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Autore: unbound    13/12/2011    4 recensioni
Questa storia a capitoli narra le vicende di una ragazza, Kay York, che insieme a delle amiche frequenta la fantastica Vengeance University, un college dedicato interamente alla VERA musica con dei docenti tutt'altro che stressanti ;)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Vengeance University'
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Il rumore dei passi pesanti sul pavimento mi faceva intuire che Lisa era già sveglia, aveva indossato le sue vans e stava cercando di fare più rumore possibile per svegliarmi. Aprendo gli occhi, notai con piacere che non ero l’unica a ronfare beatamente; la mia vicina di letto , ovvero la mia migliore amica, stava ancora dormendo abbracciata al cuscino. Non dava praticamente segni di vita, avrei dubitato della sua salute se non la avessi sentita russare.
Mi presento. Sono Kay, e vivo ad Hungington Beach, in California. Sono una diciassettenne davvero strana, e molto fortunata; infatti frequento la scuola più figa di tutti gli stati uniti, una scuola poco prestigiosa ma davvero, DAVVERO perfetta: la “Vengeance university”. E’ un college che ci insegna la musica in tutte le sue forme con dei professori davvero..... Adeguati. La frequento da circa due mesi insieme a due amiche, cioè le mie compagne di stanza, Lisa e Giuls; Lisa è una ragazza davvero simpatica, la conosco almeno da un paio d’anni e mi sono sempre trovata bene con lei! Nella nostra ex scuola, una comunissima noiosa scuola, era una delle poche a differenziarsi dalla massa come me. Giuls.. Giuls è la mia migliore amica. La conosco da una vita, è come una sorella per me; non frequentava la mia ex scuola con me e Lisa, viveva ad Orlando prima, parecchio distante da me, e lì andava in una scuola noiosa e stupida quanto la mia; per fortuna, è riuscita a convincere i suoi genitori.. Ed adesso è qui con me.
Ti prego Kay, fai smettere quel trombone e andiamo. Fra una decina di minuti dobbiamo essere in classe!” Lisa ruppe il silenzio, ed io cercai di mettermi in piedi e ,appena ci riuscii, mi avviai verso il letto vicino a me affinché potessi scuotere Giuls lentamente, con il fine di farla svegliare. Dopo circa cinque minuti, avevo già indossato le mie converse e la mia divisa (la divisa era formata da una maglietta con un grande teschio stampato e il nome della scuola, una felpa per l’inverno che non mettevo quasi mai e un paio di Jeans scuri strappati. ) e avevo leggermente truccato gli occhi come era mio solito fare con una matita nera. Guardai Lisa, era impaziente. Studiai il suo comportamento nervoso e dopo aver alzato il sopracciglio, le dissi “hei ragazza, sei nervosa perché a prima ora abbiamo il tuo professore preferito?” lei mi guardò male, ed io sorrisi. Aspettammo che Giuls finisse di prepararsi, e poi, afferrando i libri, ci avviammo verso l’aula n.1.
L’aula numero uno era situata in fondo al corridoio principale, prima delle scale e di fronte ai nostri armadietti, che erano ricoperti da una vernice nera e viola opaca, che davano un nonsochè di lugubremente figo. Il nome dell’aula era “Class of evil- Tecniche musicali. Prof. Baker “Vengeance””. Il professor Baker era la cotta di Lisa, e lui sembrava anche ricambiare le attenzioni della mia cara amica.
“Ragazzi, buongiorno”.
Il professore entrò in aula con il suo solito passo trasandato, la sua solita camicia bianca che gli metteva in risalto quei pochi muscoli che possedeva e il suo solito papillon rosso, soggetto di molte fantasie poco caste delle alunne.  Si trascinò verso la cattedra e , dopo aver passato una mano sui capelli per sistemarli –il sospiro di Lisa fu inevitabile- aprì il registro, fissando la lista di nomi degli alunni presenti in classe. Diedi un’occhiata furtiva ad altre due mie compagne, ovvero le ragazze sedute al banco dietro il mio: Alisee e Beatrix, che ricambiarono amichevolmente salutandomi. Lisa, nel frattempo, si girò verso me e Giuls e farfugliò qualcosa su quanto fosse sexy il professor baker in quella giornata. Faceva la stessa azione da un mese a quella parte.  Dopo aver spulciato attentamente ogni cosa, il prof. Ci invitò ad aprire il libro a pagina 30. L’argomento del giorno si chiamava “Heavy Metal- Strumenti e co.” e sembrava essere molto interessante.
