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Autore: Filira    22/12/2011    4 recensioni
One-Shot partecipante al contest “What’s my Destiny?” di Nihila.
Ambientata nel futuro alternativo di Trunks, dopo l’uccisione dei Cyborg, racconta del ritorno alla normalità di Chichi e di un incontro molto speciale.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chichi, Goku | Coppie: Chichi/Goku
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Filira
Titolo: “New Life – Ritorno alla Normalità”
Prompt : n°11 sentimento/Capsule Corporation
Personaggi: Goku/Chichi
Genere: Sentimentale/Introspettivo
Rating: Giallo
Avvertimenti: nessuno
Beta Reading: No
Introduzione alla storia: One-Shot partecipante al contest “What’s my Destiny?” di Nihila. Ambientata nel futuro alternativo di Trunks, dopo l’uccisione dei Cyborg, racconta del ritorno alla normalità di Chichi e di un incontro molto speciale.
Note dell'autore: Sperando di essere riuscita a mantenere Goku IC, non ho sottolineato il lato demenziale dell’eroe (nonostante pare che esso sia parecchio cara all’amato Toriyama), in quanto dopo anni di sofferenze e distanza non penso che Goku si rivolgerebbe alla moglie scherzando. Spero sarete d’accordo con me ^^, Filira


New Life – Ritorno alla Normalità


Una nuova luce illuminava la Terra; era l’alba di un nuovo giorno, di una nuova vita. Gli androidi erano stati sconfitti, i terrestri, forti della libertà appena riconquistata, cominciavano ad uscire dai rifugi, pronti a ricominciare. E come in tutto il pianeta, ciò accadeva anche alla Capsule Corporation, dove Chichi, Bulma e Trunks avevano cominciato a ricostruire sulle macerie della propria casa, della propria vita. La luce illuminava il grande soggiorno, che Chichi era intenta a sgombrare dalle ultime macerie. Il sole accendeva con i suoi colori il volto stanco della donna, dove era disegnato un sorriso appena accennato.

“Mamma ha detto che può restare quanto vuole…” Trunks le si avvicinò, aiutandola a liberare la stanza dai resti di un muro oramai crollato. “Non ti preoccupare Trunks, è tempo che io torni a casa, il mio posto è quello.” Anche se lì non c’era più nessuno, anche se le avrebbero fatto compagnia solo decine di foto e migliaia di ricordi. Il ragazzo dai capelli viola annuì, porgendole un vecchio album di foto. “Mi ha detto di darle questo signora, l’abbiamo trovato tra i resti dei laboratori.” Chichi sollevò lentamente la copertina, e quando in prima pagina vi scorse la foto ingiallita di un buffo bambino munito di coda, lo richiuse velocemente, ripromettendosi che l’avrebbe guardato una volta tornata a casa. “Vai pure a dire a Bulma che sono pronta, quando vuole possiamo partire per i monti Paoz.”

La porta, o per meglio dire i resti di essa, si aprì cigolando, e un intenso odore di polvere le invase le narici. Abbandono, la sua casa gridava una sola cosa: abbandono. Dopo anni la polvere si era depositata stabilmente sui mobili, sui giochi del piccolo Gohan, sul loro letto, lì dove il suo eroe aveva combattuto l’ultima battaglia. Abbandonò la borsa all’ingresso, incurante dell’album che da essa era caduto, e si diresse come incantata verso l’unico oggetto che attirasse in quel momento la sua attenzione: una foto di Goku e del piccolo Gohan, abbracciati, felici, insieme. La forza che aveva sviluppato negli ultimi anni fermò le lacrime che, prepotenti, premevano per fuoriuscire. Ma i ricordi, quelli non riuscì a fermarli.
Goku, agonizzante, steso nel candido letto della loro camera, forte persino nel dolore, indomabile di fronte alla malattia. Aveva resistito fino all’ultimo, finché aveva avuto in sé l’ultima goccia di vita. Era stato un guerriero, il più forte, che era a tutti sembrato invincibile. Eppure non l’aveva allontanato da lei un nemico onnipotente, ma un’insensibile malattia. Neppure l’indomabile e orgoglioso spirito del suo saiyan era riuscito a resisterle. “Abbi cura di te e Gohan” Le aveva sussurrato, in uno degli ultimi momenti di lucidità “E sii forte, Chichi.” Così lui aveva chiuso gli occhi per l’ultima volta, il cuore aveva rabbiosamente compiuto l’ultimo battito, e la bocca, sconfitta, aveva esalato l’ultimo respiro.

Vita nuova, oggi era cominciata una vita nuova. Ma privata dei suoi affetti, armata solo di labili ricordi, come poteva pensare solo di sopravvivere? Prese distrattamente l’album donatole da Bulma, sfogliando le immagini del suo Goku ancora bambino, ancora innocente. E, soprattutto, ancora vivo.

**

“Sono liberi.” La voce di Goku risuonò profonda e severa nelle orecchie del figlio. Il saiyan più anziano era immobile da un tempo indefinito, concentrato ad osservare l’epilogo della lotta contro gli androidi. “Avevi ragione figliolo, il figlio di Vegeta li ha salvati.” Gohan annuì sommessamente “Aveva buone potenzialità, ottime. Doveva solo trovare la giusta motivazione.” Dall’alto della sua posizione, perso tra le nuvole dell’aldilà, Goku osservava con pacata distanza il ricorrere delle vicende, l’affaccendarsi del genere umano; ora erano in salvo, il compito, un tempo suo, di salvare il pianeta era stato portato a termine. Una sola ragione gli impediva di volgere le spalle all’amato pianeta e di riprendere la sua immutabile vita eterna: Chichi. Lei era ancora persa tra le migliaia di sopravvissuti, ancora sofferente, ancora sola.
Passarono molti anni  prima che Goku potesse distogliere lo sguardo dal suo pianeta; ma quando questo accadde fu in modo definitivo. Era perso nella contemplazione di un grande spazio disabitato, probabilmente un deserto; immaginava scontri e combattimenti surreali, allenava la mente e il corpo costantemente, nemmeno nell’aldilà il suo spirito guerriero poteva essere placato. Era illimitata la sua voglia di combattere, quasi come la sua oramai proverbiale fame. Con gli occhi socchiusi e il capo chino verso il basso, stava lottando nella sua mente per l’ennesima volta, quando una mano gli sfiorò cautamente una spalla. Non si era ancora voltato, gli occhi erano sempre chiusi, ma non gli serviva vedere il suo viso per riconoscerla. Non avvertiva più sulla Terra la sua presenza, né alla Capsule Corp né ai monti Paoz. Lentamente si alzò in piedi e, voltandosi, rivide dopo anni la figura della moglie. Quanto tempo era passato, quanto avevano sofferto. Tutto quel dolore aveva privato entrambi dell’ingenuità di un tempo. Quello fu di certo il più silenzioso ed apparentemente freddo ricongiungimento che si potesse immaginare: non vi furono abbracci, parole futili o manifestazioni eclatanti. Lui le prese semplicemente le mani. “La Terra è libera, ora.” Finalmente Chichi guardò gli occhi del marito. L’istante in cui incrociò le nere pupille  le sembrò infinito.
Con un filo di voce sussurrò: “Siamo liberi anche noi.”
   
 
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