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Autore: StregaSenzaCuore    23/12/2011    3 recensioni
Manca meno di un'ora all'anno nuovo. Tutti si divertono con amici e parenti, in attesa di fare il fatidico conto alla rovescia.
O, almeno, questo è quello che credevamo...
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Trent/Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ormai erano le ventitre, se non più tardi.
Guardavo, seduta sul tappeto con le ginocchia al petto, scaldata dalle fiamme del camino e dal pesante maglione verde scuro, e con le lacrime agli occhi, l’abete che avevo decorato poche settimane fa con Duncan.
Le luci scivolavano pian piano nella stanza, creando vari effetti particolari con le sfere colorate appese all’albero.
In particolare, fissavo la decorazione vicino la cima, a forma di bastoncino di zucchero bianco e rosso, con qualche foglia di agrifoglio attaccata sulla punta.
L’avevo ricevuta via pacco da Trent qualche settimana fa, quando, per l’appunto, facevo l’albero con Duncan.
Motivo per cui è uscito di casa, urlando che ero ancora innamorata del “fottuto chitarrista”  e che non voleva essere il cornuto della situazione.
E cosa avrei dovuto fare, se non lasciarlo andare e versare qualche lacrima da coccodrillo?
Così mi sono ritrovata, a distanza di meno di un’ora dal nuovo anno, a casa da sola, senza nessuno con cui festeggiare o stare in compagnia.
Infondo, chi voleva stare con me? Mi ero messa contro tutti.
Quelli del reality, chi per antipatia, chi per altri motivi, mi tenevano a distanza. Famiglia in un altro continente. Amici non ne avevo.
E Trent, che non riuscivo a sistemare in nessuna categoria, non voleva saperne di me. E ne aveva tutto il diritto.
Ogni persona che mi era stata vicina se n’è andata delusa, ferita o entrambe le cose. Chissà secondo quale decisione presa dal fato, dovevo rimanere sola, e magari il resto dell’umanità così poteva avere una vita normale, senza altre sofferenze inutili.
Le lacrime solcavano il viso.
A cosa era servita la mia esistenza? Avevo illuso, tradito e deluso, punto. Ero forse fonte di riflessione e nuove esperienze? Magari servivo a far capire alla gente di guardarsi bene prima di fare amicizia, o a non fidarsi di nessuno? O forse ero una di quelle persone che non si vorrebbero mai incontrare, ma si devono incontrare per forza per crescere?
Non lo sapevo. Ma di certo non servivo a niente di buono.
Mentre facevo queste riflessioni, mi ero lentamente sdraiata sul tappeto stretta a me, sperando che la notte passasse velocemente.

