Non
sapevo cosa volesse
fare, ma avevo una bruttissima sensazione: mio zio
è… è…
Ancora
prima di darmi il
tempo di trovare l’aggettivo adatto per descriverlo vidi mio
zio ghignare e far
scivolare la mano sulla nuca del ragazzo, che si irrigidì,
come se avesse già
capito tutto; ormai aveva capito anch’io.
Bastò
fare due conti sulle
altezze di mio zio in piedi e del ragazzo in ginocchio e tenere in
conto che il
primo faceva schifo in tutto per tutto e il secondo era bellissimo.
Ancora
prima di pensare mi
alzai dalla sedia e corsi verso di loro, afferrando Patroclo per un
braccio e
tirandolo bruscamente indietro, fino a farlo scontrare con le mie gambe.
“Vattene
subito.” Mi ringhiò
mio zio, evidentemente seccato dal fatto che gli avessi tolto il suo
giochino
ancora prima che avesse iniziato ad usarlo; d’altro canto, io
non avevo la
minima intenzione di lasciargli fare certe cose, quindi ribattei
d’istinto:
“Lui viene con me.”
Assottigliò
gli occhi e mi
squadrò dall’alto in basso, soffiandomi contro un
autorevole: “Non lascerò che
te lo tenga tutto per te…”
Oh,
dei! Ma cosa aveva
capito quella cosa che si spacciava per persona! IO, al contrario SUO,
ho
ancora una reputazione da difendere e non sfrutterei mai un povero
ragazzo per
certi “bisogni” anatomici! E che cavolo, va bene
tutto ma sono pur sempre un
eroe (il migliore, ahimè!) greco!! Dovremmo difendere i
più deboli, non farci…
Dovevo
avere una faccia semi
sconvolta perché sul viso flaccido di mio zio si
allargò un sorrisetto
malefico, uno di quello che lasciava intravedere i suo indimenticabili
denti
gialli e marci: “Non fare quella faccia da innocentino,
nipote caro… chi non
vorrebbe farsi un ragazzo simile? Tu non sei da meno,
ovviamente…”
Sentii
il servo, già
nervosissimo, irrigidirsi maggiormente contro la mie gambe e,
nonostante non mi
conoscesse, sembrava fidarsi di me, tanto che non aveva lasciato il mio
braccio, anzi, ci stava aggrappato con forza.
Eppure
le parole di mio zio
avrebbero dovuto spaventarlo, fargli dubitare di me… che
ragazzo intelligente!
Non era tipo da farsi fregare facilmente! SIIIIII!!!!!!!!!
Mi
imposi mentalmente di
smettere di fare il cretino, dopotutto non eravamo in una situazione
propriamente “piacevole”, ma cosa ci posso fare se
sono scemo fino al midollo?
Mi hanno fatto così…
Ok, era
venuta l’ora di
riprendermi, quindi allontanai la parte isterica di me e tornai serio,
preparandomi ad affrontare mio zio, che era tornato a guardare il
ragazzo in
preda ad uno sbavo improvviso… santi numi! Se non ce ne
fossimo andati presto
da lì gli sarebbe saltato addosso senza mezzi termini!
Alzai
di peso il ragazzo e
lo trascinai poco gentilmente verso la porta, deciso a portarlo via da
lì, ma,
come avevo immaginato, mio zio non sembrava molto contento di
ciò: “Fermati
subito!”
Non
volevo farlo, ma fu più
forte di me e mi fermai senza però voltarmi verso mio zio,
che riprese: “Non
metterti contro di me, ragazzo, non ti conviene.”
“Non…”
dovetti fermarmi
perché mi tremava la voce: “Non voglio
che…” ero terrorizzato: sarò anche un
semi immortale invulnerabile, ma la rabbia di mio zio aveva sempre
avuto la
strana capacita di farmi tremare la ginocchia; sapeva essere terribile,
a
volte, molto peggio di chiunque altro.
All’improvvisi
mi sentii
osservato ed alzai lentamente la testa, incontrando due dolci occhi
grigi che
mi osservavano con un misto di rassegnazione e malinconia, ma anche un
po’ di
comprensione.
Il
ragazzo stava sorridendo
leggermente, quindi strinse un attimo il mio braccio e si
voltò verso mio zio:
“Accetto di venire con voi ad una condizione: voglio che dopo
non mi teniate
nelle vostre stanze come soprammobile, ma che mi concediate il permesso
di
visitare la città in cui resterò.”
Mio zio
lo studiò un attimo,
come se pensasse, e annuì: evidentemente era disposto a
dargli un po’ di
libertà pur di averlo.
Io,
invece, sgranai gli
occhi come un cretino e fissai il ragazzo, che senza più
guardarmi, lasciò il
mio braccio e seguì docile il re, lasciandomi lì.
