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Autore: Ardespuffy    01/08/2006    1 recensioni
"In quel momento sentì una voce e rizzò le orecchie. Non riusciva a distinguere le parole ma… era sicuramente una voce femminile. Buffy? Non poteva esserne certo.
In ogni caso, servì a dargli coraggio. Oltre quella porta poteva esserci la sua salvezza… o la sua condanna… ma, qualunque cosa fosse, doveva scoprirlo.
Risalì i gradini del portico e sfiorò il campanello accanto lo stipite, senza il coraggio di premerlo. Sospirò un’ultima volta e si maledì per l’intollerabile mancanza di stoicismo che l’aveva assalito.
“O la va…” pensò, e premette il bottone bianco.

Tutto ciò che accade, accade secondo un destino.
[Spuffy, Post Not Fade Away]"
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Buffy Anne Summers, Dawn Summers, William Spike
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Title: Fate

Author: **Ardespuffy**

Written: primavera/estate 2006

Disclaimer: tutto appartiene a me, a Joss Whedon, alla Mutant Enemy & co. Non a scopo di lucro.

Feedback: sempre graditissimo ^_^  a ericadia@alice.it   oppure   ardespuffy@hotmail.it

Pairing: Spuffy 4ever!  

Time: per BtVS, un anno e mezzo dopo “Chosen”. Per Ats, 6 mesi dopo “Not fade away”.

Spoiler: grossi spoiler sulla 5^ serie di Ats.

Rating: N.C. -17 in alcune parti

Subject: è passato ormai molto tempo dagli eventi che hanno portato alla distruzione di Sunnyhell. I suoi vecchi abitanti si sono rifatti una vita – una vita “normale”?? Ma se il Fato ci mette lo zampino… una scoperta può stravolgerti la vita.              

 

NOTA: Alcuni elementi potranno risultare poco credibili, ma… siate clementi, è la mia prima FF! JJJ        

 

 

 

Cleveland – Com’eravamo                                                                                 h 11:15 P.M

 

L’aria calda e secca, opprimente, le toglieva il fiato. Non un alito di vento scuoteva l’immobile notte estiva. Il silenzio, poi, l’assordava. Possibile che la quiete avesse il rumore della tempesta?

L’unico suono che riempiva l’aria era quello ben noto dei suoi passi, quel calpestio d’erba che sapeva di antico. Di tempi e luoghi lontani, di ricordi sopiti, ma mai del tutto cancellati. Ricordi di un’altra vita.

La sua figura snella si aggirava leggiadra tra le lapidi scure. Certe cose, pensava, stringendo più forte il paletto nella mano destra, non sarebbero mai cambiate. Altre, invece, erano mutate per sempre: irrimediabilmente, dolorosamente trasformate.

Sunnydale. Un nome dal sapore infernale. Quanta rabbia, gioia, paura e dolore erano legati a quella maledetta città! Quante volte aveva sognato di fuggire. Di scappare da quella vita troppo dura da vivere, da quella realtà così difficile da credere, eppure tragicamente vera. Aveva desiderato così ardentemente di non appartenere a quel luogo… e poi…era finita. Lo scenario di tutta una vita, ad un tratto, era crollato. Niente più ronda, né armi, né apocalissi, né demoni, mostri o vampiri…niente più Cacciatrice. Già, adesso non era più l’unica. La Prescelta non c’era più: era stata rimpiazzata da un vero esercito di efficienti, quanto inesperte, ammazza-vampiri alle prime armi. Piene di forza e di entusiasmo, ma ancora del tutto impreparate a ciò che le attendeva. Come Madison.

Quando il signor Giles le aveva telefonato, chiedendo il suo aiuto per una cosa, a detta sua, importantissima, Buffy aveva esitato a lungo prima di accettare. Lei, allenare una Cacciatrice? Proprio lei che, in passato, si era ribellata con tutta l’anima alle imposizioni del Consiglio, ora si trovava a lavorare per loro! Paradossale. Ma il signor Giles aveva bisogno di lei… e poi, la sua vita a Roma non aveva più molto da offrirle. Così, aveva deciso di riprendere i panni della guerriera notturna. Bentornata alla Bocca dell’Inferno, Cacciatrice! Ci sei mancata.

Cleveland, dove si era trasferita per allenare Madison, era molto diversa da Sunnydale. Pur essendo situata su un’altra Bocca dell’Inferno, era infinitamente più tranquilla della sua vecchia città. Tanto per cominciare, in quella zona c’era (ovviamente) un’impressionante concentrazione di giovani Cacciatrici, che ogni notte uscivano per la ronda; c’era quasi da provar compassione per i demoni e i vampiri locali… non avevano “vita” facile!

Spesso, Buffy si era chiesta se ci fosse veramente bisogno di lei. Una volta aveva trovato il coraggio di chiederlo al signor Giles, e lui le aveva risposto che forse non era più necessaria come Cacciatrice, ma sicuramente nessuno, meglio di lei, poteva insegnare qualcosa a quelle giovani ed inesperte guerriere.