*

Il campanello prese a suonare ansiosamente. Sbattei le palpebre un paio di volte.
Addormentata la sera di capodanno. Che tristezza.
Mi alzai stiracchiandomi, e detti uno sguardo all’orologio. Dieci minuti a mezzanotte. Chi poteva mai essere a quell’ora?
Mi avviai verso la porta d’ingresso.
Chi è? Chiesi, sbadigliando.
Apri, si congela fuori! Non riuscii a riconoscere la voce, stordita com’ero, e per lo stesso motivo aprii comunque la porta.
Un uomo con un cappotto nero, cappello e sciarpa bianchi e jeans, entrò dentro casa strofinando le mani. Mi sorrise.
Mi spieghi cosa fai la sera di capodanno a casa da sola? Chiese, sorridente.
Lo sguardo caldo e profondo che solo un paio d’occhi verdi sapevano fare, mi riportarono sulla Terra.
Trent? Cosa fai tu qui! Chiesi di rimando, abbracciandolo e sorridendo. L’umore sotto le scarpe era salito alle stelle.
Trent sciolse l’abbraccio e ci dirigemmo verso il divano, nel salotto dove poco prima dormivo.
Beh, ero alla festa che Geoff aveva preparato per gli ex-partecipanti del reality, non ti ho vista e ho pensato di venirti a trovare.
Sorrisi imbarazzata.
Non dovevi prenderti il disturbo… ora ti annoierai con me per il resto della serata…
Trent m’interruppe.
Non dire scemenze. Piuttosto, dove hai messo lo champagne? Si alzò dal divano e andò in cucina.
Lo seguii.
Non ho champagne… che vuoi fare? Chiesi ridendo.
Con cosa vorresti brindare tu?
Alzai un sopracciglio.
Andiamo! Pronto? E’ capodanno, mancano… otto minuti all’anno nuovo! Aspetta… quattro minuti?!? Sbrigati!
Presi un paio di bicchieri dalla dispensa, e lui un cartone di vino dal frigo, e lo versò.
Gli passai un bicchiere.
Certo, non è champagne ma…
… ce lo faremo piacere. Concluse lui, sorridendo. Spostò lo sguardo sull’orologio.
Ultimi sei minuti e mezzo dell’anno. Qualcosa che vorresti dire o fare, prima di entrare ufficialmente nell’anno nuovo senza pentimenti? Chiese, guardando il succo.
Si. Volevo scusarmi, dirti che mi dispiace e ricominciare tutto daccapo, e ringraziarti, perché ci sei sempre stato quando avevo bisogno, anche quando non te l’ho chiesto apertamente.
… No, niente in particolare. E tu? Non avete idea di quanto mi sia odiata in quel momento.
Sorseggiò il vino.
Cavolo, si. Non ho mai detto a quel fottuto bastardo quanto lo odio.
Alzai un sopracciglio.
Oh. M-mi dispiace, Trent. Commentai, insicura sul da farsi. Come potevamo rimediare?
Scusa Gwen. Il fatto è che sapeva quanto ti… tenessi a te! Certo, è acqua passata, ma non posso ancora crederci che l’abbia fatto lo stesso. Che gente… Scosse la testa come per mandar via qualche brutto pensiero, e tornò a fissare il suo bicchiere. Io ero ancora in silenzio.
Dopo pochi attimi imbarazzanti, venne l’idea.
Vieni! Esclamai, prendendolo per mano. Prendi il vino e seguimi!
Lui, confuso, obbedì e prese a correre dietro di me su per le scale.
Dove andiamo? Urlò, mentre del vino gocciolava sul cartone.
Adesso vedi da te! Risposi, facendo la misteriosa.
Non potevo vederlo, ma ero certa che stesse scuotendo la testa rassegnato e con il sorriso sulle labbra.
Finalmente arrivai dove volevo. Presi un attimo fiato e lo aspettai. Una volta arrivato, gli sorrisi. Lui ricambiò.
A malincuore, mi voltai. Aprii la porta e lasciai passare Trent.
Davanti a noi, una terrazza di medie dimensioni, con un tavolino e delle sedie scure, simili a quelle dei bar eleganti.
Trent si osservava intorno. Probabilmente non capiva perché l’avessi portato lassù.
Ora ti faccio vedere perché ti ho portato fin quassù. Annunciai.
Mi avvicinai alla ringhiera. Deglutii, alzai la testa e chiusi gli occhi.
Urlai con tutte le mie forze.
Trent, probabilmente, fece due passi indietro per la sorpresa.
Appena mi fermai, mi voltai a sorridergli: davvero liberatorio.
Lui era rimasto un attimo fermo, poi si sciolse e ricambiò il sorriso.
Ora tocca a te. Gli feci cenno di avvicinarsi ma scosse la testa.
E se mi prendono per pazzo? Chiese retorico.
Non ti prendono per pazzo, a capodanno urlano tutti! E mancano solo… tre minuti e ventisei secondi al nuovo anno! Vuoi davvero vivere col rimpianto di non avere detto a quello scemo quanto lo odi? Non fargliela passare liscia, Trent! Urlalo! Dissi, dopo essermi avvicinata per guardare il suo orologio.
Mi guardò un attimo, indeciso. Alla fine, sorridente, si avvicinò con me alla ringhiera, sorridente.
Fottiti, brutto idiota!!! Urlò lui, fortissimo.
Si Trent, continua così! Ancora! Lo incitai.
Fatti investire da un tir in corsa!
Si avanti!
E muori di una morte lenta e dolorosa, coglione! Urlò infine, mentre io gli saltavo addosso per abbracciarlo.
Davvero grazie, Gwen. Sono contento di essere venuto a trovarti. Disse, questa volta a bassa voce, mentre mi dava un bacio leggere sui capelli.
Non risposi. Rimasi semplicemente tra le sue braccia a godermi il momento. Lui, in qualche modo, sapeva quanto io tenessi a lui, era inutile aggiungere parole che non servivano.
Ad un certo punto, cominciammo a sentire urla provenire da ogni dove, e scoppiarono i fuochi d’artificio nel cielo.
Ma a noi non interessavano. Troppo tempo era passato dall’ultima volta che ero stata fra le sue braccia, e nulla, in quel momento, mi avrebbe portato via da lì.
Il resto poteva aspettare. 





















Nota:
buonsalve lettori :D sono consapevole che questo non è di certo uno dei miei migliori lavori ^^" ma l'ho voluta pubblicare lo stesso perché... perché....
Già, perché l'ho pubblicata?!? .-.
vabbè, lasciamo perdere D: buona lettura :)
LadyWrite
  
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