Storie originali > Romantico
Segui la storia  |      
Autore: Bibby    15/12/2011    10 recensioni
"La prima volta che si era innamorato, Mattia aveva cinque anni, e anche se le cose non erano andate a finire molto bene, non c’era niente di preoccupante in tutto questo.
La prima volta che si era innamorato, Mattia aveva cinque anni, e non c’era niente di preoccupante, a parte il fatto che adesso di anni ne aveva diciotto, e non era ancora riuscito a dimenticare quello stesso bambino che aveva amato tanto tempo fa."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Good old fashioned lover boy.

 

 

 

Ad Ivana,perché senza di lei avrei smesso di scrivere più o meno un secolo fa.

Ad Aika, perché ha sopportato le mie lagne e le mie incertezze.

Ad Arky, perché mi ha spinto a credere in me stessa.

 

 

 

1.Every breath you take.

 

 

 

Every move you make,
Every vow you break,
Every smile you fake,
Every claim you stake,


I’ll be watching you.

 

Every breath you take, The Police

 

 

La prima volta che si era innamorato, Mattia aveva cinque anni. Qualcuno non considererà amore qualcosa di tanto precoce e più vicino al legame tra il Corsaro Nero e Arianna che ad un sentimento vero e proprio, ma per comodità diremo così. I sintomi, oltretutto, c’erano tutti: battito del cuore accelerato, movimenti inconsulti nello stomaco che ancora non andava di moda chiamare farfalle, gambe molli e occhi che brillavano alla sola vista dell’amato.

Simone aveva otto anni, capelli biondi e ricciuti, occhi verdi e luminosi. A Mattia piaceva perché sapeva contare fino a cento senza perdere un colpo, anche all’incontrario, e lanciava la palla più in alto di tutti, più in alto dei pali della luce del vicoletto in cui erano soliti giocare.

Simone era anche il suo vicino di casa, e la sua cameretta era proprio di fronte a quella di Mattia, le loro finestre separate soltanto dai pochi metri del suddetto vicolo. Così capitava che qualche sera, dopo che le loro mamme li avevano messi a letto, si affacciassero di comune accordo alle rispettive finestre e trascorressero ore con il viso incollato al vetro, a farsi le boccacce e le smorfie più strane. Era andata avanti per un paio di settimane, fin quando mamma Rossella non l’aveva beccato addormentato sul davanzale, la tendina blu tirata addosso a mo’ di coperta, e aveva preso ad abbassare l’avvolgibile ogni sera e portare la manovella con sé, in modo che Mattia non potesse alzarlo. Allora quel passatempo era giunto al termine, ma si sa: il gioco è bello quando dura poco, e poi Simone e Mattia non erano certo privi di idee per divertirsi.

Una volta avevano rubato un copertone dal signor Russo, che possedeva un’officina all’angolo della strada, e l’avevano fatto rotolare giù per tutta la discesa fino alla piazza della Chiesa, rincorrendolo tra le risate. Il signore li aveva inseguiti e, dopo aver fatto loro una lunga ramanzina sull’importanza di chiedere le cose per favore piuttosto che rubarle, aveva sorriso bonario e aveva detto che potevano tenerlo.  Così l’avevano legato ad una vecchia corda e appeso ad un ramo del noce che stava nel giardino di Mattia, ottenendo un’altalena invidiata da tutti i bambini del vicinato.

Una volta, poi, lui e Simone si erano anche baciati. Era successo una sera di giugno, e Mattia non se lo sarebbe mai dimenticato. Il giorno dopo il più grande sarebbe partito per le vacanze estive, andando a trovare i nonni che abitavano al mare, per non tornare fino al settembre successivo. Mattia gli aveva anche preparato un regalo di buon viaggio: un portapenne ricavato da un rotolo di carta igienica finito e ricoperto di pittura verde brillante, come gli occhi del destinatario.

