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Autore: Little Fanny    23/12/2011    2 recensioni
Jeff al profumo di cannella ha un enorme problema che solo il Dottore sarà in grado di risolvere.
Un piccolo regalo per augurarvi buon Natale!
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Doctor - 10, Rose Tyler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Il Signore del Natale
Fandom: Doctor Who
Personaggi: Tenth Doctor, Rose Tyler
Rating: G
Genere: comico, romantico
Avvertimenti: microspoiler 6x00 “A Christmas Carol”
Riassunto: Jeff al profumo di cannella ha un enorme problema che solo il Dottore sarà in grado di risolvere.
Note: scritta per la Big Damn Table col prompt 92.Natale
Disclaimer: La storia è basata su fatti e personaggi creati e appartenenti alla BBC e a chiunque ne detenga i diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo per mio puro diletto.

 



Il Signore del Natale

 
Finalmente un po’ di sacrosanta tranquillità, pensava il Dottore sorseggiando una tazza di the al gusto di banana. Erano giorni che voleva provare quell’accoppiata a dir poco sublime: mescolava le sue più grandi passioni e doveva essere squisita.
Aveva scelto la serata giusta: aveva lasciato il TARDIS vagare tra la via lattea, i motori che rumoreggiavano allegri in sottofondo e Rose impegnata nella contemplazione della Terra da una visuale a dir poco alternativa. Era tutto perfetto: perfino i dolcetti alla banana che era riuscito a recuperare dalle passate Olimpiadi erano cotti al punto giusto, con la glassa che si scioglieva dolcemente sul palato.
Soffiò sulla tazza fumante, inspirando a fondo il profumo inconfondibile del the.
Doveva ammetterlo: gli essere umani erano creature meravigliose.
Ondeggiò sullo sgabello della cucina sgangherata del suo TARDIS, guardandosi attorno sovrappensiero. Forse prima o poi l’avrebbe sistemata, ma a dir la verità non gli dispiaceva tutta quell’accozzaglia di elettrodomestici delle più disparate epoche e galassie. E tutto avrebbe potuto tornare utile, anche quella forbice a tre lame che aveva comprato ai banchetti su Raxacoricofallapatorius.
“Dottore!” urlò all’improvviso Rose fiondandosi all’interno della stanza in uno sbattere di porte.
Il Signore del Tempo, preso completamente alla sprovvista, sussultò e quasi rovesciò la tazza di the sul suo paio di pantaloni gessati preferiti. Si lasciò sfuggire un’imprecazione a mezza voce, in gallifreyano antico, giusto perché il TARDIS non traducesse proprio tutto tutto a beneficio della giovane umana.
“Rose, non osare mai più fare un’entrata del genere. Mi hai fatto prendere un colpo!” la rimproverò lui, posando con attenzione la tazza sul tavolo e scoccandole uno sguardo misto tra l’accusatorio e lo scherzoso.
“Oh, povero Dottore. L’età inizia a farsi sentire?” domandò lei, fintamente costernata, in uno sfarfallare comico di ciglia.
“Giovane irriverente. Dovresti portare più rispetto per chi è più…”
“Vetusto? Attempato? Maturo? Evoluto?” offrì la giovane scadendo parola per parola sulla punta delle dita.
Il Dottore schioccò la lingua sul palato, scegliendo un più accurato saggio per la definizione della propria persona. Rose scoppiò a ridere divertita, guadagnandosi un occhiolino di complicità.
“Allora, Rose, - esordì il Dottore, mordendo un dolcetto e facendosi scappare un mugolio di piacere, - a cosa devo il piacere del tuo trionfale ingresso?”
La ragazza scosse la testa per schiarirsi le idee. Lo stava facendo apposta, ci poteva scommettere. Lui e quelle sue lunghe dita coperte di zucchero a velo erano un inno al peccato.
“Ah – uh, è arrivata una chiamata esterna.”
Il Dottore inarcò ad arte un sopracciglio sorseggiando felice il suo the, che finalmente aveva raggiunto la temperatura atta a sprigionare tutti i suoi aromi.
“Da parte di chi?”
“Un certo Jeff. O così mi sembra di aver capito. C’era uno strano rumore di sottofondo.” Si massaggiò le tempie cercando di ricordare. “Campanellini, mi pare. Ed è normale che abbia sentito profumo di cannella? Lo so che il TARDIS non è…” si interruppe cercando la parola giusta da poter adoperare. Si ricordava ancora di quella volta in cui Mickey le aveva dato del vecchio catorcio ottenendo il risultato di una doccia gelida. L’immagine di Mickey che correva per tutta l’astronave con una scia di cristalli di ghiaccio che lo rincorrevano era uno degli aneddoti che sua madre più preferiva.
“Usuale?” tentò rilasciando un sospiro di sollievo quando non accadde nulla. “Ma non sapevo si potessero sentire anche i profumi durante una telefonata.”
“Ah sì, quello.” Borbottò il Dottore, massaggiandosi il collo imbarazzato. “Un vecchio optional, può tornare utile a volte!”
Saltò giù dallo sgabello in un balzo.
“Jeff al sapore di cannella hai detto?”
La ragazza annuì, cercando di tenere il suo passo. Possibile che dovessero sempre correre? E perché mai ci mettevano sempre il doppio del tempo per arrivare dalla cucina alla console?
“Smaltire gli zuccheri in eccesso!” Le urlò il Dottore voltando appena indietro la testa e facendole un sorriso dei suoi.
Inutile, gli avrebbe sempre perdonato di tutto e lui ne approfittava bellamente, conoscendo alla perfezione quali tasti premere per non incappare nella sua ira.
 
