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Autore: ghirigoro    19/12/2011    5 recensioni
-Toglimi le mani di dosso!-
-Fino a dieci secondi fa eri tu addosso a me.-
Jess e Johnny, la loro insolita storia.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mio Dio, mio Dio.
Era impazzito. Un pazzo furioso, un matto.
Urlava, urlava, gridava da troppo, così tanto che Linda sentiva un fastidioso ronzio nelle orecchie, raggomitolata sul pavimento per non farsi investire dalla sua furia.
Johnny imprecava e tirava calci alle cose, fracassandole e spaccandole, e non pensava più ormai: i suoi pugni, stretti con rabbia fino a farsi male, servivano solo a premerseli contro le tempie e spingere via Steve, che era accorso appena Linda l'aveva chiamato.
Steve, schivando l'ennesimo colpo, lo afferrò per la maglietta e lo scaraventò contro il divano, facendolo ribaltare all'indietro.
-Mi sono rotto il cazzo delle tue stronzate, Rotten!- urlò furente, ripulendosi il sangue dal labbro spaccato. -Fanculo... cazzo di psicopatico!-
Johnny, ancora riverso a terra, rantolava con la faccia nascosta nell'incavo del gomito, e sembrava che a tratti qualcuno gli stesse dando scariche elettriche, tanto tremava.
Steve si voltò verso Linda, squadrandola per bene.
-Dagli del Valium.- le ordinò, secco.
La ragazza aprì la bocca per protestare, ma Steve la interruppe con rabbia.
-Ti ho detto di dargli del Valium! Lo so che ce ne hai, Linda, vai a prenderlo!-
-Pensi che la soluzione migliore sia drogarlo?- ribatté lei stizzita, alzando la voce incrinata.
-No, porca troia, l'unica soluzione è sedarlo! Non vedi come cazzo è impazzito?-
Linda esitò, guardando per un attimo Johnny.
Sì, era la cosa migliore. Si alzò ed andò a rovistare nel cassettone sotto il letto, dove teneva quelli che si potevano definire i ferri del mestiere: fruste, maschere bondage, manette, condoms e droghe per dormire.
Prese la confezione e l'aprì, estraendone solo poche pastiglie.
Controllando che Steve non la stesse guardando, ne ingoiò qualcuna e gli portò le rimanenti.

Linda lo osservava, angosciata dalla sua inespressività, respirando attraverso il filtro della sigaretta.
Lo scrutava negli occhi, cercando di capire cosa stesse pensando.
Ma Johnny non pensava, Johnny non sentiva niente. La mente annebbiata dal Valium, era completamente inerme sul divano, con lo sguardo fisso nel vuoto.
"A volte bisogna saper perdere, Johnny. A volte bisogna lasciar perdere e lasciare andare."
Minuti dopo, quando l'effetto del farmaco cominciava ad affievolirsi, Johnny parve riscosso, come se si fosse svegliato. Lentamente si girò verso la ragazza, fissandola.
Adesso Linda sapeva a cosa stava pensando il rosso: glielo poteva vedere dritto negli occhi, che avrebbe voluto essere abbastanza vincente per alzarsi ed affrontare la vita, ma lui nella vita aveva solo fatto schifo.
Paul, Steve, Nancy, Sid, lei... tutti come Johnny, perdenti che non sapevano perdere.
Avevano fatto di ogni sconfitta una vittoria, nel loro mondo ribelle ed avverso, e anche quando le cose andavano davvero male riuscivano a fregarsene e ad andare avanti.
Ma davanti a una cosa del genere, a una cosa così grande e così terribile come l'abbandono non bastava essere dei perdenti nati per riuscire a non esserne distrutti.
Tutti loro, in un modo o nell'altro, erano andati in frantumi: chi come Linda era stato abbandonato dai genitori, chi come Steve aveva visto i propri sogni venire spazzati via dalla crudele realtà, chi come Sid aveva rinunciato ad un'infanzia normale, chi come Paul mollava per sfiducia davanti alle opportunità.
Ma era molto più dura per chi, come Johnny, veniva ferito nel profondo per la prima volta, perchè la prima era sempre la più dolorosa, quella che lasciava il segno, quella che faceva sembrare le altre solo piccoli lividi.
Per questo Linda decise che non avrebbe lasciato che lui stesse lì a compiangere la propria vita mentre là fuori c'era la sua possibilità di riscatto. Anche se significava vederlo con lei, la yankee che non sapeva come vivere, che non era una di loro.
-Alzati, Rotten. Se non lo fai tu, ti obbligo io a farlo.-
Linda scattò in piedi e lo tirò su per un braccio, mentre il rosso appoggiava a terra i piedi con fatica, guardandola male.
Steve la fissava con gli occhi sbarrati.
-Dove cazzo state andando?-
Ma Linda e John non gli risposero, richiudendosi la porta alle spalle.
Steve rimase a fissare la porta per qualche secondo, incapace di credere che quei due fossero così stupidi.
-Vaffanculo, se volete fare così a me non me ne frega un cazzo!- mormorò, afferrando una bottiglia di qualcosa deciso a sbronzarsi.

