Genere: Malinconico, Sentimentale, Romantico
Rating: Verde
Avvertimenti: Slash, One Shot, AU
Disclaimer: Mi appartiene solo ciò che scrivo! :)
Pairing: Merlin/Arthur
Note: Alcuna. Non so
davvero come giustificare questa cosa. Consideratelo un regalo di
Natale per ognuno di voi, anche se so che non è proprio
allegrissima! Mi è venuta così ed ho dovuto per forza
scriverla! Tra l'altro, è la primissima AU che pubblico e mi
farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate! Buon Natale a tutti e un
bacio a chi si fermerà a lasciarmi un parere!
Thalia!
“How long can you wait?”
È
la Vigilia di Natale e sono a venti miglia da te.
La
strada è innaturalmente isolata e silenziosa. È la Vigilia di Natale, dici a te
stesso, è normale che sia così.
La
tua auto corre ad una velocità che oltrepassa notevolmente il limite, ma poco
importa.
Non
hai mai avuto particolari problemi a fare in modo che le cose andassero come
volevi tu. Sei sempre stato sorprendentemente abile nel dare ordini e nel
convincere gli altri a piegarsi al tuo volere. Egoista, ti definirebbe lui. Forse anche arrogante, viziato. Borioso.
Riesci
a sentire la sua voce che ti rimbomba nella testa e l’unica cosa a cui riesci a
pensare razionalmente è che, diamine, stavolta l’hai combinata grossa.
La
luce del lampione illumina l’abitacolo della tua auto, abbagliandoti momentaneamente.
L’orologio
sul cruscotto segna le 21.37. Le 21.37 della peggior Vigilia di Natale della
tua vita. Tamburelli con le dita sul volante, portandoti una mano sotto il
mento, cercando di far ordine fra i pensieri che continuano a vorticare
irrequieti.
Premi
il piede sull’acceleratore, continuando a ripetere a te stesso e alla tua auto
di fare più in fretta.
Le
cose non sono mai state tanto complicate per te, Arthur. Irrompevi come un
uragano nelle vite degli altri, prendendone possesso senza chiedere il
permesso.
Tu arrivi e
prendi ciò che vuoi senza neanche chiedere.
Chiudi
gli occhi, allontanando dalla tua mente l’ultima, violenta litigata che vi ha
visti partecipi, stringendo il pugno con tale forza da farti male.
Niente
potrà toglierti dalla testa l’idea che tu abbia definitivamente rovinato tutto,
che tu sia stato l’artefice della distruzione della cosa più bella e giusta che
ti sia mai capitata.
Di
sciocchezze ne hai fatte tante ma, probabilmente, nessuna arriverà mai ad
eguagliare questa.
Sorridi,
amaro, sperando che, almeno, questo tuo tentativo maldestro di riaggiustare la
situazione valga a qualcosa. Se tu fossi stato qualcun altro non saresti mai
arrivato a questo punto, non avresti mai permesso a te stesso di lasciarlo
andare né a lui di farlo davvero. Se tu fossi stato qualcuno di meno cieco ed
egoista gli avresti detto subito cosa pensavi, cosa provavi. Ma tu sei Arthur Pendragon. Tu urli in faccia alla gente e
ti nascondi dietro gesti all’apparenza gentili ma che hanno tutt’altro
significato. Tu ti nascondi dal mondo, schermandoti dietro muri di parole vuote
ed insensate costruiti con l’unico scopo di impedire agli altri di guardare
cosa c’è dall’altra parte.
Tu
sei Arthur Pendragon, per l’amor del cielo, tu spingi il ragazzo di cui sei
follemente innamorato tra le braccia di un altro pur di non fargli capire cosa
provi.
E
intanto dai gas all’auto, desideroso di mettere meno miglia possibili fra voi
due.
Ne
mancano solo cinque, dopotutto.
Lo
hai letto talmente veloce che il fiato ti si è mozzato in gola quando sei
arrivato alla fine. Ne hai bevuto ogni parola con avidità, maledicendo te
stesso e la tua stupidità per non aver visto ciò che lui ha sempre cercato di
mostrarti. Ingoi il nodo che ti si è formato alla bocca dello stomaco,
distogliendo lo sguardo dal ricordo della sua espressione ferita e delusa e del
suo Non hai mai capito nulla, Arthur
che ti brucia ancora negli occhi.