~o0o~

 
“Ehilà Jeff!” esclamò il Signore del Tempo, smanettando coi pulsanti della console per avviare la video chiamata.
“Oh-oh-oh! Dottore! Quanto tempo!”
Una voce profonda e bonaria riecheggiò sulle pareti del TARDIS, mentre il profumo di neve e cannella si sprigionava nell’aria.
Rose inspirò a fondo quella dolce fragranza, lasciandosi avvolgere da una gioia che le scaldava il cuore. Chiuse gli occhi, come a cercare di catturare un ricordo d’infanzia che bussava piano alle porte della sua memoria.
“Sei cambiato dall’ultima volta che ti ho visto!” commentò ancora quella voce calda attraverso il video. Rose si avvicinò curiosa, ascoltando distrattamente le felicitazioni che i due uomini si stavano scambiando.
“Uh, davvero? E com’ero? Anzi no. No, no no. Non dirmelo! Non voglio saperlo, deve essere…” Il Dottore si rabbuiò un momento, perso nei suoi pensieri. A volte non sapere il corretto ordine della propria linea temporale era davvero frustrante.
Rose posò comprensiva una mano sulle sue, stringendogliele leggermente. Lei ci sarebbe stata per lui. Sempre.
“Rose!” esclamò il Dottore col suo fare solare di sempre. “Ti presento Jeff. O, come più comunemente lo chiamate voi umani, Babbo Natale, Santa Claus!”
La ragazza sorrise impacciata e agitò una mano in cenno di saluto all’uomo barbuto che la osservava dallo schermo. Era in tutto e per tutto l’immagine che aveva nella sua testa. Un uomo cicciottello, con la folta barba bianca e cappello rosso in testa.
“Sì… e hai presente quella pubblicità?” le disse il Signore del Tempo intrecciando le dita delle mani con le sue e risvegliandola dallo stato di stupore in cui era caduta. “Quella di quella bibita zuccherina che a voi umani piace tanto? Così ricca di caffeina… è stata una delle mie idee più geniali. Infatti credo mi debbano ancora un bel po’ di soldi. E a lui,” disse additando l’uomo dall’altra parte dello schermo, “dovrebbero pagargli una fortuna in diritti d’immagine!”
“Ma lui è…” continuò Rose perplessa, puntando un dito verso il video.
“Il solo e inimitabile Babbo Natale, mia cara Rose Tyler!” concluse il vecchietto allegro, agitando la sua tazza di cioccolata calda fumante.
“Visto?” commentò il Dottore allegro, facendo un occhiolino alla sua giovane compagna.
“Ma ora, Jeff, dimmi. A cosa devo il piacere di questa rimpatriata?”
“Oh, Dottore. Non sapevo a chi altri rivolgermi. Ho davvero bisogno del tuo aiuto.” Sospirò l’uomo sconsolato, portandosi una mano alla tempia. Subito accorse un folletto che, con mani esperte, sistemò con cura cuscini e coperta di lana pesante attorno al suo padrone.
Il Signore del Tempo ampliò il raggio d’azione del video per poter dare un’occhiata di insieme alla stanza. Dietro alla bianca poltrona in pelle vi era un affaccendarsi di piccoli elfi in vestitini verdi a righe argentee, che, col tintinnare dei campanelli appesi ai cappelli e alle scarpe dalla punta a ricciolo, erano impegnati in un via vai di doni dai più svariati colori. Attorno al caminetto acceso riposavano le renne infreddolite, ancora ben legate alla slitta colma di doni.
“Cosa succede?” chiese nuovamente il Dottore.
Sembrava tutto a posto. Si era aspettato l’insurrezione dei giocattoli, come era successo nel Natale del XXXIV secolo, o qualcosa di molto simile a un qualche attacco alieno. Invece lì le cose sembravano andare per il verso giusto, nessun pericolo da sventare prima che scoccasse la mezzanotte, solo il classico trambusto prima della consegna dei regali.
Uno starnutire improvviso rimbombò forte per l’astronave, facendo perdere un battito a uno dei suoi cuori. Quella serata sembrava la notte ideale per farlo invecchiare prima del tempo!
“Sodo daffeddato!” fu la laconica risposta che arrivò attutita a mezzo di un grande fazzoletto decorato con pupazzi di neve. “Ho chiesto aiuto a San Nikolaus, Santa Lucia e pure a quella vecchia meger… ehm… bella donna della Befana. Ma niente, hanno troppo lavoro da fare! Stavo per chiedere aiuto ai conigli pasquali, ma sai com’è…”
“Sì, sì.” Commentò il Dottore, comprendendo appieno l’ansia del Signore del Natale. “Con le feste e le tradizioni barbare che ci sono in giro non sarebbero arrivati incolumi alla primavera. Hai provato a sentire Halloween e Carnevale?”
Babbo Natale gli lanciò un’occhiata scettica da sopra il suo enorme fazzoletto.
“Giusto.” Commentò il Signore del Tempo, facendo il cenno di zittirsi. “Idea sbagliata.”
Il Dottore si passò una mano tra i capelli. Era davvero un bel problema quello. Non poteva permettere che i bambini rimanessero senza regali la mattina di Natale. A meno che…
“Rose?” disse voltandosi verso la compagna e infilandole un cappello natalizio in testa. “Vuoi essere la mia aiutante speciale per questa notte?”
Si scambiarono uno sguardo d’intesa e Rose gli strinse forte una mano, intrecciando le loro dita.
“Con molto piacere.” Proclamò felice, piazzandogli un cappello simile sulla chioma ribelle. “Babbo Natale, da dove cominciamo?”
 
