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Autore: Lusio    23/12/2011    13 recensioni
Ogni Natale speriamo sempre che sia bello come quello che abbiamo vissuto da bambini, ma con gli anni ci rendiamo conto che non può essere sempre così; eppure, ogni anno, ci speriamo sempre. E pensiamo che un regalo di Natale possa fare il miracolo.
Ma, se ci fermiamo a riflettere, un vero regalo di Natale può essere il sorriso della persona che ami, stare assieme ai tuoi amici, ascoltare la voce di una bambina che ti racconta cosa ha chiesto a Babbo Natale.
Un regalo di Natale può essere la cosa più semplice e naturale che puoi dare.
Kurt e Blaine questo lo hanno capito solo alla fine... ma ne sarà valsa la pena.
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Dave Karofsky, Kurt Hummel, Mercedes Jones
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ne vale la pena'
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Il regalo di Natale

 

 

 

A Kurt bastava poco per svegliarsi, specialmente in inverno quando il freddo delle lenzuola gli gelava la schiena; a svegliarlo del tutto, poi, ci pensò il trillo della sveglia subito fermata da chi, quella mattina, aveva intenzioni diverse. Come accostarsi teneramente a lui e baciargli languidamente l’orecchio.

- Dai, Blaine – disse stancamente Kurt, ma senza nascondere un sorriso – E’ inutile; tanto l’ho sentita.

- Che cosa? – chiese tranquillamente Blaine, sempre concentrato sulla carne tenera e bianca dell’orecchio del suo ragazzo.

- Non fare l’idiota. La sveglia.

- Ma non era la sveglia – replicò il ragazzo, lasciando l’orecchio ed iniziando a solleticargli il collo – Ero io che russavo.

Kurt si lasciò sfuggire una risatina un po’ per l’assurda affermazione di Blaine, un po’ per il solletico che quest’ultimo gli causava.

- E da quando russi in falsetto? – chiese, stando al gioco.

- Mi sto solo adeguando alla tua vicinanza – rispose Blaine continuando imperterrito a lasciargli scie di baci sul collo, sulla nuca e sulle spalle.

Allungando un braccio, Kurt afferrò il quadrante di un orologio dal comodino vicino al letto: era un piccolo ovale, abbastanza vecchio a giudicare dai graffi sulla lente e il cinturino che non c’era più, staccatosi perché troppo consumato. Dopo aver dato un’occhiata all’ora, lanciò uno sguardo divertito al ragazzo intento a mangiarlo di baci.

- Forse la sveglia sarà rotta – disse con ironia – ma, per fortuna, il mio orologio funziona ancora ed è l’ora di alzarsi.

- Odio il tuo orologio – sbuffò Blaine.

Ovviamente scherzava; non si sarebbe mai azzardato a dire seriamente una cosa del genere, col rischio di ricevere un ceffone in pieno viso. Sapeva quanto Kurt ci tenesse a quel piccolo orologio senza cinturino: era un regalo che gli aveva fatto sua nonna quando era piccolo. Quando avevano deciso di trasferirsi a New York, la prima cosa che Kurt aveva messo in valigia, ben avvolto in tre fazzoletti, era stato proprio quel quadrante, prima ancora delle sciarpe di Hermes e questo faceva capire tutto.

- Su, in piedi – scattò Kurt, cercando di liberarsi dalla presa di Blaine – Laviamoci e vestiamoci in fretta, che ho freddo.

- Allora, restiamo così – disse Blaine avvinghiandosi ancora di più al corpo bianco di Kurt – Ci dimentichiamo che ora è e rimaniamo qui a scaldarci per conto nostro.

Detto questo, lasciò che le loro labbra si incontrassero e si divorassero a vicenda, mentre le loro lingue si avvinghiavano freneticamente donandosi delle scariche che pervadevano i loro corpi facendoli fremere così tanto da non capire se tremavano per il freddo o per l’eccitazione. Alla fine, il primo a staccarsi, malvolentieri, fu Kurt.

- Ci hai provato Blaine – boccheggiò e facendo per rialzarsi.

- But baby it’s cold outside – canticchiò Blaine, afferrandolo di nuovo.

- Blaine, ormai questo trucchetto non attacca più; lo hai già usato un milione di volte.

- E se ti dicessi che c’è qualcuno che vuole darti il buongiorno – replicò Blaine, maliziosamente, sdraiandosi completamente su Kurt e facendogli sentire l’effetto che gli avevano causato quei “baci del buongiorno”.

Sentendolo, Kurt si lasciò scappare un’esclamazione fintamente indignata e, con una spinta, si liberò dalla presa di Blaine e, senza dargli il tempo di riafferrarlo, corse in bagno, saltellando per il freddo.

- Lavorare la vigilia di Natale è un crimine contro natura – sbuffò Blaine sconfitto, alzandosi a sua volta e prendendo i suoi indumenti puliti che si era preparato la sera prima.

- Questa è la vita che ci siamo scelti – gli rispose Kurt dal bagno, col suono dell’acqua in sottofondo – Questi sono i sacrifici che devono affrontare quelli che vogliono essere indipendenti e realizzare i propri sogni.

