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Autore: Akrois    23/12/2011    7 recensioni
Sospirò – Ci hai messo troppo. - bofonchiò fissando la birra – Sono passate quasi due ore.
- Perdonami. - l’acqua che cadeva dai suoi vestiti faceva un rumore allucinante – Ma ti saresti arrabbiato se fossi entrato mentre eri sotto la doccia.
- E quindi sei rimasto ad aspettare fuori sotto la pioggia?- ridacchiò poggiandosi la lattina sulla fronte – Sei il solito inguaribile coglione.
L’altro scrollò le spalle – Probabile. Me ne dispiaccio.
- Non ho detto che è una cosa sbagliata. - poggiò la lattina sul comodino e alzò lo sguardo.
[Destiel. Periodo temporale vago - comunque dopo la morte del buon Cas-, possibile OOC -forse c'è, forse non c'è-, Amanda Palmer famale al cuore e allo spirito, lo sapete? P.s: è segnato come "commedia" perché non riesco a scrivere qualcosa di dannatamente serio e triste neanche se m'impegno.]
Genere: Commedia, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Tutto ritorna.

 

 

 

-and Blake thinks angels grow when you plant angel dust-

Blake Says- Amanda Palmer

 

 

Affonda le mani nel fango, aprendo un buco. La pioggia lo riempie immediatamente. Sbuffa, caccia fuori due insulti, un paio di bestemmie e continua a scavare mentre le gocce di pioggia gli rotolano sul suo viso, annebbiandogli la vista e riempiendogli la bocca, l’inconsistente sapore dell’acqua piovana che annega (che buffa espressione) in quello della birra. Ne ha bevuta toppa, oppure no, o magari non ne ha bevuta abbastanza e dovrebbe abbandonare questa stronzata e tornare nell’albero e farsi un’altra lattina, o forse anche due o tre, anzi, facciamo cinque. Aveva un pacco da sei o si sbagliava?

Magari si sbagliava. Aprì la bocca e gettò indietro la testa, lanciando che quella pioggia del cazzo gli cadesse direttamente sul viso e nella bocca. La buttò giù avidamente e poi tornò a scavare, il calore che si formava nel suo cuore ancora lì nonostante il freddo della pioggia.

Comunque, com’era che in ogni dannatissimo momento tragico pioveva? E non una semplice pioggia, era sempre una cazzo di roba di proporzioni bibliche. Si aspettava di veder comparire un paio di pinguini su una zattera da un momento all’altro.

Osservò più o meno soddisfatto quella sorta di buco fangoso (ehy, un momento quello era proprio un buco fangoso e lui stesso aveva iniziato a scavare con la chiara e precisa intenzione di creare un buco fangoso e alla fine dei conti era un bel buco fangoso e lui era soddisfatto del suo buco fangoso e non voleva più sentire nessuno parlare di buchi fangosi perché l’aveva ripetuto così tante volte da farsi venire a nausea quelle due parole) e si voltò, afferrando il sacco nero dell’immondizia e ne rovesciò il contenuto nel buco, iniziando a ricoprirlo con il fango – Torna- biascicò con la voce rotta – non fare il figlio di puttana e torna.

 

 

 

 

Si lasciò sprofondare nel letto, tutto bello caldo, pulito, profumato e terribilmente freddo dentro. Che buffo, mentre scavava si era sentito caldo dentro e freddo fuori, ora era il contrario. Forse aveva bisogno di aiuto medico.

Aiuto medico specialistico.

Allungò una mano verso il pavimento e afferrò una lattina di birra, tirandosi seduto con la schiena contro le sbarre di ferro del letto e prese un paio di sorsate di quell'ambrosia dei poveri cercando di non versarsene addosso più dell’inevitabile.

La porta della stanza si aprì e si richiuse.

Sospirò – Ci hai messo troppo. - bofonchiò fissando la birra – Sono passate quasi due ore.

- Perdonami. - l’acqua che cadeva dai suoi vestiti faceva un rumore allucinante – Ma ti saresti arrabbiato se fossi entrato mentre eri sotto la doccia.

- E quindi sei rimasto ad aspettare fuori sotto la pioggia?- ridacchiò poggiandosi la lattina sulla fronte – Sei il solito inguaribile coglione.

L’altro scrollò le spalle – Probabile. Me ne dispiaccio.

- Non ho detto che è una cosa sbagliata. - poggiò la lattina sul comodino e alzò lo sguardo.

Ah.