La
notte avanza silenziosa, gettando oscurità su di te e sui tuoi ricordi
tormentati.
quanto puoi
aspettare che una persona si accorga di te, prima di decidere di averne
abbastanza? Sono stato un idiota e me ne pento, me ne pento ogni giorno. Non ho
mai creduto che le cose tra noi sarebbero state facili, ma confidavo in te, in
me e in quella profonda connessione che ci ha sempre uniti. Mi sbagliavo,
ovviamente. Mi sbagliavo perché non avevo fatto i conti con la stupidità, la
tua e la mia. La mia, perché ho atteso per due anni che tu aprissi gli occhi e
ti rendessi conto che io ero a soli pochi passi da te. La tua, perché hai
permesso al tuo orgoglio e alla tua arroganza di accecarti tanto da mandare a
rotoli ciò che tanto faticosamente stavamo cercando di costruire.
Sto andando ad
Ealdor, Arthur. Ho deciso di prendermi un po’ di tempo per fare ordine nella
mia vita, lasciando anche a te la possibilità di fare lo stesso. Ho parlato con
Will, gli ho spiegato le mie ragioni e lui sembra averle capite. Non mi è parso
arrabbiato, anche se temo che lo sia fin troppo.
Ho provato a
farmelo piacere, a farmi coinvolgere da lui, a ridere alle sue battute e
specchiarmi nei suoi occhi celesti. Ci ho provato, davvero. Ma non ci sono
riuscito.
Will non ha
occhi celesti in cui specchiarsi, non possiede un vasto e, lasciamelo dire,
ridicolo repertorio di battute ed aneddoti dal quale lasciarsi affascinare, non
è sagace ed ironico e assolutamente non è coinvolgente e spiritoso. Ma,
soprattutto, Will non è te, Arthur, ed io ho capito troppo tardi che non sarei
mai riuscito a farmi piacere qualcuno che non fossi tu. Mi hai spinto ad uscire
con lui con una sicurezza ed una naturalezza che mi hanno non solo devastato,
ma ferito a tal punto da credere che, davvero, di me non te ne fosse mai
importato nulla.
Non hai fatto
altro che continuare a ripetere quanto lui fosse perfetto per me e quanto fosse
“noiosamente adorabile” e “casalingo quanto basta”, senza pensare mai a cosa io
davvero volessi. Bastava poco, Arthur, bastava davvero poco per rendersi conto
che tutto ciò che volevo eri tu. Ma forse era troppo complicato da vedere, o forse
tu semplicemente non volevi.
Sto andando ad
Ealdor, Arthur, credo ci resterò per un po’, almeno fino a quando la tua
presenza nella mia vita smetterà di essere così dolorosa.
Non avrei voluto
fartelo sapere così ma, ancora una volta, ciò che desidero io non ha importanza.
Stammi bene,
Arthur. Buon Natale.
Merlin.
Lasci
andare il fiato che non ti eri accorto di star trattenendo e, passandoti una
mano fra i capelli, ti prepari per scendere dall’auto.
Il
freddo della sera ti sferza il viso, facendoti rabbrividire. Ti stringi nelle
spalle, cercando calore nel cappotto scuro e sfregando le mani fra di loro per
riscaldarle.
Da
lontano ti giungono, distorte, le voci e le grida di coloro che si stanno
godendo la cena in famiglia, circondati dall’affetto dei propri cari e confortati
dal tepore di un camino accesso. Ti senti un idiota, constatando che possedevi
fra le tue mani quelle stesse cose ed hai permesso che volassero via. Una ad
una.
Percorri
quei pochi passi che ti separano da lui con ansia crescente. Hai corso per sessanta
miglia ed ora ti lasci spaventare da quei pochi metri che mancano. Hai
decisamente bisogno di rivedere le tue priorità, Arthur.
Le
finestre della casa sono illuminate, i vetri leggermente appannati. Ti fermi
sotto il portico, incapace di trovare una sola buona ragione per la quale lui
non debba prenderti a calci quando suonerai al campanello.
Quando
decidi che, in effetti, non ve ne sono, premi con decisione il dito sul
bottoncino dorato accanto alla porta e attendi.
Ascolti
rumori concitati e risate spensierate. Sorridi amareggiato, non potendo
impedire a te stesso di esserne profondamente invidioso.
La
porta si apre rivelando una composta figura che ti osserva curiosa.
«Posso
esserle utile?» domanda, gentilmente, la donna.
Ha
i capelli scuri e il volto sereno. Stringe le spalle nello scialle che la copre
e ti sorride, dolcemente. È talmente simile a lui…
«Perdoni
il disturbo,» rispondi, con garbo «Sto cercando Merlin. È qui?»