Era
folle! Era completamente
pazzo! Eppure una vocina insistente continuava a ripetere che lo aveva
fatto
solo per me… cosa che accresceva il mio senso di colpa. E
che cavolo!
In ogni
caso, era inutile
star lì ad aspettare: conoscevo mio zio e sapevo che per
certe cose si prendeva
tutto il tempo necessario e anche più, quindi mi misi a
vagare per Ftia,
salutando tutti quelli che incontravo, nella speranza che il tempo
passasse
velocemente.
***
Ero
seduto su un prato
isolato, all’ombra di una pianta a me sconosciuta e di cui
sinceramente non me
ne fregava un bel niente quando lo vidi, finalmente, dopo
più di ore, tanto che
da colazione era quasi arrivata l’ora di pranzo.
Camminava
a testa bassa
cercando di nascondere gli occhi arrossati e il viso pallido e
continuava a
passarsi nervosamente una mano fra i capelli spettinati, mentre
l’altro braccio
era stretto sul corpo magro, cercando di ripararlo dal freddo.
Mi
alzai chiamandolo per
nome, ma quando mi vide si voltò e fece per andarsene,
rapido; fortunatamente,
i centinaia di allenamenti che avevo sostenuto fin da quando ero poco
più di un
bambino, mi permisero di essere più veloce di lui e riuscii
a raggiungerlo,
afferrandolo per un braccio.
Lui
gemette per il dolore e,
vedendolo più da vicino, vidi lividi verdini sulle sue
spalle, braccia e collo
che si aggiungevano e quelli che aveva già, senza contare il
livido che gli
cerchiava l’occhi sinistro: si vedevano che erano nuovi
perché non erano ancora
viola-neri come gli altri, ma presto lo sarebbero diventati.
Lasciai
immediatamente il
suo braccio fissando i miei occhi nei suoi, lucidi, e parlai a fatica:
“Io… io…
mi… non ci credo… lui…
tu…”
Dovetti
sembrargli un pazzo
furioso, ma mi sorrise con dolcezza: “Voi non avete fatto
proprio niente, è
stata una mia scelta e, nonostante tutto, sono contento di averla
presa.
Almeno, uno di noi due ne è uscito incolume.”
Rimasi
un attimo spiazzato
dalla sua dolcezza, ma non feci in tempo a rispondere che lui riprese:
“In ogni
caso, vostro zio è uno schifoso porco maiale. Se solo non
fossi un servo non se
la sarebbe cavata così facilmente!” I suoi occhi
ora brillavano di rabbia e
indignazione mentre mimava il gesto di sbattere qualcosa (la testa di
mio zio)
contro un piano immaginario (il tavolo nella sala da pranzo).
La mia
bocca si spalancò
mentre osservavo quel ragazzo tanto dolce e timido gesticolare e
infuriarsi e
mimare di impiccare, infilzare, bruciare, congelare mio zio.
Beh
ragazzi, che dire… wow!
Quel ragazzo doveva avere una doppia personalità! Di sicuro
era MOLTO
vendicativo e per un attimo ringraziai gli dei che la sua posizione di
servo
gli impedisse di far a brandelli qualcuno, anche se mio zio se lo
sarebbe
proprio meritato.
“Comunqueeee!”
Patroclo finì
il suo sproloquio di torture con un sospiro e un sorriso rivolti
esclusivamente
a me: “Bene, voi siete Achille vero? Non vedo l’ora
che diventiate re!!! Di
sicuro sarete migliore di Lui! Altro che Ftia città di eroi,
questo è un porto
di cani e porci! Senza offesa, ovviamente.” Aggiunse
portandosi una mano alla
bocca.
Ero
senza parole: fino a
poche ore prima su quella dannata isola io ero l’unico e
pensare che nella vita
non esistesse solo la gloria e la morte in guerra, mentre in quel
momento stavo
parlando con il ragazzo più strano e simpatico che avessi
mai incontrato: lui
era diverso.
Lui non
viveva in un mondo
di eroi. Lui non temeva il giudizio degli altri. Lui non mi vedeva come
un
guerriero invincibile, nonostante avevo capito che la mia fama era
arrivata
fino alle sue orecchie.
Lui
era…
“In
caso non ve lo
ricordiate, mi chiamo Patroclo.”
Ringrazio tutti quelli che leggo e recensiscono questa ff, soprattutto Iri: sei riuscita a capire proprio qual'era il mio scopo! Scritti in stile epico i personaggi mi sembravano troppo freddi così ho cercato di riadattarli come ragazzi più moderni senza però cambiare la collocazione temporale, per questo ho messo OOC, anche perchè i miei personaggi sono molto diversi dagli originali!! Nonostante tutto spero che questa ff piaccia, anche se è fuori dal comune genere epico^^ Baci a tutti bella gente!