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Autore: 365feelings    24/12/2011    1 recensioni
Nel Giardino del Tempo sui loro troni le figlie di Ananke, le Moire,
cantano e tessono il Passato, il Presente e il Futuro.
Genere: Avventura, Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autrice: KumaCla
Titolo: Across the time
Warnings: OneShot

Note: Ananke è la cara vecchia Necessità, madre delle Moire (mitologia greca per chi non lo sapesse). Buone feste <3
The One Hundred Prompt Project





Nel Giardino del Tempo, sui loro troni, le figlie di Ananke, le Moire,

cantano e tessono il Passato, il Presente e il Futuro.

 


Quattordici anni prima
Il corpo ambrato di Ravenna era morbido e caldo e la stringeva in un abbraccio rassicurante.
«Tranquilla Magda, è solo un brutto sogno. Non ti lascerò mai».
«Me lo prometti?»
«Sì».
Magda aveva tirato su col naso, singhiozzando, e si era raggomitolata contro il corpo di sua sorella.
Poco dopo si era addormentata, dimentica dell'incubo che l'aveva svegliata e l'aveva fatta piangere: non voleva restare sola.
Ravenna le aveva accarezzato il capo, passando una mano tra le ciocche corvine della zazzera spettinata di Magda, e aveva chiuso gli occhi, attendendo il sonno, cullata dallo scrosciare dell'acqua sul tetto della capanna.
Poco dopo nessun rumore turbava più la quiete notturna, anche le nuvole si erano diradate.

Sette anni prima
Magda stava sdraiata a braccia aperta sull'erba tenera; sembrava voler abbracciare i raggi che il sole riversava su di lei come una cascata di calore. Gli aveva raccontato che dove era nata c'era sempre il sole, alzo sull'orizzonte, rassicurante. Gli aveva anche detto che soleva distendersi sulle colline gialle e passare intere giornate in quella posizione; a volte sua sorelle le faceva compagnia e allora stavano lì insieme, senza dover necessariamente parlare.
«Keats».
«Mmh».
«Hai mai pensato di voler cambiare vita?»
«No».
«Mai?»
«Mai».
«Che noia. Io sogno sempre di cambiare vita. Di andare da qualche altra parte, in posto lontano e misterioso, bello, dove conoscere nuova gente e fare nuovi lavori».
«Anche adesso?»
«Adesso no. Però mi manca casa. Tu hai mai nostalgia di casa?»
«Di tanto in tanto».
«E in quei momenti non vorresti mollare tutto e andartene, tornare nel luogo in cui sei nato?»
«No. Sto bene qui. Se tornassi a casa, sprecherei tutti questi anni di studio. Lo capirai anche tu tra poco, quando, dopo i primi esami, inizieranno a portarti nella camera di simulazione. Se sei brava lì dentro, il passo per fare dei veri salti nel tempo è breve. Allora ti renderai conto che hai fatto bene a resistere».
«Ma ci vorranno anni
«Studia e vedrai che passeranno in fretta».
Magda aveva sospirato e per qualche minuto era ritornata al suo silenzioso bagno di sole, mentre lui era sprofondato nella lettura.
«Keats».
«Dimmi».
«Scappiamo insieme».
Magda si era rotolata su se stessa e aveva puntellato i gomiti sull'erba per potervi posare il mento: ora lo guardava dritto negli occhi, con un'intensità che lo tramortiva ogni volta. Sapeva bene, anche se era seria, che stava scherzando, ormai la conosceva. Ma quando piantava l'onice delle sue iridi nella sue, riusciva sempre a mettere in dubbio le sue certezze. Scappiamo insieme, aveva detto con la sua voce di velluto, Scappiamo insieme.
«Dove?»
«A casa mia!»
Gli occhi le si erano illuminati: era felice, un po' perché la prospettiva di tornare a casa - anche solo per finta - la metteva di buon umore, un po' perché lui aveva deciso di stare al gioco e questo non accadeva sempre. Era sempre così serio!
«Non ti pare che come fuga sia un po' troppo prevedibile? Sarebbe il primo luogo in cui ci verrebbero a cercare».
«Tranquillo, non ci troveranno. Si perderanno. Noi invece no, con me come guida non ci si perde mai. Una volta a casa potremo stare sdraiati al sole quanto vogliamo, mangiare quello che vogliamo, fare il bagno nel fiume, arrampicarci sugli alberi, andare al villaggio e fare due chiacchiere. Tu potrai leggere tutti i libri che vorrai. E poi ci sarà Ravenna».
«Si potrebbe fare».
Magda si era alzata in un istante e con un balzo si era buttata su di lui, con tutta l'intenzione di soffocarlo. Keats l'aveva stretta per riflesso involontario - per paura che cadesse e si facesse male - senza sapere esattamente quello che faceva, perché sentire il suo corpo morbido e caldo a contatto con il proprio lo mandava sempre in corto circuito. Voleva allontanarla da sé, perché non sapeva cosa avrebbe potuto fare: lei era solo una bambina - a dodici anni cos'altro poteva essere per lui che ne aveva diciassette? - ed erano soli in quel giardino, ma non ci riusciva e i suoi capelli corvini gli solleticavano il collo, sentiva il suo respiro caldo e umido al proprio orecchio e le sue mani erano posate sulla curva sinuosa della sua schiena: era una sfida atroce resisterle.
Ma doveva.
«Dai, torniamo in Accademia, ci staranno cercando».