Era lui. Era esattamente com’era prima che succedesse tutto quel casino, con gli occhi blu, i capelli completamente incasinati, il completo che sembrava rubato a un negozio di abiti di seconda mano indossati dagli elefanti e il trench sporco di fango.

- Toglieteli.

- Cosa?

- I capelli. Voglio che ti strappi via lo scalpo.

L’altro lo guardò inclinando il volto da un lato e lui rise ancora – I vestiti. Se li tieni, ti ammali.

- Non posso ammalarmi.

- Facciamo finta di sì.

Lo guardò mentre si spogliava rapidamente, piegando con religiosa precisione gli abiti e poggiandoli su una sedia. Lasciò scivolare lo guardo sul suo corpo pallido e sorrise battendo un palmo sul letto – Ora vieni qui.

- Qui?

- Sul letto.

- Non invaderei i tuoi preziosi spazi personali?

- Ora come ora non m’interessa più di tanto.

Lo afferrò per l’avambraccio e lo costrinse a schiantarsi sul letto. Castiel respirava piano con il viso semi-coperto dal lenzuolo color cacchetta del motel.

Dean gli passò una mano fra i capelli bagnati – Sei tu.

- Sì.

- E sei qui.

- Dove altro dovrei essere?

- Non saprei. Però è meglio che tu sia qui. Cioè, io sono più felice se tu sei qui.

- Sono felice che tu sia felice, Dean.

Castiel sorrise e Dean avvertì il suo cuore urlare e cadere su un fianco, cominciando poi a rotolare rantolando qua e là. Quel figlio di puttana era maturo per recitare Amleto.

Abbassò il viso e baciò l’angolo destro del labbro di Castiel. La pupilla dell’angelo si piantò sul suo viso, accompagnata da quell’iride blu da farlo sentire male – Cosa?

- Cosa?

- Cos’era?

- Un bacio.

- Un bacio?

- Quel genere di cose che gli esseri umani fanno quando provano affatto per un’altra persona.

- Tu hai baciato molte persone. Provavi affetto per tutte quelle persone?

- Probabilmente.

- Provi affetto per me?

- Probabilmente.

Castiel si voltò supino, le gambe che dondolavano fuori dal letto – Probabilmente- sembrava impegnato a considerare quelle parole – probabilmente.

Dean decise che qualunque pensiero stesse correndo nella mente dell’angelo andava fermato e in fretta. Abbassò il viso e lo baciò ancora, catturando quella bocca (in procinto di dire qualche stronzata, ne era sicuro) in uno che era probabilmente il più famelico e appassionato bacio in cui si fosse mai dedicato.

Rimasero lì a lungo, la stanza piena del lieve fischio che facevano respirando dal naso e il rumore (forse chiamarlo rumore era esagerato) di quel bacio.

Quando si separarono Dean era rosso in viso come una suora beccata a leggere Playboy e Castiel non era certo da meno.

- Questo invece cos’era?

- Era sempre un bacio.

- Era diverso dall’altro.

- Era un tipo di bacio che gli esseri umani danno a coloro che amano.

- Le altre persone a cui l’hai dato- Castiel si fece scorrere un polpastrello sul labbro inferiore leggermente arrossato – provavi amore per loro?

- No.

- Provi amore per me?

- Probabilmente.

Castiel lo guardò incuriosito – Probabilmente.

- Probabilmente, sì.

Dean si chinò di nuovo sulla sua bocca e in qualche modo riuscì a tirarlo decentemente su quell’orribile cuccia che gli faceva da letto – Sì?- annaspò Castiel separandosi da lui, le mani strette ai lati del suo viso.

- Sì.

Castiel sorrise e gli strinse le braccia attorno alle spalle, affondando il viso nell’incavo del suo collo ed emise una sorta di guaito felice che non comprese appieno ma che lo fece sentire terribilmente caldo ovunque.

- Sì- sussurrò stringendosi all’angelo – sì, sì, sì, sì, sì e ancora .

E l’altro lo guardò e nei suoi occhi Dean vide la gioia dei bambini quando per la prima volta allacciano il mignolo con qualcuno e lo designano come migliore amico, quella delle donne che vedono un uomo e capiscono che sarà il loro principe azzurro e dei vecchi che si tengono le mani rugose e possono dire di essere arrivati alla fine assieme.

Era bravo a leggere le cose negli occhi degli altri, eh?

 

 

Gli passò una mano fra i capelli bagnati, lasciando che il palmo scivolasse lungo il retro del collo di Castiel, tra le scapole, sulla schiena, sulla curva delle natiche.