“Oggi studieremo un bell’argomento, miei giovani amici. L’heavy metal è il mio genere, il genere del mio gruppo e il miglior genere della musica in sé. Ma non voglio influenzarvi, ognuno ha il proprio genere preferito, e questo è il mio perciò non fate commenti sgradevoli perché potrei davvero prendermela”
Il professor Vee faceva sempre discorsi senza senso. Io ridacchiavo tra me e me guardandolo confondersi, era un ragazzo grandioso e senza dubbio un grande personaggio.
“Questa” afferrò una chitarra da sotto la cattedra “è la mia Schecter.” Ci fu un “ooooh” generale in classe; tutti gli alunni fissavano stupiti quella meraviglia in corde.
“Bella vero? Piace anche a me. “ la guardò come un padre che fissa il figlio dopo un buon risultato.
“La mia è migliore,  mi permetta professore” Quella voce era familiare: infatti, era il professor Haner, che si pavoneggiava da dietro la porta. Ebbi un sussulto. Quella voce mi faceva rabbrividire.
Il professor Baker ridacchiò e sussurrò qualcosa come “Che stupido” per poi proseguire il suo discorso, continuando ad aggiustarsi nervosamente i capelli e a fissare lo strumento con occhi illuminati. “Questa bambina è la mia vita. Chi vuole suonarla?” alzò lo sguardo e lo puntò verso la classe. Studiò tutti i volti e notò il nervosismo abnorme di Lisa,e  quindi, per infierire prepotentemente nel suo stato cardiaco, decise di chiamarla. Sapevo che quella scelta mi avrebbe condizionato la giornata. “Miss Steel, perché non lei?”
Lisa saltellò verso la cattedra e iniziò a flirtare senza alcun ritegno con il professore. La lezione procedette così per due ore, mentre io mi perdevo nel fissare fuori dalla finestra e a studiare l’ambiente assolutamente fantastico del cortile.
Il professor Vee, per finire l’ora in bellezza, diede una pacca sulla spalla alla ragazza ed io mi rassegnai alla vicina catastrofe scatenata da Lisa dopo quel gesto. Dopo aver recuperato il registro e la borsa, si trascinò allo stesso modo nel quale era entrato verso la porta, abbandonando l’aula; anche noi dovevamo cambiare classe, perciò ci alzammo lentamente, ed io notai con mio grande dispiacere che Lisa aveva già iniziato a parlare e discutere con me e Giuls di quanto fosse bello essergli vicino e di quanto profumo emanasse.
L’aula numero due era situata dall’altra parte del cortile, vicino al cancello di ingresso; io lo amavo: era di ferro e ricordava la forma di un teschio a bocca aperta che dava l’impressione di essere sempre più malefico. Era posto tra due muri enormi e grigi, ornati con dei graffiti raffiguranti due ali di pipistrello. Era un fottutissimo deathbat.
L’aula due era decisamente la migliore; era grande e spaziosa e i banchi ospitavano 5 persone, perciò io mi sedetti con Giuls, Lisa, Alisee , Beatrix e il migliore amico di Alisee, un ragazzo dall’aspetto simpatico e rassicurante che sopportava ogni nostro sclero sui professori pazientemente.
Giuls, non appena entrò, si dipinse sul viso una faccia da ebete: quell’aula era chiamata “Bat Lessons- Storia della musica Rock-Metal. Professor. Seward “Christ”. Il professor Christ era il più amichevole, rideva continuamente ed era la cotta segretissima della mia migliore amica, che al contrario di Lisa si limitava ad arrossire e a guardarlo sognante. 
Ad annunciare il suo arrivo, si sentì un rumore sinistro proveniente dalla porta seguito da una risata fragorosa: il professore era caduto, di nuovo, e invece di imprecare se la rideva. Lo adoravo, era un mito.
“Ragazzi non riesco neanche a stare in piedi, sono un casino.” Lanciò la borsa sulla cattedra e cercò di pulirsi la T-Shirt e i jeans sporchi d’erba, con scarsi risultati.
“Comunque, buongiorno a tutti!!” aprì le braccia e sfoderò un sorriso a 200 denti, sospirando. Mi girai verso Giuls e la sua espressione praticamente ottusa mi fece sorridere.
“Oggi studiamo gli Avenged Sevenfold. Qualcuno di voi li conosce?” chiese ironicamente il professore, ridendo ancora una volta. Era ovvio che li conoscevamo, eravamo lì per questo.
Ahahahah, scherzavo. Ma l’avete visto quant’è bono il bassista?” Imitò una ragazza “fan girl” con tanto di movimenti poco virili e urla stridule. L’ho già detto che lo adoravo?