Infatti il Consiglio aveva ritenuto impossibile attivare un osservatore per ogni singola Cacciatrice; così, era stata chiesta la collaborazione di alcune “vecchie glorie” di Sunnydale e dintorni. Anche Faith si era lasciata incastrare: era tornata a Boston, la sua città, dove ora allenava una quindicenne volubile e iperattiva. Robin Wood, che contro ogni possibile previsione era diventato il suo attuale ragazzo, viveva con lei.

Dopo aver affrontato l’ultima Apocalisse insieme, infatti, l’intero gruppetto si era smembrato. Giles era tornato in Inghilterra, dove attualmente addestrava ben 3 adolescenti contemporaneamente: nelle numerose telefonate che intercorrevano tra loro, l’osservatore si era spesso lamentato della sua situazione con Buffy. “Quelle ragazzine mi faranno diventare matto!” ripeteva in continuazione, con quel suo tono sempre impeccabilmente inglese.

Willow si era concessa un lungo viaggio “low coast” in compagnia di Kennedy, dal Brasile a Vancouver. Era stata una vacanza meravigliosa, ma…dopo mesi di idillio, qualcosa si era spezzato fra le due. Così Kennedy si era trasferita a Washington, e Willow a San Francisco, dove si era appena laureata in Scienze delle comunicazioni.

Andrew aveva scelto di vivere con Buffy e Dawn, a Roma. Ma, quando le due sorelle erano tornate in America, si erano separati. Il ragazzo aveva preferito restare in Italia.

Xander… Pensare a lui, inevitabilmente, le faceva riaffiorare alla mente ricordi intrisi di dolore. Tutti avevano pagato un prezzo. Sette anni di lotta contro il male avevano lasciato indelebili cicatrici sulla pelle di ognuno. Ma Xander, il suo migliore amico, quello che si era sempre fatto in quattro per lei… lui, più di tutti gli altri, n’era uscito sconfitto. Sopravvivere non poteva bastare. Aveva perso un occhio, certo, ma quello era stato il male minore. Il suo cuore era morto sotto le macerie, insieme a lei.

Anya. La donna che gli aveva insegnato ad amare, e che lui aveva impunemente ferito. Si erano fatti del male a vicenda, in un’infinita altalena di ripicche e vendette… e proprio quando cominciavano a pensare di avere ancora un futuro, lei se n’era andata. Era impossibile dimenticare il suo sguardo mentre, parlando con Andrew, lentamente capiva. Mentre l’atroce consapevolezza di averla persa per sempre si faceva strada in lui. Tuttavia, aveva cercato di reagire. Di ignorare quell’opprimente sensazione alla bocca dello stomaco che, giorno dopo giorno, ogni volta che la cercava con lo sguardo senza trovarla, si impossessava della sua anima. Ma non era servito. Non l’avrebbe mai dimenticata. E, in fondo, non voleva. Il suo ricordo, per quanto doloroso che fosse, era una nota di dolcezza nella sua vita, ormai così vuota. Lo aiutava ad andare avanti.

Di colpo, qualcosa la distolse dai suoi pensieri, riportandola improvvisamente alla realtà. Qualcosa aveva attirato la sua attenzione. Buffy si guardò intorno, ferma, concentrata, gli occhi verdi scrutavano attenti, soffermandosi su ogni piccolo particolare.

 

E fu allora che la vide.

Un’ immagine così dolorosamente familiare.

 

Dannati ricordi.

 

Ormai stava tremando. Gli occhi spalancati fissavano, come ipnotizzati, un piccolo edificio di pietra grigia, con delle strane incisioni - probabilmente in latino -  sullo stipite della porta.

 

Una cripta.

 

Possibile che non l’avesse mai notata prima?

Non che ci fosse qualcosa di strano… insomma, era normalissimo trovare una cripta in un cimitero, ma…

Avanzò lentamente, con passi insicuri, come spinta da una forza invisibile. Prima ancora di rendersene conto, fu davanti la massiccia porta di pietra.

Ricordi.

Dagli occhi verdi, luminosi come stelle, scivolarono piccole gocce di luce. Le labbra assaporarono quel salato dolore, quelle lacrime cariche di rimorsi, rimpianti, solitudine, nostalgia.

Così piene di lui.

La mano si sollevò contro la sua volontà, posandosi delicatamente sulla fredda porta che le stava di fronte. Una fuggevole carezza destinata a qualcuno che non poteva più riceverne.

 

Dio, quanto mi manchi.

 

Per un attimo ebbe l’impulso di spingere quella porta ed entrare. Ma si fermò.

Puoi sederti, se vuoi. Sono i tuoi mobili. Anche di sotto adesso è molto chic…

 

Non avrebbe resistito.

 

Dannati ricordi.

 

Di colpo, un fruscio alle sue spalle. Stavolta sapeva di non essersi sbagliata.

