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Autore: micRobs    25/12/2011    5 recensioni
"Quanto tempo puoi aspettare che una persona si accorga di te prima di averne abbastanza?
E quanto tempo puoi attendere il momento giusto prima di deciderti a crearlo tu stesso?"
Primissima AU! Merthur, of course! Mio personale modo per augurarvi Buon Natale!
"«Puzzi di frittura di pesce.» lo informi.
«Ho dato una mano a preparare la cena.» chiarisce lui, scostandosi per guardarti negli occhi.
«Dovevi essere davvero giù di morale.» ragioni. "
Enjoy!
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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How long can you wait?

Genere: Malinconico, Sentimentale, Romantico
Rating: Verde
Avvertimenti: Slash, One Shot, AU

Disclaimer: Mi appartiene solo ciò che scrivo! :)
Pairing: Merlin/Arthur

Note: Alcuna. Non so davvero come giustificare questa cosa. Consideratelo un regalo di Natale per ognuno di voi, anche se so che non è proprio allegrissima! Mi è venuta così ed ho dovuto per forza scriverla! Tra l'altro, è la primissima AU che pubblico e mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate! Buon Natale a tutti e un bacio a chi si fermerà a lasciarmi un parere!

Thalia!

“How long can you wait?”

 

È la Vigilia di Natale e sono a venti miglia da te.

Continui a guidare, lo sguardo fermo sulla strada e la mente più sgombra possibile.
La strada è innaturalmente isolata e silenziosa. È la Vigilia di Natale, dici a te stesso, è normale che sia così.
La tua auto corre ad una velocità che oltrepassa notevolmente il limite, ma poco importa.

È la Vigilia di Natale e tu sei a sole quindici miglia da lui.

Hai fatto un gran casino, Arthur, e stavolta temi davvero di non riuscire a risolvere la situazione.
Non hai mai avuto particolari problemi a fare in modo che le cose andassero come volevi tu. Sei sempre stato sorprendentemente abile nel dare ordini e nel convincere gli altri a piegarsi al tuo volere. Egoista, ti definirebbe lui. Forse anche arrogante, viziato. Borioso.
Riesci a sentire la sua voce che ti rimbomba nella testa e l’unica cosa a cui riesci a pensare razionalmente è che, diamine, stavolta l’hai combinata grossa.
La luce del lampione illumina l’abitacolo della tua auto, abbagliandoti momentaneamente.
L’orologio sul cruscotto segna le 21.37. Le 21.37 della peggior Vigilia di Natale della tua vita. Tamburelli con le dita sul volante, portandoti una mano sotto il mento, cercando di far ordine fra i pensieri che continuano a vorticare irrequieti.
Premi il piede sull’acceleratore, continuando a ripetere a te stesso e alla tua auto di fare più in fretta.
Le cose non sono mai state tanto complicate per te, Arthur. Irrompevi come un uragano nelle vite degli altri, prendendone possesso senza chiedere il permesso. Quante volte te lo ha fatto notare proprio lui?

Tu arrivi e prendi ciò che vuoi senza neanche chiedere
.
Chiudi gli occhi, allontanando dalla tua mente l’ultima, violenta litigata che vi ha visti partecipi, stringendo il pugno con tale forza da farti male.

Dieci miglia. Solo dieci miglia.