~o0o~

 
“Sei pazzo!” urlò Rose aggrappandosi alla meglio alla console del TARDIS. Il Dottore la guardò dall’altra parte dei comandi, uno sguardo folle sul volto mentre armeggiava con leve e pulsanti. Il TARDIS volteggiava dentro e fuori dal Vortice temporale, rumoreggiando contento a ritmo di carole natalizie. E chi l’avrebbe mai pensato che la consegna dei regali potesse avvenire a questo modo?
Arpionò il cappellino con pompon con una mano, mentre il Signore del Tempo faceva atterrare in una cacofonia di rumori il TARDIS sul tetto dell’ennesimo palazzo.
“Ancora questo stabile e poi abbiamo finito!” proclamò soddisfatto lui, sistemandosi il sacchetto coi doni su una spalla e dirigendosi verso la porta dell’astronave.
“Aspetta!” lo richiamò Rose, agguantandolo per un polso e voltandolo nella sua direzione. La ragazza si alzò in punta dei piedi, e, con dita abili, sistemò la barba bianca che si era scollata dalla guancia. “Ecco. Ora sei perfetto. Va’ e mi raccomando, non fare rumore.” Lo ammonì severa puntandogli un dito contro.
I bambini giapponesi, indottrinati con manga e arti marziali, erano davvero tremendi quando volevano. Per non parlare degli australiani coi loro canguri! Però forse il peggiore è stato il ragazzino californiano: lei portava ancora ben impressa sulla fronte la sua nuova tavola da surf. E doveva farsi una nota personale: mai più portare il Dottore non Russia. Mai più. Lui e la vodka alla banana non erano assolutamente una giusta accoppiata. Diciamo che lui e i superalcolici andavano fin troppo d’accordo, come scordare la disavventura col daiquiri alla banana?
“Promesso, Rose.” Le disse posandole un bacio gentile sulla fronte.
Il Dottore si richiuse piano la porta alla sue spalle, posando i piedi sulla neve appena caduta. Neve vera, era raro vederla cadere a Natale su Londra. Inspirò a pieni polmoni l’aria fredda della notte: amava il profumo che permeava l’aria dopo una leggera nevicata. Quella sottile coltre bianca rendeva tutto ancora più magico. Le luci brillavano in maniera differente, spandendo colori luminosi tutt’intorno; gli spigoli e gli angoli erano smussati, ricoperti da quella soffice coperta.
I suoi passi giungevano attutiti alle sue orecchie, sembrava di camminare sopra del morbido cotone. Si sentiva come un gatto che si aggira di notte, sui comignoli della città. Se non avesse avuto futuro come portapacchi poteva sempre tentare la via dello spazzacamino. La città dall’alto era incredibile, uno spettacolo così bello che gli si mozzò il fiato in gola.
Aveva girato in lungo e in largo fra mille galassie e più mondi, ma la città innevata era un panorama che non aveva eguali.
Tirò fuori la lingua, catturando un fiocco di neve che scendeva dal cielo. Era tutto assolutamente perfetto: Natale del ’90, frizzante al punto giusto.
Si sistemò meglio il cappello sulla testa e diede un’ultima occhiata all’uniforme d’ordinanza, corredata dalle sue sneakers natalizie. Non aveva potuto farne a meno, nonostante Rose avesse borbottato qualcosa che assomigliava a non rovinare la tradizione ai bambini.
Scese con calma le scale, attento a non scivolare sui gradini. Il ghiaccio era una vera seccatura della nevicata, se lo doveva ricordare!
