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Autore: Pwhore    21/12/2011    3 recensioni
Ho ambientato la fic ai tempi di Three Cheers, quando Gerard era ancora un alcolizzato e Lyn-z non era ancora sua moglie.
E' una Frerard, dal punto di vista di Frank, che si renderà conto che il moro non è più solo un amico per lui.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo una mezz'oretta circa, eravamo tutti riuniti in salotto a chiacchierare, mentre Mikey si lanciava nel suo famoso "Tacchino alla Way". Sperai che fosse qualcosa di commestibile, ma il pensiero del cinese mi tranquillizzava, quindi non feci commenti. C'era un'atmosfera piuttosto rilassata, anche se riuscivo ad avvertire un po' di tensione, probabilmente dovuta al fatto che Gerard era già alla sua seconda birra e mezzo.
- Vacci piano, ubriacone! - lo ammonì scherzosamente Ray, dandogli una pacca sulla spalla.
- Non ti preoccupare, sono capace di regolarmi - ribatté il moro, con una smorfia soddisfatta dipinta sulla faccia. All'affermazione, tutti i presenti scoppiarono a ridere all'unisono, come a dimostrare quanto Gee si sbagliasse e come non sapesse assolutamente regolarsi.
- Oh, ma andate a fanculo, stronzi! - sbottò quello, fingendosi offeso ma finendo col ridere pure lui.
- Dovresti farti vedere da qualcuno, o finirai col bere tutto l'alcol di questo mondo - scherzò Bob, facendogli l'occhiolino. - E a quel punto con cosa cucina Mikey? -. Gerard rise di gusto, con quella sua risata pura e cristallina che tanto amavo. Si coprì la bocca col dorso della mano e cercò di trattenersi, riducendo le risate in fievoli versi acuti e carini.
- Sei un coglione, Bryar! - lo apostrofò, mentre respirava affannosamente a causa delle risa prolungate.
- Senti chi parla - ribatté quello, punzecchiandolo con un dito.
- Oh, fanculo! - scattò il moro, scuotendo la testa e mordendosi le labbra nel tentativo di sembrare incazzato. Ridemmo un altro po', poi Ray si avvicinò alla finestra.
- Che guardi? - gli domandò Bob dopo qualche minuto di silenzio.
- Nevica - osservò il chitarrista. Ci avvicinammo anche noi, e potemmo scorgere dal vetro dei piccoli fiocchi ghiacciati che volteavano dolcemente nel cielo grigio, ricoprendo sofficemente le auto parcheggiate lungo il boulevard.
- Bello - commentò Gerard, appiattendo il naso contro il vetro e cercando di vedere più cose possibile. - Andiamo a fare a palle di neve? - propose, con gli occhi che gli brillavano.
- A me sta bene - fece il biondo, voltandosi a guardare Toro. - Tu che dici? -
- Uh? Per me è okay, andiamo - rispose quello, cadendo dalle nuvole.
- E tu, Frank? Ti va? -
Sospirai silenziosamente. Non mi andava di guastargli la festa, ma stavo crepando di freddo e l'idea di uscire mi faceva accapponare la pelle.
- Allora? - ripeté il biondo, alzando le sopracciglia.
- Be', ecco, in realtà io sto morendo di freddo, quindi.. - mormorai imbarazzato, massaggiandomi il collo. Il viso di Gerard si rabbuiò e il ragazzo abbassò lo sguardo, annuendo. Mi sentii improvvisamente in colpa e cercai di smentire tutto, pur di far andar via quella brutta sensazione che mi attanagliava lo stomaco.
- Vabbè dai, fa niente, vengo lo stesso! - esclamai, con un'espressione colpevole dipinta sul volto. - Basta che mi diate un'altra giacca più pesante, così non muoio assiderato - scherzai.
- Te la do io, la giacca! - rispose Gee, scattando verso l'armadio. - Ecco, tieni - mormorò poi con un sorriso, porgendomi un cappotto scuro. Lo ringraziai e lui sorrise, mettendosi un paio di guanti.
