Anime & Manga > Sekai-Ichi Hatsukoi
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Autore: mizuki95    20/12/2011    11 recensioni
Piccola (?) one-shot sul passato di questi due ragazzi.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Buona sera, sono la scrittrice! (Chi altro potevo essere?!) Questa è la mia primissima one-shot su una coppia di Sekai-ichi, e per chi già mi conosce dico che è stata dura non fare capitare qualche incidente catastrofico! Per chi non mi conoscesse, sia felice di questo e legga la one-shot ignorando il mio precedente commento! L'ho buttata così com'è, quindi perdonate eventuali segni di OOC o altre cose fuori posto, ve ne prego! xD Ok, dopo avervi fatto perdere circa un minuto della vostra vita, vi lascio alla one-shot! Siate gentili e recensite!


...


«Tori!» mi voltai infastidito verso il bambino che mi aveva chiamato in quel modo e sbuffando gli dissi «Il mio nome è Yoshiyuki!» «E' troppo lungo!» rispose il bambino dai grandi occhioni blu che mi fissava un pò infastidito a causa della mia correzione, stringendo un pallone colorato tra le mani «Tori è più corto! Mi piace!».

Stufo di quell'atteggiamento così testardo, con il sopracciglio destro che saltellava isterico sopra il mio occhio, gli rivolsi una fredda occhiata e voltandomi ricominciai a camminare

«Tori!» mi richiamò nuovamente quel fastidioso bambino, seguendomi.

Chiaki Yoshino era diventato da poco mio vicino di casa, dopo il trasferimento della sua famiglia nel nostro quartiere, e mi stava appiccicato come la carta moschicida «Oggi giochiamo a pallone?» mi chiese sorridendo e affiancandomi, ma non gli risposi subito.

Ci provavo gusto a vederlo sulle spine sulla mia disponibilità a giocare con lui «No, ho da fare» «Eh?! Perchè?!» sbottò incuriosito dalla mia risposta, e aprendo la porta di casa mia, entrai dicendo «Devo fare i compiti» e gli chiusi la porta in faccia.

 Non che non sopportassi quel bambino, ma mi davano parecchio fastidio la sua eccessiva allegria e la sua continua voglia di giocare. Dopo aver preso un bel respiro profondo, cercai di dimenticarmi di Yoshino e mi misi di buona lena a fare i compiti per il giorno dopo.

 Dopo un pò di tempo, verso la sera, ebbi finito, e sgranchiendomi le braccia mi alzai, aprendo la finestra posta accanto la mia scrivania.

Stava piovendo molto forte.

«Ciao, Tori!» mi salutò una vocina allegra, mentre a me venne un colpo ed indietreggiai spaventato


«Y-Yoshino?! Che diavolo...?!» sbottai, ma riaffacciandomi vidi che era completamente zuppo e che tremava, ma nonostante questo mi sorrideva con assoluta tranquillità

«Allora, hai finito i compiti?» mi domandò mentre il suo corpo veniva attraversato da un violento fremito. Non riuscii a vederlo in quel modo e dopo aver  sospirato nuovamente gli ordinai di entrare. Lui mi obbedì sorridendo, e quando fu dentro provvidi subito a mettergli qualche mio vestito ed una coperta sulle spalle, per poi mettere i suoi vestiti nell'asciugatrice.

Non so perchè, ma ebbi il presentimento che quel bambino fosse così sprovveduto che forse avrei dovuto occuparmene io per stare un pò tranquillo.

 «Yoshino, i tuoi vestiti saranno asciutti tra poco» dissi entrando in soggiorno, ma quell'idiota stava tranquillamente disegnando a pancia in giù, sdraiato sul pavimento di legno, muovendo i piedi in aria

«Tori, ho trovato quest'album e dei pastelli! Che ne diresti se disegnassimo qualcosa?» Il mio povero sopracciglio riprese a saltellare, mentre io tentavo di contenere la rabbia


«Yoshino...!»

 «Sì?» mi chiese lui innocentemente, con un’innocenza tale che la mia rabbia invece di aumentare improvvisamente si placò.

Sospirando per l'ennesima volta mi sedetti accanto a lui, ma non toccai i pastelli

«Io sono negato a disegnare»

«Davvero? Allora ti farò un disegno io!»

«Yoshino...» lo fissavo veramente stupito, mentre lui, sempre sorridendo disegnava.


Ci stette pochissimo, e sempre sorridendo mi mostrò il disegno come se fosse la cosa più bella del mondo dicendo «Finito!». Mi ci volle un pò per capire cosa fossero quegli strani scarabocchi, ed esitando chiesi «Sono...io?» «Sì!» rispose Yoshino sempre sorridendo, facendomi sospirare per l'ennesima volta

«Ci rinuncio» mormorai abbassando la testa, ma Yoshino non capì a cosa mi riferissi. Fortunatamente in quel momento i miei genitori entrarono dall’ingresso e dopo una mezz’oretta Yoshino tornò a casa sua.


Il giorno dopo, però, lo trovai nuovamente davanti alla mia porta.

 «Giochiamo, Tori!» disse gioioso con il pallone tra le mani, e visto che non avevo nulla da fare lo assecondai.