«Per te, » aveva detto Mattia, e l’aveva trascinato in un angolo della stradina affinché gli altri bambini non potessero vederli «è verde verde come i tuoi occhi, vedi! Volevo darti anche la penna brillantata di mia sorella Elisa, ma lei non ha voluto... »

«Non fa niente, è bellissimo! » Aveva risposto Simone, sorridendo, e poi l’aveva baciato.

Mattia non avrebbe mai più dimenticato il gusto delle sue labbra: sapevano di morbido, di spremuta all’arancia e di felicità. Era durato un secondo, forse due, poi Simone si era allontanato e loro due avevano ripreso a giocare come se nulla fosse accaduto. Mattia non era riuscito a cancellare il sorriso dalla sua faccia per tutta la sera, e aveva pensato che era proprio una bella cosa, l’amore.

Il giorno dopo Simone era andato dai nonni, e Mattia, quell’estate, non aveva avuto altro passatempo all’infuori del crociare sul calendario i giorni che lo separavano dal suo ritorno. Quando però settembre era finalmente arrivato, dopo giornate torride e interminabili e fin troppi pennarelli rossi sacrificati alla missione, le cose erano ormai cambiate.

Simone aveva tagliato i capelli, innanzitutto, la chioma riccioluta aveva lasciato il posto a dei ciuffi corti e tenuti su col gel, e c’era una durezza nei suoi occhi che Mattia non aveva mai visto prima. Aveva preso ad uscire con quelli più grandi, di dieci e undici anni, che avevano ormai finito le elementari e anziché copertoni al meccanico rubavano petardi e sigarette al tabaccaio, senza che nessuno li rimproverasse mai.

Così si erano allontanati: Simone era troppo occupato coi suoi nuovi amici per curarsi di un piccoletto come lui, e Mattia era rimasto solo, con la sua altalena e nessuno che lo spingesse, e il cuore infranto per la prima volta in vita sua.

La prima volta che si era innamorato, Mattia aveva cinque anni, e, anche se le cose non erano andate a finire molto bene, non c’era niente di preoccupante in tutto questo.

La prima volta che si era innamorato, Mattia aveva cinque anni, e non c’era niente di preoccupante, a parte il fatto che adesso di anni ne aveva diciotto, e non era ancora riuscito a dimenticare quello stesso bambino che aveva amato tanto tempo fa.

 

*

 

 «Mattia, tutto bene? »

Sofia era stesa supina sul letto, i riccioli ramati sparpagliati sul cuscino e il libro di fisica tra le mani. Mattia sedeva alla scrivania, alle prese con un problema sull’accelerazione di gravità dall’aria parecchio complicata. Avevano preso entrambi il debito, quell’anno, per colpa di quella stronza della Moretti, e avrebbero dovuto sostenere l’esame di riparazione a fine luglio.

«Sì, perché? » rispose Mattia, sollevando gli occhi dal foglio.

«Sei... silenzioso. »

Sofia si mise a sedere, chiudendo il tomo e posandolo sul copriletto colorato, e prese a fissarlo preoccupata. Era la sua migliore amica fin dall’inizio delle superiori, quando il primo giorno di scuola si erano seduti l’uno accanto all’altra senza nemmeno conoscersi, ma semplicemente perché era sembrata la cosa giusta da fare, in quel momento. Sofia era una bella ragazza, ma preferiva una discussione sulla poetica di Montale ad un giro in moto col tipo di turno, e forse era questo il motivo per cui era finita ad essere sua amica. Mattia non era esattamente il tipo più popolare della scuola, né il più carino, con quei suoi occhi banalmente castani e il suo essere pelle e ossa e tutto il resto, ma non era neanche uno stronzo, e tanto bastava.

Sofia era l’unica a sapere della sua omosessualità, e, soprattutto, di Simone. Sorprendentemente, quando Mattia gliel’aveva confessato, più o meno a metà del secondo superiore, la ragazza non era scoppiata a ridere, ma anzi aveva sorriso intenerita e aveva detto che amare qualcuno per così tanto tempo era una cosa assai romantica. E figurarsi che durava da solo dieci anni, allora.