Passò casa per casa con passo felpato, depositando i doni sotto l’albero e evitando accuratamente tutto quello che poteva attirare la sua attenzione, memore delle raccomandazioni di Rose e del dolore sordo al fondoschiena dove il piccolo bulldog l’aveva morsicato. In fondo non era stata del tutto colpa sua! Chi immaginava che in una casa, dall’apparenza tranquilla, potessero nascondersi oggetti interessanti e esperimenti di ottima fattura? Ci sarebbe sicuramente tornato, appena avesse recuperato il foglio dove aveva scribacchiato veloce l’indirizzo, foglio che Rose aveva subito provveduto a sequestrare.
Scrollò il sacco dei doni, sentendo un leggero tintinnare. Preoccupato di aver combinato l’ennesimo disastro infilò un braccio al suo interno e, dopo molto frugare, ne uscì con un piccolo pacchetto stretto in una mano.
L’ultima consegna e poi quella lunga nottata avrebbe finalmente avuto fine.
Piegò con cura il sacchetto di tela grezza, riponendolo nella tasca della giacca di velluto rosso, e, in punta dei piedi, entrò nell’ultimo appartamento dove l’oscurità avvolgeva ogni cosa. Mosse qualche passo incerto in quel buio, quasi scapicollandosi su un pattino abbandonato in mezzo al corridoio. Si aggrappò alla bell’e meglio al tavolino d’ingresso, una mano posata alla parete e gambe all’aria.
Rose avrebbe riso come una matta, se solo avesse potuto vederlo.
Si rimise lentamente in piedi, stando ben attento a non distruggere uno degli infiniti ammennicoli che adornavano l’ingresso dell’appartamento.
Umani, borbottò tra sé e sé, spolverandosi la giacca e respirando a fondo, cercando di placare il tambureggiare dei suoi cuori. Loro e i loro mille soprammobili l’avrebbero fatto impazzire prima o poi! Che senso aveva circondarsi di tutte quelle cianfrusaglie non l’aveva ancora capito. Inoltre stavano lì a prendere la polvere o, alla peggio, a stipare sgabuzzini ormai stracolmi.
Si grattò il lobo dell’orecchio sovrappensiero. A pensarci bene anche lui era pieno di oggetti delle più svariate epoche e provenienze e di dubbia utilità. Ma dalla sua aveva a disposizione lo spazio infinito del TARDIS. Anche se a volte trovare ciò che cercava poteva rivelarsi un’impresa molto ardua!
Scosse piano la testa cercando nella tasca della giacca il cacciavite sonico. Doveva farsi un po’ di luce, altrimenti qui avrebbe rischiato di rimetterci la vita. Ed era troppo affezionato a questo suo corpo per permettersi di rigenerarsi proprio adesso!
“Trovato!” bisbigliò euforico, azionando i comandi del suo dispositivo e facendosi largo nella casa, attento a non mettere i piedi su qualcosa di potenzialmente pericoloso. Quell’appartamento sembrava un campo minato: bambole e macchinine facevano bella mostra di sé su tutto il pavimento, intervallate ogni tanto da uno skateboard abbandonato e peluche di ogni tipo.
Con molta fatica e qualche acrobazia di cui la sua amica Carla sarebbe stata molto orgogliosa approdò ai piedi dell’albero fiocamente decorato. Rilasciò un sospiro di sollievo e, cacciavite sonico in bocca, sistemò i pacchetti sotto l’albero.
“E tu chi sei?”
Una piccola vocina lo fece girare di soprassalto, facendogli picchiare la testa contro una decorazione che pendeva bassa dal soffitto.
“Ouch!” sibilò, massaggiandosi la parte lesa, mentre guardava quell’esserino piccolo e roseo farsi avanti con sicurezza in mezzo a tutto quel disordine.