- Grazie per la lezione di Filosofia – replicò Blaine con sarcasmo, vestendosi con molta calma.

Ormai rassegnatosi e conoscendo i tempi di Kurt, Blaine preparò il caffé e mangiò al volo una delle merendine al 100% prive di zuccheri per le quali il suo ragazzo andava matto; poi, i ruoli si invertirono: Blaine prese possesso del bagno mentre Kurt, con una velocità nata dall’abitudine, rifece il letto e mise i vestiti del giorno prima tra i panni sporchi, terminando poi la sua routine mattiniera con caffé e biscotti integrali.

Quando anche Blaine uscì dal bagno, già si era infilato il cappotto e stava cercando i guanti.

- Domani mattina, però, colazione insieme – disse Blaine.

- Colazione insieme, a letto – assentì Kurt, malizioso – Come piace a te.

- Come piace a te – replicò Blaine, baciandogli la spalla.

- Per pranzo rimaniamo sciolti? – chiese il controtenore, trovando i guanti e infilandoseli.

- Temo di sì; quello Scrooge in gonnella di Amanda ha detto che vuole fare l’intera giornata no-stop, visto che domani saremo chiusi – rispose Blaine con una smorfia, pensando a quella dittatrice in miniatura della proprietaria del locale dove lavorava.

- Allora mangerò con Mercedes e andrò direttamente a casa sua per aiutarla con gli ultimi preparativi per stasera.

- Kurt, è solo una cena per la vigilia tra noi, mica un ricevimento.

- Anche le cose semplici devono essere perfette – lo zittì Kurt.

Senza rispondergli, ben sapendo che sarebbe stato inutile, Blaine prese la sua vecchia chitarra e la mise, con molta cautela, nella custodia che usava ormai da una vita e si vedeva attraverso le varie scuciture.

- Senti, va bene se invito Dave? – chiese Blaine.

- Se riesci a convincerlo – rispose Kurt – Non credo che a Mercedes dispiacerà; conoscendola avrà preparato da mangiare per un reggimento.

Ormai pronti, entrambi si apprestarono ad uscire, ma Kurt pensò di aspettare Mercedes che sarebbe venuta a prenderlo a momenti, secondo l’SMS che gli aveva inviato la sua amica.

- Allora, io vado – disse Blaine dandogli un bacio a stampo – Ti chiamo verso l’ora di pranzo.

Voltandosi per andarsene, però, fece un movimento brusco e un brutto rumore proveniente dalla custodia di stoffa consumata della chitarra lo bloccò per un istante.

- Non agitarti troppo – lo riprese Kurt – Rischi di rompere la chitarra se quella custodia finisce di scucirsi.

- Va bene, mammina – lo prese in giro Blaine, facendo la voce infantile, ma vedendo Kurt alzare la mano come per sculacciarlo, afferrò una sciarpa dall’attaccapanni e fuggì, chiudendosi la porta alle spalle.

All’occhio attento di Kurt non era sfuggito il sorriso che gli aveva rivolto il suo ragazzo prima di chiudere la porta, come non gli era sfuggita la cautela con la quale si muoveva per paura che la sua custodia si rompesse del tutto facendo cadere la sua chitarra col rischio di danneggiarla; non era tanto per la chitarra in sé, quanto per il significato che aveva per Blaine: il sapere che quello strumento era il solo regalo che suo padre gli aveva fatto, quando era ancora piccolo e ancora non era cosciente del fatto che, per alcuni, fosse sbagliato amare una persona del tuo stesso sesso, era la sola cosa che lo spingeva a sostituire le corde che si rompevano, ad evitare ogni colpo violento, a preservare le prime note che era riuscito a cavarne. Questo Kurt lo sapeva.

“Non vedo l’ora di darti il tuo regalo di Natale” pensò felice.

 

* * *

 

Blaine era stato abbastanza “disattento” da prendere la sciarpa di Kurt; certo, non era stato così sbadato da infilarsi una delle camicie del suo ragazzo come la scorsa settimana ma era pur sempre un modo per sentirlo con sé. Si strinse di più la sciarpa intorno alla bocca inspirando il suo profumo a pieni polmoni e si gettò a capofitto nella confusione natalizia di New York.

Solo due anni erano passati da quando avevano deciso di costruire i loro sogni lì, scontrandosi anche con la pesante realtà della vita che presentava un conto da pagare ogni giorno con l’affitto dell’appartamento, la retta all’Accademia d’Arte Drammatica, il dividersi tra studio e lavoro, il dover rinunciare a quei piccoli sfizi che potevano aiutare a non preoccuparsi troppo; ma sapere che dopo la fatica ci sarebbero stati dei frutti da raccogliere, che a condividere le tue aspettative c’erano amici come Mercedes e Rachel, anche loro all’Accademia, e Sam, che studiava giurisprudenza, e che ogni volta che ti chiudevi la porta alle spalle e ti trascinavi a letto, stanco morto, trovavi il viso del tuo amore da accarezzare sentivi che ne valeva la pena.