Deglutì, stringendo la pelle bianca di una natica tra le dita – Sei ancora bagnato.

- Perdonami.

- Chiedere scusa è un tuo hobby, per caso?

- Cos’è esattamente un hobby?- domandò Castiel voltandosi lentamente verso di lui.

- Un hobby è qualcosa che fai- Dean si grattò una tempia – che fai- abbassò lo sguardo verso l’altro, corrugando le sopracciglia – Gesù Cristo Cas, noi stiamo per fare sesso e tu mi chiedi cos’è un hobby?!

- Beh, tu mi stavi rispondendo, quindi in parte la colpa è anche tua.

- Bla bla bla bla.- sbottò Dean tirandolo per i fianchi verso di sé – Ora fai silenzio. Ho bisogno di contrazione, io.

- Ma sei sicuro che si faccia in questo modo?- Castiel somigliava sempre di più a un bambino seienne irritantemente curioso – Perché sono piuttosto sicuro che quella sia un’uscita.

- Non hai idea di quante gioie quest’uscita possa regalare, se usata correttamente. - disse leccandosi le labbra, mentre le dita bagnate andavano a sfiorare la famigerata uscita di cui sopra – Mettiti nelle mie mani.

- L’ultima volta che mi sono messo nelle tue mani sono esploso. Due volte.

- Grazie a Dio questo genere di attività non prevede la morte di nessuno.

Castiel lo fulminò – Okay. Grazie a Buddha questo genere di attività non prevede la morte di nessuno.

- Sicuro?

- Quasi.

Lo sentì ridacchiare nel cuscino, le dita pallide che si flettevano sulla stoffa. Deglutì, fissando la pelle tesa sulle scapole, il modo in cui la sua colonna vertebrale si fletteva leggermente mentre respirava. Strusciava lentamente la fronte sul cuscino, le guance appena arrossate da un qualche movimento del sangue (ma uno come lui aveva movimenti del sangue di qualsiasi tipo? Però in effetti sarebbe stato strano se non li avesse avuti) e qualche gocciolina d’acqua mista a sudore che gli scivolava sul volto.

Fuori pioveva incessantemente. Castiel era curiosamente caldo e profumava di dolce. Dean si chinò su di lui e gli poggiò un bacio fra le costole, scivolando lentamente in lui.

Castiel strinse i denti, serrando i pugni contro le lenzuola.

- Com’è?- domandò Dean baciandogli l’orecchio – Ti faccio male? Se vuoi smetto subito.

- Non importa- sussurrò Castiel – Dean, io accetterei tutto- si voltò verso di lui, sorridendo appena – da te. Anche il dolore. Perché sei tu, Dean. E tu sei importante.

- Cas, si suppone che questo genere di cose non faccia male, lo sai no?- sbottò Dean dandogli un buffetto sulla spalla – E basta con queste storie su di me. Non puoi accettare di farti fare qualunque cosa, anche se sono io a farlo. Se ti fa male devi dirmelo.

Guardò la schiena di Castiel, osservando come la pelle dell’altro si tingeva di rosso – La verità è che non ho mai fatto sesso con un uomo, quindi sono leggermente inesperto da questo punto di vista.

- Non fa così male- balbettò Castiel, quasi cercasse di rassicurarlo – non devi preoccuparti.

Dean sorrise appena, poggiando una mano sulla sua. Le dita di Castiel s’intrecciarono subito alle sue e l’angelo gli sorrise – Fai piano, però.

- Ci proverò.

 

 

 

Castiel respirava piano contro il suo collo, la barbetta ruvida che gli faceva il solletico. Mugolò qualcosa e lo strinse tra le braccia, baciandolo sulla guancia.

- Credo sia mattina, Dean.

Aprì lentamente un occhio – Che fine osservatore che sei, angelo mio. Mi sconvolgi, davvero.

- Percepisco del sarcasmo.

- Ripeto i miei complimenti per l’arguzia.

Castiel sorrise – Però credo sia ancora presto.

- Possiamo dormire ancora un poco?

- Credo di sì. Ma gli angeli dormono?

- Questa è una domanda a cui non risponderò. Non ora almeno.

 

 

 

 

 

Il letto era caldo, vuoto e profumava di pioggia e di Castiel. Fuori il sole splendeva e Sam lo guardava con la faccia da cazzo numero 42 del suo repertorio.

- Non credi sia ora di alzarti, Brutto Addormentato?

- Solo se mi dai un bacio, Principessa Samantha.