La bimba, dai grandi occhioni nocciola e capelli biondi raccolti in due codini ai lati della testa, stringeva al petto un orsacchiotto di pezza e non sembrava affatto intimorita da quello sconosciuto che si aggirava nel cuore della notte in casa sua.
La piccola inclinò la testa di lato, osservando incuriosita quello strano individuo che si guardava attorno spaesato.
Sono stato beccato, pensava il Dottore guardandosi attorno per vedere se trovava una via di fuga per mettersi in salvo da quel pasticcio. E proprio allo scadere del mio mandato. Un tempismo perfetto, lo devo ammettere.
Sospirando si accucciò, mettendosi a livello col volto della bimba.
“Sono Babbo Natale!” improvvisò tirando fuori la voce più baritonale del proprio repertorio. “Porto dono ai bambini buoni e addormentati, per cui perché non mi fai un grande ed enorme favore e ti rimetti sotto le coperte e facciamo finta che tutto questo non sia mai successo?”
“Tu non mi sembri Babbo Natale.” Disse la bambina, sorda alla sua supplica disperata, posando una mano sulla guancia dello straniero.
Un leggero calore si diffuse sulle guance del Signore del Tempo che sorrise impacciato, massaggiandosi la nuca che sentiva scottare dall’imbarazzo sotto il suo palmo.
“Lo dicevo io!” disse la bimba tutta orgogliosa, tirando con un colpo secco la barba finta e mostrando compiaciuta all’altro il proprio operato.
“Mi hai scoperto, ma facciamo che questo resti il nostro piccolo segreto.” Sussurrò il Dottore facendole l’occhiolino.
“E quindi chi sei?” chiese la bimba sospettosa, cercando di scalare il divano per raggiungere il piattino coi biscotti che la mamma aveva predisposto per l’arrivo di Babbo Natale.
Il Dottore la aiutò nella sua grande impresa e le si sedette di fianco, indeciso sul da farsi. Le strinse una coperta attorno al corpo, osservandola divertito mentre tentava di arpionare un biscotto… alla banana!
“Sono l’aiutante part-time di Babbo Natale!” improvvisò il Dottore passandole uno di quei dolcetti che sembravano assolutamente deliziosi.
“Babbo Natale non ha aiutanti part-time.” Obiettò la bimba con la bocca piena, spandendo briciole sul plaid. “Ha renne ed elfi. Non uomini.”
“Ed è qui che ti sbagli, piccolina. Sono un uomo speciale, colui che viene chiamato quando c’è più bisogno di me.”
“Una specie di supereroe?”
Il Dottore schioccò la lingua sul palato, sopprimendo una risata all’immaginarsi vestito con una tutina aderente e il mantello sulle spalle.
“Uhm… più o meno.”
“Allora ti chiamerò Signore del Natale!” proclamò la bimba orgogliosa per la sua scelta del nome, facendogli un sorriso dolce e sdentato.
Il Dottore sorrise a sua volta, scompigliandole con dolcezza i capelli.
“Va bene, piccolina, ma adesso fila a nanna, o il Signore del Natale qui presente non potrà ultimare la consegna dei doni.” Disse cavando fuori di tasca un pacchetto incartato con un grande fiocco rosso in cima e facendolo tintinnare davanti al viso della bimba. L’esserino rosa mosse curioso le manine, cercando di afferrare il regalo e rischiando di rovesciare il prezioso piatto dei biscotti.
“Attenta!” esclamò il Dottore afferrando con una mano i biscotti, mentre col braccio cercava di mantenere in equilibrio la bimba e in contemporanea tenerla lontana dal dono.
