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Autore: Sparrowhawk    13/12/2011    2 recensioni
[TWEWY: Sho Minamimoto x Nuovo Personaggio ]
«Mai pensato che forse non sono io ad essere lenta, ma tu ad essere un pessimo insegnante?»
La buttò lì, quella frase, aspettandosi da un momento all’altro che il suo carissimo tutor scoppiasse nella sua fragorosa e cinica risata.
Certo, anche lei conosceva bene la sua fama di Re della matematica, e aveva avuto molte occasioni di osservare il genio in azione, però in quanto ad insegnare ciò che sapeva il signorino lasciava un poco a desiderare: da quando lo aveva incontrato la sua media non si era minimamente alzata. Anzi, se possibile si era addirittura abbassata.
E dire che da ‘insufficiente’ ce ne voleva per peggiorare.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Un pessimo insegnante
Fandom: The World Ends With You - TWEWY
Personaggi: Sho Minamimoto; Nuovo Personaggio
Rating: Verde
Genere: Commedia; Fluff; Slice of life
Altro: Het; One-shot
Note: Come mi è venuta? Boh. Non lo so. So solo che dovevo farla. Mi dispiace davvero continuare a tirare fuori idiozie come questa ma, oh, non ci posso fare nulla. Sho poi, mi farà sempre morire dal ridere, è inutile. Non lo prenderò mai sul serio.



Un pessimo insegnante

«Sei proprio lenta

Come suo solito, Sho impresse fin troppo entusiasmo nel proprio tono di voce mentre, agitando in giro le mani manco stesse facendo segno a qualcuno a distanza, si piegava ancora una volta sulla scrivania, rimanendo alle spalle della ragazza che stava cercando di ascoltarlo senza dare di matto.

Lei alzò gli occhi al cielo dinanzi a quell’azione e, scuotendo il capo, appoggiò il mento al palmo della mano prima di decidersi a rispondere a quell’ennesimo, velato insulto.

«Mai pensato che forse non sono io ad essere lenta, ma tu ad essere un pessimo insegnante?»

La buttò lì, quella frase, aspettandosi da un momento all’altro che il suo carissimo tutor scoppiasse nella sua fragorosa e cinica risata.

Certo, anche lei conosceva bene la sua fama di Re della matematica, e aveva avuto molte occasioni di osservare il genio in azione, però in quanto ad insegnare ciò che sapeva il signorino lasciava un poco a desiderare: da quando lo aveva incontrato la sua media non si era minimamente alzata. Anzi, se possibile si era addirittura abbassata.

E dire che da ‘insufficiente’ ce ne voleva per peggiorare.

«AH! Se tu ascoltassi le mie spiegazioni, i tuoi voti non ti etichetterebbero come tonta.» disse il ragazzo, riprendendo a camminare dietro di lei per la stanza, le mani incrociate al petto «Non capisci? Ad ogni azione corrisponde una reazione, è il principio fondamentale su cui si basa l’universo.»

L’altra gli fece il verso, muovendo la mano candida come fosse una bocca.

Ancora con quelle frasi assurde che nessuno, ma proprio nessuno, usava più nel ventunesimo secolo. Davvero non capiva come uno così potesse esistere: insomma, Sho Minamimoto era tutto fuorché normale e non faceva assolutamente niente per nasconderlo. Piuttosto lo metteva ancora più in mostra, urlando in quel suo dannato megafono, scrivendo formule aritmetiche sui muri della città quando più lo aggradava, sproloquiando di cose che i più – se non l’interno mondo – non comprendeva.

Se almeno si fosse sforzato di dire cose un filino più comprensibili per una che di matematica non ci capiva niente!

No, neanche quello.

Sho parlava, parlava e parlava – alle volte senza neanche respirare, secondo lei – dando per scontato che lei lo seguisse alla perfezione nei suoi fili logici. Bah. Quello non aveva tutte le rotelle a posto.

E ciò che era peggio era che non accennava a volersi fermare.