Aumentando il passo, decise di fare una piccola deviazione e passò davanti alla gioielleria per vedere ancora quel cinturino in pelle bordato in argento con, nelle orecchie, il rimpianto di Kurt di non poter portare con sé in giro l’orologio per paura di perderlo; era ancora lì ad aspettarlo. Blaine si fermò giusto un momento per poi riprendere a camminare di buon passo e, intanto, già immaginava l’espressione felice di Kurt nel trovarsi tra le mani quel cinturino e le sue risate gioiose quando lo avrebbe accompagnato dall’orologiaio per fissare il quadrante. Al locale si sarebbe fatto sanguinare le dita a furia di suonare per farsi dare il salario dalla “Crudelia De Mon dei poveri” ma ne valeva la pena. Per Kurt ne valeva sempre la pena.

Alla fine, tenendo tra le braccia la pericolante custodia contenente la sua chitarra per evitare ulteriori danni in mezzo alla calca, entrò nello “Stars” dove, ad accoglierlo, trovò il calore dell’aria condizionata e, dietro il bancone, l’espressione annoiata di Dave Karofsky o, come amava definirlo Blaine, l’esempio vivente del fatto che il mondo è molto piccolo: quante probabilità c’erano di ritrovarsi a lavorare con un ragazzo incontrato solo due o tre volte qualche anno fa ma che, in fondo, già si conosceva in modo indiretto? La risposta l’aveva avuta quando era stato assunto come musicista in quel locale e si era ritrovato Dave davanti che lavorava come barista per pagarsi l’Università. Non potevano dire di essere “amici amici” ma erano sulla buona strada.

- Hey, hobbit! – lo salutò Dave.

- Hey, Shrek! – gli rispose Blaine.

- Ok, la mia era divertente – disse Dave, accigliandosi – ma la tua era crudele.

- Te la sei cercata; sono stufo di essere preso in giro solo perché non sono alto.

- Io non ti prendo in giro solo per la tua bassezza… anche per le tue sopracciglia.

- Le mie sopracciglia sono un marchio di garanzia – si vantò il ragazzo, sedendosi su uno sgabello e appoggiando la chitarra contro il bancone.

- Ricordati di mandarmi una loro foto quando dovrò fare un esame di geometria analitica – ridacchiò Dave, dandogli una birra.

- Scherza pure, sono troppo felice per arrabbiarmi – disse Blaine, sorseggiando la sua birra – Quando avrò incassato la mia paga correrò a comprare il mio regalo di Natale per Kurt.

- Avevo notato una vena di San Valentino in questo tuo umore natalizio – gli strizzò l’occhio il barista – E cosa gli regalerai? Un abbonamento mensile per i prossimi musical di Broadway?

- Meglio ancora: un piccolo restauro.

- Vuoi pagargli un lifting? – domandò dubbioso.

A quella domanda, Blaine alzò gli occhi al cielo e, pazientemente, gli spiegò la faccenda del quadrante e del cinturino.

- Sperando che Amanda non decida di fare l’avara proprio la vigilia di Natale – terminò, bevendo le ultime gocce di birra.

- Te lo auguro, guarda – disse Dave, poco convinto.

- Senti – continuò Blaine – Stasera c’è una festicciola a casa di Mercedes. Ti andrebbe di venire?

Bastò quell’invito a far chiudere Dave a riccio.

- Non so – rispose titubante – Il Natale dovrei passarlo con mia sorella e mio cognato; hanno bisogno di me per badare a mia nipote: sono l’unico che riesce a farla stare tranquilla. E non provare a fare una delle tue battutine o ti faccio volare dallo sgabello.

- No, no tranquillo – disse Blaine, mettendosi sulla difensiva ma senza nascondere un sorrisetto al pensiero di Dave in versione “papà orso” – Comunque, se puoi venire anche solo per cinque minuti ci farà piacere, credimi.

La genuina cortesia che traspariva dalle sue parole ebbero l’effetto di ammorbidire Dave che cercò, però, di mantenere un serio distacco.

- Non ti prometto niente – disse.

- E, con quel ragazzo dell’Università? – decise di informarsi Blaine, facendo attenzione a non risultare troppo invadente ma sinceramente interessato – Come sta andando?

Continuando a tenere lo sguardo sul bancone, Dave lasciò che la sua espressione seria si mutasse in un sorriso, il sorriso di chi sa di essere prossimo ad un traguardo a lungo desiderato, di chi sente di poter essere finalmente felice, senza aver più paura del giudizio degli altri, di chi ha ritrovato la forza di non chinare più la testa.

- Stiamo andando avanti – disse.

- Hey! Yoghi! Bubu! Non vi pago per perdere tempo!

La loro chiacchierata fu bruscamente interrotta dalla loro datrice di lavoro, Amanda (la “Perfida Strega dell’Upper West Side” come si divertivano a chiamarla alle sue spalle) con il suo metro e cinquanta di cattiveria allo stato puro. In quel momento, Blaine pregò di riuscire a smuoverla e a farsi pagare il salario che gli spettava per le feste di Natale; ma sapeva che i miracoli bisogna farseli da soli. Quindi prese la sua chitarra e si fiondò sul palco.

