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Autore: Mnemosine_    02/08/2006    1 recensioni
Momenti magici che si disperdono, le lacrime cadono come gocce di un ricordo incancellabile, persone che si spengono ed infine l'amore...un amore profondo che brucia le vene dell'inferno...Queste sono l'emozioni di un giovane ragazzo, che condannato ad una eternità infernale, affronterà le condanne umane nel Nuovo Mondo.
Genere: Romantico, Triste, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Don’t  Cry

 

 

E’ difficile amare, è difficile  vivere, tutto può sembrare difficile in realtà, possiamo avere paura delle difficoltà che nella vita ci attendono ma quello che è più difficile da superare, quella che la gente teme più di ogni altra cosa al mondo è la morte, soprattutto quando ti passa davanti agli occhi per molte volte e molti secoli. Ma perchè gli esseri umani hanno paura della morte? Bè, come non biasimarli, dopotutto perdono tutto quello a cui tengono, amano e che hanno amato nella loro miserabile vita; dopotutto è questo quello che la vita ci offre: solo morte. Almeno a me è capitato di pensarla così quando sono morto, ma il fatto strano è che vi sto parlando, per questo c’è una sola spiegazione: sono risorto, rinato…Vi chiedete come possa essere possibile? Eccovi accontentati…avete trovato la persona giusta.

Era l’anno 1765, vivevo con la mia famiglia in una villa poco fuori Londra. Allora non avevo ancora vent’anni e inseguito alla morte di mio padre era toccato a me, il primogenito, sostenere mia madre e i miei fratelli. Passammo dei momenti difficili, non eravamo poveri, facevamo parte della nuova borghesia ma mia madre e mio fratello minore, Francis, erano malati e la maggior parte dei soldi erano spesi in medicine, senza contare le spese sostenute per consentire a Miriam, mia sorella, di studiare come le giovani nobili e alto borghesi.

Io abbandonai i miei sogni per far sì che la mia famiglia potesse sopravvivere, ci furono momenti in cui andare avanti per me sembrava impossibile ma mi bastava guardare il sorriso di mia madre e dei miei fratelli per essere lo stesso felice.

Poi improvvisamente anche mia madre ci lasciò…e altro dolore si aggiunse sulle ferite che già portavamo sul nostro cuore, io mi sentii perso per sempre…mi chiedevo come avrei potuto mantenere i miei fratelli, io che ero poco più che un ragazzo, da solo. Morti i nostri genitori eravamo rimasti soli in questo vasto mondo…

Miriam subì in modo diverso il distacco da nostra madre, ormai viveva lontana da casa per studiare, ma Francis, aveva solo cinque anni, troppo pochi perché potesse capire…troppi per potergli mentire…

Ricordo che una sera venne nella mia camera perché gli mancava la mamma e voleva riportarla da noi ma non sapeva come.

“Neanch’io…” gli risposi cercando di non ferire la sua sensibilità…era la verità…per tanti secoli successivamente mi sarei posto questa domanda ma non ho mai trovato la risposta.

Per qualche tempo le cose rimasero stabili ma presto venne il momento di fare una scelta. Dovevo fare qualcosa per continuare, per andare avanti…

Fu così che decisi di vendere la proprietà di famiglia e con i soldi ricavati riuscii a racimolare la somma necessaria per dare una dote dignitosa a Miriam, pochi mesi dopo la morte di mia madre, uno stimato compagno di studi di mia sorella la chiese in moglie e io, benché a malincuore, le diedi la mia benedizione. Volevano trasferirsi a Boston, in America avrebbero avuto l’occasione di avere una vita felice e cercare di realizzare i loro sogni…

Chi ero io per privare mia sorella di qualcosa che infondo anch’io desideravo ?

Era un’assolata mattinata di maggio, quando la loro nave salpò dall’Inghilterra.

Mia sorella era radiosa mentre, al fianco del marito, ci salutava, i raggi del sole giocavano sui suoi capelli donandole un’intensità quasi angelica.

Quell’immagine mi resterà nel cuore per sempre…

“Addio, Blaise…prenditi cura di Francis!” gridò sventolando il suo fazzolettino ricamato.

“Lo farò! E tu abbia cura di te…” fu l’ultima volta che la vidi ma allora non potevo certo immaginare cosa sarebbe accaduto di lì a poco.

***

Un sera, poco tempo dopo che io e Francis ci eravamo trasferiti a Londra, un distinto signore si presentò alla nostra porta.

“Chi siete, milord?” chiesi turbato dall’ora tarda in cui il viandante si era presentato.