- Diavolo, è da un sacco di tempo che non faccio a palle di neve! - commentò preso dall'eccitazione.
- Già, - commentò Ray. - mi mancava, quella roba bianca -
Annuii, senza davvero condividere quello che aveva detto il ragazzo. Ero troppo intirizzito per esprimere apprezzamenti verso la causa di tutto quel freddo, e onestamente non avevo neanche fatto troppo caso a quella coperta bianca che copriva la città. Continuavo a cambiare umore - anche se nessuno se ne accorgeva - e avrei preferito di gran lunga stare a casa a cucinare che andare fuori e beccarmi una manata di ghiaccio giù per la schiena; ma non feci pesare la cosa e indossai il cappotto. Feci un respiro profondo e rincorsi i ragazzi giù per le scale, rallentando al momento di uscire. Non riuscivo a vederli, ma ero sicurissimo che stessero dietro al portone della palazzina, quindi lanciai il berretto e aspettai di vederlo finire bombardato da una raffica di palle di neve. A mia sorpresa, però, non successe niente, così decisi di farmi avanti e uscire allo scoperto. I fiocchi cadevano copiosi e i miei passi risuonavano in modo ovattato lungo il viale, completamente bianco. Cominciai a camminare, circondato da quella quiete irreale, e mi domandai dove fossero finiti i ragazzi. Che si stessero nascondendo era sicuro, ma dove? M'inginocchiai nella neve e guardai sotto le auto, nel caso riuscissi a scorgere qualche piede, ma niente. Si erano trovati proprio un gran bel nascondiglio, non c'è che dire. Mi rialzai lentamente e mi guardai intorno, speranzoso, ma dei ragazzi nessuna traccia. Mi avevano scelto come bersaglio e ora erano appostati da qualche parte in attesa che gli passassi davanti, per riempirmi di 'pallottole' e conquistare la vittoria. Scossi la testa e sospirai, conscio che se fossi tornato dentro Gerard se la sarebbe presa da morire; quindi decisi di andare avanti e sperare che quei tre coglioni non mi facessero troppo male con le loro sfere ghiacciate. Arrivai alla fine della strada, ma nessuno si fece vedere o sentire. La cosa cominciava a snervarmi, così sbuffai e girai i tacchi, dirigendomi dalla parte opposta. Macinai una dozzina di metri, quindi mi avvicinai le mani alla bocca e cominciai a chiamare i ragazzi.
- Ehy, idioti, dove siete? Uscite dal vostro cazzo di nascondiglio, forza! Muovetevi a tirarmi sta palla di neve, che sto diventando un pezzo di ghiaccio! - tacqui per qualche istante. Silenzio. - Oh, stronzi, non scherzo. Muovete quel cazzo di culo, perché io qua sto gelando e voglio tornare in casa! - Ecco, un altro sbalzo d'umore. E ancora niente segni di vita.
- Vi credete divertenti?! Avanti, venite fuori o vi mollo qua - riprovai con aria incazzata. Dopo due minuti non avevo ancora ricevuto risposte, quindi scossi la testa e ritornai sui miei passi. Varcai il portone e socchiusi la porta, in modo da non chiuderli fuori, poi sospirai nel guardare le numerose rampe di scale che mi attendevano. Mi sfregai le mani nel vano tentativo di riscaldarle e mi stiracchiai, quindi tirai fuori il pacchetto di sigarette e cercai l'accendino nella tasca posteriore dei jeans, imprecando sottovoce. Mi ero appena messo appena messo la sigaretta in bocca quando qualcuno mi saltò addosso, facendomi cadere.
- Ma chi cazz.. Gerard! Si può sapere che cazzo ti passa per la testa?! - sbottai, massaggiandomi la testa. - Cristo, che male - imprecai con una smorfia di dolore dipinta sul volto.
- Scusa, non volevo - si giustificò lui, portando la mano alla mia nuca e sfiorando il mio bernoccolo gigante. Rabbrividii dal dolore e lui tirò indietro la mano.
- Cristo, mi dispiace - mormorò, agitato.