 

* * *

 

Quella custodia era straordinaria, per quel che ne capiva Kurt: in stoffa nera, capiente, con sacche esterne per le corde di riserva e interni imbottiti per limitare i danni di eventuali urti e cadute. L’aveva cerchiata sul catalogo, prima, per poi adocchiarla nel negozio di musica a qualche isolato dal negozio di abiti dove lui e Mercedes avevano iniziato a lavorare, unendo l’utile al dilettevole; anzi, Mercedes aveva scoperto un suo possibile futuro da costumista.

Rachel era stata più fortunata di loro: la borsa di studio che si era sudata le permetteva di concentrarsi completamente sullo studio.

Kurt avrebbe voluto urlare la sua ansia in faccia ai clienti che entravano per gli ultimi acquisti di Natale: trovava fastidioso il fatto che la maggior parte della popolazione mondiale avesse deciso di aspettare l’ultimo giorno per comprare i regali, tenendo conto del fatto che ogni persona che varcava l’ingresso del negozio, ritardava il suo pagamento e, di conseguenza, l’acquisto della custodia.

All’ennesima cliente andata via con vari pacchi e un’espressione basita rivolta al commesso, Mercedes fu costretta a correre ai ripari.

- Kurt – lo richiamò con un tono da maestra di yoga – Kurt, credo seriamente che tu debba darti una calmata.

- Ma io sono calmissimo – negò Kurt, battendo l’indice sul bancone e mordicchiandosi il labbro inferiore.

- Calmissimo! – esclamò la ragazza – Hai quasi sbattuto in faccia un Armani a quella signora tanto stavi andando di fretta.

- Scusa Mercedes, ma vorrei che il tempo passasse più in fretta e che i clienti non avessero deciso di fare i ritardatari proprio oggi.

- Non è lanciando i clienti fuori dal negozio e vendendo abiti con tutti i manichini che farai arrivare prima l’ora di chiusura – disse Mercedes, strofinandogli le spalle per calmarlo con un atteggiamento da mamma paziente – Ma ci tieni proprio tanto a fare questo regalo a Blaine?

Kurt avrebbe potuto rispondere con un fiume di parole, eppure allo steso tempo, non sarebbe riuscito a spiegare, nella sua interezza, ciò che provava solo a pensare come si sarebbe sentito nel dare a Baine quel regalo che, era sicuro, lo avrebbe reso felicissimo, l’emozione che avrebbe agitato il suo cuore nel vedere quei grandi occhi scuro-dorati spalancarsi per la sorpresa e sorridere come se fossero stati delle labbra, il sapore di un bacio al sapore di gratitudine e di amore. Mercedes avrebbe compreso solo l’essenziale visto che anche lei conosceva l’amore, ma il cuore di tutto poteva comprenderlo solo Kurt.

- Ovvio che ci tengo – provò ugualmente a rispondere – Per una volta vorrei essere io quello che prende in mano la situazione; Blaine fa sempre tutto per me e questa volta non voglio essere da meno, non ora che mi si presenta l’occasione di vederlo felice per qualcosa che ho fatto io, da solo, per lui. Mi capisci?

Per tutta risposta, Mercedes gli rivolse un sorriso accompagnato da un leggero sospiro.

- Capisco che sei lo stesso romanticone di sempre – disse, poggiando la fronte sulla sua spalla.

- Mi vuoi bene anche per questo.

Per un attimo si sentirono entrambi colti da un senso di vertigine, una malinconia che tentò di afferrarli, proprio mentre loro afferravano ostinatamente quel filo che ancora li teneva legati al mondo spensierato dell’adolescenza, un’eventuale via di fuga da quel nuovo mondo, più grande e difficile, al quale dovevano ancora abituarsi. Magari quella sera avrebbero potuto farlo tranquillamente, insieme con le loro voci che urlavano il loro attaccamento alla vita.

Ripresero il lavoro in modo un po’ più tranquillo o almeno Kurt ci provò, non assalì le clienti, se è per questo.

Per la vigilia il negozio avrebbe fatto solo mezza giornata quindi, all’ora di pranzo, Kurt e Mercedes ritirarono le loro buste paga e uscirono dal negozio. Mercedes avrebbe preferito andare prima a mangiare ma Kurt non volle aspettare oltre; quella busta da lettere col suo stipendio sembrava bruciargli nella tasca del cappotto, non sarebbe stato tranquillo fino a quando non si fosse trovato con la nuova custodia per la chitarra sotto mano.

Cercando di contenere l’emozione che gli faceva fare dei salti al posto dei passi, trascinandosi dietro la sua amica, Kurt si immerse in quella folla che si preparava a rientrare nelle proprie case o nei propri uffici, superando uomini, donne, anziani e bambini per raggiungere il negozio di musica, senza preoccuparsi degli urti che accumulava ad ogni metro di strada, della confusione che lo circondava; c’era solo quel breve tratto di marciapiede e poi il negozio.

