To tell about us
Prologo
“Ma adesso questo mondo è nostro.
Ora dipende tutto da noi”
Non è passato molto tempo da quando 9 disse questa frase.
Adesso il mondo è rinato.
Ma io scriverò la sua storia e quella dei suoi compagni.
Per non dimenticare.
Perché non si rifacciano gli stessi errori.
Per non sbagliare un’altra volta.
Credo che se 1 fosse ancora qui, sarebbe d’accordo con me.
Visto che adesso lui non ci può più proteggere, io racconterò quello che è successo; 3 e 4
custodiranno questo libro quando sarà finito.
Il mio nome è 26. Ma potete chiamarmi anche Dante.
Prima di tutto dovrò parlarvi di me. Perché è proprio da me che iniziò la storia degli ultimi
nove che salvarono il mondo.
- 26 –
Capitolo 1: nascita
1 anno prima.
All’inizio era tutto buio. Non ci capivo niente e la testa mi girava. Avevo così tante domande... Ma non sentivo nessuno lì. Trovai un pezzo di vetro e mi ci specchiai dentro. Davanti a me comparve una stitchpunk bianca, con un occhio verde e uno azzurro. Sul petto e sulla schiena erano disegnati dei grandi simboli, ma non sapevo dire che cosa fossero.
Quello ero io? Eppure... Mi sembrava di essere già stato qualche cos'altro prima di quello, ma non riuscivo a ricordare per quanto mi sforzassi.
Mi guardai un po’ in giro, per capire dove mi trovavo, e vidi una piccola sagoma distesa sul pavimento. Era un bambino, molto piccolo, di circa quattro anni. Pensai fosse addormentato, ma poi mi resi conto che non stava dormendo... Era morto. Sentii le lacrime venirmi agli occhi... Ma perché? Non lo riconoscevo, ma in qualche modo mi sembrava così familiare...
Il rumore di un’esplosione mi portò alla realtà. Sentivo che quel posto era pericoloso. Dovevo andarmene di lì, ma non volevo lasciare il bambino. Dopo un’altra esplosione, stavolta più vicina, sentii la terra incominciare a tremare e pezzi di soffitto cominciarono a piovere dall’alto. Guardando il bambino compresi che non sarei mai riuscito a portarlo fuori in tempo, quindi presi solo il braccialetto che indossava. L’avevo notato prima, era di color oro e sopra di esso c’erano cinque simboli che mi sembravano simili a quelli che avevo addosso. Era molto piccolo e lo indossai a mo’ di fascia, in modo che appoggiasse sulla mia spalla destra e ricadesse sul fianco sinistro.
Corsi e uscii dalla casa appena in tempo. Decisi di allontanarmi da lì, quel luogo puzzava di morte. Ma dopo pochi passi mi voltai indietro per rivedere un’ultima volta quell’edificio appena crollato. Il bambino era da qualche parte lì sotto le macerie, ma non riuscii a vederlo. Qualcosa mi suggeriva che non sarei tornato lì per molto tempo.
Mi guardai intorno: era tutto distrutto e ogni tanto si sentivano delle esplosioni lontane. Quella era la guerra. Ma chi la combatteva? E perché?
Appena creato, avevo perso la mia casa e un qualcuno che potesse amarmi, perciò mi misi in viaggio.
Ma non è corretto dire che non avevo nulla: avevo il compito di capire cosa significassero quei simboli sul braccialetto e su me stesso, avevo il compito di capire chi fosse quel bambino e chi fossi io stesso, avevo il compito di scoprire se vi erano altri come me.
Per questo partii. Perché dovevo. E perché era il mio destino.
Angolino mio:
Vi prego non linciatemi! Ok, come inizio non so se è bello. Vi avviso che è la mia prima ff su 9; questo è un po’ tutto un prologo, la storia vera e propria inizia dal prossimo capitolo. Spero vi piaccia, o vi ispiri almeno un po’.
A presto,
Zolie