“Un vostro amico…Christopher de Burgh, barone di Glasgow” rispose con affabilità.

“E in cosa posso esservi d’aiuto?”

“Ero un caro amico di vostro padre” mi fidai di lui, qualcosa nei suoi occhi mi aveva colpito, era sincero.

Lo feci accomodare nel modesto salottino scusandomi della scarsa luce di cui disponevo ma mio fratello stava riposando. De Burgh mi sorrise dolcemente e io rimasi affascinato dalle sue maniere così aristocratiche.

“Perdonatemi se giungo così tardi da voi ma sono tornato da poco da un lungo viaggio d’affari per l’Europa. Appena ho saputo della disgrazia che aveva colpito la vostra famiglia., mi sono sentito in dovere di aiutarvi in nome di alcuni servigi che vostro padre mi aveva reso…”

Parlammo a lungo quella notte e anche le notti successive, egli veniva ogni giorno sempre dopo il tramonto e mi lasciava prima dell’alba. Man mano che approfondivamo la conoscenza avevo sempre di più l’impressione che il barone fosse sinceramente legato alla mia famiglia, stava divenendo per me quel padre che, con la sua morte prematura, mi aveva fatto uomo troppo presto.

Ero completamente stregato dal modo in cui si prendeva cura di me e Francis, ripresi gli studi e potemmo comprare le medicine tanto indispensabili perchè il barone di aiutava finanziariamente. Tuttavia cominciai a chiedermi del perché delle sue strani abitudini, delle sue apparizioni e scomparse misteriose, di cosa celassero realmente i suoi grandi occhi neri, così nettamente in contrasto con i capelli biondissimi e la pelle diafana.

Niente, nemmeno i frutti più fervidi della mia immaginazione potevano prepararmi alla verità che mi sarebbe stata svelata sotto gli occhi…

***

Quella sera, il 9 di novembre, io e il barone eravamo soli in salotto, Francis dormiva sotto l’effetto delle medicine. Stavamo festeggiando il mio compleanno, vent’anni.

“…una tappa importante nella vita di un uomo, caro Blaise” mi sussurrò con la sua voce roca il barone. Aveva l’aria allegra ma qualcosa in lui era diversa dal solito, era mortalmente pallido. Gli chiesi più volte se si sentisse poco bene.

D’un tratto si alzò in piedi e mi si sedette accanto.

“Le miei felicitazioni…” esclamò abbracciandomi con fare paterno. Con un brivido di terrore ebbi l’impressione che il suo cuore non battesse e il che il suo corpo non emanasse calore. Cercai di divincolarmi dal suo abbraccio ma de Burgh mi strinse di più a sé.

“Non temere, Blaise…tutto finirà presto, starai meglio”

Urlai, e con uno strattone mi liberai della sua presa. Corsi velocemente da mio fratello. Stava dormendo, o almeno così sembrava.

“Francis, presto svegliati! Dobbiamo scappare…” ma Francis non rispondeva, presi a scuoterlo più forte mentre un orribile pensiero si faceva strada nella mia mente, respinto con forza dal cuore.

“Non puoi fare più niente per lui” Christopher era entrato e, appoggiato allo stipite della porta, mi sorrideva beffardo, una luce crudele gli illuminava lo sguardo.

“Che cosa gli hai dato? Veleno?” ma nel momento stesso in cui lo chiesi seppi la risposta. C’erano due strani buchi sul suo piccolo collo infantile e prima ancora che accadesse seppi qual era il mio destino.

Senza che io riuscissi a vederlo, Christopher mi agguantò di nuovo schiacciandomi con tutto il suo peso contro il muro. Ero paralizzato dal terrore mentre avvicinava lentamente le labbra al mio collo. Il contatto mi fece rabbrividire, la sua bocca sembrava scottare sulla mia pelle. Poi inaspettatamente sentii qualcosa pungere, mi trasmise una scossa e provai una sensazione nuovissima ma che presto avrei imparato a conoscere. Mi stava succhiando il sangue, e io ero perso nel mare di sensazioni che questo mi stava suscitando. E’ difficile da spiegare a qualcuno che non l’ha mai provato, in quel momento la preda e il predatore sono stretti in una morsa, senti il rombare del sangue che fluisce nei corpi, l’incessante martellare dei cuori che come due belve lottano per la sopravvivenza. E’ proprio in quel momento che la vita e la morte si trovano vicine, talmente vicine da confluire l’una nell’altra…

Con il suo bacio d’argento Christopher mi stava togliendo la vita, per rinnovare la sua morte e potermi restituire la vita che mi aveva tolto, con la sua morte.