Iniziò a parlare della loro storia, e ogni alunno, me compresa, lo guardava con occhi incantati: eravamo tutti accomunati da quella fottutissima passione per i Sevenfold e ci ritrovavamo lì, in quell’università, con loro come professori a studiare l’argomento migliore di tutti. Siamo fortunati. Davvero tanto.
Il professor Christ era davvero instancabile e aveva la capacità di non fare annoiare mai; ogni cinque minuti faceva una battuta , il più delle volte pessima, e ci trascinava a ridere con il suo sorriso contagioso.
Parlò per più di mezz’ora e nessuno di noi riusciva a distrarsi talmente era interessante l’argomento.
Dopo aver terminato il discorso, tra risate e battutacce, sfoderò anche lui il suo strumento. “Questo è il basso che ho usato dall’anno 2008 all’anno 2010 per i live. Sono particolarmente affezionato a lui” affermò, passando il dito lungo le corde e le rifiniture. Per mostrarlo meglio, passò tra i banchi e lo fece sfiorare quasi a tutti gli alunni, e non appena passò dal mio, sentii Giuls tremare e non feci a meno di darle un piccolo pizzicotto, per farla riprendere. Il professor Seward le regalò uno sguardo abbastanza penetrante, e lei si morse le labbra. Quell’intesa mi faceva quasi sentire di troppo.
Uscimmo dall’aula silenziosamente; mentre il professore dava dei chiarimenti ad alcune ragazze sulla lezione appena svolta, ci salutò calorosamente con un “a presto ragazze, è stato un piacere”. Era davvero molto cordiale.
La prossima classe era vicina, per fortuna. Era accanto alla palestra e alla sala strumenti, a circa 10 metri dal cancello d’entrata, e la raggiungemmo quasi in anticipo. Prima di entrare però mi allontanai con Giuls dal gruppo per prendere una mela al distributore automatico di alimenti; il mio stomaco protestava insistentemente e dovevo zittirlo. Al distributore, incontrammo il professor Seward e il professor Baker che stavano prendendo un caffè. Il primo guardò Giuls sorridendo, e lei arrossì di brutto, mentre il secondo mi chiese cosa volevo e me l’offrì gentilmente. Io gli sorrisi e lui mi diede una pacca amichevole sulla spalla. Dopo un po’, non appena finii la mia mela e una divertente discussione con i professori, tirai Giuls per il braccio e la trascinai in classe, mentre le sue attenzioni insistenti erano ancora rivolte al docente alle nostre spalle.
Entrammo nell’aula numero tre, chiamata “A little piece of heaven- Canto. Prof. Sanders”.
Il professor Sanders era un uomo di ottimo aspetto, dannatamente sexy e vittima di particolari attenzioni da tutta la scuola. Non appena entrammo, ci guardò attraverso i suoi luminosi occhi verdi e sorrise, mostrandoci quasi prepotentemente le fossette sulle guance; era un uomo davvero meraviglioso, e molto gentile. Era il solito professore “bello e dannato” ma contemporaneamente cordiale e sempre disponibile.
Ci fece accomodare e ci diede due microfoni e un testo: il testo era quello di “Beast and the harlot”, una canzone tratta dal loro terzo album City of evil, che probabilmente oggi avremmo dovuto cantare insieme a lui. Le lezioni di canto erano favolose: avevi la possibilità di poter sentire Matt Shadows cantare senza spendere neanche un centesimo.
Non appena entrò Alisee, si avvicinò furtivamente al professore e gli diede un bacio in guancia: lui era il suo fidanzato, e lei era la ragazza più invidiata di tutta la scuola; a parte da me, e dalle ragazze che sbavavano dietro agli altri professori o addirittura dietro ad alunni stessi dell’università.
 
Dopo una manciata di minuti, la classe si riempì e il professore poté finalmente iniziare la lezione; afferrò il microfono principale e disse “Buongiorno a tutti, grazie di essere venuti. Bene. Oggi ci alleneremo su questo pezzo, cioè Beast and the harlot, che spero conosciate tutti”. Dopo essersi schiarito la voce,con passo lento si avvicinò allo sgabello al centro della stanza ed iniziò a cantare.
Avevo la pelle d’oca. Ogni sua lezione era così, ogni volta che intonava una nota tutti i ragazzi presenti in classe si emozionavano; non eravamo ancora abituati a sentirlo. Non appena raggiunse il ritornello, con un gesto della mano ci invitò a seguirlo, per poi farci continuare da soli. Quando tutti iniziarono a cantare all’unisono e lui fermò la sua voce incantevole, passò per i banchi e studiò ogni alunno annuendo, oppure correggendo le posizioni sbagliate del diaframma; arrivò da me e sorrise, rivolgendomi uno sguardo rassicurante. Sentii un brivido lungo la schiena. Con la coda dell’occhio notai che Alisee stava guardandomi male, ma appena le rivolsi uno sguardo impaurito si mise a ridere, smettendo di cantare.