Urgeva una soluzione, altrimenti sarebbero scoccate le sei di sera e lei non avrebbe visto risolto neanche uno dei problemi che le avevano dato come compiti per casa: la giovane si guardò attorno, frustrata visto il continuo ed implacabile chiacchiericcio del suo per così dire insegnante. In quella stanza non c’era niente di interessante, nulla che l’avrebbe potuta aiutare ad interrompere quel supplizio. Il caro Minamimoto era strambo anche nella scelta dell’arredamento. Diceva cose del tipo “Simple is better”, e con questa scusa comprava il minimo indispensabile per rendere un minimo vivibile quel tugurio che lui aveva la faccia tosta di chiamare ‘appartamento’. La sua stanza, ad esempio, era di uno spartano sconvolgente. Un letto, un lenzuolo, la sedia su cui lei si era accomodata e la scrivania sulla quale aveva posato le proprie cose.

Basta.

Chissà quando chiamava una ragazza cosa facev-

Il suo volto si illuminò a questo pensiero interrotto proprio sul gran finale.

Lui era un ragazzo, un ragazzo bello ed aitante, e come tale non sarebbe di certo rimasto impassibile di fronte ad una donna – ma sì, facciamo finta che lei avesse più di sedici anni – che gli si offriva così, su un piatto d’argento. Non che volesse arrivare a qualcosa come fare l’amore, sia chiaro, solo distrarlo un attimino, con qualche moina magari, o…

Beh, con un bacio.

Si alzò di scatto e si pose di fronte a Sho, gli occhi forse un po’ troppo luminosi visto e considerato che, almeno a sua detta, l’azione che si stava apprestando a compiere era dettata unicamente dalla disperazione e non dal suo desiderio personale di posare le proprie labbra su quelle di lui. Anche perché Sho non era il suo tipo. Quegli occhi chiari non l’aveva affatto rapita e quel suo corpo slanciato, nonché perfetto, non aveva la malsana capacità di farla rabbrividire di piacere alla sola idea di potervici stringere addosso.

Fu un attimo.

Posando quel bacio sulla sua bocca ebbe modo di cadere in un turbinio di emozioni che aveva tenute nascoste a tutti, perfino a se stessa. Improvvisamente il mondo sembrò assumere diverse sfumature, facendo diventare ciò che un tempo era stato o bianco o nero, di un grigio prima chiaro e poi un poco più scuro.

Aveva perfino portato le braccia al collo dell’altro, mentre lo baciava, cosa che non mancò di sorprenderla non appena tornò in sé.

Non disse niente, si staccò e basta, sentendo di non avere neanche la forza di smettere di guardarlo.

Moriva dalla voglia di capire che pensava di ciò che era appena accaduto.

«…»

Passarono altri secondi e poi, finalmente, Sho si riscosse, squadrandola da capo a piedi con occhi scettici.

«Davvero non comprendo cosa ti abbia spinta a tanto.» mormorò, quasi infastidito «Cosa ha a che fare questa cosa con la matematica?»

 

A sentire questa risposta, lei raccolse astuccio, quaderni e libri, li mise nello zaino, e poi uscì di volata dalla porta della stanza.

«Io la odio la matematica!» sibilò, schizzando fuori dall’ingresso con una velocità record.

Inutile dire che, se solo si fosse girata, avrebbe notato un piccolo sorrisetto compiaciuto a comparire sul volto nocciola del peggiore degli insegnanti.
Di fatti, Sho, sapeva bene che cosa significasse quella ‘cosa’, come l’aveva chiamata lui.
Lo sapeva e non vedeva l’ora che ciò accadesse di nuovo.
E, se ve lo state chiedendo, anche il fatto che quel bacio si sarebbe ripetuto ancora ed ancora era un’assoluta certezza per Minamimoto.

Lui non sbagliava mai ed era matematicamente impossibile che la sua allieva, già palesemente attratta fisicamente, si sarebbe ancora trattenuta. I suoi calcoli non mentivano.

“AH!” pensò, affacciandosi alla finestra ed osservandola divertito mentre la vedeva intenta a correre per la strada “Ecco perché amo la matematica. Di lei mi posso sempre fidare.”.

 

  
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