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Autore: Serenity Moon    14/12/2011    9 recensioni
"Un rumore sordo.
Un rombo lontano e vicino allo stesso tempo.
Poi la scossa.
Ichigo Momomiya aprì di scatto gli occhi e nel buio della notte si scoprì a tremare convulsamente."
N.B. So che in inglese 'terremoto' si scrive 'Earthquakes', ho solo voluto giocare un po' con le parole vista la somiglianza fra Heart ed Earth. Passatemi questa licenza.
Buona lettura, con tanto affetto la vostra Serenity Moon.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Keiichiro Akasaka/Kyle, Ryo Shirogane/Ryan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sì, come promesso son tornata, con un altro lavoretto dei miei. Spero vi piaccia. Piccola nota: so che in inglese 'terremoto' si scrive 'Earthquakes', ho solo voluto giocare un po' con le parole vista la somiglianza fra Heart ed Earth. Passatemi questa licenza.

Buona lettura, a presto, con qualche nuova sorpresina.

Con tanto affetto, la vostra Serenity Moon

 

 

 

Heartquakes – Sconvolgimenti di cuore

 

Un rumore sordo.

Un rombo lontano e vicino allo stesso tempo.

Poi la scossa.

Ichigo Momomiya aprì di scatto gli occhi e nel buio della notte si scoprì a tremare convulsamente. Le ci volle qualche secondo per capire che il movimento che l'aveva svegliata non era provocato da lei. Era troppo forte, troppo esteso.

I quadri appesi al muro ballavano seguendo un ritmo irregolare, ora più lento, ora più veloce, ora a destra, ora a sinistra. I soprammobili poggiati sul piccolo comodino cadevano uno ad uno come carte di un castello spazzato via dal vento.

D'istinto nascose la testa sotto le coperte come se queste avessero potuto proteggerla dal terremoto.

Una sciocca illusione che si portava dietro sin da quando era bambina, anche se già allora sapeva che uno strato di piume d'oca avrebbe potuto ben poco contro un mattone.

Attese trepidante che la scosse cessasse e solo dopo un'ulteriore manciata di secondi ricominciò a respirare.

«Ichigo-chan!».

La porta della sua camera si aprì di botto ed una Izumi ansante si catapultò dentro.

Ichigo sbirciò da una fessura fra le coperte: il pigiamone di pile color glicine e la lunga treccia nella quale acconciava i capelli per la notte facevano sembrare sua sorella maggiore una bambina.

«Stai bene?» le chiese Izumi avvicinandosi al letto dal quale non proveniva ancora nessun movimento.

Prese un lembo del piumone e lo spostò scoprendo la sorella rannicchiata ed immobile. Ichigo la fissò per un attimo. Izumi era visibilmente spaventata, ma non capiva se lo fosse per causa sua o del terremoto.

«Tutto okay» la rassicurò la rossa mettendosi lentamente a sedere sul materasso. «Tu?».

«Sto bene. Sei tu la fifona in certi casi».

Insensibile Izumi.

Ichigo la fulminò con lo sguardo, offesa.

Era vero, non poteva negarlo però. Era sempre stata terrorizzata dai terremoti, soprattutto di notte, quando tutti dormivano e la probabilità di venire sepolti vivi da una valanga di macerie aumentava a dismisura.

Se poi sua madre era fuori e l'unica fonte di salvezza nei paraggi era sua sorella Izumi ( la paurosa, vigliacca Izumi) era ben comprensibile quanto la sua paura fosse legittima.

Puff!

Con uno schiocco, Mash, il robottino peluche di Ichigo, si materializzò nella stanza facendo sobbalzare le due ragazza già tese.

«Ichigo. Ichigo. Ichigo» cominciò a ripetere volando in direzione della rossa che lo accolse nervosamente. Gli piantò un pugno sulla testa che fece abbassare di un bel po' di centimetri il volo del robot.

«Ahia!» si lamentò il piccolo peluche. «Mi hai fatto male!».

«E tu mi hai spaventata!» lo rimproverò la ragazza mentre lui si rifugiava fra le braccia amorevoli di Izumi.

«Sai che novità!» esclamò una voce tagliente e ironica che sembrava provenire dall'oltretomba.

Ichigo trasalì e quando si rese conto che proveniva proprio dall'altoparlante incorporato in Mash andò su tutte le furie.

«Shirogane!» ringhiò indispettita. «Ma insomma, ti pare modo?».

«Lascia perdere le buone maniere. Uscite di casa all'istante. Potrebbero esserci altre scosse più violente della precedente».

«Cosa?! E dove andiamo?» chiese Ichigo. Un brivido le aveva percorso la colonna vertebrale alle parole 'altre scosse' e 'più violente'. Non ne voleva proprio sapere di altri terremoti.

«Keiichirou sta per arrivare, vi porterà qui. Sbrigatevi, non c'è tempo da perdere».

Ryou interruppe frettolosamente la conversazione lasciando allibita Ichigo ed indifferente Izumi. Ormai c'era abituata alle stranezze in cui era coinvolta la sua sorellina. Se n'era fatta una ragione e forse le accettava anche meglio di lei. E poi solo al sentir nominare il suo Keiichirou le sarebbe passato tutto.