- Fa niente, non l'hai fatto apposta - lo tranquillizzai, appoggiandomi al corrimano e issandomi in piedi. - Si può sapere dove diavolo eri finito? -
Lui mi guardò stupito.
- Vuoi dire che non ci hai visti? -
- No. -
- Capisco.. - mormorò lui, annuendo lievemente con il capo. - Be', Bob è subito corso fuori e si è nascosto dietro un albero o qualcosa del genere, e Ray.. Boh, credo l'abbia seguito. Io sono rimasto indietro per aspettarti, ma poi mi sono seduto dietro alla tromba delle scale per farti uno scherzo e non ti ho sentito passare - sorrise.
- Scherzo cretino - osservai.
- Sì, be', hai ragione - rise lui. - Ma quel che è fatto è fatto, no? -
Annuii, avvicinandomi verso la porta, mentre Gerard mi guardava dal corrimano sul quale si era seduto.
- Che fai? - domandò con aria confusa.
- Mi metto un po' di neve in testa, così sto coso non si gonfia - spiegai, infilando la mano nel ghiaccio. Rabbrividii e mi posai un po' di neve sul capo, poi mi rialzai e tornai da Gee. Lui mi squadrò da capo a piedi, attento.
- Questo cappotto t'ingrassa. -
- Eh? -
- Massì, hai capito, t'ingrassa. Potevo prestartene uno migliore - ripeté il moro, scuotendo la testa. Poi saltò giù dal corrimano e mi porse la mano. - Andiamo? -
- E i ragazzi? -
- Rientreranno fra un po', lasciali vivere - rispose scrollando le spalle. Quindi mi strinse la mano e s'incamminò verso il suo appartamento, voltandosi in continuazione verso di me e chiedendomi un sacco di cose strane. Io rispondevo il più onestamente possibile e gli facevo qualche domanda di tanto in tanto, ma lui sembrava contento di potermi chiedere tutto quello che voleva. Ad ogni modo, ci mettemmo cinque minuti ad arrivare fino al suo appartamento, viste le varie pause che fummo costretti a fare per riprendere fiato. Essendo entrambi fumatori, non eravamo fatti per le lunghe distanze, in piano o in salita che fossero.
Gee aprì la porta con un gesto secco e si ficcò le chiavi in tasca, spaparanzandosi poi sul divano. Mi tolsi la giacca ma visto il freddo decisi di tenermi i guanti, quindi andai in cucina e mi feci dare del ghiaccio da Mikey. Me lo premetti contro il bernoccolo e tornai in salotto, per sedermi accanto al moro.
- Ti fa molto male? - domandò, apprensivo.
- Nah, non ti preoccupare. È solo che non voglio che la testa mi si gonfi troppo, o rischio di sembrare bitorzoluto - scherzai.
- Saresti carino anche bitorzoluto - osservò Gerard.
- Grazie.. - arrossii.
- Aspetta! Sei arrossito?! - scattò lui, sporgendosi verso di me.
- No, ecco, io--  - cominciai.
- Sei arrossito! - m'interruppe lui. - Cristo, sei arrossito! -
Sudai freddo e mi allontanai da lui, spaventato. Il moro non lo notò neanche, tanto era occupato a gesticolare e muoversi a destra e manca.
- Guarda questa, Mikey, Frank è arrossito! È arrossito! Non è la cosa più carina del mondo? -
...eh?
- Ma sì, guardalo, non è adorabile? - esclamò il moro, voltandosi verso di me e sfoderando un sorriso a trentadue denti. Io ero paonazzo, lo potevo sentire, e stavo morendo di vergogna, ma Gerard se ne sbatté altamente. Continuò a chiamare suo fratello finché quel poveraccio non lasciò stare il pranzo e venne da noi.
- Adesso dimmi che non è carino! - disse Gee, orgoglioso. Deglutii, il cuore che batteva a mille.
- Dovresti arrossire più spesso - commentò sorridendo Mikey, tornando in cucina.