Mattia sapeva bene che quella sua cotta – come si ostinava a definirla – di normale aveva ben poco, per questo le aveva taciuto l’esistenza del cassetto o il fatto che lui, della vita di Simone, conoscesse ogni più piccolo dettaglio.

Ad ogni modo, la loro poteva considerarsi un’amicizia sincera, tanto più che Sofia non sembrava mai risentirsi di questa sua ossessione, e anzi accoglieva sempre le sue paturnie amorose con un sorriso indulgente.

«Nulla. E’ solo che... oggi fanno dodici anni. » Si decise a confessare Mattia.

«Dodici anni da che, Mattì? Spero non si tratti di qualcosa come l’anniversario di morte del tuo primo gattino...»

«No, no. Niente gattini. »

«E cosa, allora? » Sofia lo fissava con aria preoccupata, e, anche a costo di fare la figura dello stupido, Mattia non aveva voglia di mentirle.

Si mise in piedi e raggiunse la ragazza sul proprio letto, sedendosi al suo fianco.

«Dal bacio, » sospirò «te l’avevo raccontato, vero? »

Sofia ci mise qualche secondo a ricollegare, poi spalancò gli occhi, improvvisamente consapevole.

«Lo so che non è tanto normale – anzi diciamo pure che non è normale per niente – stare male per una cosa successa quando avevo cinque anni. E’ patetico e mi sento un povero scemo ogni volta che ci penso, ma... » Mattia si morse un labbro, pensieroso, poi continuò: « è quanto di più vicino ad una storia sia mai arrivato ad avere con Simone, e probabilmente molto più di quanto possa sperare di ottenere in futuro. »

«Su, su...» fu tutto ciò che disse Sofia, e poi lo strinse in un abbraccio.

Mattia si rilassò al contatto, posando il capo sulla spalla dell’altra e inspirando a piene narici il suo profumo fruttato e fresco. Doveva essere una curiosa immagine, tutto il suo metro e settantacinque stretto alla figura minuta di Sofia come un bimbo ad un salvagente, ma non gli importava. 

Non aveva molti altri amici, all’infuori di lei, di certo non i suoi compagni di classe o i ragazzi del paese, che l’avevano marchiato come frocio già in prima media ed evitavano la sua compagnia da allora. Sofia era l’unica a conoscerlo davvero e, se Simone non fosse mai esistito, loro due avrebbero sicuramente finito per mettersi insieme.

«Dovresti dirglielo, prima o poi. » suggerì la ragazza, rompendo l’abbraccio.

«Sì, e poi segregarmi in casa a vita per evitare che lui e i suoi amici omofobi mi facciano il culo a strisce, come no. »

«Sono anni che non fai altro che ripetermi quanto Simone sia diverso dai suoi amici, quanto sia dolce e gentile in confronto a loro! »

«Seriamente, Sofi, mi metterei soltanto il ridicolo. E poi non è che gli piace il cazzo, quindi... »

«Be’, se non ricordo male è stato lui a baciarti.» si intestardì Sofia.

«Ma eravamo dei bambini. Io a cinque anni sapevo tutte le evoluzioni dei Pokemon a memoria, non è che per questo voglia farmi Charmander! »

Sofia scoppiò a ridere, e fece per colpirlo con un cuscino.

«Eravate dei bambini, sì, ma non mi sembra che questo ti abbia fermato dall’innamorarti di lui. Dovresti almeno provarci, o altrimenti passerai tutta la tua vita a chiederti che cosa sarebbe potuto succedere. »

«Ma lo so, quello che succederebbe. Tanti lividi per me, tante risate per loro. E poi ci salutiamo appena, non è che posso fermarlo per strada e spiattellargli in faccia tutto quello che provo. »

Mattia sospirò rumorosamente e si alzò in piedi per ritornare alla scrivania, segno che la discussione poteva dirsi conclusa. Stava per mettersi seduto, quando Sofia richiamò la sua attenzione.

