Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Fede_Wanderer    25/12/2011    5 recensioni
L'amore con te è come camminare in punta di piedi senza potersi fermare. (Nathalie)
Un treno, un viaggio verso Firenze, e la nascita di un amore.
“Devi essere una lettrice. Voglio dire, una di quelle persone che passano ore a divorare libri… Magari davanti a un caminetto…”
“Sì, sì, assolutamente.”
“…Davanti a una tazza di cioccolata calda fumante…”
“Oh, no. Questo no. Mai bevuta una tazza di cioccolata in vita mia.”
"Stai scherzando!"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

In punta di piedi

L’amore con te è come camminare in punta di piedi senza potersi fermare. (Nathalie)


Le porte del treno si richiudono con un fischio ed una ragazza sui vent’anni dai corti capelli biondi, trascinando un trolley e due borse, entra nel primo scompartimento del vagone.
Al suo interno c’è una sola persona, una diciassettenne, o diciottenne forse, raggomitolata sul sedile e piegata su un libro infinitamente grande, con i lunghi riccioli neri che ricadono sulle pagine.
Non appena la sente entrare, alza lo sguardo e con un gesto frettoloso infila un segnalibro tra le pagine del mattone che tiene tra le mani e lo appoggia sul sedile, alzandosi in piedi.
“Ciao. Hai bisogno d’aiuto?” domanda, indicando il trolley con la testa.
“Oh,” mormora l’altra, con un sorriso, “No, grazie, ce la faccio.” Annuisce, come a voler sottolineare la cosa, e solleva i bagagli, posando le borse su uno dei sedili vuoti e sistemando più in alto il trolley.
La ragazza alza le spalle e, rispondendole “Come vuoi”, sorride a sua volta e torna a sedersi; riprende in mano il romanzo, lo appoggia sulle proprie ginocchia e fa per riaprirlo.
Poi esita un istante e solleva lo sguardo, osservando la propria compagna di viaggio. Ha dei capelli corti e biondissimi, con una frangia che le ricopre dolcemente la fronte, senza però oscurare gli occhi verdi; ha tirato fuori un rossetto dalla borsa e, con meticolosa cura, lo sta passando sulle labbra.
“Come ti chiami?”, le chiede, giocherellando con uno dei boccoli neri che le circondano il viso.
“Chiara.” La sua voce è acuta, al contrario della propria, ma non fastidiosa – dolce, quasi. “Tu?”
“MJ.” Risponde, di getto. Poi fa una smorfia e si corregge: “Maria. Scusami, è l’abitudine. I miei amici mi chiamano in quel modo.”
Chiara la guarda divertita. “MJ?” chiede, incuriosita.
“Sì, come Mary-Jane. Quella di Spider-Man. I miei genitori mi hanno chiamata Maria come primo nome, come mia nonna materna, e Gianna come secondo nome, come mia nonna paterna. E’ orrendo. Famiglia legata alle tradizioni, sai. E io l’ho inglesizzato. Ma Maria va benissimo.”
La sua compagna si mette a ridere – è una risata lunga e, per qualche motivo, ha un suono confortante.
“Ho capito. Be’, mio padre voleva chiamarmi Olivia.” Dice, alzando gli occhi al cielo. “E’… terrificante”, aggiunge, in segno di comprensione.
Poi lancia un’occhiata al libro che MJ tiene stretto tra le mani. “Che cos’è?”
Il Signore degli Anelli”, spiega. “L’ho letto almeno quattro volte, ma me lo porto dietro ad ogni viaggio.”
Chiara spalanca gli occhi, guardando con un misto di ammirazione ed incredulità quella ragazza – c’è qualcosa di terribilmente profondo e bello, si ritrova a pensare, nel tono affezionato con cui ha pronunciato quelle parole.
“Devi essere una lettrice.” Osserva, non riuscendo a reprimere un sorriso di sincera ammirazione. “Voglio dire, una di quelle persone che passano ore a divorare libri…”
L’altra annuisce, ridacchiando.
“…Magari davanti a un caminetto…”
Un altro assenso. “Sì, sì, assolutamente.”
“…Davanti a una tazza di cioccolata calda fumante…”
“Oh, no.” MJ l’interrompe, scuotendo freneticamente la testa. “Questo no. Mai bevuta una tazza di cioccolata in vita mia.”
“Stai scherzando! Credo che tu sia l’unica persona che conosca che non ha mai bevuto una cioccolata. E come mai? Sei intollerante o allergica o qualcosa del genere?”
“No, no” si affretta a spiegare: “Da piccola mi fecero assaggiare del cioccolato che credo fosse scaduto o che so io, ma be’, mi fece schifo e da allora non ho più osato toccarlo.”
“Ma dai! Questo è inammissibile, appena arriviamo a Firenze te ne faccio assaggiare una. Viaggi anche tu verso Firenze, vero?”
