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Autore: SunriseNina    20/12/2011    6 recensioni
Non riesci a dormire. Lanci uno sguardo alla Luna: uno sguardo disperato e confuso.
Non avresti mai pensato di ritrovarti così, Light.
Ammanettato ad un altro ragazzo, costretto a passare le notti accanto a lui, a sentirne i respiri sospirati.
Cosa sono quegli sguardi, quei discorsi a notte fonda e soprattutto, cos’è quella strana sensazione al basso ventre quando lui si avvicina a te, quando ti sfiora tra le coperte?
Cos’è quel battito incessante che rimbomba nel tuo petto?
E la Luna culla i tuoi tormenti in queste notti insonni.
#1: Novilunio ~ "Rimasero fermi qualche istante: si guardarono negli occhi, le teste appoggiate ai due guanciali, le mani di Eru che giocherellavano con la cucitura del cuscino torturandola tra i polpastrelli."
#2: Luna crescente ~ "Light continuava a sentire il cuore battere con impetuosità. «Smetti, ti prego», implorò a sé stesso.
Chiuse gli occhi, sperando infinitamente di svegliarsi e di scoprire che nulla di ciò era davvero successo, ma che era stato tutto un sogno. Un immorale sogno."
#3: Primo quarto ~ "«Non so bene come dirlo, Light.» il giovane Yagami trattenne il respiro, con l’impressione che il tempo rallentasse «Sei speciale.»
«In… altre parole?» chiese Light, innaturalmente impaziente.
Per la prima volta Eru sembrò essere a disagio; abbassò lo sguardo e mormorò: «Sei unico. Vorrei che fossi mio e di nessun altro. Come se fossi un oggetto. Immagino che questo, nelle relazioni umane, si traduca in una specie di innamoramento, no?»"
#4: Gibbosa crescente ~ "«Io sono la tua principessa, non è così? Appena si romperà l’incantesimo, potrò volare via. Non puoi permettertelo, vero?»"
#5: Plenilunio ~ "«Una sera il mago si stava addormentando, come al solito, da solo, quando sentì un picchiettio proveniente dalla finestra. Si voltò, e vide che la principessa alata si librava in aria all’altezza della sua finestra, e bussava sul vetro. Era tornata.»
«Perché? Perché avrebbe dovuto tornare?» la voce di Eru era intrisa di una curiosità radicata nel profondo del cuore.
«Per quelle sue piccole manie, per i suoi capelli, per il suo sorriso, per i suoi occhi, per la sua voce, per… per quanto era bello.»"
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: L, Light/Raito | Coppie: L/Light
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non aveva avuto il coraggio di proferir parola a riguardo di quella notte per quattro giorni: cercava di rimanere freddo, apatico, di non lasciare lo sguardo scivolare sul corpo di Ryuuzaki. Non gli parlava, se non per motivi strettamente lavorativi, dormiva al bordo del letto ignorando il fastidio della sua posizione e il freddo che gli intorpidiva le punte scoperte dei piedi; inoltre, nel disperato tentativo di dormire profondamente, aveva iniziato a bere ingenti quantità di tisane per conciliarsi il sopore.
Quella sera stava preparando l’ultima camomilla della giornata: la tazza appoggiata al comodino, colma di acqua bollente, esalava sottili fili di vapore che danzavano nell’aria prima di dissolversi. Light vi immerse la bustina, e l’acqua prese velocemente un colorito giallastro che andava intensificandosi.
«Non capisco come possano piacerti. Certo, niente da togliere al tè, ma la camomilla è poco più che acqua vagamente colorata. Insapore.» disse Eru con la sua disarmante sincerità.
Sì, ecco com’era lui. Sincero. E soprattutto disarmante. Davanti alle sue parole, qualsiasi genere di maschera o macchinazione crollava in frantumi.
«A me piace, e questo basta.» Ligt tirò fuori la bustina impregnata d’acqua e la gettò nel cestino. Non era vero. Quell’odore gli dava un accenno di nausea e, alla lunga, Light la trovava addirittura disgustosa.
«Perché la bevi senza zucchero?»
Lo aveva dimenticato in cucina, e non voleva alzarsi dal letto. Si stupì della sua stessa pigrizia.
«Non lo so.»
«Non sei il tipo che fa le cose senza motivo.»
Light si stizzì:«Ryuuzaki, ti hanno mai detto che quando una persona risponde “Non lo so” spesso è perché in realtà non lo vuole dire?» chiese retoricamente.
«Perché non vorresti dirmi una cosa così futile?»
«Proprio perché lo è. Futile. Non ho voglia di rispondere e non capisco perché ti interessa.»
«Trovo i particolari affascinanti.»