Il
sorriso in cui si apre la donna è talmente sincero che ne rimani spiazzato. Lei
si permette di fissarti un ultimo, lunghissimo, istante, prima di annuire
morbidamente e allungare il collo verso una porta dietro di lei.
«Merlin!»
chiama «Hai visite.»
Il
cuore inizia a battere forte mentre ti rendi terribilmente conto che il discorso
che ti eri minuziosamente preparato sta lentamente abbandonando la tua mente.
Lui
compare poco dopo, sgranando gli occhi non appena si rende conto che tu sei
davvero lì.
«Ciao.»
lo saluti, non sapendo bene cosa dire.
La
donna sposta lo sguardo fra voi due, senza smettere di sorridere. Poi si
congeda, augurandoti una buona serata, e si allontana.
Lo
osservi per un attimo, studiando la sua figura, incapace di ammettere a te
stesso quanto ti fosse mancato.
Se
ne sta lì, le mani affondate nelle tasche e la sciarpa stretta intorno al
collo, lo sguardo perso chissà dove e le guancie arrossate dal freddo.
Si
impedisce categoricamente di guardarti, lasciando i suoi occhi liberi di vagare
sui cespugli accanto alle scale e sulla neve che ricopre il corrimano.
«Merlin…»
chiami, piano, il fiato che si addensa in morbide nuvolette di fumo.
«Cosa
vuoi, Arthur?» risponde lui, brusco. I suoi occhi ancora non incrociano i tuoi,
ma riesci a leggerne comunque il dolore e la rabbia.
Un
brivido ti attraversa la schiena mentre ti rendi conto che non sei mai stato
particolarmente coraggioso nella tua vita ma che quello è il momento di mettere
da parte l’arroganza e la supponenza e di fare, finalmente, qualcosa che faccia
stare bene te e, speri, anche lui.
«Sono
un idiota.» dici, infine, e speri che lui comprenda quanto davvero ti è costato
farlo.
Lui
sorride, ironico, evitando accuratamente di guardarti.
«Merlin,»
sospiri, sconfitto «Dimmi che vuoi che me ne vado e giuro che lo faccio.»
I
suoi occhi azzurri sono tristi e spenti quando incrociano i tuoi. Vorresti
prenderlo lì e stringerlo tra le braccia come facevi un tempo, ma sai che
probabilmente lui ti scaccerebbe in malo modo e non sai se avresti il coraggio
di reagire ad un suo rifiuto.
«Da
quand’è che importa ciò che voglio io, Arthur?» domanda lui, gelido.
«Da
sempre, Merlin. Sono qui, cos’altro importa?»
Lui
ti osserva, afflitto «Sei venuto a riprendere ciò che ti appartiene? È questo
che sono per te, Arthur?»
«Merlin,
cos-» ma lui ti interrompe bruscamente.
«Tu
non hai la minima idea,» inizia, incerto «Di come mi senta io.» si passa una
mano fra i capelli, sospirando «Sai quante volte… quante volte, accidenti, io
abbia provato a parlare con te?»
E
non vuoi vederle le lacrime che gli appannano gli occhi, non vuoi ascoltarla la
sua voce che si incrina o percepire il suo sguardo che si posa ovunque tranne
che su di te.
«Merlin,
sono stato un idiota, ma se non me ne fosse reso conto adesso non sarei qui.»
quasi urli, disperato.
«Perché
dobbiamo sempre stare ai tuoi tempi? Eh, Arthur?» chiede, la voce ridotta ad un
sussurro.
«Merlin,»
sospiri «Ti sto solo chiedendo di perdonarmi, se puoi, e di permettermi di
provare a riaggiustare le cose.» confessi, abbattuto.
Merlin
sbatte le palpebre più volte, le ciglia lunghe che gli accarezzano le guancie, «E
se non volessi? Se fosse tardi?»
Ingoi
il groppo che ti si è formato in gola, chiudendo gli occhi e sospirando. «Sono
innamorato di te, Merlin.»
Osservi
i suoi occhi sgranarsi leggermente ed il respiro morirgli sulle labbra. Ci voleva tanto a dirlo prima?
Merlin
rimane in silenzio e tu hai paura che ormai sia davvero troppo tardi. «Credi
che questo basti, Arthur?» mormora, la voce rotta dalle lacrime.
«Merlin..»
muovi un passo verso di lui, ignorando le sue lamentele e stringendolo a te,
aggrappandoti a lui come se andasse della tua stabilità e permettendo alla sua
testa di nascondersi nell’incavo del tuo collo. È tutto così dannatamente giusto.
