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Autore: havoc    19/12/2011    1 recensioni
Prevalentemente romantica, impregnata di nonsense fino al midollo.
[ ... ] Era amore incondizionato, presupposto, inafferrabile. Come lei, lei che subito ti sembrava un’enorme camicia a quadri vuota, eppure lì dentro potevi trovarci tutto, anche qualche lacrima d’amore per te.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E' una vecchia storia, una delle prime che ho buttato giù per intero. Perchè sì, sono una che lascia spesso le cose a metà, io. E anche se non è scritta granchè bene, con qualche errore - forse - nascosto tra le righe, ci sono molto affezionata e ho pensato di lasciarla così, nella sua forma essenziale, senza apportare alcuna modifica.
Mi scuso, pertanto, se potrà risultare noiosa e/o troppo nonsense, se presenterà qualche dimenticanza grammaticale o un paio di periodi schifosamente lunghi e sfiancanti. Ma in fondo, spero tanto che vi piaccia quanto piace a me.

Lotsoflove.


 




Talitha



Sempre, dico, sempre, quando ci perdevamo nei colori dei primi tramonti estivi, finiva per dirmi che il sole le sembrava un enorme biscotto arancione inzuppato in un latte fangoso. Non c’era occasione, giuro, in cui mi risparmiasse tale costrittiva metafora, quasi fosse divenuta parte della solita routine, come cambiarsi i calzini o lavarsi i denti ogni mattina.
Solo che lei con i calzini aveva da sempre intrattenuto strani discorsi e tra le sue consuetudini vi era quella di paragonare il sole ad un biscotto, come se ciò le procurasse un metodico sorriso dove rifugiarsi nelle più arrossate serate estive.
Mi piacerebbe assaggiarlo, il sole, una volta – aggiungeva sempre, ridendo e poi morsicandomi un braccio. Ed io, tutte le volte, cavolo, tutte le dannate volte le promettevo che glielo avrei portato, il sole, glielo avrei portato e lei avrebbe potuto mangiarlo tutto, lasciandomene appena un pezzettino per garantirmi abbastanza luce da poterla guardare ancora.
Perché lei era così piccola e fragile che il buio poteva ingoiarsela tutta, ma portava il nome di una stella e le stelle nel buio trovano la loro casa. Forse per questo nella sua camera non avevo mai visto una lampada accesa: avrebbe depurato la sua brillantezza, avrebbe sminuito i suoi raggi e sarebbe entrata in collisione coi suoi pensieri di gigante rossa, così grande e così rossa che quasi avevo paura che potesse scoppiarmi tra le mani, in tutta la sua voluttuosa delicatezza. Ma era anche spaventosamente forte, e se fosse esplosa sul serio avrebbe raso al suolo tutto, lei stessa, i suoi sentimenti, la vita che un momento le pareva un sogno e subito dopo l’incubo di un labirinto inestricabile. L’amore che si teneva dentro avrebbe distrutto tutto, al diavolo i Maya. Era troppo, era incontrollabile, era esagerato per quel suo cuore di cartapesta, che prendeva fuoco alla più piccola scintilla.
Ma era amore incondizionato, presupposto, inafferrabile. Come lei, lei che subito ti sembrava un’enorme camicia a quadri vuota, eppure lì dentro potevi trovarci tutto, anche qualche lacrima d’amore per te. Ne aveva per tutti, silenziosamente amava tutti, ma non s’era mai innamorata sul serio; non ne era capace, non voleva. Preferiva avere qualcuno nel suo letto e sussurrargli che il cotone dei calzini di questo le solleticavano la pelle nuda; questo per lei era amore, era l’apoteosi del suo essere inconsapevolmente bellissima e fulgida, era malizia, era emozione, era sesso e passione, e amore amore amore, tutto quell’amore che sembrava nascondere nei suoi calzini quando li ripiegava ed infilava nei cassetti.
Tu potevi amarla, ma non eri mai certo che lei fosse in grado di accoglierlo, il tuo amore. Non eri mai certo che avesse abbastanza spazio anche per te, in quel tumulto di sentimenti che, immancabilmente, finivano per travolgerti e diventare parte della tua routine, come una stupida metafora in una stupida serata estiva.
La amavi in silenzio ed eri tu che finivi inzuppato nel fango, con il sole alle spalle che t’osservava come a dire e dove cazzo vado ad affogarmi io? Il mare è troppo lontano da qui, ragazzo.
Nei suoi abbracci c’era spazio per tutti, ma il suo cuore era sempre troppo affollato perché tu potessi trovarvi un posto, anche di seconda classe. Dovevi rimaner zitto e arrenderti alla tua condanna, combattere sarebbe stato inutile perché avresti solo rischiato di scalfire la sua effimera perfezione. E le stelle, porco mondo, devono essere perfette.
Arrenderti, dovevi arrenderti e basta. E sorridere, se capitava.







Oh, dimenticavo: 'Talitha' è sul serio il nome di una stella - Talitha Borealis, una stella quadrupla, che rappresenta le zampe anteriori dell'Orsa.

  
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