È ironico. È ironico e paradossale come l’unica cosa della quale davvero ti importava e per la quale avresti davvero fatto qualunque cosa, sia stata l’unica che tu non abbia deciso di prenderti sin dall’inizio. Ci hai girato intorno, come una falena con la lampadina, osservandolo da lontano e non muovendo mai un dito per impossessarti di quello che, credevi, ti appartenesse di diritto. Quante volte ti sei sentito irrimediabilmente sciocco e senza speranze? Tu, Arthur Pendragon, che ti sei fatto mettere nel sacco così, da un capriccio del genere. Ma non è mai stato un capriccio, e lo sai fin troppo bene. Rimproverarti adesso non serve a nulla, a nulla valgono i tuoi tentativi di trovare disperatamente una soluzione che risolva la faccenda.
Niente potrà toglierti dalla testa l’idea che tu abbia definitivamente rovinato tutto, che tu sia stato l’artefice della distruzione della cosa più bella e giusta che ti sia mai capitata.
Di sciocchezze ne hai fatte tante ma, probabilmente, nessuna arriverà mai ad eguagliare questa.
Sorridi, amaro, sperando che, almeno, questo tuo tentativo maldestro di riaggiustare la situazione valga a qualcosa. Se tu fossi stato qualcun altro non saresti mai arrivato a questo punto, non avresti mai permesso a te stesso di lasciarlo andare né a lui di farlo davvero. Se tu fossi stato qualcuno di meno cieco ed egoista gli avresti detto subito cosa pensavi, cosa provavi. Ma tu sei Arthur Pendragon. Tu urli in faccia alla gente e ti nascondi dietro gesti all’apparenza gentili ma che hanno tutt’altro significato. Tu ti nascondi dal mondo, schermandoti dietro muri di parole vuote ed insensate costruiti con l’unico scopo di impedire agli altri di guardare cosa c’è dall’altra parte.
Tu sei Arthur Pendragon, per l’amor del cielo, tu spingi il ragazzo di cui sei follemente innamorato tra le braccia di un altro pur di non fargli capire cosa provi.
E intanto dai gas all’auto, desideroso di mettere meno miglia possibili fra voi due.


Ne mancano solo cinque, dopotutto. 

Getti uno sguardo sconsolato al foglio di carta abbandonato sul sedile del passeggero. La sua grafia, sottile ed elegante, ti salta all’occhio nonostante le pieghe innaturali che ha assunto la carta.
Lo hai letto talmente veloce che il fiato ti si è mozzato in gola quando sei arrivato alla fine. Ne hai bevuto ogni parola con avidità, maledicendo te stesso e la tua stupidità per non aver visto ciò che lui ha sempre cercato di mostrarti. Ingoi il nodo che ti si è formato alla bocca dello stomaco, distogliendo lo sguardo dal ricordo della sua espressione ferita e delusa e del suo Non hai mai capito nulla, Arthur che ti brucia ancora negli occhi.
La notte avanza silenziosa, gettando oscurità su di te e sui tuoi ricordi tormentati.

Sei a due miglia da lui, è la notte di Natale e niente potrebbe andare peggio.

Caro Arthur,
quanto puoi aspettare che una persona si accorga di te, prima di decidere di averne abbastanza? Sono stato un idiota e me ne pento, me ne pento ogni giorno. Non ho mai creduto che le cose tra noi sarebbero state facili, ma confidavo in te, in me e in quella profonda connessione che ci ha sempre uniti. Mi sbagliavo, ovviamente. Mi sbagliavo perché non avevo fatto i conti con la stupidità, la tua e la mia. La mia, perché ho atteso per due anni che tu aprissi gli occhi e ti rendessi conto che io ero a soli pochi passi da te. La tua, perché hai permesso al tuo orgoglio e alla tua arroganza di accecarti tanto da mandare a rotoli ciò che tanto faticosamente stavamo cercando di costruire.
Sto andando ad Ealdor, Arthur. Ho deciso di prendermi un po’ di tempo per fare ordine nella mia vita, lasciando anche a te la possibilità di fare lo stesso. Ho parlato con Will, gli ho spiegato le mie ragioni e lui sembra averle capite. Non mi è parso arrabbiato, anche se temo che lo sia fin troppo.
Ho provato a farmelo piacere, a farmi coinvolgere da lui, a ridere alle sue battute e specchiarmi nei suoi occhi celesti. Ci ho provato, davvero. Ma non ci sono riuscito.
Will non ha occhi celesti in cui specchiarsi, non possiede un vasto e, lasciamelo dire, ridicolo repertorio di battute ed aneddoti dal quale lasciarsi affascinare, non è sagace ed ironico e assolutamente non è coinvolgente e spiritoso. Ma, soprattutto, Will non è te, Arthur, ed io ho capito troppo tardi che non sarei mai riuscito a farmi piacere qualcuno che non fossi tu. Mi hai spinto ad uscire con lui con una sicurezza ed una naturalezza che mi hanno non solo devastato, ma ferito a tal punto da credere che, davvero, di me non te ne fosse mai importato nulla.
Non hai fatto altro che continuare a ripetere quanto lui fosse perfetto per me e quanto fosse “noiosamente adorabile” e “casalingo quanto basta”, senza pensare mai a cosa io davvero volessi. Bastava poco, Arthur, bastava davvero poco per rendersi conto che tutto ciò che volevo eri tu. Ma forse era troppo complicato da vedere, o forse tu semplicemente non volevi.
Sto andando ad Ealdor, Arthur, credo ci resterò per un po’, almeno fino a quando la tua presenza nella mia vita smetterà di essere così dolorosa.
Non avrei voluto fartelo sapere così ma, ancora una volta, ciò che desidero io non ha importanza.
Stammi bene, Arthur. Buon Natale.