«Perché?»
sussurra lui «Perché ora?»
Sorridi
fra i suoi capelli, attirandolo maggiormente a te.
«Quanto
tempo puoi aspettare,» inizi, cauto «che una persona si accorga di te, prima di
averne abbastanza?»
Merlin
tace, il suo cuore batte vicino al tuo e il suo respiro è caldo sul suo collo. «Ne
avevo abbastanza, Merlin. Ne avevo abbastanza di continuare a convincere me
stesso di non aver bisogno di te.» confessi.
«Arthur…»
«Aspetta,
ti prego, lasciami finire.»
Lui
annuisce piano, sospirando sonoramente e stringendosi al tuo cappotto.
«Ho
tentato di convincere me stesso e gli altro di non essere innamorato di te.
Avevo paura di poterti ferire, non lo avrei sopportato. Era più facile
permettere a Will di amarti e guardarti essere felice da lontano.»
«Ma
io non ero felice, Arthur, non lo ero affatto.» ribatte lui.
«Lo
so. Sono stato un idiota, Merlin.»
Merlin
sbuffa «Sei sempre stato un po’ asino, in effetti.»
Ridi,
ridi chiudendo gli occhi e lasciandoti inebriare dal suo profumo «Puzzi di
frittura di pesce.» lo informi.
«Ho
dato una mano a preparare la cena.» chiarisce lui, scostandosi per guardarti
negli occhi.
«Dovevi
essere davvero giù di morale.» ragioni. Sorridi pensando alle innumerevoli
volte in cui lo hai preso in giro per quella sua strana abitudine di cucinare
per alleviare i dispiaceri e scacciare il malumore. Lo osservavi muoversi da
una parte all’altra del piccolo appartamento che dividete, sfornando biscotti e
preparando cibo per un esercito. Te ne stavi lì, poggiato allo stipite della
porta, in attesa che lui si calmasse e che si sedesse al tavolo con la testa
tra le mani pronto a raccontarti ciò che lo turbava a tal punto da mettere a
soqquadro la cucina.
Lui
scrolla le spalle con una smorfia «Ormai non ha più importanza.»
«Davvero?»
gli chiedi serio, il respiro bloccato da qualche parte fra lo stomaco ed il
pomo di Adamo.
«Davvero.»
conferma lui, ed il sorriso che ti rivolge è talmente sincero e luminoso che se
non fossi già perdutamente innamorato di lui, te ne innamoreresti in quell’istante.
Vorresti
sporgerti e prendergli il viso tra le mani ma temi che siano davvero
eccessivamente congelate, così le infili nelle tasche della sua felpa e lo
attiri a te.
Quanto
tempo puoi aspettare che una persona si accorga di te prima di averne
abbastanza?
E
quanto tempo puoi attendere il momento giusto prima di deciderti a crearlo tu
stesso?
Non
lo sai e probabilmente ora come ora non ha poi molta importanza.
Non
esiste un tempo per fare la cosa giusta o quella sbagliata, ma esiste un tempo
per agire fregandotene delle conseguenze.
È
Natale, c’è la neve e c’è Merlin tra le tue braccia, il resto può anche passare
in secondo piano.
«Devo
aspettare ancora molto?» domanda Merlin sulle tue labbra.
«Credo
tu abbia aspettato fin troppo, Merlin.» sussurri, prima di fondere i vostri
respiri e annullare ogni pensiero razionale.
Le
labbra di Merlin sono calde e morbide e si muovono caute, incastrandosi
perfettamente alle tue.
Quanto
tempo puoi aspettare il momento giusto prima di deciderti a crearlo tu stesso?
Hai
avuto quelle stesse sensazioni fra le mani per un tempo infinito prima di provare
ad assaporarle davvero.
E
Merlin è davvero lì e lo stai davvero baciando e le sue mani sono fra i tuoi
capelli e tu sei un idiota se hai pensato di poter fare a meno di lui e dei
suoi sorrisi assuefanti e ti prenderesti a calci al solo pensiero di aver
voluto provare a viverlo da lontano privandoti di un piacere come quello.
Lo
stringi a te, sorridendo sulle sue labbra e perdendoti nei suoi occhi che, ne
sei sicuro, in quel momento rispecchiano esattamente la tua stessa felicità.
A
volte l’attesa aumenta il desidero.
Altre
volte l’attesa del piacere è essa stessa piacere.
Nella
maggior parte dei casi, però, attendere è semplicemente la cosa più inutile che
tu possa fare. Oltre che la più autodistruttiva.
The End.