Adesso
Era seduta sotto una statua di marmo bianco e guardava il suo orologio da taschino, il meccanismo che le permetteva di andare su e giù nel tempo. La montatura era d'oro e di lato c'erano dei graffi, ricordo di qualche movimento maldestro: il quadrante bianco era un tondo perfetto su cui correvano tre file di numeri romani indicate da tre differenti lancette nere. Rigirò tra le mani affusolate l'oggetto e poi lo strinse fino a farsi male.
«Ti ha mandato uno dei piani alti?» chiese senza voltarsi e senza ostilità nella voce: non aveva voglia di fingere, di inscenare un dibattito per distogliere l'attenzione su ciò che entrambi parevano intenzionati a non voler toccare, non subito almeno — ma era un discorso che prima o poi avrebbero dovuto affrontare e a che pro tergiversare? Se doveva essere quello il tempo e il luogo per i chiarimenti, che così fosse.
«No. Stavo passando e ti ho vista».
Anche se mentiva, Magda non avrebbe potuto dirlo.
Keats si sedette accanto a lei, puntando lo sguardo sulla balaustra di marmo poco distante da loro. Aveva paura di perdersi nei suoi occhi d'onice o di indugiare troppo a lungo sulla bocca carnosa. Dopo tutto quel tempo, Magda riusciva ancora a mandarlo in corto circuito: desiderava stringerla e baciarla, farla sua, morderla e sentirla gemere il suo nome. Ora avrebbe potuto farlo, no? Lei non aveva più dodici anni. Dopo tutto quel tempo, dopo tutto quello che era successo, ancora non riusciva a sopprimere l'attrazione che provava nei suoi confronti e che non si limitava alla curva sinuosa dei fianchi.
Biasimava se stesso per la sua debolezza.
«Adesso cosa succede?»
«Non lo so» rispose Keats con un sospiro, anche lui sembrava intenzionato a lasciare da parte convenevoli e inutili discorsi «Non lo so».
«Vorranno eliminarla, non è vero?»
«Io...credo di sì» ammise con una smorfia: le alte cariche non avrebbero mai permesso a Ravenna di sopravvivere, l'avrebbero distrutta e lo avrebbero fatto giocando sporco. Perché quello che avevano avuto modo di vedere era troppo.
«Lo farò io» disse Magda «La ucciderò io».
Keats sussultò e si voltò a guardarla: teneva lo sguardo fisso verso l'infinito e i pugni chiusi, le unghie conficcate nella carne.
Le prese le mani e gliele aprì, stringendogliele.
«Ti fai male».
Magda lo guardò e si sentì nuda di fronte a quello sguardo penetrante: senza rendersene conto scoppiò a piangere, come quando da bambina aveva gli incubi.
«Abbracciami» singhiozzò, accantonando l'orgoglio «Abbracciami Keats, fammi sentire che ci sei. Mi sei mancato così tanto, stringimi».
Le braccia di Keats erano forti e rassicuranti, erano le braccia di un uomo, erano le braccia dell'uomo che aveva sempre amato.
«Promettimi che non te ne andrai mai» sussurrò al suo orecchio.
Non era la prima volta che glielo chiedeva e, sentiva, non sarebbe neanche stata l'ultima.
«Starò sempre con te».
Dopo tutto quel tempo la risposta non era cambiata. 

   
 
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