Merlin.

 

 
Fermi la macchina davanti a quella che credi sia la sua casa. Non te ne sei mai preoccupato, dopotutto. Non hai mai creduto di dover andare fin lì prima o poi, non da solo almeno. Hai sempre immaginato che le circostanze in cui avresti conosciuto la sua famiglia sarebbero state completamente differenti.
Lasci andare il fiato che non ti eri accorto di star trattenendo e, passandoti una mano fra i capelli, ti prepari per scendere dall’auto.
Il freddo della sera ti sferza il viso, facendoti rabbrividire. Ti stringi nelle spalle, cercando calore nel cappotto scuro e sfregando le mani fra di loro per riscaldarle.
Da lontano ti giungono, distorte, le voci e le grida di coloro che si stanno godendo la cena in famiglia, circondati dall’affetto dei propri cari e confortati dal tepore di un camino accesso. Ti senti un idiota, constatando che possedevi fra le tue mani quelle stesse cose ed hai permesso che volassero via. Una ad una.
Percorri quei pochi passi che ti separano da lui con ansia crescente. Hai corso per sessanta miglia ed ora ti lasci spaventare da quei pochi metri che mancano. Hai decisamente bisogno di rivedere le tue priorità, Arthur.
Le finestre della casa sono illuminate, i vetri leggermente appannati. Ti fermi sotto il portico, incapace di trovare una sola buona ragione per la quale lui non debba prenderti a calci quando suonerai al campanello.
Quando decidi che, in effetti, non ve ne sono, premi con decisione il dito sul bottoncino dorato accanto alla porta e attendi.
Ascolti rumori concitati e risate spensierate. Sorridi amareggiato, non potendo impedire a te stesso di esserne profondamente invidioso.
La porta si apre rivelando una composta figura che ti osserva curiosa.
«Posso esserle utile?» domanda, gentilmente, la donna.
Ha i capelli scuri e il volto sereno. Stringe le spalle nello scialle che la copre e ti sorride, dolcemente. È talmente simile a lui…
«Perdoni il disturbo,» rispondi, con garbo «Sto cercando Merlin. È qui?»
Il sorriso in cui si apre la donna è talmente sincero che ne rimani spiazzato. Lei si permette di fissarti un ultimo, lunghissimo, istante, prima di annuire morbidamente e allungare il collo verso una porta dietro di lei.
«Merlin!» chiama «Hai visite.»
Il cuore inizia a battere forte mentre ti rendi terribilmente conto che il discorso che ti eri minuziosamente preparato sta lentamente abbandonando la tua mente.
Lui compare poco dopo, sgranando gli occhi non appena si rende conto che tu sei davvero lì.
«Ciao.» lo saluti, non sapendo bene cosa dire.
La donna sposta lo sguardo fra voi due, senza smettere di sorridere. Poi si congeda, augurandoti una buona serata, e si allontana.
Lo osservi per un attimo, studiando la sua figura, incapace di ammettere a te stesso quanto ti fosse mancato.
Se ne sta lì, le mani affondate nelle tasche e la sciarpa stretta intorno al collo, lo sguardo perso chissà dove e le guancie arrossate dal freddo.
Si impedisce categoricamente di guardarti, lasciando i suoi occhi liberi di vagare sui cespugli accanto alle scale e sulla neve che ricopre il corrimano.
«Merlin…» chiami, piano, il fiato che si addensa in morbide nuvolette di fumo.
«Cosa vuoi, Arthur?» risponde lui, brusco. I suoi occhi ancora non incrociano i tuoi, ma riesci a leggerne comunque il dolore e la rabbia.