-Muoviti, cerca di stare in piedi cazzo!- lo incalzava Linda, tirandolo su ogni volta che sbandava e cominciava a piegarsi sulle ginocchia, in preda alla confusione e al sonno.
Ogni tanto biascicava qualcosa, ma più camminava più i suoi versi prendevano un senso, chiaro segno della perdita di effetto del sedativo. Forse sarebbero riusciti ad arrivare dalla yankee in tempo, pensò Linda.
-Dove...and...?- mormorò Johnny, tentando di aggrapparsi alla sua spalla mentre barcollava in avanti.
-Dove diavolo pensi che sia andata John? Ha detto che vuole lasciare Londra, no? E allora sarà alla stazione per andare in aeroporto.- spiegò in fretta lei, scocciata. Lo afferrò per il chiodo, senza rallentare. -Dio, ma ti vuoi muovere?! Non siamo vicini, devi allungare il passo!-
A John parve che qualcuno gli avesse dato un pugno: all'improvviso l'unico motivo per il quale restare sveglio, per il quale non fermarsi e non cadere a terra era ciò che lo stava spingendo in avanti, e si ritrovò a correre per le strade, urtando la gente.
Linda aprì la bocca per protestare quando si accorse che Johnny l'aveva lasciata indietro.
Lo osservò allontanarsi di corsa tra le persone, finchè non scomparve dietro l'angolo, e lo maledisse.
Si fermò. Non aveva senso continuare. Era inutile rincorrerlo, era inutile chiamarlo e chiedergli di aspettarla ed incazzarsi con lui e urlargli contro.
Era inutile, e stupido anche.
Con suo stesso stupore, si ritrovò a sorridere mesta.
Quel giorno, si disse, un perdente nato si prendeva la rivincita.
Che tutti lo sapessero, tutto il mondo, che la gente in strada lo sapesse vedendolo correre verso quello che aveva perso.
Perchè alla fine non era importante che un altro perdente venisse abbandonato, no?

Jessica osservava il treno tremolare sui binari in lontananza.
Quindi la sua fuga dalla vita era conclusa. Era finita così, su una squallida panchina, in una squallida stazione, in uno squallido amore... sempre che così si potesse chiamare.
Ma era tutto quello che aveva, in fondo: i vestiti, la borsa, anche il biglietto che stropicciava nella mano non le sembravano più roba sua, non le importava nulla di quello che sarebbe successo, non le importava dove era diretto il treno su cui stava per salire, perchè tutto quello di cui le importava era nello squallido appartamento dove era finito il suo squallido amore. Johnny?
Sì, lui, forse; oppure no?
Una parte di lei lo odiava, e si rifiutava anche solo di prendere in considerazione l'idea di amarlo, eppure l'altra parte si sentiva persa e sola.
Jessica era confusa, ed un fischio vicino la fece sobbalzare, improvviso. Il treno investì con violenza la sua visuale, e scacciò via i suoi pensieri.
L'ansia la assalì, facendola vacillare all'indietro spinta dalla folata di vento.
Ma... era davvero la cosa giusta da fare?
Jess non ne era certa, ma riteneva fosse meglio avere rimorsi per tutta la vita che rischiarla rimanendo con lui.
Le porte si aprirono davanti a lei, e la gente si precipitò giù travolgendola. In pochi secondi si erano dileguati già tutti, ed era di nuovo sola davanti a quel treno ormai vuoto.
Inspirò profondamente, con le ginocchia che tremavano e le gambe che sembravano incapaci di sopportare il peso dei suoi pensieri.
Doveva andare, non c'era tempo per ripensamenti.
Afferrò il borsone ed appoggiò un piede sul gradino, tenendosi al corrimano.
All'improvviso una voce la fece voltare. Qualcuno l'aveva chiamata.
Vide una sagoma correre verso di lei, ma non riuscì a riconoscere chi fosse.
Le porte si chiusero con violenza mentre con una scossa il treno la avvertiva che a breve avrebbe cominciato a muoversi, come per portarla via.
Chi l'aveva chiamata continuava a correre, disperatamente, e Jessica la fissava dal finestrino come fosse un'apparizione. La ragazza appoggiò le mani contro il vetro, così vicina da appannarlo con il respiro, sperando che la sagoma la raggiungesse in tempo e la convincesse a scendere.
Ma più il treno si allontanava, più Jess si rese conto che non sarebbe più potuta tornare indietro.
Premette il pulsante sulle porte, che si aprirono di nuovo.
Non sapeva perchè lo stesse facendo.
Schiacciata contro il finestrino, riconobbe finalmente il volto della sagoma che la chiamava e correva, e con un salto scese dal treno.