Il tutto non durò che pochi istanti, quando mi lasciò andare il mio corpo scottava per la febbre, lentamente stavo morendo, allora Christopher si chinò su di me, non mi era mai parso bello come allora. Lo vidi ferirsi un polso e porgermelo mentre il suo sangue mi cadeva sulle labbra.

“Bevi, Blaise…e sarai il mio compagno per sempre” e…io bevvi, condannandomi per l’eternità.

Così dopo quella notte divenni un vampiro a tutti gli effetti. Io e Christopher ci trasferimmo a Parigi, dove secondo lui avremmo potuto vivere una vita meravigliosa, io e lui da soli per l’eternità.

Mi insegnò tutto quello che mi sarebbe stato indispensabile per sopravvivere ma lui non capiva…

Non poteva capire la mia sofferenza atroce ogni volta che affondavo i denti nel collo delle mie vittime, provavo orrore per ciò che ero diventato…la morte mi aveva fatto compagnia per tanto tempo quando ero un mortale e ora più che mai la temevo.

Finalmente un giorno riuscii a fuggire da Christopher, cercai di rifarmi una vita ma il destino a cui mi aveva condannato era per me insopportabile, al punto da decidere di vendicarmi del male che mi aveva fatto. Da allora dedicai la mia esistenza alla sua ricerca per poterlo finalmente uccidere. Ma presto ne persi le tracce e mi ritrovai a brancolare nel buio per molto tempo.

Sono dovuti passare 240 anni prima che lui mi desse la possibilità di eliminarlo. Per questo capitai qui a San Francisco, nel nuovo mondo.

E qui…qui incontrai un angelo…Aylwin Ryan.

***

La vidi per la prima volta nella biblioteca dell’università. Ero arrivato da poco e cercavo informazioni su omicidi strani per trovare tracce del mio creatore. Lavorava al turno serale e appena i miei occhi si posarono sulla sua figura snella, provai qualcosa che mai avrei creduto di poter provare. Mi avvicinai a lei dopo averla osservata a lungo da lontano.

Iniziammo a parlare dei libri che stava sistemando e mi offrii di aiutarla, era di una gentilezza disarmante…i suoi occhi blu erano grandi e limpidi e ogni volta che si posavano su di me era come se morissi una seconda volta.

“Aylwin Ryan” mi disse quando fu ora di andare

“Blaise Dashwood…” le risposi baciandole gentilmente la mano.

Lei scoppiò a ridere. Un po’ offeso le chiesi il motivo di tale derisione.

“Non prendertela, è solo che nessuno fa più queste cose!”

“Quali cose?”

“Il baciamano…non siamo nell’ottocento – poi notando il mio disappunto si affrettò ad aggiungere – Ma non mi dispiace…nessuno era mai stato così gentile con me” e si aprì in un sorriso che ebbe il potere di togliermi il fiato. Poi se ne andò lasciandomi come uno stupido a chiedermi se l’avrei rivista ancora…

Nelle settimane successive la incontrai quasi tutte le sere in biblioteca e una sera mi raccontò di lei, dei suoi sogni e delle sue speranze…

“Sai, studio qui all’università, medicina. Vorrei diventare una pediatra e portare medicine e assistenza nei paesi più bisognosi. Per questo ho lasciato la mia famiglia, io sono irlandese…”

“Quindi non vedi spesso i tuoi genitori”

“No, mi mancano tantissimo e anche mio fratello Michael, aveva tre anni quando sono andata via, ora ne ha sei, vorrei andare a trovarli ma le mie finanze non sono molte e devo pagarmi gli studi. E’ per questo che lavoro qui di sera” i suoi occhi erano tristi e questo mi commosse, mi ricordava moltissimo Miriam, la stessa generosità, lo stesso attaccamento alla vita. In quel momento mi resi conto di quanto mi mancava e la consapevolezza del tempo trascorso mi piombò addosso con una violenza inaudita.

“Oh, scusa! Non volevo rattristarti, è per qualcosa che ho detto?” chiese preoccupata, gli occhi spalancati.

“No, no figurati…stavo solo pensando”

“Raccontami di te, Blaise. Da dove vieni? Cosa fai qui?”

La domanda mi spiazzò, cosa potevo raccontarle? Optai per mezze verità, ovviamente tralasciai la mia vera età.