“Signorina Jordan, vuole farmi arrabbiare?” affermò il professore, ridendo e aggrottando le sopracciglia. Alisee sospirò con una faccia poco intelligente e la maggior parte delle ragazze la fulminarono con lo sguardo. Non appena finimmo, il professore si grattò la testa e sistemò i ricci capelli chiari, e annunciò
Ottimo lavoro ragazzi. La voce è lo strumento principale per un artista, basta saper cantare in maniera decente e si ha la strada spianata verso il successo. Ovviamente ci sono le dovute eccezioni... Per esempio il professor Seward stona che è una meraviglia, per non parlare del professor Haner... Ma come si dice, bisogna accontentarsi” Rise. “Allora... Non ho più niente da fare adesso. Quanto ci rimangono? 40 minuti?” guardò l’orologio e giocò con il suo labret “Bene, facciamo cantare un brano l’uno”.
Prese la borsa che giaceva sulla cattedra e la aprì lentamente, iniziando ad uscire una ventina di testi e a spulciarli con attenzione. Ci invitò a raggiungerlo e a prendere il testo che preferivamo; io ovviamente scelsi quello della mia canzone preferita, la migliore, la più energica e adrenalinica,  in altre parole “Bat Country”.
Ognuno cantò il proprio pezzo e anch’io lo feci, e Sanders ci riempì di nuovo complimenti incoraggianti e di sorrisi amichevoli; era sexy, troppo sexy per essere un professore. Non appena finì la lezione, ci invitò a studiare i testi nella pausa pranzo e salutandoci con un gesto della mano indossò la giacca che giaceva sulla spalliera di una sedia vicina alla cattedra e abbandonò la classe.
 
L’aula numero quattro era la più lontana da raggiungere; era collocata nella parte più esterna dell’edificio, accanto all’ufficio del preside, ovvero il signor Baker, e di fronte ai dormitori.
Era la mia aula preferita. Si chiamava “It’s your fucking night mare-  Studio degli strumenti ed estetica. Professor Haner.”
Il professor Haner era un tipo strano. Ogni tanto non si presentava a lezione, e spesso, quando era presente, decideva di non fare nulla e poltriva sulla sedia per un’ora intera.
“Kay, pianeta terra chiama Kay” Giuls mi distolse dai pensieri passandomi una mano sugli occhi.
Mi girai a guardarla
Il tuo amore si degnerà di insegnarci qualcosa oppure sarà troppo occupato ad amare se stesso per tutta la lezione?”
La guardai male. Lisa aggiunse “Macchè, già ad amarlo ci pensa la signorina York.. Vero Kay?”
Scoppiarono a ridere, ed io continuai a guardarle male. Io. Non avevo. Una cotta. Per il professor Haner. Ma loro erano fermamente convinte che l’avessi e mi assillavano.
Appena entrai in classe, notai con piacere che era ancora vuota e ne approfittai per uscire dalla tasta un pacco di Marlboro e fumarne una. Mi avvicinai alla finestra e guardai l’orario, potevo finirla comodamente tutta, eravamo in anticipo di dieci minuti e il professore avrebbe sicuramente ritardato. Le ragazze si sedettero sui banchi vicini alla finestra per farmi compagnia, e iniziarono a parlare del più e del meno. Mi appoggiai al muro lasciando uscire fuori il fumo e mi persi a fissare la classe alle spalle delle mie compagne, che chiacchieravano animatamente di fronte a me.  Il professor Haner entrò pavoneggiandosi come sempre; lanciò la giacca sulla cattedra insieme alla borsa e si fermò a osservarsi allo specchio che aveva intelligentemente posto dietro la porta dell’aula.
Alla sua vista, nascosi velocemente la sigaretta in modo da renderla meno visibile; ma tanto era troppo occupato a darsi attenzioni per notare la presenza di un qualcosa di proibito. Le ragazze mi guardarono sorridendo. “Che volete con queste facce voi?” chiesi acidamente, e loro continuarono a guardarmi tacendo.
Il professore mi fu vicino in un attimo, quasi non me ne accorsi, e mi porse la mano.
Gli guardai la mano e poi spostai lo sguardo sulla sua faccia, come a chiedergli cosa volesse. Non mi diede risposta, quindi dedussi che ciò che voleva era l’oggetto fumante nella mia mano. Avevo festeggiato troppo presto. Sperai vivamente che non mi facesse nessuna nota sul registro, e gliela porsi lentamente.