- Visto? Lo dice pure Mikes! - esclamò contento. Poi mi prese le guance tra le mani e me le pizzicò delicatamente, con aria dolce. - Sei davvero carino oggi - ripeté, guardandomi negli occhi. Il mio cuore smise di battere, tanto eravamo vicini, ma poi lui mi lasciò andare e si risdraiò nella sua parte di divano.
- Davvero carino, sissì - mormorò tra se e se, sorridendo. Io lo fissai per qualche minuto, tremando leggermente a causa della forte emozione di poco prima, e domandandomi se fosse stato sincero. Cristo, quanto desiderai che non fosse stato un complimento così, a cazzo, per lui. Strinsi i pugni e deglutii, calmandomi lentamente, poi mi girai di nuovo verso Gerard.
- Ehy.. -
- Sì? -
- Scherzavi, prima? - sussurrai con un filo di voce.
- No - rispose lui, pacato. Deglutii, il battito del mio cuore che andava a mille.
- Oh.. grazie.. - mormorai con le orecchie in fiamme.
- Di niente - ridacchiò lui, mettendomi una mano sulla spalla e guardandomi fisso negli occhi con uno sguardo dolcissimo che gli avevo visto fare pochissime volte. - Mettiti in testa che sei bellissimo, perché così non permetterai più a nessun coglione di farti star male. -
Detto questo, si alzò e si allontanò.
Rimasi immobile per qualche secondo, rimuginando sull'accaduto. Direi che mi era permesso illudermi, dopotutto. Mi abbracciai le ginocchia, sorridendo come un ebete, e ricominciai a farmi i film mentali, incurante delle occhiate di Mikey, che ogni tanto passava dal salotto. Gerard era al bagno, quindi potevo fare tutte le facce strane che mi pareva.

- Ehy, ci sei? - mi svegliò una voce dal mio sogno ad occhi aperti.
- Uh? -
- Terra chiama Frank, Terra chiama Frank - scherzò Bob, scrollandosi la neve di dosso.
- Tutto bene? - mi domandò Ray, inarcando le sopracciglia.
- Sì, perché? - domandai a mia volta. Lui si morse le labbra e indicò verso il basso con il capo. Seguii il suo sguardo e arrossii completamente, coprendomi l'erezione con le mani.
- Oddio, io - farfugliai in preda al panico - cioè, non è come sembra, io, ecco, oddio! -
Ray rise, portandosi una mano davanti alla bocca.
- Calmati, Frank, può capitare - ridacchiò, mentre Bob sghignazzava avviandosi verso il bagno.
- Geeeeraaaard! Indovina cos'abbiamo quiii! - lo chiamò, guardandomi malignamente.
- BOB, PORCA PUTTANA, CHIUDI QUELLA CAZZO DI BOCCA! - avvampai io con voce stridula.
- Ohohoh, a qualcuno piace qualcun altro - ridacchiò Bob, mettendosi una mano davanti alla bocca.
- Chiudi quella fogna, Bryar. Sempre a rompere il cazzo, tu - lo rimproverò Gerard acidamente, uscendo dal bagno e camminando oltre il biondo. - Oggi è Natale, quindi evita di sparar stronzate, okay? -
Silenzio.
- Ci siamo capiti? - concluse, fulminandolo con lo sguardo. Bob rimase in silenzio, mentre il moro si avvicinava al tavolo e si stappava una birra. Si portò la bottiglia alle labbra e ne bevve un po', poi tornò a guardarci.
- Be', che è tutto sto silenzio? - fece poi, inarcando le sopracciglia.
- È che non mi aspettavo che la cosa ti infastidisse - disse il biondo facendo le spallucce.
- No, figurati, è solo che è stato un periodo difficile per Frank, e dovresti essere più gentile con lui - lo tranquillizzò Gee, dando un altro sorso alla birra. - Smettila di essere lo stronzo di sempre, okay? -
- Va bene - acconsentì Bryar.
- Bene - sorrise Gerard, alzando la sua bottiglia in segno di approvazione. - Un brindisi al Natale? - propose.
- Perché no? - esclamò contento Bob, lanciandosi verso una birra. - Basta che non si facciano foto - ricordò poi, fissandoci uno a uno.