“Certo! Ma…” Ma non riuscirai a farmela assaggiare, sta per ribattere, non c’è riuscita mia madre e neppure il mio migliore amico quando mi legò alla sedia, ma qualcosa nel luccichio di quegli occhi le fa cambiare idea. “Ci sto.” Risponde infine, sorprendendo persino se stessa.  “A patto che, mentre la beviamo, tu ti lasci raccontare almeno un pezzettino delle trame dei miei libri preferiti”, aggiunge, ghignando.
Chiara si morde un labbro, sovrappensiero. Ma poi cede. “Okay!”
Una delle due – non saprebbero neppure loro dire chi abbia effettivamente iniziato prima – accenna una risata, e l’altra si lascia trascinare, fino a quando si ritrovano a ridere all’unisono, forse perché hanno appena fatto un patto assurdo, forse perché è così semplice parlare tra loro, forse perché si aspettavano di trovarsi da sole nello scompartimento, o in compagnia di adolescenti tamarri e settantenni borbottanti, forse perché la neve fuori ha iniziato a cadere e loro due l’hanno sempre detestata (perché quando si sporca diventa grigia e orrenda e fredda e fastidiosa), ma per una volta non importa.
“Come mai vai a Firenze?”, domanda Chiara, una volta conclusosi il flusso di risate.
“Natale da mia nonna, molto banalmente. I miei lavorano, quindi sono rimasti a Milano. E tu?”
“Passo due giorni con delle mie amiche che abitano lì; loro sono due gemelle, e hanno un posto in più in casa, e senza di loro passerei feste terribilmente noiose. Te le presento, appena usciamo! Sono tipe un po’ particolari, una delle due si è tinta i capelli di rosa giusto l’altro giorno, e… ma sono simpatiche.”
“Non ne dubito: sono amiche tue!” risponde di scatto MJ, per poi rimanere perplessa. Ma da dove cazzo mi è uscita questa? “Comunque”, si affretta ad aggiungere, “Anche io conosco un sacco di gente particolare, ma perlopiù in senso negativo” – alza gli occhi al cielo – “Tipo, c’è una nella mia scuola che è una specie di caso umano, oltre ad essere la persona più appiccicosa del globo, e…”
E Chiara pensa che in fondo non gliene frega niente delle persone appiccicose né della sua scuola, ma la lascia parlare, e parlare ancora, perdendosi nelle sfumature della sua voce.
Così, vanno avanti per ore, tra aneddoti e scherzi e semplici, futili chiacchiere.
“Da bambina”, racconta ad un certo punto Chiara, “pensavo che mia madre fosse una principessa di qualche regno distante, perché le sue labbra erano rosse e splendenti e perfette come quelle delle principesse. Poi ho scoperto che si trattava di semplice rossetto. E presi ad imitarla, in segno d’onore verso la mia principessa preferita. Pensa, rimasi terribilmente indignata quando scoprii che le mie compagne di classe se lo mettevano per sembrare più grandi, mi sembrava una cosa così infantile. Le mie ragioni erano più alte, più nobili. Non trovi?”
MJ esita un istante. “Detesto le principesse”, confessa poi, con un sorriso di scuse. 
“Oh, accidenti.”
Passano i secondi, i minuti, le ore, e, tra gossip e scambi di numeri di cellulare, la neve continua a cadere. 
Fino a quando il treno giunge vicino alla meta.
“Be’”, dice MJ, alzandosi in piedi e cominciando a raccogliere i bagagli, mentre l’amica fa lo stesso, “Allora… ci si vede.”
“Sicuramente!”, afferma Chiara, sistemandosi in spalla le borse e tirando con una mano il trolley. Poi si avvicina alla compagna, fermandosi un istante a guardarla – i boccoli che le incorniciano il viso, gli occhi grigi, il sorriso malinconico. Fa un passo in avanti e l’abbraccia, stringendola istintivamente più forte di quanto non fosse nei suoi piani. L’altra ricambia l’abbraccio, raggiante.
Non appena si separano, MJ si sporge in avanti – carpe diem, sussurra a se stessa -, ed appoggia le proprie labbra sulle sue. Chiara schiude le labbra, rispondendo al bacio, mentre una voce distante ed inascoltata annuncia l’aprirsi delle porte.
“Mh, maledetta”, mormora infine, interrompendo il bacio, “Volevo farlo io, il primo passo. E dopo la cioccolata!”
L’altra scoppia a ridere, e la trascina per un braccio fuori dal treno. “Sta’ tranquilla, avrai tutto il tempo che vuoi per farlo.”
Sul binario, due gemelle, l’una dai capelli rosa e l’altra con un ciuffo verde, le salutano agitando le braccia, con l’espressione astuta di chi è avidamente in cerca di una bella storia romantica da farsi raccontare.

Buon Natale!

EDIT:
http://i39.tinypic.com/2u883ed.jpg -> Queste sono Chiara e MJ, illustrate da Mrs. Gray <333 Amatela!

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Fede_Wanderer