- Preferirei baciare tutti i rospi del regno. Forza, su, è tardi, il sole brilla, gli uccellini cinguettano etcetera etcetera etcetera.

- Dio, odio quando mi fai il verso. Hai portato il caffè, almeno? Non si fa visita alle principesse addormentate senza portare almeno del caffè.

- Ho portato il caffè e i muffin, mia principessa. Purtroppo il regale Starbucks era chiuso e mi sono dovuto arrangiare con il bar scalcinato qua dietro.

- I muffin piacciono solo a te e a Cas. Danne un paio a lui, così magari lo fai contento.

Sam lo guardò, poggiando il pacco di muffin sul tavolino in fornica grigia del motel – Dean, Castiel non è qui, lo sai vero?

Dean si stiracchiò nel letto, guardandolo stranito – Cas è qui- sbottò allungando una mano alla ricerca dei suoi boxer, bellamente abbandonati sopra una pila di lattine di birra vuote – aspetta, lui- si grattò una tempia, fissando suo fratello come se gli fosse spuntata una seconda testa – lui, cioè, credo che, ieri- balbettò senza capire – lui- passò una mano sul lenzuolo, trovando un paio di gocce di sangue abbandonate là.

Si morse un labbro. Gli uomini non erano provvisti dell'imene, da quanto ne sapeva lui. Eppure Castiel non aveva fatto altro che rassicurarlo sul fatto che non gli stava facendo male. Probabilmente l’idea di “dolore” di uno che è esploso due volte doveva piuttosto diversa da quella dei comuni esseri umani.

- lui.- sembrava non aver capito bene cosa stava succedendo e perché o semplicemente uno ancora mezzo nel mondo dei sogni.

- Castiel è morto, Dean. Ti ricordi? L’abbiamo visto.

- Ma io- Dean scosse la testa – hai ragione. Deve essere stato un sogno, credo.

- Mangia la colazione. Dobbiamo partire. – Sam gli sorrise e uscì dalla stanza.

 

 

 

Buttò la borsa con i vestiti nella macchina, mentre Sam lo informava con precisione certosina sul prossimo caso che dovevano affrontare.

Quasi per caso il suo sguardo cadde su un mucchietto di terra bagnata ed erba strappata. Corrugò le sopracciglia, notando che fra quell’erba c’era un fiore.

Si avvicinò al mucchietto e raccolse il fiore, rigirandolo fra le dita. Era una sfumatura di blu che conosceva molto bene. Sorrise, preso di colpo da un senso di nostalgia quasi soffocante.

Si sedette in macchina con il fiore ancora tra le dita.

- Dean, hai mica visto l’impermeabile di Castiel? Non è in macchina e neanche nella stanza.

- Non ti preoccupare- sorrise mostrandogli il fiore – ho qualcosa di meglio, ora. Hai mica un foglio e un pezzo di nastro adesivo?

Sam annuì e si mise a frugare nella borsa, dando i due oggetti al fratello.

Lo guardò poggiare il fiore sul foglio e coprirlo con il nastro adesivo. Dean guardò la sua opera sorridendo soddisfatto e la sistemò sul cruscotto della macchina – Il sole lo rovinerà, Dean.

- Per allora ne avrò un altro, non ti preoccupare.

 

 

 

 

Pioveva di nuovo. Castiel era caldo e profumato. Dean lo strinse fra le braccia.

- Il fiore si è rovinato. - sussurrò Castiel – L’hai lasciato troppo sotto il sole.

- Tanto me ne regalerai uno nuovo, no?

- Certo.

- Per quanto tempo farai il bastardo?

- Prego?

- Quand’è che tornerai definitivamente? Per sempre, intendo.

- Tutto ritorna, Dean. Devi solo aspettare un poco.

- Quanto?

- Un poco.

- E nel frattempo?

- La pioggia farà nascere i fiori, Dean. E farà nascere me. Sarò con te, finché mi vorrai, almeno.

- E quando mai ti ho detto di no. - sbuffò Dean buttandolo sul letto con un sorrisetto divertito sulle labbra.

 

 

 

 

A.Corner_____

 

Prima fic su Supernatural e prima Destiel, signori e signori!

Più che un parto è un aborto, ma non fateci troppo caso. La vita è troppo breve per leggere le lagne dell’autrice.

Finita la lagna. Godetevi la vita.

 

 

 

 

Ah, le recensioni sono amore infinito ♥

Anche perché essendo la prima voglio capire quanto ci ho azzeccato e quanto no con i caratteri (XD)

   
 
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