“Facciamo così. Io ti do un biscotto e in cambio tu mi dai il pacchetto!” propose la bimba puntando un dito alla fronte del suo Signore del Natale personale.
“Uhm… l’intero piatto dei biscotti e ti do il pacchetto. Ma fili subito a nanna e scarterai il tuo regalo domani mattina.”
La bambina si grattò il nasino pensierosa.
“Piatto dei biscotti e anche la scorta segreta della mamma. E apro il regalo adesso.”
“Però poi subito a nanna.”
“Subito a nanna, croce sul cuore.” Promise la bimba tendendo una mano all’uomo-Natale.
Il Dottore la occhieggiò ancora dubbioso, ma un rapido sguardo all’invitante piatto dei biscotti bastò a convincerlo.
“Accetto!” esclamò stringendo la mano paffutella.
Fare affari con i bambini era sempre complicato!
“Tieni.” Le disse depositandole in grembo il pacchettino, mentre con l’altra mano afferrava un biscotto divorandolo con un mugolio di pura estasi. Era davvero squisito, aveva fatto il miglior affare della sua vita.
“Allora?” domandò curioso, guardando la bimba trafficare con il nastro adesivo e la carta.
“Un attimo, un attimo, Signore del Natale. Devi imparare ad essere più pazient- oooooooooh!” esclamò sorpresa, osservando il proprio regalo.
Lo sollevò sopra la testa avvicinandolo alla luce delle lampadine ad intermittenza che decoravano l’albero in modo da vederlo meglio. Era un ciondolo semplice: una piccola pietra sfaccettata che faceva risplendere la stanza di mille colori diversi.
“È bellissima! Grazie!” esclamò la bimba saltando in braccio al Dottore e riempiendo il suo viso di baci. Il Signore del Tempo la scostò dolcemente a disagio, mettendo velocemente il piatto su un tavolino prima che la bimba, nella foga di ringraziarlo, potesse causare un probabile disastro. Chi l’avrebbe sentita poi Rose?
Si bloccò repentinamente. Doveva tornare sul TARDIS e mettere la bimba a letto al più presto, prima che Rose si catapultasse in quella casa a sincerarsi delle sue condizioni di salute!
“Di nulla!” sussurrò, cercando di allentare la presa con cui la bimba l’aveva stretto per il collo. “Ma adesso, come d’accordo, andrai dritta a letto!”
“Agli ordini!” esclamò la bimba balzando sull’attenti e salutandolo col saluto militare.
“Oh no! Non ti ci mettere anche tu adesso.” Borbottò il Signore del Tempo, pulendo la coperta dalle briciole e mettendola, perfettamente piegata, su un bracciolo della poltrona.
La bimba gli fece una linguaccia scoppiando a ridere, con l’orsacchiotto di pezza stretto forte al petto.
“Vieni qui che te la metto.” Disse il Dottore prendendo la collana tra  le dita. La bimba gattonò sul divano, lasciandosi allacciare la collana al collo prima di scoccare un bacio sulla punta del naso del suo Signor Natale.
“Grazie. Mi raccomando, offrili anche alla tua bimba speciale. A me piacciono tanto, sono sicura che anche lei li adorerà.” Disse solenne, porgendogli il piatto dei biscotti.
Il Dottore le sorrise compiaciuto, Rose ne sarebbe impazzita!
“Promesso, piccola.”
La accompagnò fino alla sua cameretta, rimboccandole con cura le coperte.
“Ricordati, questo sarà il nostro piccolo segreto.” Disse posandole un bacio sul nasino che si arricciò tutto al contatto.
“Nostro segreto.” Biascicò la bimba piombando nel sonno.
“Buonanotte.” Sussurrò il Dottore uscendo con passo felpato, la luce del suo fidato cacciavite sonico che lo guidava per il corridoio ingombro di oggetti.
 