«Ehi! Guarda là, » la ragazza accennò col mento alla finestra, tenuta aperta per far entrare il fresco della sera « no, non affacciarti. Solo... guarda. »

Mattia obbedì, volgendo gli occhi dove gli era stato detto, e si accorse che in camera di Simone, dirimpetto alla sua, la luce era stata accesa. Le tende chiare erano chiuse, ma attraverso di esse si potevano distinguere in controluce le sagome nitide di due corpi, in piedi l’uno di fronte all’altro al centro della stanza.

Riconobbe immediatamente il profilo di Simone: la linea dritta del naso, la sporgenza morbida delle labbra, la lieve prominenza del pomo d’Adamo meravigliosamente nitida anche da quella distanza. Lasciò che i suoi occhi si muovessero più in basso, l’addome piatto e probabilmente coperto da una delle sue solite magliette sportive, la curva deliziosa del fondoschiena, le gambe lunghissime e muscolose. Sorrise appena, notando come la testa di Simone fosse quasi troppo in alto per rientrare nel suo campo visivo. Stupido gigante bellissimo.

Si costrinse a spostare gli occhi all’altra figura, più minuta e senz’ombra di dubbio una ragazza. Doveva sicuramente trattarsi di Lauretta, la sua fidanzata. Stavano insieme da quasi cinque mesi, e Mattia non poteva davvero biasimare Simone: era bella, Lauretta, con occhi grandi e azzurri e lineamenti delicati come quelli di una bambola.

Prima di lei, Simone non aveva mai avuto storie che durassero più di un paio di settimane. Mattia si sentiva mangiare il cuore dalla gelosia ogni volta che li vedeva uscire da casa di lui mano nella mano, ogni volta che scorgeva un bacio rubato o una carezza da dietro alla sua finestra. Avrebbe voluto odiare Lauretta, essere capace di mandarle i peggiori insulti e maledizioni – sarebbe stato tutto molto più facile – ma non ci riusciva. Desiderava con ogni fibra del suo corpo di poter essere al suo posto, ma non avrebbe mai fatto nulla per prenderselo. 

«Togliti quell’espressione tragica dalla faccia, Mattì » Sofia lo richiamò alla realtà, si alzò in piedi e lo raggiunse in due passi «non vedi che stanno litigando? »

Mattia riportò la propria attenzione sulla scena: dai movimenti delle loro labbra, sembrava stessero discutendo animatamente; le mani di Lauretta si muovevano in tutte le direzioni, come se, presa dalla discussione, stesse gesticolando con furia.

«Mi venderei un rene per sapere che stanno dicendo. »

«Che t’importa? Litigano, dovresti esserne contento. »

«Nah, tanto che cambia? E poi massimo venti secondi e Simone le ficca la lingua in gola. » Sofia gli rifilò uno sguardo scettico; Mattia alzò gli occhi al cielo e si mise a contare: « Uno... due... tre... »

Era appena arrivato a quindici quando Lauretta diede finalmente riposo alle proprie mani, stringendole attorno al collo del fidanzato, e Simone chinò il capo per baciarla.

Mattia sbuffò vistosamente, chiuse la finestra e tirò la tenda blu a coprire i vetri. Un altro giorno sarebbe rimasto a guardare, a tormentarsi nel piacere malsano di avvertire un’erezione crescergli tra le gambe mentre la tristezza gli divorava il cuore. Oggi no, però. Perché il pensiero che Simone stesse per scoparsi la sua fidanzata il giorno del loro anniversario – per quanto assurdo, e stupido, e patetico potesse sembrare – gli tagliava l’aria a metà. Gli tagliava tutto a metà.

«Torniamo a studiare, che è meglio » disse Sofia, con un sospiro «Quei dannati problemi non si risolveranno da soli. »

Mattia provò a sorridere, ma tutto ciò che venne fuori fu una smorfia esitante che non coinvolgeva neanche un po’ i suoi occhi.