Un brivido ti attraversa la schiena mentre ti rendi conto che non sei mai stato particolarmente coraggioso nella tua vita ma che quello è il momento di mettere da parte l’arroganza e la supponenza e di fare, finalmente, qualcosa che faccia stare bene te e, speri, anche lui.
«Sono un idiota.» dici, infine, e speri che lui comprenda quanto davvero ti è costato farlo.
Lui sorride, ironico, evitando accuratamente di guardarti.
«Merlin,» sospiri, sconfitto «Dimmi che vuoi che me ne vado e giuro che lo faccio.»
I suoi occhi azzurri sono tristi e spenti quando incrociano i tuoi. Vorresti prenderlo lì e stringerlo tra le braccia come facevi un tempo, ma sai che probabilmente lui ti scaccerebbe in malo modo e non sai se avresti il coraggio di reagire ad un suo rifiuto.
«Da quand’è che importa ciò che voglio io, Arthur?» domanda lui, gelido.
«Da sempre, Merlin. Sono qui, cos’altro importa?»
Lui ti osserva, afflitto «Sei venuto a riprendere ciò che ti appartiene? È questo che sono per te, Arthur?»
«Merlin, cos-» ma lui ti interrompe bruscamente.
«Tu non hai la minima idea,» inizia, incerto «Di come mi senta io.» si passa una mano fra i capelli, sospirando «Sai quante volte… quante volte, accidenti, io abbia provato a parlare con te?»
E non vuoi vederle le lacrime che gli appannano gli occhi, non vuoi ascoltarla la sua voce che si incrina o percepire il suo sguardo che si posa ovunque tranne che su di te.
«Merlin, sono stato un idiota, ma se non me ne fosse reso conto adesso non sarei qui.» quasi urli, disperato.
«Perché dobbiamo sempre stare ai tuoi tempi? Eh, Arthur?» chiede, la voce ridotta ad un sussurro.
«Merlin,» sospiri «Ti sto solo chiedendo di perdonarmi, se puoi, e di permettermi di provare a riaggiustare le cose.» confessi, abbattuto.
Merlin sbatte le palpebre più volte, le ciglia lunghe che gli accarezzano le guancie, «E se non volessi? Se fosse tardi?»
Ingoi il groppo che ti si è formato in gola, chiudendo gli occhi e sospirando. «Sono innamorato di te, Merlin.»
Osservi i suoi occhi sgranarsi leggermente ed il respiro morirgli sulle labbra. Ci voleva tanto a dirlo prima?  
Merlin rimane in silenzio e tu hai paura che ormai sia davvero troppo tardi. «Credi che questo basti, Arthur?» mormora, la voce rotta dalle lacrime.
«Merlin..» muovi un passo verso di lui, ignorando le sue lamentele e stringendolo a te, aggrappandoti a lui come se andasse della tua stabilità e permettendo alla sua testa di nascondersi nell’incavo del tuo collo. È tutto così dannatamente giusto.
«Perché?» sussurra lui «Perché ora?»
Sorridi fra i suoi capelli, attirandolo maggiormente a te.
«Quanto tempo puoi aspettare,» inizi, cauto «che una persona si accorga di te, prima di averne abbastanza?»
Merlin tace, il suo cuore batte vicino al tuo e il suo respiro è caldo sul suo collo. «Ne avevo abbastanza, Merlin. Ne avevo abbastanza di continuare a convincere me stesso di non aver bisogno di te.» confessi.
«Arthur…»
«Aspetta, ti prego, lasciami finire.»
Lui annuisce piano, sospirando sonoramente e stringendosi al tuo cappotto.
«Ho tentato di convincere me stesso e gli altro di non essere innamorato di te. Avevo paura di poterti ferire, non lo avrei sopportato. Era più facile permettere a Will di amarti e guardarti essere felice da lontano.»