Buffy si allontanò di scatto da quel maledetto blocco di pietra, che aveva saputo risvegliare in lei tante antiche emozioni, e si voltò.

 

Non vide nessuno, ma lei sapeva.

Qualcuno la stava spiando.

 

 

Los Angeles – Una scoperta                                                                              h 2:50 P.M

 

Il telefono squillava senza che nessuno si preoccupasse di rispondere.

Bè, forse non proprio nessuno.

“Angel! Dannazione…”. Spike irruppe furioso nell’ufficio in cui si trovava quel dannato apparecchio, trovandolo vuoto. In quel momento il telefono smise di suonare.

“Alison! Dove diavolo è Angel?” abbaiò Spike uscendo in corridoio.

Una ragazza alta e slanciata, dai lunghi capelli neri e ammalianti occhi scuri, vestita di un costoso quanto succinto tailleur blu cobalto, sopraggiunse senza apparente fretta in cima alle scale, trovandosi faccia a faccia con Spike.

“Il capo non c’è. Non è venuto in ufficio.” rispose pacatamente la brunetta.

Spike dovette fare un enorme sforzo per restare calmo: “Si, Alison, questo lo vedo. Quello che mi piacerebbe sapere, è dove si trovi esattamente e, se non ti dispiace, anche perché non è venuto al lavoro.” disse, scandendo lentamente le parole, come se parlasse ad una bambina.

Non lo so dov’è, Spike. Perché non provi a cercartelo da solo, una volta tanto? Io ho altro da fare” fu la pronta replica della ragazza.

Per Spike, assumere Alison Summers come nuova segretaria era stato un grandissimo errore. L’aveva odiata sin dal primo giorno che aveva messo piede in ufficio. Tanto per cominciare, era una ragazzina (probabilmente era da poco diventata maggiorenne), anche se faceva di tutto per apparire più adulta e sofisticata. Come tale, era una vera incompetente, ed era anche di un’insopportabile boria. In più, il modo in cui continuava a fare gli occhi dolci ad Angel, lusingandolo chiamandolo “capo”, era a dir poco rivoltante. E la cosa peggiore era l’atteggiamento di Angel, che la trattava con immotivata indulgenza, senza preoccuparsi della superficialità con cui svolgeva il suo lavoro.

Ma il vero, inconfessabile motivo che l’aveva portato a detestare quella ragazza sin dall’inizio, senza averla mai neanche incontrata…era il suo cognome.

 

Summers.

Quanto poteva essere crudele il destino?

Nessuno aveva il diritto di portare quel nome, nessuno…

Tranne lei.

 

Dio, quanto fa male.

 

“Di grazia, perché cerchi il capo?” la voce insistente della segretaria lo riscosse.

“Avevo bisogno di un file… un nuovo cliente” tagliò corto Spike “Speravo che me lo desse Angel, così avrei evitato di mettere piede in quella specie di ripostiglio… Ma non importa. Lo troverò da solo.”

L’ufficio del “capo” era il più grande (naturalmente) e il più disordinato. Non si trattava solo di qualche fascicolo fuori posto, tutt’altro: il caos che regnava nella stanza era tale da spaventare. Si diceva che, in quell’ufficio, fosse possibile trovare qualunque cosa.

“Allora, buona fortuna!” concluse Alison, sarcastica, voltandogli le spalle per andare nel suo ufficio.

“Alison!” Spike sorrise, dentro di sé. Non poteva rinunciare al piacere di avere sempre l’ultima parola. “Se squilla il telefono, è compito della segretaria rispondere!” aggiunse, in tono eloquente.

Alison gli lanciò un’occhiata carica di astio, e non si prese nemmeno il disturbo di rispondergli. Si voltò di nuovo e scomparve oltre una porta di legno. Spike sorrise, beffardo, mordendosi le labbra.

 

Certe cose non sarebbero mai cambiate.

 

Entrato nell’ufficio di Angel, si chiuse la porta alle spalle e, guardando sconsolato l’enorme pila di fogli accumulati sulla scrivania di mogano, sospirò. “Cominciamo!” si disse, avvicinandosi rassegnato.

Iniziò a sfogliare fascicoli su fascicoli, in quella che sembrava una ricerca disperata. Stava quasi per perdere la speranza, quando qualcosa attirò la sua attenzione, distogliendolo dalla sua attività.

 

Tra le pagine di una vecchia rivista d’arredamento, c’era…un foglietto.

O quasi.

Aggrottando le sopracciglia, perplesso, Spike prese il rettangolo di carta azzurrognolo e se lo portò al viso.

Era un biglietto aereo.

Un biglietto aereo andata e ritorno, intestato a… Liam Harrison. Il nome che c’era sui documenti falsi di Angel.

Spike corrugò la fronte, confuso. “Che diavolo…?” pensò. La sua attenzione corse alla data della partenza. Ciò che vide lo lasciò interdetto.

 

Angel sarebbe partito il giorno dopo.

 

 

 

  
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