque, ad eccezion fatta per il lampadario sopra le loro teste, la cui lampadina crepitava leggermente. Bardack lasciò andare un sospiro pieno di stanchezza e abbassò le palpebre, pregando i tipi nell’alto dei cieli che aveva insultato poco prima di aprire una voragine sotto ai suoi piedi e di farlo sparire nei meandri della terra, lontano da quei due cataclismi di bambocci. Poi decise di dare un taglio a quell’alquanto imbarazzante situazione.

« Ok, io devo portare i regali a... uhm, un sacco di altri marmoc— adorabili bambini », disse, facendo per allontanarsi piano piano e dirigendosi teatralmente verso l’esterno. Aggirò il figlioletto mantenendosi a distanza di sicurezza, dandogli una titubante pacca in testa e cercando sempre di parlare col tono più profondo che fosse in grado di assumere, « Tu... uhm, comportati bene e non fare il cretinetto, intesi? ».

Goku annuì, dondolandosi sulle punte dei piedi e mantenendo ferreamente il pollice ancorato alla bocca. « Ok! ».

« E non tentare di mangiare tuo fratello nel sonno! ».

« Ok! ».

« E non ingozzarti di nascosto di panettone! ».

« Ok! ».

« E non molestare Vegeta! ».

« Ok! ».

« E vedi di andartene a letto, che è tardi! ».

« Ok! ».

Bardack lo guardò assottigliando lo sguardo, sospettoso del fatto che lo stesse prendendo leggermente per i fondelli – umanamente impossibile che un bambino di cinque anni potesse seriamente prendere per i fondelli qualcuno a dirla tutta, ma dettagli.

A smentire i suoi sospetti, comunque, Goku subito si voltò ubbidiente e corse velocemente verso la sua cameretta, zampettando sofficemente a piedi scalzi sul pavimento. A quella vista i nervi di Bardack si distesero e si rilassarono, immensamente sollevati.

Goku aprì la porta della stanza, voltandosi poi verso di lui un'ultima volta con un sorrisone entusiasta stampato in faccia.

« Comunque stai tranquillo papà, non dirò a nessuno che sei tu Babbo Natale! », esclamò, rintanandosi nella cameretta.

Bardack guardò sbigottito la porta chiuderglisi in faccia, schiaffandosi poi una mano sulla fronte.

 

« Merda ».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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