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Autore: ItsLaylaHere    25/12/2011    3 recensioni
Fan-fiction su Zacky Vengeance, è circondato da una luce bianca accecante. Dove si trova? Perché è là? E chi è quella strana ballerina?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Zacky Vengeance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero, o meglio: non ero, in un luogo preciso; della luce bianca e candida mi abbagliava da ogni punto su cui poggiavo il mio sguardo, che fosse a destra o a sinistra, avanti o indietro, sopra o sotto. Non c'era nessuno, niente, ero l'unica persona là; sembrava che non esistesse nulla, niente oggetti, niente persone. Feci qualche passo, mi sembrava di essere sospeso in tutto quel non colore, ma sotto di me qualcosa risuonava appena mi muovevo, era sicuramente l'eco profonda dei miei passi che mi seguiva e faceva sentire in soggezione: io, piccolo, indifeso e spoglio di tutto contro l'eterno e perenne chiaore infinito. Stavo cercando una via d'uscita per evadere da quello spazio lugubre, nonostante fosse tutto bianco e spoglio. Non volevo passare il resto della mia vita là, abbandonare per sempre i miei compagni, Matt, Syn, Johnny e Jimmy. Feci qualche altro passo verso la luce di fronte a me, mi affrettai, iniziai a correre; nulla. Non cambiava niente: stesso paesaggio, se così si poteva chiamare, solita assenza di tutto. Provai ad urlare: nessuna risposta, sentivo solo l'eco della mia voce. Mi sedetti per terra, o almeno sembrava fosse una pavimentazione stabile, ma sembrava che fluttuassi per aria. Appoggiai le mani su quella specie di pavimento, forse era una lastra di vetro perché era ghiacciato. Iniziai a battere le mani su quella lastra, anche se avevo il terrore che, prima o poi, si dovesse rompere per il peso; niente: udivo solo l'eco, come sempre. Iniziai a battere i pugni, ma quello che ottenni fu solo un dolore lancinante alla mano sinistra. Mi arresi all'ormai considerata impossibile missione di uscita da quel luogo e, ormai stanco e dolorante, mi distesi per terra come quando qualcuno di solito si butta sul divano di casa. Chiusi gli occhi, sentii una piccola lacrima calda scendermi dall'occhio destro, accarezzarmi lo zigomo e scomparire fra il ciuffo di capelli corvini che spesso arrotolavo fra un dito e l'altro. C'era confusione nella mia testa: perché ero là? Cosa potevo fare per uscire? Come potevo uscire? Avrei mai rivisto il mio mondo?
Dopo un po' non sentii più i miei pensieri, forse mi ero addormentato e stavo sognando: ecco che ricomparivano i miei amici, la mia famiglia, la mia casa, le strade affollate del quartiere, le vecchiette che urlavano a chiunque: in quel momento adoravo sentire anche i loro lamenti; avrei dato tutto quello che avevo per tornare a quella vita, ma non mi era rimasto nulla, solo il dolce ricordo di ciò che avevo trascorso durante la mia esistenza. All'improvviso un fischio tremendo mi risuonò nelle orecchie e mi svegliai di colpo. Ansimavo come se avessi corso per chilometri e mi misi a sedere. Mi accorsi che ai piedi non avevo le scarpe dei momenti precedenti al sonno, ma un paio di calzature eleganti nere e lucide. Inoltre avevo un paio di pantaloni che non assomigliavano affatto ai miei preferiti, quelli blu attillati: erano neri, opachi, signorili. Spostai lo sguardo sul petto e notai che indossavo una giacca dello stesso colore dei pantaloni, con sotto una camicia bianca ed un papillon nero. Perché ero vestito così? Fu allora che, davanti a me, vidi l'esile profilo di una ragazza farsi spazio tra la luce. La sua mano era tesa verso di me, come a invito di andare da lei. Mi alzai e la raggiunsi, le presi la mano, che era stranamente calda e morbida. In quel momento notai com'era vestita: indossava un lungo vestito bianco sporco, piacevole alla vista e soffice, a quanto pareva. Era una graziosa fanciulla, assomigliava tanto ad una mia compagna, purtroppo deceduta dopo un incidente. Quindi ero morto anch'io come lei? No, non ricordo di essermi schiantato per strada.
-Chi sei?- le chiesi. Nessuna risposta. Le ripetei questa domanda decine di volte, ma non parlava. Forse era muta. Aveva provocato lei quel suono orribile che mi aveva svegliato? Mi arresi anche a parlarle.
Sentii una musica all'interno della mia testa e lei mi accolse in una sorta di abbraccio, sistemando per bene se stessa e me in posizione da ballo. Iniziammo lentamente a danzare sulle note di un lento: lei si muoveva in un modo soave e leggiadro, era aggraziata nei suoi movimenti e, questo mi fu difficile da accettare, lo ero anch'io: non pensavo di essere così bravo a ballare. Continuammo così per molto, forse: per ore, giorni o solo minuti, mentre la musica mi ronzava in testa.Sembrava che stessimo volando fra quella luce perenne.
Lei era instancabile, aveva sempre la stessa espressione inespressiva, un sorriso appena accennato ed un paio di dolci occhioni color del cioccolato che la rendevano splendida, ciglia lunghe e trucco al naturale. I lunghi capelli erano raccolti con uno chignon dietro la nuca.
Tutto quell'odioso bianco sembrava scomparso da quando ero davanti alla graziosa ragazza: esistevamo solo io e lei, lei ed io; mi piaceva quella sensazione. Mi scaldava con il suo calore corporeo, nonostante sembrava che fosse una statua scolpita nel marmo, perfetta nei lineamenti, dipinta eccezionalmente, ma sempre con la stessa espressione facciale. Ed ecco che roteavamo all'infinito per aria, compievamo disegni complessi con i nostri corpi, ripetendo gli stessi movimenti che avevamo già fatto almeno un migliaio di volte. Volevo fermarmi, non volevo più ballare: non che fossi stanco, ma era tutto così ripetitivo. Cercai di staccare le mie mani dalle sue, di allontanarmi da lei e spezzare quel contatto così magico, quasi fossimo tenuti insieme grazie ad un filo invisibile, ma non ci riuscivo: sembravo incollato alle sue mani, il mio corpo continuava a ballare nonostante non volessi; non riuscivo più a controllarmi. Iniziai a scocciarmi e cercai di allontanarmi da lei con tutte le mie forze, volevo spezzare quel filo immaginario e scappare. Lei, impassibile, continuava a fissarmi come sempre. Inclinai gli angoli della bocca, non sapevo che altro fare per cercare di evadere da quel mondo.
-Cazzo, fammi uscire, mollati da me!- urlai con quanto fiato avevo in corpo, ma nessuno mi rispose. Lei, statua dura e calda, né mi mollava né cambiava espressione. Iniziai a spaventarmi sul serio. Sentivo caldo, troppo forse, per la vicinanza a quella creatura, forse non era umana; lei si avvicinava sempre di più a me, mi faceva sentire male, sapevo che in poco tempo avrei dovuto togliere il papillon e slacciare i primi bottoni della camicia così soffice ed allo stesso tempo calda, quasi bollente ormai. Lei si avvicinava sempre di più a me, mi stava attaccata, ma non sentivo il suo respiro sulla mia pelle o il battito del suo cuore. Il mio, al contrario, pulsava anche troppo velocemente. Probabilmente sarei morto bruciato, sempre se non lo ero già. Lei iniziò ad ingrandirsi e a surriscaldarmi, mi sentivo ardere, forse avevo preso fuoco da quanto caldo avevo. La mia vista era offuscata e l'unica cosa che vedevo era il vestito, ormai enorme, dell'essere ormai mostruoso che non sembrava affatto la donna che era fino a pochi istanti prima. Il suo abito era come velato, i particolari fatti di pizzo e perline non si distinguevano più. Avevo sempre più paura. Ormai quella cosa mi sovrastava e, se avesse continuato così, mi avrebbe inglobato al suo interno. Stavo soffrendo per la temperatura eccessiva, non sapevo cosa fare, lei occupava tutta la mia visuale, quindi mi arresi.
Presto mi inglobò in sé: là sudavo, mi giravo e rigiravo, non trovavo pace. Sembrava che mi avessero appiccato fuoco, non potevo resistere un altro secondo in quell'orribile posto. Mi contorcevo tra quei vestiti roventi, non sapevo che fare. Chiusi gli occhi.