- Ancora co ste foto! - sbuffò Ray ruotando gli occhi. - Non ti preoccupare, abbiamo capito! La tua bellezza superiore non può essere immortalata da niente se non dai nostri occhi e bla bla bla - ripeté con aria annoiata.
- Hey, calmo, io ricordavo e basta - si schernì il biondo, sorseggiando la sua birra.
- Infatti scherzavo, coglione - rise Ray scuotendo la testa. - Dai, passami una bottiglia - fece poi, dopo aver allungato una mano. Bob ubbidì e l'altro lo ringraziò con un cenno della testa, stappando pacatamente il contenitore.
- Be'? Che si dice? - buttò lì Gerard, giocherellando con un tappo.
- Si dice che il pranzo è pronto! - annunciò Mikey entrando in sala e portando un enorme vassoio su cui torreggiava una scodella piena di pasta di varia lunghezza e vari colori. - Tutti ai vostri posti! - ordinò quindi, posando il vassoio sul tavolo e sorridendo vistosamente, preparandosi a servire il cibo.
- Io sto vicino a Frankie! - esclamò prontamente Gerard, sorridendomi e prendendomi per mano. Il mio cuore accellerò di centomila battiti al secondo e fui costretto a mordermi  le labbra per non arrossire, mentre mi sistemavo al suo fianco.
- Allora io mi metto qua - commentò Bryar, lasciandosi cadere sulla sedia più vicina a lui.
- E io qua - completò Ray, prendendo il posto accanto al batterista. - Ti toccherà stare a capotavola, Mikey - sorrise poi.
- Meglio, così vi posso controllare tutti - disse il bassista facendogli l'occhiolino. - Non sia mai che qualcuno di voi coglioni decidesse di mangiarsi tutta la pasta - aggiunse guardando il moro con aria di rimprovero.
- Non ti preoccupare, fratellino, farò il bravo bambino - promise Gerard con una risata, facendoci notare che aveva fatto una rima senza neanche volerlo. Mikey scosse la testa e, sorridendo sotto i baffi, gli diede un buffetto affettuoso sulla testa.
- Ma smettila, scemo - rise alzando gli occhi al cielo.
- Va bene, la smetto - acconsentì Gerard, - ma solo perché devo far vedere una cosa a Frank - specificò alzandosi nuovamente in piedi. - Dai, vieni, ci metteremo un attimo - sorrise porgendomi la mano. Io la strinsi, estasiato, e lo seguii in camera sua, mentre Bob assaltava il suo piatto di pasta.
- Cosa dovevi mostrarmi, Gee? - domandai una volta che il ragazzo ebbe chiuso la porta dietro di se.
- In realtà non devo mostrarti niente, Frankie. Desidero solo parlarti faccia a faccia per qualche secondo, se non ti dispiace - cominciò. - È una cosa importantissima per me, e sento come se dovessi dirtelo ora. Cioè, voglio dirtelo da sempre, però.. - sussurrò, diminuendo il volume della sua voce subito dopo il ‘però’.
Il mio cuore smise di battere per l'emozione, l'ansia e la paura che mi avevano attanagliato lo stomaco in quel preciso istante, e lo guardai.
- Anch'io devo dirti una cosa, Gee - confessai. - E anche questa è abbastanza importante - aggiunsi, le mani che mi sudavano e le guance pronte ad arrossire. - Io, ecco.. - mormorai con voce flebile, cercando le parole e annaspando per un po' d'aria. -Vedi, io volevo dirti che--  -
- Ah, ah, ah - m'interruppe lui. - Prima io! -
- Ma è una cosa importante! - cercai di protestare.
- Anche la mia, che ti credi?! - ribatté il moro.
- Vabbè, fa niente; ricominciamo daccapo, ti va? - proposi. Gerard annuì, serio. Poi fece uno di quegli esercizi per rilassarsi, chiuse gli occhi e li riaprì.
- Devo dirti una cosa importante - ripeté, guardandomi dritto negli occhi.
- Anch'io. Vedi, io--  -
- Mi sposo, Frank -.
   
 
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