«Vado a prepararmi» cinguettò felice regalando un'ultima carezza a Mash che la accettò senza tanti complimenti.

«Non credo tu ne abbia il tempo. Akasaka-san è già qui» constatò Ichigo con un sospiro osservando fuori dalla finestra le luci accecanti dell'auto del pasticcere suo futuro cognato.

«Accidenti!». Izumi corse in camera sua in un lampo.

Ichigo invece si alzò lentamente per infilarsi la vestaglia rosa in tinta col pigiama. Aveva la sensazione che quella sarebbe stata una lunga notte e a conferma di ciò il pavimento sotto i suoi piedi tremò di nuovo, per pochissimo stavolta.

Ichigo strinse gli occhi e respirò forte. Mash le fu subito accanto e cercò di farle forza sfiorandole una guancia col morbido pelo di cui era ricoperto.

«Non avere paura» le disse con la sua vocina da bambino ed Ichigo gliene fu grata.

«Scusa per prima» gli sussurrò realmente dispiaciuta.

«Sei perdonata» le concesse il robottino e perché ne fosse certa le schioccò un sonoro bacio che addirittura riuscì a strapparle un sorriso.

La tromba di un clacson dal giardino richiamò la sua attenzione ed Izumi si fece sentire a sua volta.

«Ichigo andiamo!» urlò scendendo di corsa le scale.

In fretta afferrò le chiavi ed aprì il portone mentre sua sorella con tutta la calma di cui era capace si abbottonava un giubbino sopra la vestaglia.

«Non ti sei cambiata?» le chiese stupita.

«E perché? Tanto qualcosa mi dice che passerò la serata nei panni di MewIchigo. Pigiama o vestiti non fa differenza» disse facendo spallucce ed uscendo di casa seguita prima da Mash, che si rimpicciolì all'istante per prendere il suo posto da charm al cellulare della rossa e poi da Izumi stessa che, salita in macchina, salutò Keiichirou con un bacio sulle labbra.

I due piccioncini cominciarono sin da subito a parlare fitto, stranamente però senza scambiarsi la solita mole di effusioni che il più delle volte faceva rabbrividire Ichigo. Non aveva mai visto una coppia più disgustosa di loro.

Quella sera però Keiichirou era molto serio e, concentrato sulla guida, rispondeva con solerzia alle domande preoccupate di Izumi.

C'era qualcosa che non andava, Ichigo non aveva dubbi.

«Eccoci» annunciò il ragazzo fermando l'auto nel cortile posteriore del Caffè Mew Mew. Scesero dalla macchina e si avviarono verso la piccola porta di metallo del retro. Ryou li attendeva sulla soglia.

«Benarrivate» le salutò. «Tutto apposto per strada?».

Keiichirou annuì ed entrò tenendo Izumi per mano. Ichigo si strinse ancor più forte il giaccone al petto e li seguì non degnando Ryou di uno sguardo.

Si guardò invece intorno sicura che avrebbe trovato le sue amiche e compagne di squadra già lì ad aspettarla.

La sala però era vuota. Che fossero in laboratorio? O che Shirogane le avesse già mandate in missione?

«Dove sono le altre?» chiese perplessa al biondo.

Ryou si voltò verso di lei perplesso.

«Le altre chi?».

«Le ragazze, chi se no? Perché non sono qui? Non vorrai mica mandarmi in missione da sola!». Ichigo rabbrividì incerta se essere spaventata da una simile evenienza o andare su tutte le furie.

«Che missione?» domandò Ryou a sua volta caduto dalle nuvole.

Ichigo sbuffò. Proprio quella notte Shirogane doveva rimbecillirsi?

«Non c'è nessuna missione, Ichigo». Keiichirou scosse la testa e fece spallucce.

«Cosa? Niente alieni? Niente attacchi? Allora perché ci avete portate qui?». Non ci capiva più nulla.

Fu di nuovo Keiichirou a chiarire i suoi dubbi.

«Ryou si è ricordato che eravate in casa da sole e mi ha detto di venirvi a prendere. Qui è meno pericoloso e se dovesse succedere qualcosa ci saremmo noi a proteggervi».

«Ooooh amore!!!». Izumi buttò le braccia al collo del pasticcere e lo baciò con trasporto.

«Ma in macchina eri così preoccupato!» insistette Ichigo. Sembrava quasi che ci fosse rimasta male.

«La scossa ha fatto cadere uno dei macchinari della cucina che si è rotto, tutto qui» spiegò Ryou. Ichigo era senza parole.

Incredula posò gli occhi sulla sua figura longilinea. Il biondo, mani in tasca, si guardava intorno come se avesse messo piede al Caffè Mew Mew quella notte per la prima volta.

'Si è preoccupato per noi' pensò Ichigo. Non era un comportamento tipico di Shirogane e questo la lasciò basita.

«Shirogane-kun». La rossa gli si avvicinò imbarazzata. «Grazie» gli sussurrò ad occhi bassi.