«Ci mancherebbe, che investigatore saresti altrimenti?» disse Light scuotendo leggermente la testa, con un sorrisetto di superiorità tipico di chi si ritrova a spiegare delle ovvietà a degli elementi suoi inferiori.
«Non tutti gli investigatori trovano i particolari affascinanti» disse Eru, sedendosi sulla sponda opposta a quella su cui era seduto Light «La maggior parte li trova importanti, al massimo interessanti. Io li trovo affascinanti. I particolari spiegano il mondo, Light.»
«Davvero?» chiese lui, scettico, portandosi alle labbra la tazza.
«Certo. In questo momento, ad esempio, stiamo parlando dandoci le spalle, perché proviamo imbarazzo.»
Light tossì, sputacchiando un poco di camomilla bollente.
Si voltò lentamente: Eru rimaneva a fissare il muro davanti a sé. Light posò la tazza, intrecciò le dita preso da un’insolita agitazione: sentiva la gola vibrargli e il petto farsi troppo stretto per il cuore palpitante.
«Ryuuzaki.»
«Sì?»
«Voltati. Per favore.»
I due, a movimenti esitanti, si sedettero sul letto a gambe incrociate, uno di fronte all’altro. La sottile catena che li congiungeva si snodava tra le pieghe del lenzuolo stropicciato.
«Ryuuzaki, ho bisogno di sapere una cosa.» Light cercava di non guardarlo negli occhi, quegli occhi grandi e adulatori, infantili e allo stesso tempo maliziosi, neri come la pece, come l’oscurità, come l’ignoto.
«Quello che vuoi, Light.» Eru si grattò con indolenza il collo, inclinando di lato la testa.
«Cosa… cosa significava?» sentiva il viso avvampare, come in preda alle fiamme.
«Cosa?»
«Oh, non fare il cretino! Hai capito di cosa parlo!» sbottò Light con voce accusatrice «Vuoi farmelo ripetere? Ti rende così felice?! Va bene, Ryuuzaki!» gesticolò alzando la voce «Sto parlando della notte scorsa, in cui ci siamo baciati
Eru si immobilizzò: «Oh, quello
«Sì, quello.» Light corrucciò la fronte «Ryuuzaki, davvero. Voglio capire. Devo capire. Io non sono… come posso dire…»
«Gay?» disse Eru con la sua voce inalterata.
«Sì, sì esatto.» disse Light, provando un brivido ambiguo al pensiero di quella parola.
«Ti farò una domanda indiscreta, Light» disse Eru passandosi sciattamente la mano tra i capelli «Lo hai mai fatto con una ragazza?»
«Non sono cose che ti riguardano!» esclamò Light, infervorandosi.
«Chiedevo. Dico solo che non puoi esserne totalmente certo. Tanto più se non hai mai provato, no?»
«L’ho fatto con Misa. Poche volte. È una ragazza insistente.» ammise Light. Non aveva buoni ricordi di quelle notti, oggettivamente, e riesumarli non lo facevano stare meglio «Ma sentiamo un po’, e tu? Mi sembra la cosa più importante perché, vorrei ricordarlo, non sono stato io a zittirti con metodi poco ortodossi. Voglio una spiegazione.»
Fissava il volto di Ryuuzaki: il ragazzo sembrava essersi perso nei meandri di qualche sua fantasia o congettura, dall’aria svanita del suo sguardo: «Light, mi è difficile esserti sincero.»
«Sei in dovere di esserlo. Me lo devi.»
«Lo so.»
«Allora parla, diamine!» sbottò Light.
«Non so bene come dirlo, Light.» il giovane Yagami trattenne il respiro, con l’impressione che il tempo rallentasse «Sei speciale.»
«In… altre parole?» chiese Light, innaturalmente impaziente.
 Per la prima volta Eru sembrò essere a disagio; abbassò lo sguardo e mormorò: «Sei unico. Vorrei che fossi mio e di nessun altro. Come se fossi un oggetto. Immagino che questo, nelle relazioni umane, si traduca in una specie di innamoramento, no?»
«Non ti è mai piaciuta neanche una ragazza?» chiese Light, cercando di capire dove fosse il problema.
«Il punto non è che non mi è mai piaciuta nessuna ragazza. Il punto è che non mi è mai piaciuto nessuno, Light. Maschio, femmina, cane o quel che vuoi» sembrava aver perso la sua solita e metodica calma «Tu. Solo tu. Kira. E questo mi è sempre sembrato impossibile, nonché inaccettabile e controproducente. Quindi non te l’ho detto, né ne ho tenuto conto nella mia lotta contro di te.»
«Io non sono Kira!» urlò Light.
