In punta di piedi
L’amore con te è come camminare in punta di piedi senza potersi fermare.
(Nathalie)
Le porte del treno si richiudono con un fischio ed una ragazza sui vent’anni dai
corti capelli biondi, trascinando un trolley e due borse, entra nel primo
scompartimento del vagone.
Al suo interno c’è una sola persona, una diciassettenne, o diciottenne forse,
raggomitolata sul sedile e piegata su un libro infinitamente grande, con i
lunghi riccioli neri che ricadono sulle pagine.
Non appena la sente entrare, alza lo sguardo e con un gesto frettoloso infila
un segnalibro tra le pagine del mattone che tiene tra le mani e lo appoggia sul
sedile, alzandosi in piedi.
“Ciao. Hai bisogno d’aiuto?” domanda, indicando il trolley con la testa.
“Oh,” mormora l’altra, con un sorriso, “No, grazie, ce la faccio.” Annuisce,
come a voler sottolineare la cosa, e solleva i bagagli, posando le borse su uno
dei sedili vuoti e sistemando più in alto il trolley.
La ragazza alza le spalle e, rispondendole “Come vuoi”, sorride a sua volta e
torna a sedersi; riprende in mano il romanzo, lo appoggia sulle proprie
ginocchia e fa per riaprirlo.
Poi esita un istante e solleva lo sguardo, osservando la propria compagna di
viaggio. Ha dei capelli corti e biondissimi, con una frangia che le ricopre
dolcemente la fronte, senza però oscurare gli occhi verdi; ha tirato fuori un
rossetto dalla borsa e, con meticolosa cura, lo sta passando sulle labbra.
“Come ti chiami?”, le chiede, giocherellando con uno dei boccoli neri che le
circondano il viso.
“Chiara.” La sua voce è acuta, al contrario della propria, ma non fastidiosa –
dolce, quasi. “Tu?”
“MJ.” Risponde, di getto. Poi fa una smorfia e si corregge: “Maria. Scusami, è
l’abitudine. I miei amici mi chiamano in quel modo.”
Chiara la guarda divertita. “MJ?”
chiede, incuriosita.
“Sì, come Mary-Jane. Quella di Spider-Man. I miei genitori mi hanno chiamata
Maria come primo nome, come mia nonna materna, e Gianna come secondo nome, come
mia nonna paterna. E’ orrendo. Famiglia legata alle tradizioni, sai. E io l’ho
inglesizzato. Ma Maria va benissimo.”
La sua compagna si mette a ridere – è una risata lunga e, per qualche motivo,
ha un suono confortante.
“Ho capito. Be’, mio padre voleva chiamarmi Olivia.” Dice, alzando gli occhi al
cielo. “E’… terrificante”, aggiunge, in segno di comprensione.
Poi lancia un’occhiata al libro che MJ tiene stretto tra le mani. “Che cos’è?”
“Il Signore degli Anelli”, spiega.
“L’ho letto almeno quattro volte, ma me lo porto dietro ad ogni viaggio.”
Chiara spalanca gli occhi, guardando con un misto di ammirazione ed incredulità
quella ragazza – c’è qualcosa di terribilmente profondo e bello, si ritrova a pensare, nel tono affezionato con cui ha pronunciato
quelle parole.
“Devi essere una lettrice.” Osserva, non riuscendo a reprimere un sorriso di
sincera ammirazione. “Voglio dire, una di quelle persone che passano ore a
divorare libri…”
L’altra annuisce, ridacchiando.
“…Magari davanti a un caminetto…”
Un altro assenso. “Sì, sì, assolutamente.”
“…Davanti a una tazza di cioccolata calda fumante…”
“Oh, no.” MJ l’interrompe, scuotendo freneticamente la testa. “Questo no. Mai
bevuta una tazza di cioccolata in vita mia.”
“Stai scherzando! Credo che tu sia l’unica persona che conosca che non ha mai
bevuto una cioccolata. E come mai? Sei intollerante o allergica o qualcosa del
genere?”
“No, no” si affretta a spiegare: “Da piccola mi fecero assaggiare del
cioccolato che credo fosse scaduto o che so io, ma be’, mi fece schifo e da
allora non ho più osato toccarlo.”
“Ma dai! Questo è inammissibile, appena arriviamo a Firenze te ne faccio
assaggiare una. Viaggi anche tu verso Firenze, vero?”
“Certo! Ma…” Ma non riuscirai a farmela
assaggiare, sta per ribattere, non
c’è riuscita mia madre e neppure il mio migliore amico quando mi legò alla
sedia, ma qualcosa nel luccichio di quegli occhi le fa cambiare idea. “Ci
sto.” Risponde infine, sorprendendo persino se stessa. “A patto che, mentre la beviamo, tu ti lasci
raccontare almeno un pezzettino delle trame dei miei libri preferiti”,
aggiunge, ghignando.