«Figurati. L'ho fatto per Kei. Sta sempre in pensiero da quando si è messo con tua sorella» le rispose acido dandole le spalle. Che non si dicesse mai che Ryou Shirogane provasse emozioni.

Ichigo soffocò una risata.

«E' proprio vero» ammise un po' divertita, un po' invidiosa. Sua sorella era stata fortunata a trovare uno come Keiichirou.

La coppietta felice annunciò che sarebbe andata a letto e sparì dietro una delle porte che conducevano al piano superiore scambiandosi dolci effusioni. Alla rossa scappò una smorfia vedendoli, poi scosse la testa rassegnata all'idea che erano una causa persa.

«Beh, vado un attimo negli spogliatoi» disse indicando la direzione col pollice. Si strinse nel giubbotto e si avviò.

«Okay». Ryan rimase lì apparentemente indifferente. Guardò la porta chiudersi e sospirò. Ora che sapeva che Ichigo stava bene era più sereno. Si mise a passeggiare avanti e indietro per il locale mentre aspettava che la rossa tornasse.

 

Ichigo chiuse la porta dello spogliatoio e vi poggiò le spalle delusa. Aveva creduto per un attimo che Ryou si fosse preoccupato per lei e invece ancora una volta si era sbagliata. Era stato Keiichirou a pensare ad Izumi, niente di più. Se non fosse stato per la relazione di sua sorella con il pasticcere probabilmente sarebbe stata ancora sotto le coperte a tremare.

Si staccò dalla porta ed andò verso il piccolo lavandino di ceramica per sciacquarsi il viso. Solo per sbaglio incontrò la propria immagine nello specchio attaccato al muro.

«Oddio, ho un aspetto tremendo» disse battendosi le mani sulle guance per riprendere un po' di colore. Niente da fare, restava pallida come un cencio.

La paura provata quella notte le si era insinuata sotto la pelle, di solito perlacea, e disegnava già profonde occhiaie che di sicuro non avrebbero voluto saperne di andarsene. In qualche modo però doveva provarci, non poteva ripresentarsi a Ryou in quelle condizioni.

Si avvicinò al suo armadietto per cercare qualcosa che potesse aiutarla in quell'arduo compito, ma non appena aprì l'anta rosa il pavimento ricominciò a tremare più forte che durante le altre scosse. Il lampadario si mise ad oscillare pericolosamente, così come l'attaccapanni a cui le ragazze appendevano giacche e cappotti.

«Aiuto!». Ichigo urlò spaventata e d'istinto si accovacciò in un angolo coprendosi la testa con le braccia, incapace di qualsiasi movimento.

«Ichigo!».

La porta si spalancò e sulla soglia comparve Ryou, il volto una maschera di terrore. Corse da lei rannicchiandosi al suo fianco e l'abbracciò per proteggerla. Tremava come una foglia.

«Tranquilla, ci sono io» la rassicurò accarezzandole i capelli. Era così piccola ed indifesa. Non l'aveva mai vista così impaurita, eppure aveva affrontato nemici di gran lunga peggiori di un terremoto.

«Shhh, non è niente. Ci sono io con te» ripeté. Le poggiò il mento sulla fronte e la strinse ancor più forte.

Poi la scossa finì.

Nel silenzio che ne seguì si sentiva solo il martellare assordante del cuore terrorizzato di Ichigo. Ryou continuava a sfiorarle i capelli, cullandola in modo che si calmasse. Passò un minuto buono prima che la ragazza tornasse a respirare.

«Stai bene?» le chiese allontanandola quel poco necessario a guardarla dritto negli occhi. Lei annuì a fatica. Le mani impossibili da tenere ferme non giocavano a favore della sua risposta però. Ryou infatti non si lasciò ingannare. Spostò una ciocca rossa e gliela portò dietro l'orecchio trasformando poi quel gesto in una carezza. Era ancor più pallida di quando era entrata al locale.

«Vieni qui» le disse ed Ichigo non ci pensò due volte. Si fiondò fra le braccia di Ryou serrando gli occhi per trattenere le lacrime. Respirò forte mentre lui continuava a stringerla a sé, sempre più forte. Era una bella sensazione averla così vicina, tanto bella che Ryou si ritrovò a parlare senza neanche accorgersene.

«Non l'ho fatto per Keiichirou, o almeno, non per lui principalmente. Ero preoccupato per te, Ichigo. So quanto ti spaventino i terremoti e volevo avere la certezza che stessi bene. Per questo gli ho chiesto di portarvi qui».

Ichigo sussultò per un secondo, sorpresa. Non se l'aspettava. Credeva, anzi era quasi certa, di essergli indifferente e invece lui si preoccupava per lei, la pensava, le voleva bene.

«Grazie».

Sorrise mentre lo diceva e si accucciò meglio fra le braccia del biondino che l'accolse con stupore e piacere. Ichigo abbandonò la testa sul petto di lui, felice.

Forse, dopotutto, Izumi non era l'unica della famiglia ad essere sfacciatamente fortunata.


 

   
 
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