«Non so se fingi incredibilmente bene, o sei riuscito a rimuoverlo dalla memoria in qualche modo…» riflettè Eru ad alta voce.
«Aspetta un secondo: questa cosa delle manette era intenzionale? Era per questo?» sibilò disgustato.
«No, assolutamente.» disse Eru «Era tutto programmato per tener d’occhio Kira, non certo per quello che è successo tra noi.  Anzi, è stato abbastanza d’intralcio il mio sofisticato sistema di controllo. Ho dovuto fare molta attenzione ad eliminare i file delle registrazioni ad infrarossi notturne.»
Al solo pensiero di quelle telecamere, Light si sentì svenire dalla vergogna: e se suo padre in qualche modo li avesse visti? Che avrebbe detto? Dio, non osava immaginarlo.
«Mi dispiace.» disse Eru «Non volevo metterti a disagio. Pensavo che avrei resistito alla convivenza, ma ho poco calcolato la visuale… umana della situazione in cui ci saremmo ritrovati.»
Light non sapeva cosa pensare. Aveva la bocca socchiusa, la gola roca, il respiro a malapena percettibile. I suoi occhi si perdevano nel viso sottile e preoccupato di Eru, nelle sue mani delicate, nella sua pelle color del latte che manteneva quel sinistro pallore anche nella luce calda delle abatjour. Riusciva a vedere solo i suoi ciuffi corvini che gli velavano la fronte, le chiare labbra socchiuse, il suo corpo curvo verso di lui in quella posa –seduto a gambe incrociate- che gli era così innaturale. Elle era il macroscopico insieme di piccoli particolari, piccoli affascinanti particolari.
«Andiamo a letto. Non ti infastidirò. Te lo giuro.»
«Ryuuzaki…»
«Non mi azzarderò mai più a…»
Eru spalancò gli occhi, immobilizzato dall’abbraccio soffocante di Light: lo sentiva sussultare e singhiozzare sommessamente, aggrappato a lui come in cerca di un’ancora di salvezza.
«Light?»
«Per favore, taci.» la sua voce era un misto di un ordine e di una supplica sussurrata e lacrimosa. Le sue dita strinsero il pigiama di Eru, il petto di Light si avvicinava e si allontanava da quello del ragazzo che, titubante, lo abbracciò a sua volta con tenerezza: «Light?»
«Sì?»
«È… è così che ci si sente? Questo calore? È questo essere innamorati?»
Light annuì impercettibilmente. Sì, era proprio quel calore che in quel momento si sprigionava dolce e appassionante dal suo cuore emozionato.
I due si scostarono, tenendo le mani ferme sulle spalle dell’altro: «Ryuuzaki?»
«Light?»
«Quanta possibilità c’è che i video degli infrarossi vengano visti da altri?»
«Un 12,8% di possibilità. All’incirca.»
Light alzò le spalle: «Accettabile.» si avvicinò ad Eru e lo baciò. Rimasero fermi qualche secondo, le labbra che a malapena si toccavano,  i respiri che si intrecciavano; Eru gli prese il mento con la mano e Light lasciò che la lingua dell’altro gli sgusciasse in bocca. Chiuse gli occhi, lasciando che fossero i movimenti di Eru a guidarlo, mentre un piacere elettrizzante gli invadeva il corpo mettendolo in fibrillazione. Come poteva quel ragazzo provocargli tutto ciò, non lo sapeva: sapeva solo che amava i lenti movimenti delle sue dita sul suo viso, le lingue avvinghiate, i gemiti difficilmente soffocati quando per sbaglio si mordevano un labbro.
Light lo tirò addosso a sé, ricadendo sul materasso, petto contro petto, continuando imperterriti a baciarsi per un tempo che sembrò infinito. Eru lasciò il viso di Light e gli rotolò affianco, nella sua piazzola: le sue mani magre e pallide iniziarono a passare lentamente sul corpo del ragazzo, a saggiarne ogni singolo centimetro di pelle.
«R-ryuuzaki…»
«Devo smettere?» chiese lui, immobilizzandosi.
«…No» disse Light. Doveva dormire, ne aveva il bisogno fisico, ma come poteva far interrompere il ragazzo senza sentire il desiderio riaccendersi con veemenza dentro di sé?
«Sei stanco?»
«Fa niente, davvero…»
«No, rilassati.» disse Eru, scivolando via dalla sua maglietta «Dormiamo. Va benissimo.»
I due si accoccolarono sotto le coperte, stringendosi le mani.
«’Notte, Light.»
«’Notte, Ryuuzaki.»
Eru sembrò voler ribattere a quel nome fasullo, ma ci ripensò. Gli diede un veloce bacio sulla guancia, poi si rannicchiò nuovamente nella sua posizione.
   
 
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