Lui la afferrò e fece un tiro, accomodandosi vicino a me sul banco e cercando di intromettersi nella discussione delle mie compagne. Lo fissai.
Dopo aver fatto un paio di tiri alla mia fottuta sigaretta, me la porse indietro.
Lo guardai meravigliato e la ripresi, continuando a fare quello che avevo interrotto.
 
Appena la classe si riempì, il professore mi lasciò per prendere la sua postazione; mise i piedi incrociati sulla cattedra e afferrò la sua schecter nera e bianca dall’angolo della classe senza neanche alzarsi. Improvvisò un assolo per zittire tutti, e dopo un paio di minuti si schiarì la voce. “Ragazzi, smettetela di fare sta cazzo di confusione che io oggi dovrei fottutamente andare avanti con il programma.”
Il suo linguaggio perfetto, come sempre
Oggi v’insegno ad amare voi stessi e a farvi fighi, in modo da poter trombare un sacco di gente in un mese e a diventare popolari... No scherzo, non potrete mai trombare quanto me. Perciò vi insegno ad essere fighi almeno la metà di quanto lo sia io, così da poter essere la brutta copia di “Synyster Gates” in una vostra futura Band”
Passò per i banchi e ci distribuì uno specchio, un pettine e una lacca.
“Ora fatemi vedere che sapete fare”.
Tornò alla cattedra e si distese su di essa, poggiandosi la chitarra sul ventre e suonando un paio di assoli,come quello di Critical Acclaim e quello di Scream.
Come se i suoi assoli potessero farci concentrare meglio. Mi guardai intorno.
Giuls stava cercando di trasformare la sua lunga chioma rossa in una cresta, Lisa stava impasticciando una cosa orripilante sui suoi capelli ma non indagai sulle sue intenzioni; Alisee passava la lacca intorno ai suoi ricci di colori poco indefiniti e Beatrix.. Beatrix aveva i capelli corti, quindi non aveva niente di speciale da poter fare.
Mi girai verso lo specchio di fronte a me e cercai di fare qualcosa di bello senza risultati.  Dopo un po’ sussurrai“c’ho provato.”  e poggiai il pettine e la lacca sul banco, sconfitta.
Il professor Haner lasciò la chitarra sulla cattedra e si avvicinò a me; afferrò il pettine e la lacca e iniziò a lavorare sui miei capelli. Stupita, guardavo le ciocche arancioni muoversi freneticamente e prendere forme meravigliose; ora mi spiegavo come riusciva ad essere... avere, riusciva ad avere sempre dei capelli perfetti.
Dopo una decina di minuti finì il suo lavoro e lo mostrò a tutti . Mi sentivo a disagio, tutti avevano gli occhi incollati su di me. Tanto per fare un po’ lo stronzo, mi accarezzò la guancia per girarla verso di lui e cercò di formulare un complimento per farmi sentire meno disagiata. Se ne uscì con un “Sei figa Miss York. Ovviamente lo sei grazie al mio tocco, non festeggiare”
Era uno stronzo cazzo.
La mattina si chiuse con la sua lezione. Dopo il suono della campana, che ci invitava a tornare nei dormitori, mi avviai velocemente verso l’uscita, cercando di non incrociare lo sguardo del docente, che però pensò bene di fermarmi e di scusarsi per la battuta.
“Te la sei presa, piccola?” mi chiese, alzando il sopracciglio. Non provare a fare il sexy con me, Haner.
“Non si preoccupi.” Risposi, fredda.
“Non darmi del lei, per te sono Brian.”
“Non preoccuparti,Brian”
Mi sorrise e mi aprì la porta, cercando di essere un gentiluomo e facendomi lasciare l’aula prima di lui. Non appena uscii, lo persi quasi subito di vista, e cercai di esserne indifferente. Giuls e Lisa mi aspettavano fuori, emozionate.
“Che ti ha detto? Eh? Come hai fatto a non svenire?!” chiese frenetica Giuls.
“Niente di interessante. Vi ripeto, non sono cotta di lui”
“Si, come no. Dovevi vedere la tua faccia mentre ti toccava i capelli. Immagino che ad ogni tocco ...”
“Zitta Lisa.”
Ci avviammo verso il dormitorio per schiacciare un pisolino pomeridiano.
Nel pomeriggio avremmo avuto due ore di Sanders, un’ora di Baker, una del professor. Sullivan, che insegnava Ritmo e tonalità, e una del professor Haner.. Brian. Una di Brian.
   
 
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