“Ehm, dunque io sono di Londra. Sono andato via dall’Inghilterra per cercare l’assassino della mia famiglia e le mie indagini mi hanno condotto qui a San Francisco…”  lei si portò una mano alla bocca.

“Scusami, io-io non pensavo…è terribile”

“Non devi scusarti…è passato tanto tempo e… me ne sono fatto una ragione, l’unica cosa che voglio adesso è trovare quel mostro e farmi giustizia…” lei mi guardò fisso negli occhi per un po’, poi mi prese una mano.

“Ti aiuterò, Blaise” strinsi la sua mano, percependo la vita che vi scorreva con tutta la sua irruenza.

“Sei sicura? Potrebbe essere pericoloso…” sorrise dolcemente

“Non ho paura”

Non aveva paura, ma come avrebbe reagito se avesse saputo la verità?  Capii che se non le avessi detto la verità in quel momento  avrei potuto perderla. Presi la mia decisione.

“Prima di decidere se aiutarmi o no…c’è qualcosa che devi sapere” dissi guardandola negli occhi.

“Cosa?”

“La verità”

Acconsentì e la condussi nel parco poco distante, ci sedemmo su una panchina in una zona appartata. Mi alzai passeggiando avanti e indietro. Lei aspettava in silenzio, immersa nell’immobilità della notte che diventava sempre più fonda.

“E’ difficile da spiegare e probabilmente non mi crederai…s-sono un vampiro” sussurrai. Aspettai una sua reazione, chiedendomi cosa avrebbe fatto o detto, Aylwin scoppiò a ridere e si alzò avvicinandosi.

“Un vampiro?! Tipo Dracula, bare o aglio?” chiese incredula e divertita. La sua reazione non mi stupì me l’aspettavo infondo. Annuii lentamente.

“Quindi se ti toccassi con la mia croce svaniresti?” chiese ancora tirando fuori la catenina e avvicinandosi di più.

“No, non devi credere a tutto quello che si racconta…”

“Mi stai prendendo in giro? Come potresti essere un vampiro, tu…dimostramelo!” disse in tono di sfida. Silenziosamente mi avvicinai a lei e la strinsi con forza a me. Dopo un primo momento di rigidezza lei si rilassò ricambiando l’abbraccio. La guardai negli occhi e poi lentamente avvicinai la mia bocca al suo collo, lo baciai e lei rabbrividì, poi mi preparai a morderla. Appena sentì la punta dei canini premere sulla sua pelle, si staccò bruscamente da me.

“M-mi fai paura…chi sei? Cosa sei?” chiese terrorizzata fissando le mie zanne.

“Te l’ho detto, sono un vampiro” mi guardò ancora più spaventata poi scappò via lasciandomi. Ancora una volta ero stato rifiutato, era la mia maledizione.

***

Credetti veramente che avesse deciso di non avere più niente a che fare con me, ma mi sbagliavo. Una sera, dopo essere andato a caccia, mi ritrovai quasi per caso nel parco vicino alla biblioteca. Mi sedetti su quella stessa panchina.

“Sapevo che ti avrei trovato qui!” mi si sedette accanto. Mi voltai verso di lei, era più bella di come me la ricordavo, i suoi grandi occhi impauriti le davano un’aria molto affascinante.

“Pensavo che non ti avrei più rivisto”

“Ho riflettuto a lungo su ciò che mi hai rivelato e…ti aiuterò lo stesso, non ho paura…”

“Davvero?”chiesi in un sussurro alzandomi. Lei annuì.

“Com’è?” chiese

“Com’è cosa?”

“Essere morsi…mostramelo…” il suo sussurro si perse nel vento.

Si alzò e mi passò un braccio intorno al collo. Io avvicinai le labbra al suo collo, lei mi strinse forte ma non lo feci. Non riuscii a morderla, la allontanai un po’ da me e poi la baciai e lei baciò me.

Era tantissimo tempo che non provavo quelle emozioni, stavo per rivelarle tutto ciò che il solo stare con lei mi provocava ma qualcosa ci interruppe o meglio qualcuno…Eccolo lì dopo quasi trecento anni Christopher era davanti a me, appoggiato ad un albero con il suo solito ghigno malefico. I suoi freddi occhi neri si posarono su Aylwin ancora stretta a me e io vi lessi tutta la malvagità che vi era celata.

La strinsi con forza a me. “Chi è? Blaise che succede?” chiese spaventata.

“E’ Christopher…scappa, fuggi di qui lontano da lui!” la sciolsi dall’abbraccio e la vidi correre lontana. Poi la mia attenzione si rivolse al mio nemico.