 

*

 

Il cassetto si aprì dolcemente, con un rumore basso che pure risuonò forte nel silenzio notturno. A Mattia tremavano le mani, e il cuore gli batteva veloce nel petto al pensiero di ciò che sarebbe seguito.

Ad un occhio esterno, non sarebbe sembrato nient’altro che un normale cassetto appartenente ad un adolescente altrettanto normale. Nemmeno sua madre, nel fare le pulizie, aveva mai sospettato nulla, ma per Mattia questo era il più grande segreto, oltre che la cosa più cara in suo possesso.

Il cassetto non conteneva poi molto, in realtà: una vecchia copia di (What’s the story) Morning glory? degli Oasis, un asciugamano da palestra, un calzino di spugna bianco, una Bic dal cappuccio mangiucchiato, una bottiglia di birra vuota, un braccialetto di perline nere, un diario.

Nulla di strano, davvero, se non fosse stato che tutti quegli oggetti appartenevano a lui.  La prima a finire nel cassetto era stata la penna; Mattia l’aveva trovata sul marciapiede sotto casa di ritorno da scuola – doveva avere sette anni, forse otto – e raccogliendola si era accorto che sul cappuccio blu era stata apposta un’etichetta: “Simone Marino”. Aveva pensato di restituirgliela, visto che probabilmente doveva essergli caduta dallo zaino nel tragitto, ma poi aveva pensato che a Simone non sarebbe importato nulla di una stupida penna, e l’aveva portata a casa con sé, per poi abbandonarla sul fondo di quello che anni dopo sarebbe diventato il cassetto.

 Solo alle soglie della pubertà, infatti, Mattia aveva scoperto il piacere proibito di posare labbra su quella stessa penna che tempo prima i denti di Simone dovevano aver mordicchiato, di fare suo qualcosa che l’altro aveva posseduto. Allora aveva iniziato a raccogliere altri tesori: un calzino caduto in strada mentre la madre di Simone faceva il bucato, un bracciale gettato via per chissà quale motivo, una Tennent’s abbandonata sul ciglio del marciapiede di ritorno da una festa.

 L’ultimo era un asciugamano da palestra, che era scivolato fuori dalla borsa di Simone un paio di settimane prima, senza che lui se ne accorgesse. Era uno dei cimeli più preziosi: molti di quegli oggetti – come il bracciale, o il CD – erano sì appartenuti a Simone, ma non mostravano alcuna traccia di lui; l’asciugamano, invece, era entrato a contatto con la sua pelle, era impregnato del suo odore.

Mattia lo tirò fuori con cautela, quasi stesse osservando una specie di rituale, e si rimise a letto, ancora stringendolo in mano. Poi se lo portò al viso, e inspirò a fondo.

Il tessuto di spugna gli solleticava il naso, odorava di sudore, di bagnoschiuma, e di Simone. Mattia sentì l'erezione crescergli tra le gambe, e si morse un labbro per trattenere un gemito di piacere. Insinuò una mano sotto l'elastico dei boxer, e prese ad accarezzarsi piano.

In fondo, possedere quel poco di Simone nascosto in un cassetto era meglio che non averlo affatto.

 

 

Note:

Questa storia nasce dall’ascolto prolungato di Every breath you take dei Police (che originariamente sarebbe dovuto essere il titolo, ma poi si sono messi in mezzo i Queen xD), dal mio amore per il Corsaro Nero e Arianna, dal mio odio per la fisica, e dalla voglia di produrre qualcosa di leggero, per una volta.

Non è niente di che, ma mi sono divertita incredibilmente a scriverla e mi sono affezionata a quei due scemi di Simone e Mattia più di quanto non mi aspettassi. Spero solo che la lettura sia riuscita a strappare un sorriso anche a voi, e che vogliate farmelo sapere con una recensione, se vi va.

Un abbraccio (e al prossimo capitolo)

Bibby

   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Bibby