Johnny correva a perdifiato, senza fermarsi mai, senza rallentare nemmeno per evitare le macchine.
Doveva fare in tempo, doveva fermarla e convincerla a restare con lui.
Con il cuore in gola e i muscoli che bruciavano per la fatica, si sforzò di continuare, perchè non poteva fermarsi, non adesso, non ora!
Riconobbe la biglietteria della stazione, e fu preso dall'euforia. Il treno era appena arrivato, ce l'avrebbe fatta. L'avrebbe fermata in tempo, non le avrebbe permesso di andarsene.
Si precipitò sulla banchina, chiamandola, urlando il suo nome, scontrandosi con un gruppo di ragazzini mentre il treno lentamente frenava fino a fermarsi.
All'improvviso la scorse, seduta vicino ad un finestrino, che guardava fuori. Non si era accorta di lui.

Quando se ne furono andati anche loro, la stazione rimase deserta. Non c'era nessun altro, a parte lui.

La chiamò ancora, la ragazza si voltò di scatto e lo vide, e in un attimo saltò giù dal treno.
Con uno scatto Johnny la afferrò per un braccio, ma quando la guardò rimase pietrificato.
La spinse via con rabbia.
Non era lei.
John la cercò disperatamente, salendo e scendendo dai vagoni con il cuore in gola. Non era possibile, era arrivato in tempo, doveva trovarla!
Non c'era, non c'era da nessuna parte. Non era salita sul treno.
Johnny abbandonò ogni speranza, distrutto e completamente solo. Ridiscese sulla banchina, crollando a terra sulle ginocchia.
Osservò con il viso rigato dalle lacrime le porte chiudersi davanti a lui, e rimase a fissare il vuoto finchè anche l'ultimo vagone non fu passato.
Sentì un rumore di passo alle sue spalle, ma non riuscì a girarsi, e non gli importava chi fosse.
Aveva appena perduto tutto ciò a cui teneva, tutto ciò che dava un senso alla sua vita. Tutto il resto era indifferente.
La persona dietro di lui lo fissava impassibile, con un'espressione sprezzante, senza avvicinarsi, indifferente al suo dolore.
-E' partita un'ora fa, John.-
Crack. Un pungo nello stomaco, una coltellata al cuore, e il muro di specchi che difendeva John andò in frantumi.
Annaspò in cerca d'aria mentre le lacrime lo soffocavano e gli chiudevano la gola, e il dolore gli dava alla testa facendolo piegare sul pavimento e facendolo scoppiare in un pianto silenzioso e disperato.
Non era arrivato in tempo, aveva perso la possibilità di riaverla, e lei non sarebbe più tornata indietro, non l'avrebbe più rivista, mai più!
Quando non ebbe più nemmeno le forze per piangere, asciugatosi le lacrime, si alzò in piedi ed oltrepassò in silenzio Nancy, che ancora lo stava guardando, come un mostro impassibile.

Jess stringeva il borsone tra le mani, torturandone il tessuto nervosamente.
Il rumore delle ruote sulle rotaie era assordante, il treno sobbalzava, e il finestrino a cui aveva appoggiato la fronte vibrava senza sosta, impedendole di pensare.
Ma forse era meglio così, perchè altrimenti non si sarebbe data pace, e avrebbe desiderato tornare indietro, e avrebbe pensato a John, e le sarebbe venuto in mente ciò che Nancy le aveva detto prima che salisse sul treno, una cosa terribile e spietata, ma anche vera.
"Meglio così. Le cose devono tornare quelle di prima, Jess."
Sì, era davvero meglio così, ma le cose non sarebbero state più quelle di prima.
Prima che il rimorso le impedisse di respirare, Jessica chiuse gli occhi e cercò di non pensare.


Non ci posso credere D:
Questa è proprio la fine, a quanto pare!
Non sarà l'ultimo capitolo, dopo ci sarà un epilogo, una specie di capitolo finale, ma poi avrò finito questa storia...
Adesso sono depressa marcia! T - T
Vi ringrazio di cuore per aver letto e seguito la mia storia, grazie a tutti!
Ma i ringraziamenti ufficiali non li farò adesso, altrimenti mi viene un magone della miseria e non riesco più a scrivere niente perchè mi sembra che sia la fine!
Al prossimo capitolo, miei cari!
ghirigoro
  
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