Giunto a destinazione, dopo aver aspettato la povera Mercedes, sfinita per la corsa, il ragazzo entrò finalmente nel negozio trovando a colpo d’occhio quella custodia che non gli era mai sembrata tanto bella come in quel momento.

Doveva semplicemente prendere i soldi del suo stipendio e comprarla; ma, stranamente, la tasca gli sembrava fin troppo leggera.

- Kurt, che succede? – chiese Mercedes, vedendolo agitare freneticamente la mano nella tasca, mentre il suo viso diventava ancora più bianco.

- La busta con i soldi…  non la trovo – rispose Kurt con voce tremante e passando ad esaminare le altre tasche del cappotto e dei pantaloni ma senza risultato e, intanto, un brutto pensiero si faceva strada nella sua mente, mentre ripensava a quella marea di gente, a quegli spintoni.

Forse gli era solo scivolata di tasca, magari era ancora lì sul marciapiede, se si affrettava poteva ancora trovarla. Rifece il percorso che già aveva fatto, stavolta più veloce di prima, cercando di intravedere quella busta giallognola in mezzo a quel mare di piedi e di neve sporca ed ogni passo che faceva lo allontanava sempre di più dalla custodia che avrebbe voluto regalare a Blaine.

A fermarlo di nuovo ci pensò Mercedes.

- Kurt, è inutile – tentò di calmarlo.

- Ma deve essere da queste parti! – esclamò Kurt, con la voce rotta dalle lacrime – Non può essere sparita così.

Vedendolo in quello stato, la ragazza, lo prese con decisione  sottobraccio e lo portò in un bar lì vicino e, mettendogli davanti un cappuccino fumante, aspettò pazientemente che si calmasse. Dopo una buona mezz’ora, sorseggiando quella bevanda bollente, i singhiozzi di Kurt, a poco a poco, si calmarono ma vennero rimpiazzati da una triste consapevolezza; sarebbe stato troppo bello risolvere quel problema con la stessa facilità con cui scoppiettavano le bollicine del cappuccino.

- Kurt, se vuoi posso prestarti i miei soldi e poi, passate le feste, me li restituisci – si offrì Mercedes.

- No, ti ringrazio Mercedes – si schernì Kurt – ma, come ti ho detto, volevo che questo regalo fosse qualcosa solo tra me e Blaine. Qualsiasi altra cosa gli toglierebbe ogni significato.

- Ma cosa importa il mezzo; quelle che contano sono le intenzioni.

- Sì, ma io saprei sempre che questo gesto non è stato completamente mio. Volevo dimostrare a Blaine che, per me, lui è importante, che sono anche disposto a…

Colto da un’idea, Kurt si interruppe ed iniziò a valutare il pensiero che lo aveva sfiorato, tamburellando le dita sulla tazza di cartone del cappuccino e mordicchiandosi il labbro inferiore.

- Hai trovato una soluzione? – si informò Mercedes.

- Penso di averla trovata – esclamò il ragazzo, alzandosi in piedi – Scusa Mercedes, devo passare un attimo a casa mia. Aspettami qui, torno subito.

E senza permetterle di ribattere, la lasciò lì e lui si diresse a casa di corsa, temendo di cambiare idea riguardo a quel che aveva deciso di fare.

 

* * *

 

Blaine invidiava molto Dave, per il modo in cui quest’ultimo riusciva a farsi scivolare di dosso la rabbia e la frustrazione: una bestemmia leggera accompagnata da una scrollata di spalle. In questo modo aveva reagito quando Amanda aveva detto a tutti gli impiegati dello “Stars”  che a causa delle pessime entrate dell’ultimo periodo, avrebbero ricevuto solo un quarto del loro stipendio.

Lui, invece, lasciava che la rabbia lo torturasse dentro e la soffocava con i buoni sentimenti; ma arrivato ad un certo punto, esplodeva ed usciva fuori nel peggiore dei modi.

Ma questa volta non era successo. In tutta sincerità, non aveva nemmeno la forza di arrabbiarsi: avrebbe solo voluto piangere, prendendo a pugni una parete magari. Nonostante il velo che gli appannava gli occhi, riusciva a vedere nitidamente il viso di Kurt, con quella espressione capace di fargli male. La stessa che aveva fatto quando non aveva potuto portarlo a vedere “End of The Rainbow”* perché non era riuscito a trovare i biglietti; lo aveva guardato con espressione desolata ma subito le sue labbra si erano piegate in un piccolo sorriso e i suoi occhi sembravano dirgli: “Non preoccuparti; non fa niente”.

Avrebbe preferito vederlo piangere e mettere il broncio, non si sarebbe sentito meno peggio, invece Kurt sembrava volergli dimostrare che era tutto a posto e gli posava un bacio sulla tenera striscia di pelle che separava l’anulare e il mignolo.

- Hai la pelle molto liscia qui – gli diceva sempre.