“Oh, Blaise…ti sei trovato un nuovo compagno? Una donna…mortale…è molto bella” sussurrò avvicinandosi. Io strinsi i pugni. “Lasciala stare, non ti permetterò di farle del male!” è tutto quello che ho di più caro al mondo…pensai sgomento.

“So che per te è importante…per ora non è mio interesse nuocerla, anche se questo dipende da te”

“Da me?” “Solo tu potrai salvarla almeno che tu non torni da me…pensa sono passati trecento anni…trecento anni da quando tu eri mio…” mi sussurrò l’ultima parola nell’orecchio. Si era mosso così velocemente che non l’avevo visto, era sempre stato più forte di me. Mi agguantò per il collo, si chinò di nuovo a soffiarmi  nell’orecchio “Non voglio ucciderti…sei mio figlio! Ti darò un po’ di tempo per accrescere i tuoi poteri poi ci sfideremo, se perderò sarai liberò, se vincerò sari mio…per sempre” fu l’ultima cosa che sentii prima di perdere i sensi.

La sera seguente quando mi svegliai mi ritrovai in una casa che non era la mia. Mi guardai attorno perplesso l’ultima cosa che ricordavo erano le minacce di Christopher.

“Ti sei svegliato, finalmente” era lei, la dolce Aylwin. Si avvicinò al letto.

“Come sono finito qui?”  “Dopo averti lasciata non sono scappata dal parco, volevo aspettarti. E quando sono venuta a cercarti ti ho trovato svenuto…era quasi l’alba e ho temuto il peggio…” aveva le lacrime agli occhi. Tesi una mano per asciugargliele…la sua pelle era liscia e calda, sentivo la vita scorrere sotto la mia mano. Lei me la strinse e si sedette accanto a me, le raccontai della proposta di Christopher e lei promise che per quanto avesse potuto mi avrebbe aiutato.

L’abbracciai e rimanemmo così a lungo, ero certo che grazie a lei avrei vinto per lei ero di nuovo umano, al sopraggiungere dell’alba la lasciai addormentata, incurante dei miei timori.

Le nottate seguenti le trascorremmo a casa sua per trovare qualunque cosa che potesse essermi utile al mio imminente scontro con Christopher. Purtroppo i risultati erano pochi ma a me bastava starle accanto, abbracciarla per riuscire a continuare nonostante l’ombra del mio creatore non mi abbandonasse mai neppure per un momento. Finalmente una sera Aylwin, trovò qualcosa d’interessante su un articolo di giornale, che parlava di un assassinio accaduto anni prima. Dopo averlo letto per filo e per segno e dopo averlo riguardato nei minimi dettagli...

-Bene...- dissi infine -ora ho quel che mi serve, so il suo punto debole, e sarà facile liberarmi di lui!- dissi vittorioso

-Non cantar vittoria, non è semplice come credi...- disse lei, molto seria

-Cosa vorresti dire?- chiesi

-Niente...solo che dovresti analizzare meglio il tuo nemico- disse

-Aylwin, cosa dici io lo conosco da più di trecento anni, ce la posso fare- dissi io prendendola per le spalle.

-E’ troppo pericoloso- disse - pensa alla gente che si farà male, anche solo per un piccolissimo secondo, pensa a me pensa soprattutto a te stesso...- disse guardandomi supplichevole.

-Io penso a me stesso e penso soprattutto a te...pensi che non me ne importi niente? Senti, hai ragione forse è troppo pericoloso, è meglio che tu resti qui -

-Come puoi essere così sciocco a dire una cosa simile?-

-Mi preoccupo per te non voglio che tu ti faccia del male-

-Sentimi bene, ho preso un impegno e lo porterò fino in fondo- disse alterandosi un po’.

-No, non te lo permetterò!- dissi riprendendola per le spalle, e avvicinandomi a lei fino a trovarmi vicinissimo alle sue labbra rosee.

-Io verrò con te!- disse lei insistente.

-No, Aylwin...non puoi. Questa è la mia battaglia e devo combatterla da solo- dissi abbassando il capo .

-Lo vuoi capire sì o no che TI AMO?- disse lei e lentamente rialzai il capo, lei si girò: aveva le lacrime agli occhi -Non posso permetterti di andare da solo, se ti accadesse qualcosa non potrei mai perdonarmelo...- disse io la strinsi a me.