 Purtroppo, il pallone finì sopra l’albero con delle foglie strette e dure del suo vicino, e si sgonfiò.

 Vedendolo intristirsi e pensando che fosse per il suo pallone, lo tranquillizzai e dopo andai a prendere un pallone bianco e nero che avevo io a casa, ma l’atteggiamento e quello che mi disse Yoshino quando glielo portai mi lasciarono di stucco

 «Sono felice!» disse sorridendo «Posso continuare a giocare con Tori!».

Credo di aver sorriso, perché lui me lo fece notare –me lo sbattè in faccia, più che altro- per mezza giornata.

 Iniziai ad entrare un po’ più in confidenza con quel bambino, che invece mi trattava con fin troppa familiarità per i miei gusti. Lo consideravo un po’ stupido e troppo ingenuo a dir la verità, ma cambiai la mia opinione su di lui dopo quello che accadde quando un gruppetto di ragazzi delle medie ci rubarono il pallone, prendendoselo con la forza.

 Erano il doppio di noi e più robusti, per cui non riuscimmo a recuperare il pallone, e devo ammettere che come uomo la cosa mi bruciava non poco. Yoshino si era addirittura zittito dopo quel fatto, e preoccupato dal suo cambiamento cercai di parlargli il pomeriggio di quello stesso giorno

«Non fa nulla, Yoshino. Ne comprerò un altro!»

 «Sì, ma…» mormorò con lo sguardo fisso a terra, per poi allontanarsi correndo da me nella direzione opposta a casa mia, dove usavamo ritrovarci il pomeriggio

 «Dove vai?!» gli chiesi stupito da quello strano comportamento, ma continuando a correre lui rispose «Aspettami a casa tua, torno subito!».

Non lo rividi per tutto il pomeriggio.

Poi si fece buio, ma di Yoshino non c’era alcuna traccia.


Mentre cercavo di guardare la televisione senza alcun interesse per essa il campanello suonò con degli scatti piccoli ma abbondanti «Sarà Yoshino» pensai riconoscendo quel modo frettoloso che aveva di suonare il campanello.

 Ma quando andai ad aprire, mi trovai davanti il mio amico pieno di ematomi e ferite,con un occhio pestato, ma col suo solito sorriso sulle labbra, di cui uno era spaccato

«C-cosa…?» non riuscii a spiccicare una parola, e lui mi porse il mio pallone sempre sorridendo.


All’improvviso il mio stupore si mutò in rabbia e gli gridai «Perché diavolo sei andato a recuperarlo?! Lo vedi come sei conciato?! Avevo detto che avrei pure potuto comprarne un altro, idiota!».

 Lo vidi spaventarsi un po’, ma nonostante questo continuò a sorridermi e disse «Perché questo è il pallone di Tori!» «Che diamine c’entra?!» chiesi non comprendendo quella strana risposta

«Se volevi tornare a prendere il pallone, avresti dovuto dirmelo e sarei venuto anch’io!»

 «Non lo avrei mai permesso!» gridò con improvviso coraggio, per poi dire serio «Se ci fossi andato pure tu ti avrebbero fatto tanto male quanto ne hanno fatto a me! Tori è mio amico! E’ colpa mia se hanno preso il pallone di Tori, quindi è mio l’obbligo di andare a recuperarlo! Tori è mio amico, ed io proteggo gli amici!» e ricominciando a sorridere

 «Queste ferite non mi fanno male! Affatto! Faceva più male vedere la faccia triste di Tori!».

Sbalordito da ciò che ebbi sentito e soprattutto dalla determinazione che uno stupido come Yoshino era riuscito a tirare fuori, gli sorrisi e abbracciandolo lo ringraziai di cuore.

Come al solito, quell’idiota mi domandò subito se potevamo giocare insieme, ma io preferii medicarlo e fargli una bella predica nonostante fossi veramente felice del suo stupido ma sincero gesto di amicizia…
 
 
 
 
Pensando questo, posai il pezzetto di stoffa bianco e nero che avevo trovato nell’armadio dove si trovava, per poi chiudere le ante.

 Non credevo di trovare un così vecchio ricordo tra i vestiti di Yoshino, che stava dormendo come al solito nel mio letto.

 Nonostante la punta di disapprovazione per non aver trovato le tavole che Yoshino doveva aver già completato e aver cercato in ogni angolo remoto della casa dove si trovassero, non potei trattenermi dal sorridere vedendolo così indifeso, e  sdraiandomi al suo fianco lo abbracciai

«Tori…» lo sentii sussurrare nel sonno

 «Yoshino…» dissi io, stringendolo al mio petto

«Non fare finta di dormire, devi consegnarmi le tavole»

 «Mostro!» sbottò lui mettendosi seduto, ma non ebbe il tempo di continuare a lamentarsi che catturai le sue labbra con le mie, infilando le mani sotto il pigiama che aveva indossato per farmi credere che stesse davvero dormendo.

Ma non lo avrei fatto addormentare così facilmente.
 


 Credo che sia colpa mia se quel giorno Yoshino non ha consegnato in tempo le tavole.
  
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