-Sveglia Zacky, dai!- era una voce familiare. Aprii gli occhi: mi ritrovai nel mio letto.
-S... Syn sei tu?- stropicciai gli occhi.
-Ma certo che sono io, chi ti aspettavi, una bella donna nuda?- sorrise.
-Cretino-.
-Sei tutto sudato, tutto bene?- mi tastai la fronte. Era vero, ero impregnato di sudore.
-S... Sì, sicuro!- mi alzai dal letto e mi misi un paio di pantaloni, i miei preferiti. Per fortuna era stato tutto un incubo, un'invenzione della mia mente.
-Dai, muoviti: gli altri ci stanno aspettando al solito posto, sei più lento di una donna-.
-Vaffanculo Syn- lo feci ridere, come mi aspettavo: non volevo raccontare dell'incubo né a lui né agli altri, li avrei fatti solo preoccupare.
Quando fui pronto andammo dal resto del gruppo che ci aspettava al solito bar all'angolo della strada per fare colazione. Sorrisi a loro, ai passanti, alle vecchiette che urlavano: ero felice di poter rivedere tutto questo.


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Intanto grazie mille a tutti per aver letto la mia storiella! :33 
Volevo dirvi qualcosa uwu:
- se l'avete letta tutta, beh, VI AMO.
-se vi piace mi fa piacere, anche se non mi convince molto, boh OvO
-l'ho scritta in pochissimo tempo e la trovo abbastanza corta, perdonatemi.
-è la prima ff che scrivo sul mondo "Avenged Sevenfold", non siate cattivi quando recensite ç_ç (lo farete, veeeeero? *w*)
-spero abbiate capito chi è la ragazza dell'incubo.
-Divertitevi, buone feste e compagnia briscola! <3

   
 
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