-La stessa cosa vale per me, non potrei perderti sei una persona troppo importante...-

La staccai e senza ammettere repliche le dissi che avrei affrontato Christopher quella notte stessa...Così me ne andai pensando che alla fine sarei tornato là e l’avrei riabbracciata da vincitore. Ma avevo calcolato male tutto, fin dall’inizio.

Come previsto nel mio programma attraversai il parco silenziosamente e mi ritrovai faccia a faccia con Christopher, la guerra tra me e lui era appena cominciata e purtroppo era solo l’inizio delle mie sofferenze...

-Bene, bene- disse Christopher -A quanto pare mi hai sottovalutato sottospecie di un mostro- disse guardandomi riluttante.

-Tu mi hai ridotto così, e per questo che non sono rimasto con te ed è per questo che ti odio così tanto, per aver ucciso mio fratello...- dissi.

-Oh, ma guarda ecco un cortometraggio, personaggio protagonista: Blaise.

Personaggio antagonista: Chris...- ma una voce nell’aria lo interruppe

-Christopher, lascia stare Blaise- una voce che avrei potuto riconoscere tra mille, era quella di...

-Aylwin, che ci fai qui-

-Avevo capito che avevi bisogno d’aiuto, e sono venuta!- disse inginocchiandosi su di me: ero steso a terra sanguinate.

-Che scenetta simpatica, però è troppo mielosa...arrangiamola un po’- disse

-Lasciami!- disse lei divincolandosi.

-Ora assisti Blaise ai poteri che avremmo dovuto condividere noi due...e invece hai voluto condividere la tua vita con quella di una mortale...dille addio-

-Christopher no!!-

E il seguito me lo ricorderò sempre come un incubo: vidi l’immagine di Aylwin a terra e poi qualcosa mi sospinse su Christopher, che morì con la trappola che avevo preparato, e dopo mi avvicinai alla mia Aylwin...

-Blaise, sei stato coraggioso- disse con voce flebile.

-Ssst!- dissi - Non c’è bisogno che parli-

-Blaise inutile che facciamo finta tutti e due io sto per morire: tieni...- disse dandomi un ciondolo -Così ti ricorderai di me per sempre e...Di ai miei genitori che gli ho sempre voluto bene e che mi dispiace per tutto quello che ho fatto di male per farli arrabbiare e digli anche che li ricorderò per sempre- le strinsi forte la mano, sapevo che il mio amore stava spegnendosi ogni minuto che passava...

-Ti amo- sussurrai

-Anch’io…- disse e poi continuò a parlare:- Ho paura- mi disse infine

-Non piangere non c’è da aver paura...vedrai, un giorno non tanto lontano ci rincontreremo-

-Non vedo già l’ora!- mi sorrise e poi ci baciammo

-Anch’io-

Poter assaporare quegli ultimi attimi insieme, fu magico. La strinsi forte man mano la sentivo sempre più fredda. Poi al sopraggiungere dell’alba tirò il suo ultimo respiro.

Quella lunga perdita forse sarebbe durata anni e anni fino a quando non avrei deciso di morire anch’io. Così la riportai a casa e dissi di persona tutto quello che  mi aveva detto Aylwin, i suoi genitori mi ringraziarono e poi mi congedai. Una mattina di dicembre mi avventurai nel parco e mi sedetti sulla nostra panchina. E lì., la malinconia prese il sopravvento e piansi la mi prima vera lacrima

-Blaise...- una voce mi fece sussultare

-Chi è? Chi ha parlato?-

-Blaise non mi riconosci più?-

-Aylwin, ma tu...-

-Blaise, perchè piangi?-mi chiese

-Perché, ormai a sostenere l’inferno sono rimasto solo-

-No, non è vero...io ci sono ancora e ci sarò sempre-

-Ma, io non ce la faccio senza di te !Mi manchi tanto...-

-Anche tu, ma mi hai promesso che un giorno ci saremo rincontrati, ed eccomi qui-

-Allora non ti rivedrò più?-

-Non dire sciocchezze, Blaise io sarò sempre con te giorno e notte e sono sicura che un giorno ci rincontreremo....-

-Ti prego non andartene!- dissi

-Tranquillo questo non è un addio...E’ solo l’inizio di un nuovo capitolo della tua vita-

Ma tutti e due sapevamo che sarebbe passato un mucchio di tempo prima di un vero incontro, e così dopo un ultimo bacio, lei svanì.

Anche se mi mancava capii: era arrivato il momento di crescere e lasciarsi alle spalle il passato per dare vita ad una nuova vita. Finalmente ero pronto per lasciarla andare.

The  End

 

 

 

 

 

  
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