Kurt riusciva sempre a rendere ogni cosa perfetta e non solo per la sua fissa per la cura dei particolari, ma per la passione e il sentimento che vi metteva, affinché piacesse agli altri ma soprattutto a se stesso. Ogni giorno della sua vita, Kurt si impegnava al massimo in tutto quel che faceva e Blaine si sentiva così piccolo in confronto a lui e non solo per la statura. Riusciva solo a stringerlo stretto, affondando il viso nel suo petto dopo che avevano fatto l’amore e sussurrargli semplicemente “Ti amo”.

E sentiva che era troppo poco.

Eppure Kurt lo stringeva a sua volta e gli rispondeva con un “Ti amo anch’io” e non cercava nemmeno di consolarlo perché non ce ne era bisogno; stare semplicemente sdraiati, abbracciati, bastava.

Kurt meritava tutto il bene del mondo e Blaine non avrebbe chiesto di meglio che di darglielo, anche se sotto forma di un cinturino per orologio. Ma come poteva comprargli quel regalo senza soldi?

Più si scervellava, più sembrava impossibile trovare una soluzione; l’unico modo che aveva per scaricare la tensione era battere ossessivamente il dito indice sulla chitarra chiusa nella sua vecchia custodia; strano a dirsi, fu proprio quel tic a fornirgli la risposta.

Sì, così avrebbe fatto. Non c’era altro modo.

Una piccola parte di lui sembrò volersi ribellare ma Blaine tenne duro.

Per Kurt ne valeva la pena.

 

* * *

 

- Continuo a dirlo: secondo me le decorazioni di Natale sono superflue – disse Sam mentre aiutava un’eccitatissima Rachel a sistemare gli ultimi festoni alla finestra.

- Hai dei gusti troppo spartani; questo è il tuo problema Sam – replicò la ragazza – Un Natale senza festoni sarebbe come una mia brillante carriera a Broadway senza un Tony Award.

- Rachel, tu sei l’unica persona al mondo in grado di auto elogiarsi facendo degli esempi di ordine sociale – la prese in giro Mercedes, portando dello zabaione dalla cucina e mettendolo sul tavolo nel salottino, seguita da Kurt con i mano un vassoio di tramezzini – Ma stasera sei in casa mia, quindi vedi di comportarti come una persona normale se non vuoi passare la vigilia incollata al telefono con Finn.

Sebbene una simile evenienza non le sarebbe dispiaciuta, Rachel preferì limitarsi ad un leggero sbuffo come risposta e diede tutta la sua attenzione al festone dorato che stava appuntando allo stipite della finestra.

Il suono del citofono fece scattare Kurt che, lasciando il vassoio sul tavolo, si gettò sull’apparecchio per rispondere; dall’altro capo gli ritornò la voce di Blaine e, mordendosi le labbra per l’eccitazione gli aprì il portone del palazzo e lo aspettò sull’uscio della porta, accogliendolo con un lungo bacio.

- Ragazzi – li richiamò Mercedes, ridacchiando – guardate che il vischio l’ho messo sotto la porta della cucina.

- Ma non l’hai portata la chitarra? – chiese Kurt al suo ragazzo, trascinandolo dentro e strofinandogli le mani gelate.

- No, ho preferito lasciarla al locale – rispose Blaine – Quando ho finito per strada c’era molta gente; avevo paura che la custodia finisse di rompersi e, quindi, ho lasciato la chitarra allo “Stars”. Tanto per Capodanno dovrò fare ancora mezza giornata.

- Sempre colpa di quella vecchia custodia – disse Kurt, sorridendogli – E chi ci suonerà le canzoni di Natale, adesso?

- Sam, posso approfittare della tua chitarra? – fece Blaine, districandosi dal giocoso sguardo del suo ragazzo.

- Basta che poi non me la fai diventare una “chitarra solo per canzoni di Katy Perry” – scherzò Sam, fiondandosi sui dolci che Mercedes aveva portato, per poi farsi riprendere dalla sua ragazza.

- Allora – fece Rachel – Vogliamo iniziare? Io sto morendo di fame.

- Ok, gente – disse Mercedes, portando in tavola l’ultimo vassoio pieno di pietanze – Possiamo darci dentro con questa mia “anteprima del cenone”.

E a quel segnale, i ragazzi, afferrando piatti e posate di plastica e tovaglioli, iniziarono a servirsi a quel piccolo buffet improvvisato; i dolci fatti in casa di Mercedes furono il piatto forte della serata. E, tra una portata e l’altra, parlavano; dopo soli due minuti gli argomenti “università” e “lavoro” furono banditi, pena: niente bis. E quindi si verté sulle aspettative di ognuno sul nuovo anno; chi avrebbe voluto laurearsi, chi calcare le assi di un palcoscenico, chi veder realizzarsi i propri sogni.

A metà serata, la porta bussò nuovamente e quando Mercedes aprì si trovò davanti la robusta figura di Dave con in braccio un piccolo fagotto avvolto in un pesante cappotto.