«Ma io non ero felice, Arthur, non lo ero affatto.» ribatte lui.
«Lo so. Sono stato un idiota, Merlin.»
Merlin sbuffa «Sei sempre stato un po’ asino, in effetti.»
Ridi, ridi chiudendo gli occhi e lasciandoti inebriare dal suo profumo «Puzzi di frittura di pesce.» lo informi.
«Ho dato una mano a preparare la cena.» chiarisce lui, scostandosi per guardarti negli occhi.
«Dovevi essere davvero giù di morale.» ragioni. Sorridi pensando alle innumerevoli volte in cui lo hai preso in giro per quella sua strana abitudine di cucinare per alleviare i dispiaceri e scacciare il malumore. Lo osservavi muoversi da una parte all’altra del piccolo appartamento che dividete, sfornando biscotti e preparando cibo per un esercito. Te ne stavi lì, poggiato allo stipite della porta, in attesa che lui si calmasse e che si sedesse al tavolo con la testa tra le mani pronto a raccontarti ciò che lo turbava a tal punto da mettere a soqquadro la cucina.  
Lui scrolla le spalle con una smorfia «Ormai non ha più importanza.»
«Davvero?» gli chiedi serio, il respiro bloccato da qualche parte fra lo stomaco ed il pomo di Adamo.
«Davvero.» conferma lui, ed il sorriso che ti rivolge è talmente sincero e luminoso che se non fossi già perdutamente innamorato di lui, te ne innamoreresti in quell’istante.
Vorresti sporgerti e prendergli il viso tra le mani ma temi che siano davvero eccessivamente congelate, così le infili nelle tasche della sua felpa e lo attiri a te.
Quanto tempo puoi aspettare che una persona si accorga di te prima di averne abbastanza?
E quanto tempo puoi attendere il momento giusto prima di deciderti a crearlo tu stesso?
Non lo sai e probabilmente ora come ora non ha poi molta importanza.
Non esiste un tempo per fare la cosa giusta o quella sbagliata, ma esiste un tempo per agire fregandotene delle conseguenze.
È Natale, c’è la neve e c’è Merlin tra le tue braccia, il resto può anche passare in secondo piano.
«Devo aspettare ancora molto?» domanda Merlin sulle tue labbra.
«Credo tu abbia aspettato fin troppo, Merlin.» sussurri, prima di fondere i vostri respiri e annullare ogni pensiero razionale.
Le labbra di Merlin sono calde e morbide e si muovono caute, incastrandosi perfettamente alle tue.
Quanto tempo puoi aspettare il momento giusto prima di deciderti a crearlo tu stesso?
Hai avuto quelle stesse sensazioni fra le mani per un tempo infinito prima di provare ad assaporarle davvero.
E Merlin è davvero lì e lo stai davvero baciando e le sue mani sono fra i tuoi capelli e tu sei un idiota se hai pensato di poter fare a meno di lui e dei suoi sorrisi assuefanti e ti prenderesti a calci al solo pensiero di aver voluto provare a viverlo da lontano privandoti di un piacere come quello.
Lo stringi a te, sorridendo sulle sue labbra e perdendoti nei suoi occhi che, ne sei sicuro, in quel momento rispecchiano esattamente la tua stessa felicità.
A volte l’attesa aumenta il desidero.
Altre volte l’attesa del piacere è essa stessa piacere.
Nella maggior parte dei casi, però, attendere è semplicemente la cosa più inutile che tu possa fare. Oltre che la più autodistruttiva.

 

The  End.

   
 
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