~o0o~

 
“Finalmente!” esclamò Rose non appena il Dottore varcò la soglia del TARDIS.
“Dov’eri finito? Stavo iniziando a preoccuparmi! Mi si sono presentati i più strani scenari: un attacco alieno improvviso, un’orda di gemelli impazziti, te che giochi con esperimenti altrui, animali domestici infuriati dal tuo ingress- ouf!”
L’unico modo che il Dottore aveva trovato per fermare quel torrente burrascoso di parole e di assurde ipotesi era stato quello di zittirla con uno di quei meravigliosi dolcetti.
“Ma sono squisiti!” mugolò Rose, leccandosi le labbra.
“Dove li hai trovati? Non li avrai mica rubati di nascosto?” domandò inquisitrice, puntandogli contro un dito.
“No, Rose. Lo sai che non lo farei mai! Me li ha dati una bimba.”
“Una bimba?”
“Uhm… sì.” Si grattò il collo imbarazzato, ondeggiando sui talloni. “Abbiamo fatto un piccolo patto.”
“Oh, Dottore. Sei davvero incredibile.”
“Oh, lo sono davvero. Ma questi biscotti sono davvero deliziosi, non trovi?”
“Assolutamente!” concordò Rose rubandone un altro dal piatto. “E questo cos’è?” domandò sollevando un foglietto di carta.
Il Signore del Tempo le si accostò, sfoderando i suoi occhiali da cervellone.
“Sembra un bigliettino.” Le disse.
“Questo lo noto anch’io.” Sbuffò Rose allontanandosi da lui e mettendosi sotto la luce diretta per leggere meglio.
“Al mio Sigor de Nattale.” Lesse cercando di decifrare la scrittura tonda e incerta lasciata col pennarello rosa. “C’è un cuoricino e poi… oh! Ma quindi…” si interruppe, voltandosi a fissare un perplesso Signore del Tempo.
Allungò una mano a sfiorare la sua guancia.
“Eri tu. Il mio Signore del Natale eri tu.” Sussurrò accarezzandogli dolcemente uno zigomo, portando dietro l’orecchia una ciocca di capelli.
“Rose, io…”
“Guarda.” Disse facendo spuntare una collanina da sotto la maglia. “La porto ancora. La indosso sempre e non l’ho mai tolta.”
Il Dottore afferrò con mani tremanti la collana: era la stessa. La stessa catenina che aveva dato alla bimba e che in origine doveva essere un regalo per Rose. La sua Rose attuale.
Sorrise alla fortuna del caso, stringendo forte la ragazza al petto.
 
Al mio Sigor Nattale,
ti vollio benne.
Rose Tyler
 
Fine

Note finali: E un altro prompt della Big Damn Table è stato fatto: ne mancano ancora 97, ma bisogna essere ottimisti!

Auguri a tutto il fandom di buone feste e spero che l'anno nuovo vi possa portare tutto ciò che desiderate.
Un bacione
Fanny
   
 
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