- Buonasera – disse il ragazzo, timidamente – L’invito che mi ha fatto l’amico Frodo Baggins è ancora valido?

- Un invito fatto a Natale è sempre valido – rispose Mercedes sorridendogli e facendolo accomodare, mentre anche gli altri ragazzi presenti gli si avvicinavano per salutarlo.

- Mi sono permesso di portare un’amica – disse Dave indicando col capo una testolina castana che spuntava timidamente dal cappuccio del cappotto, mostrando due grandi occhi chiari, un nasino paffuto e un sorriso curioso – A mia sorella e a mio cognato non dispiaceva passare una serata da soli, quindi… vi presento Hilary, mia nipote.

Sentendosi chiamata, la bambina, di non più di cinque anni, si mostrò di più ai presenti che si avvicinarono per vederla meglio, pur continuando a rimanere aggrappata alle spalle dello zio e cingendogli la vita con due gambine esili e deboli ma, al tempo stesso, piene di vita, incerta se fidarsi o meno di quegli sconosciuti.   

- Ciao piccolina – la salutò Kurt, facendo un’acuta voce infantile – Ma lo sai che sei proprio una bella bambina?

Dopo averlo sentito parlare, Hilary, guardando Kurt di sbieco, batté una mano sul petto dello zio come per chiamarlo e allungò la testa verso il suo orecchio.

- Zio Dave, ma perché questo signore parla come una femmina?** - chiese con una serietà genuina che strappò una risata a tutti.

- Bene – fece Kurt, arrossendo lievemente – adesso non ho più dubbi che sia tua nipote, Dave.

- Sono certa che questa piccolina gradirebbe qualche dolcetto di Natale – disse Mercedes sorridendo maternamente ad Hilary – Vero?

E allargando il suo sorriso, la piccola assentì.

La presenza di Hilary sembrò portare quella spensieratezza che rendeva il Natale più bello e che solo i bambini sanno dare; un’aria di allegria che partiva da quella bambina seduta sul tavolo del salotto, intenta a mangiare i dolcetti di Mercedes, e si allargava attorno a quella piccola comitiva di ex-liceali, risvegliando nelle loro menti i ricordi dei Natali della loro infanzia. Così uniti potevano sentirsi come una vera famiglia unita, che si prendeva una pausa dai problemi di ogni giorno e si concentrava solo su un presente riscaldato da maglioni di lana, addolcito dallo zucchero a velo su dei dolci e smosso dalla voce di una bambina che raccontava cosa aveva chiesto a Babbo Natale.

Il resto della serata trascorse in modo sereno e divertente e le decorazioni furono giusto l’ornamento di quei bei momenti; imbracciando la chitarra di Sam, Blaine diede fondo a tutta la sua conoscenza nel campo della musica natalizia accompagnato da tutti gli altri, passando poi lo strumento al suo legittimo proprietario che insegnò loro qualcosa sul country stile natalizio, molto più ballabile.

Poi, su richiesta di Mercedes, passarono a coppie sotto l’arco della porta della cucina per il tradizionale bacio sotto il vischio; i primi furono Kurt e Blaine, che cercarono di contenersi vista la presenza di occhi indiscreti, seguiti poi da Sam e Mercedes; per non sentirsi da meno, Rachel baciò il suo stesso cellulare, che aveva come schermo una foto di lei e Finn. E Hilary, tirandosi per mano Dave, si mise anche lei sotto il vischio e, aggrappandosi al collo robusto dello zio, gli stampò un bacio sulla guancia e lui la ricambiò con un bacio sul nasino.

Ma, alla fine, la serata giunse al termine e, anche se avessero voluto prolungarla, la stanchezza della giornata si faceva sentire; quindi, gli invitati si ritirarono, promettendo di incontrarsi il giorno dopo per festeggiare insieme il Natale.

L’appartamento di Rachel si trovava nel palazzo affianco a quello di Mercedes e Sam; la ragazza lasciò comunque che gli altri la accompagnassero.

Trovandosi con la macchina, Dave si offrì di accompagnare Kurt e Blaine a casa e, anche se il tragitto non era molto lungo, quando giunsero a destinazione, Hilary si era già addormentata nel suo seggiolino, magari sognando i regali che avrebbe trovato sotto l’albero quando si sarebbe svegliata.

Dopo aver augurato la buonanotte a Dave e aver dato ciascuno una lieve carezza sulla testa della bambina, i due ragazzi si ritirarono.

Dave Karofsky chiuse definitivamente quella sera di vigilia, guidando più piano per non svegliare la sua nipotina.

 

* * *

 

Appena la porta dell’appartamento si chiuse alle loro spalle, sia Kurt che Blaine si sentirono pervasi da quell’eccitazione che, sapevano, sarebbe stato più giusto provare il giorno seguente, quando sarebbe stato veramente Natale, il momento di scambiarsi i regali. Ma il desiderio di vedere l’uno il sorriso dell’altro sembrava essere più forte, anche se nessuno dei due voleva cedere per primo e non potevano fare altro che lanciarsi dei sorrisi senza riuscire a dire nulla e cercando di parlarsi attraverso un comico gioco di sguardi. Temevano quasi che, parlando, rovinassero la sorpresa che ognuno aveva preparato; per la prima volta, forse, temevano il momento in cui si sarebbero messi a letto insieme.