Chiara si morde un labbro, sovrappensiero. Ma poi cede. “Okay!”
Una delle due – non saprebbero neppure loro dire chi abbia effettivamente iniziato
prima – accenna una risata, e l’altra si lascia trascinare, fino a quando si
ritrovano a ridere all’unisono, forse perché hanno appena fatto un patto
assurdo, forse perché è così semplice
parlare tra loro, forse perché si aspettavano di trovarsi da sole nello
scompartimento, o in compagnia di adolescenti tamarri e settantenni
borbottanti, forse perché la neve fuori ha iniziato a cadere e loro due l’hanno
sempre detestata (perché quando si sporca diventa grigia e orrenda e fredda e
fastidiosa), ma per una volta non importa.
“Come mai vai a Firenze?”, domanda Chiara, una volta conclusosi il flusso di
risate.
“Natale da mia nonna, molto banalmente. I miei lavorano, quindi sono rimasti a
Milano. E tu?”
“Passo due giorni con delle mie amiche che abitano lì; loro sono due gemelle, e
hanno un posto in più in casa, e senza di loro passerei feste terribilmente
noiose. Te le presento, appena usciamo! Sono tipe un po’ particolari, una delle
due si è tinta i capelli di rosa giusto l’altro giorno, e… ma sono simpatiche.”
“Non ne dubito: sono amiche tue!” risponde di scatto MJ, per poi rimanere
perplessa. Ma da dove cazzo mi è uscita
questa? “Comunque”, si affretta ad aggiungere, “Anche io conosco un sacco
di gente particolare, ma perlopiù in
senso negativo” – alza gli occhi al cielo – “Tipo, c’è una nella mia scuola che
è una specie di caso umano, oltre ad essere la persona più appiccicosa del
globo, e…”
E Chiara pensa che in fondo non gliene frega niente delle persone appiccicose
né della sua scuola, ma la lascia parlare, e parlare ancora, perdendosi nelle
sfumature della sua voce.
Così, vanno avanti per ore, tra aneddoti e scherzi e semplici, futili
chiacchiere.
“Da bambina”, racconta ad un certo punto Chiara, “pensavo che mia madre fosse
una principessa di qualche regno distante, perché le sue labbra erano rosse e
splendenti e perfette come quelle delle principesse. Poi ho scoperto che si
trattava di semplice rossetto. E presi ad imitarla, in segno d’onore verso la
mia principessa preferita. Pensa, rimasi terribilmente indignata quando scoprii
che le mie compagne di classe se lo mettevano per sembrare più grandi, mi sembrava una cosa così infantile. Le
mie ragioni erano più alte, più nobili. Non trovi?”
MJ esita un istante. “Detesto le principesse”, confessa poi, con un sorriso di
scuse.
“Oh, accidenti.”
Passano i secondi, i minuti, le ore, e, tra gossip e scambi di numeri di
cellulare, la neve continua a cadere.
Fino a quando il treno giunge vicino alla meta.
“Be’”, dice MJ, alzandosi in piedi e cominciando a raccogliere i bagagli,
mentre l’amica fa lo stesso, “Allora… ci si vede.”
“Sicuramente!”, afferma Chiara, sistemandosi in spalla le borse e tirando con
una mano il trolley. Poi si avvicina alla compagna, fermandosi un istante a
guardarla – i boccoli che le incorniciano il viso, gli occhi grigi, il sorriso
malinconico. Fa un passo in avanti e l’abbraccia, stringendola istintivamente
più forte di quanto non fosse nei suoi piani. L’altra ricambia l’abbraccio,
raggiante.
Non appena si separano, MJ si sporge in avanti – carpe diem, sussurra a se stessa -, ed appoggia le proprie labbra
sulle sue. Chiara schiude le labbra, rispondendo al bacio, mentre una voce
distante ed inascoltata annuncia l’aprirsi delle porte.
“Mh, maledetta”, mormora infine, interrompendo il bacio, “Volevo farlo io, il
primo passo. E dopo la cioccolata!”
L’altra scoppia a ridere, e la trascina per un braccio fuori dal treno. “Sta’
tranquilla, avrai tutto il tempo che vuoi per farlo.”
Sul binario, due gemelle, l’una dai capelli rosa e l’altra con un ciuffo verde,
le salutano agitando le braccia, con l’espressione astuta di chi è avidamente
in cerca di una bella storia romantica da farsi raccontare.
Buon Natale!
EDIT: http://i39.tinypic.com/2u883ed.jpg
-> Queste sono Chiara e MJ,
illustrate da Mrs. Gray
<333 Amatela!