Alla fine, senza dirsi nulla, trovarono un’uguale soluzione.

Quando l’orologio a muro segnò la mezzanotte in punto, si ritrovarono tutti e due seduti sul divano con in mano i loro regali: una busta da regalo enorme tra le braccia di Kurt e una sottile scatolina nella mano di Blaine. Era il 25 Dicembre, ormai.

Emozionati, si scambiarono i doni e li scartarono, continuando però a guardarsi di sottecchi per vedere la felicità dipingersi sui rispettivi volti. Con mani un po’ tremanti lasciarono cadere sul pavimento la carta che avvolgeva i loro doni ed entrambi lasciarono che i loro occhi ammirassero una custodia nuova di zecca ed un bellissimo cinturino per orologio. Per la prima frazione di secondi, furono inondati dalla felicità ma poi realizzarono il tutto.

Quando i loro sguardi si incrociarono di nuovo, vi lessero un malinconico dispiacere proveniente tanto dall’uno quanto dall’altro. E capirono subito cos’era successo; ma, per quanto la cosa fosse triste, non poterono non far emergere il lato ironico della storia.

- Ho venduto il quadrante del mio orologio per comprati quella custodia – disse Kurt, mentre un sorriso si faceva largo sul suo viso.

- Ed io ho venduto la mia chitarra per comprarti quel cinturino – disse Blaine, ridacchiando mestamente.

Avrebbero voluto ridere e piangere nello stesso momento, ma riuscirono solo a riempire il loro appartamento con dei versi sospesi tra risata e singhiozzo e lasciarono che delle sottili lacrime scivolassero sulle loro bocche sorridenti. Le loro mani si incontrarono trascinando i loro corpi in un abbraccio forte e desideroso e rimasero così fino a quando i loro petti tremanti non si calmarono e i loro respiri non tornarono regolari e rimasero tranquillamente appoggiati allo schienale del divano senza lasciarsi.

- Non posso crederci – fece Kurt – E’ proprio come ne “Il dono dei Magi”.

- Dici? – chiese Blaine, dubbioso – A me sembra, più che altro, come in “Topolino e la magia del Natale”***.

Lasciandosi sfuggire una risatina divertita, Kurt affondò il viso nell’incavo del collo di Blaine, mentre il suo ragazzo, stringendolo ancora più forte a sé, gli posò un bacio tra i capelli ancora carichi dell’odore del suo shampoo alla vaniglia. Tracciando un percorso che andava dal collo alla bocca di Blaine e dalla testa alla bocca di Kurt, le loro labbra si incontrarono con una lieve carezza che divenne subito più intensa e calda. Quando si staccarono, poterono vedere finalmente quel sorriso reciproco che avevano aspettato e desiderato per tutto il giorno, quel sorriso per il quale avevano dato via le cose più importanti che avevano. Ma sapevano che ciò che era veramente importante per loro, lo stringevano tra le braccia in quel preciso momento. Ne era valsa la pena.

- Ti amo Blaine.

- Ti amo Kurt.

Adesso, per loro era veramente Natale.

- Preparo un po’ di cioccolata calda, che ne dici? – chiese Kurt, alzandosi.

- Cioccolata! – esclamò Blaine, fingendosi scandalizzato – E la linea?

- Le diete post-feste le hanno inventate per questo – ribatté Kurt andando in cucina.

Dalla credenza prese il cacao e lo zucchero e tirò fuori il latte dal frigo per poi mettere il tutto in un bricco sul fornello acceso; quando si girò per andare a prendere le tazze quasi si scontrò con il suo ragazzo, che le aveva in mano: una celeste con su scritto “Good morning” ed una con un’immagine di Audrey Hepburn; gli porse quest’ultima, senza smettere di sorridergli.

- Buon Natale, Kurt.

- Buon Natale, Blaine.

 

Fine

 

Alla mia piccola Ilaria, che da cinque anni (sei a Gennaio) allieta la mia vita.

 

Nota dell’autore:

* Musical di quest’anno sugli ultimi mesi di vita di Judy Garland, che debutterà a Broadway nel 2012.

** Penso che questa citazione l’abbiate colta tutti.

*** Cartone animato del 1999 dove viene ripreso il racconto de “Il dono dei Magi” con Topolino e Minnie.

 

Di certo starete pensando: cos’è questa roba? E’ una storia vecchia come il mondo!

Lo so, ma ci tenevo molto a scriverla e a condividerla con voi, specialmente visti gli ultimi tempi che molti si sono trovati ad affrontare.

Mai come a Natale abbiamo bisogno di mettere da parte l’attaccamento ai beni materiali e capire che nella vita, la cosa più importante è l’affetto delle persone a noi care.

Spero che voi possiate gradire questo mio semplice regalo per tutti voi.

 

Buon Natale

  
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